Elezioni Regionali Puglia
Nicola Cesaria Candidato Presidente
20-21 settembre 2020
Le nostre tre organizzazioni Partito Comunista Italiano, Rifondazione Comunista, Risorgimento Socialista da anni impegnate sul piano politico e sociale in uno sforzo unitario nei comitati per la difesa e attuazione della Costituzione, nel sostegno alle vertenze sindacali e alle lotte sociali e ambientali oggi presentano una lista alternativa e unitaria.
Nicola Cesaria Candidato Presidente
“Siamo figli dell’epoca, l’epoca è politica. Tutte le tue, nostre, vostre faccende diurne, notturne sono faccende politiche.
…..“ Wislawa Szymborska, da Vista con granello di sabbia (Adelphi, 1998) Poetessa e saggista polacca, premio Nobel 1996.
Il programma integrale è pubblicato sulla pagina web La presente versione cartacea ne è la sintesi. Responsabile comunicazione: Valentina Basta, 3200314045, valval86@gmail.com
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Lavoro Ambiente Costituzione
Nicola Cesaria Candidato Presidente Insegnante di scienze motorie e sportive, è stato impegnato fin da giovanissimo prima nel movimento degli studenti e in seguito nelle mobilitazioni popolari in difesa della salute e dell’ambiente contro la nocività del petrolchimico a Brindisi. Con un gruppo di altri giovani studenti e operai, nel 1977 ha fondato Democrazia Proletaria a Brindisi. È stato fra gli animatori delle lotte contro le centrali a carbone di Cerano e di Brindisi Nord. Attivista di Democrazia Proletaria fino alla confluenza e alla costituzione di Rifondazione Comunista, ha condiviso con Dino Frisullo una fraterna militanza comunista e l’impegno politico e sociale contro le scelte energetiche pugliesi, le servitù militari, per i diritti dei lavoratori. Impegnato nel sindacato, è stato Rsu nella sua scuola. Negli anni 1997, 1998 e 2004 è stato eletto consigliere del Comune di Brindisi per poi dedicarsi interamente al partito, alle lotte ambientaliste contro il rigassificatore “LNG”, per un altro modello di sviluppo. Nel 2004 è stato animatore del movimento “Cambiare rotta”, che ha avuto un ruolo decisivo nei risultati elettorali di quella che fu definita “primavera pugliese” nel brindisino. Dal 2001 è stato segretario provinciale di Rifondazione Comunista, partito per il quale riveste dal 2010 il ruolo di segretario regionale.
Occhio a votare ! Dove trovarmi: Via Michelangelo Signorile 39, 70126 Bari Email ncesaria@libero.it Cellulare 3294042910
L AV O R O , A M B I E N T E , C O S T I T U Z I O N E :
PREMESSA I cinque anni di presidenza regionale di Michele Emiliano si chiudono con un bilancio decisamente negativo. Tutte le grandi questioni - lavoro, diritti, lotta alla povertà e alle disuguaglianze, beni comuni, tutela del paesaggio, accoglienza, scuola pubblica, sanità - sono rimaste aperte e irrisolte. Le vertenze più significative, quali ex ILVA, approdo TAP, ripubblicizzazione dell’Acquedotto Pugliese, gestione dei rifiuti, ecocidio in olivicoltura, caporalato, salute, istruzione, trasporto locale sono non solo insolute ma drammaticamente peggiorate. In Regione si è impiantato e consolidato un disinvolto sistema di gestione del potere basato sul trasformismo e sulla cooptazione trasversale di notabili e collettori di consenso elettorale, ai quali è stata affidata la direzione di importanti enti e settori.
Una alternativa per la Puglia che lotta e resiste
Nicola Cesaria Candidato Presidente Siamo alternativi alla coalizione della destra, reazionaria e affarista, diversi e distanti da quella che sostiene l’attuale Presidente, connotata da contraddizioni e presenze a dir poco imbarazzanti; e non ci riconosciamo in proposte politiche ambigue, populiste e personalistiche. Siamo il portato di una visione della società basata sull’uguaglianza dei diritti e sul rispetto dei principi sanciti nella Costituzione antifascista nata dalla Resistenza. Partecipiamo ad una competizione elettorale gravemente compromessa sul piano delle garanzie democratiche, con una legge elettorale oligarchica e anti-costituzionale, che conserva soglie di sbarramento liberticide (l’8% per le liste che non entrano a far parte dei grandi agglomerati) e che consentirà il parziale rispetto della parità di genere sulla scheda elettorale, dopo un indegno spettacolo nel Consiglio Regionale di chiusura, e solo per la mobilitazione delle donne e dall’alto del governo nazionale.
Ci impegniamo fermamente a ricostruire dal basso e sostenere l’impegno e le resistenze dei vari movimenti (antirazzista, NO TAP, NO TRIV, popolo degli ulivi, Acqua bene comune, per citare i più noti) che in questi anni in Puglia hanno agito per costruire una rete politicosociale alternativa al sistema di potere vigente e capace di contrastare efficacemente la retorica razzista, antidemocratica e antimeridionale delle destre, la subalternità degli amministratori agli interessi privati, la svendita del territorio alla speculazione delle multinazionali e dei cementificatori. La nostra lista prova a colmare un vuoto politico: intendiamo portare nelle istituzioni il punto di vista dei lavoratori e delle lavoratrici, capace di fornire sostegno a chi lotta contro il peso delle mafie, per un modello alternativo di società. La pandemia che ci sta travolgendo ha dimostrato la brutalità del sistema neoliberista e la necessità di cambiare radicalmente il paradigma delle relazioni sociali ed economiche. La nostra lista alternativa e unitaria, che dichiaratamente si rifà alle tradizioni socialiste, comuniste, ecologiste intende dare voce a chi non si rassegna al meno peggio, al “non c’è alternativa”, al fallimentare entrismo nel sistema politico, ad un destino pugliese e meridionale di crollo demografico, di emigrazione giovanile, di povertà vecchie e nuove, di sfruttamento nei campi e nei luoghi della precarietà.
Una alternativa per la Puglia che lotta e resiste
Ricomincio da tre questioni programmatiche
•LAVORO come diritto fondamentale per l’esercizio della cittadinanza •AMBIENTE come eco-sistema di vita e patrimonio comune da salvaguardare •COSTITUZIONE ITALIANA come bussola per orientare e indirizzare l’azione
Una alternativa per la Puglia che lotta e resiste
Lavoro •Piano straordinario del lavoro, lotta alla disoccupazione e alla precarietà: azioni dirette e indirette per la creazione di lavoro finalizzato alla riconversione e alla qualificazione ecologica delle attività produttive; utilizzo dei fondi regionali, nazionali ed europei finalizzati al sostegno della formazione, della ricerca e dell’occupazione; reddito di autodeterminazione, fuori da logiche emergenziali e da condizionalità corporative e clientelari; trasparenza negli appalti pubblici e introduzione delle clausole sociali con il rispetto del principio di solidarietà nei casi di trasferimento e subappalto. •Lotta contro il caporalato, le agro-mafie e lo sfruttamento del lavoro agricolo migrante e nativo: garanzia del diritto ad una vita degna e a un salario minimo per le lavoratrici e lavoratori dell’agricoltura; garanzia della esigibilità del diritto all’abitare e alla mobilità. •Conciliazione dei tempi di vita e di lavoro: regolamentazione delle aperture e degli orari degli esercizi e dei centri commerciali; pianificazione dei tempi dei servizi pubblici e del trasporto locale. •Riqualificazione del sistema della formazione professionale: pianificazione della formazione per la costruzione di processi di conoscenza coerenti con la visione strategica di innovazione e di sviluppo sostenibile. •Promozione di economie locali, alternative e solidali: distretti di economia solidale; sostegno all’agricoltura locale con mercati mensili in spazi pubblici; tutela delle piccole imprese agricole nei confronti del problema dei consorzi di bonifica; rilancio del commercio locale e a filiera corta; tutela e promozione di attività ad alto valore tecnologico, di attività produttive locali, agricole e artigianali; lotta alle delocalizzazioni; la Regione parte civile nelle vertenze di lavoro; mai più scambio fra salute e lavoro.
Una alternativa per la Puglia che lotta e resiste
Ambiente •Sostegno alle buone pratiche per un’agricoltura sostenibile: sostegno alle proposte del popolo degli ulivi, ai piccoli agricoltori, alla libera ricerca contro il disseccamento degli ulivi e contro la xylella; no al reimpianto di specie brevettate, ad alto consumo di acqua e alla trasformazione paesaggistica; rispetto dei vincoli paesaggistici; no all’uso di pesticidi e di fitofarmaci come il glifosato; tutela della biodiversità; contrasto alla soggezione alla chimica e alle modificazioni genetiche; sostegno alle autoproduzioni, agli orti sociali e ai boschi urbani, alle produzioni agricole locali; pieno utilizzo dei fondi europei a favore di un’agricoltura sostenibile. •Tutela del paesaggio e dell’ecosistema: sospensione e revoca delle autorizzazioni petrolifere; NO al progetto Tempa Rossa, a inceneritori, alle centrali a carbone; NO al “mafiodotto” TAP, né in Puglia né altrove; istituzione di parchi a tutela del paesaggio naturale, con finalità sociali, da sottrarre alla speculazione edilizia (es: Parco di Costa Ripagnola); tutela delle coste e della fruizione pubblica e sociale del litorale e delle spiagge; messa in sicurezza del patrimonio pubblico contro ipotesi di svendita e privatizzazione. •Piano per la riconversione ecologica dei modelli di sviluppo:coinvolgimento delle popolazioni sulle scelte riguardanti l’utilizzo del suolo e delle acque; sostegno alla produzione di energia pulita nelle aree urbane, contro la distruzione del paesaggio rurale e dell’economia agricola; messa in sicurezza del territorio e investimenti contro il dissesto idrogeologico. •Ripubblicizzazione dell’Acquedotto pugliese: trasformazione dell’AqP da SpA in azienda pubblica speciale, con partecipazione popolare, per rispettare gli esiti, finora ampiamente disattesi, del referendum 2011 sui servizi pubblici; promozione di tariffe agevolate e minimi garantiti per le persone meno abbienti. •Nuovo piano regionale dei rifiuti: NO all’incenerimento sia in inceneritori che in cementifici e centrali termoelettriche a carbone; promozione della raccolta porta a porta, riuso e riciclo nell’ottica di rifiuti zero; bonifica dei siti inquinati e rispetto della vocazione naturale dei territori. •Mobilità sostenibile: potenziamento del sistema pubblico integrato dei trasporti; sviluppo del sistema portuale, aeroportuale e del trasporto ferroviario regionale e metropolitano; piani di conciliazione degli orari e dei tempi, piani del traffico intercomunale, informatizzazione del sistema, trasporto elettrico; ampliamento delle zone pedonali, piste ciclabili, aree a km 30. •NO AL CETA e ai trattati di libero scambio che favoriscono la deregolamentazione e l’abbattimento di standard ambientali e dei diritti del lavoro e indeboliscono l’effettività del principio di precauzione e della difesa della salute alimentare.
Una alternativa per la Puglia che lotta e resiste
Costituzione •Antifascismo: impegno contro ogni forma di fascismo, razzismo e discriminazione; la Regione parte civile nel processo contro i responsabili neofascisti dell’aggressione ai danni di militanti antifascisti. •Antirazzismo: NO ai respingimenti e ai blocchi navali; chiusura dei Cpr in territorio pugliese; lotta al caporalato; politiche abitative di prima e seconda accoglienza nel rispetto della dignità umana e delle vulnerabilità delle persone migranti; sostegno ai percorsi di fuoriuscita dalla tratta. •Pace: NO alle basi e alle esercitazioni militari sul territorio pugliese; sostegno alle iniziative contro le guerre e le occupazioni militari; progetti di cooperazione internazionale; sospensione di accordi commerciali e partenariati con Israele, Turchia, Egitto e con tutti gli stati responsabili di violazioni dei diritti umani e occupazioni militari in violazione delle risoluzioni ONU. •Democrazia sostanziale e rappresentanza: NO al referendum sul taglio al numero dei parlamentari; legge elettorale regionale proporzionale, con eliminazione degli sbarramenti; piena parità di genere nella legge elettorale e nelle nomine negli enti e nella macchina amministrativa regionale; politiche fiscali eque e progressive; tasse di scopo; NO all’autonomia differenziata e alla “secessione dei ricchi”. •Autodeterminazione e democrazia di genere: sostegno al lavoro delle donne; potenziamento dei centri antiviolenza e delle case rifugio; riconoscimento dei diritti delle coppie di fatto e LGBTQI+. •Partecipazione e trasparenza: trasparenza negli atti amministrativi; audit civici; abbattimento di privilegi e revisione degli emolumenti di politici e consulenti; gestione pubblica e partecipata dei servizi locali; vigilanza sugli appalti e clausole sociali; bilanci partecipati e di genere; attivazione di strumenti di democrazia partecipata (conferenze regionali di settore; referendum, leggi regionali di iniziativa popolare). •Diritto alla casa: consumo zero di suolo; censimento, recupero, riqualificazione e riutilizzo a scopo abitativo e culturale del patrimonio pubblico e delle aree dismesse; ricognizione per utilizzo sociale del patrimonio privato sfitto, abbandonato, invenduto; blocco sfratti per morosità incolpevole; sostegno ai comuni per la riqualificazione ambientale dei centri abitati, il risparmio energetico e l’abbattimento delle barriere architettoniche; programmazione coordinata degli interventi in materia di edilizia abitativa pubblica, agevolata e social housing; predisposizione di accordi in materia di finanziamenti per il diritto all’abitare. •Diritto alla salute: difesa e rilancio della sanità pubblica; internalizzazione dei lavoratori/ici; case della salute, assistenza territoriale e domiciliare; abbattimento liste di attesa e ticket; potenziamento della prevenzione e dei servizi per la salute mentale, dei servizi per i minori e gli anziani; piena attuazione della legge 194 e delle linee guida sull’IVG farmacologica. •Diritto alla conoscenza: difesa della scuola pubblica, laica e pluralista; abrogazione del finanziamento alle scuole paritarie private; estensione dei nidi pubblici e delle scuole dell’infanzia statali; estensione del tempo pieno; finanziamento regionale per attività di ricerca applicata a fini istituzionali; incentivazione della ricerca e sinergia con i centri di ricerca e le università per la promozione di attività innovative; investimenti nel settore pubblico della cultura e dei beni culturali; incentivi alla produzione indipendente di cultura, servizi agli/alle studenti; reddito di formazione per studenti universitari; mense universitarie; alloggi per studenti fuori sede; carta dello studente.
Il caso ex ILVA “Ai fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese …”.(Art.43)
Il contributo dell'amministrazione regionale alla vicenda Ilva negli ultimi cinque anni è stato squisitamente propagandistico. Lo slogan sulla “decarbonizzazione” lanciato dal presidente Emiliano non ha mai assunto la forma di una proposta concreta. L'ambiguità di quella formula, assunta ormai dallo stesso governo nazionale, si presta oggi ad avallare un'operazione di dismissione senza bonifica: una replica su scala allargata della catastrofica esperienza di Bagnoli. Questo potrebbe essere l'esito della trattativa in atto con ArcelorMittal in assenza di una chiara strategia di risanamento ambientale e rilancio produttivo. Il tempo della demagogia è finito: a breve Taranto potrebbe trovarsi di fronte ad una crisi sociale di enormi proporzioni. D'altra parte i progetti di diversificazione economica annunciati sono ancora tutti solo sulla carta, privi di ogni indicazione sulle ricadute occupazionali. Si delineano così i contorni di una tempesta perfetta: una deindustrializzazione infelice che getterebbe nel baratro un territorio già provato da anni di crisi. In questo contesto il presidente Emiliano e i suoi sostenitori locali appaiono preoccupati più per la perdita dei privilegi e dei sovrapprofitti degli imprenditori che ruotano intorno alla fabbrica che per il destino dei lavoratori e per la tutela della salute e
dell'ambiente. Taranto ancora attende la creazione di un polo oncologico pubblico all'altezza dell'emergenza sanitaria cui deve fare fronte, mentre diversi presidi ospedalieri sono stati chiusi nell'ambito dei famigerati “piani di riordino”. Per risolvere una volta per tutte la “questione Ilva” noi proponiamo: - Il controllo pubblico dell’azienda. Lo Stato deve assumere la massima agibilità operativa per realizzare il risanamento ambientale e il rilancio produttivo del sito di Taranto nell'ambito di una programmazione nazionale del settore. Quote di minoranza si configurerebbero come una “socializzazione delle perdite”, è necessaria la piena nazionalizzazione della società. -Un piano ambientale e industriale di innovazione radicale. Sulla base di una valutazione preventiva del danno sanitario vanno individuate le soluzioni tecniche necessarie a rendere innocua l'attività produttiva. Gli investimenti possono essere finanziati da bond garantiti dallo Stato; la loro realizzazione va sottoposta al monitoraggio di una commissione rappresentativa delle istituzioni locali, delle agenzie tecniche, delle organizzazioni dei lavoratori e dei movimenti sociali.
paradigma della interconnessione fra lavoro,
Nicola Cesaria Candidato Presidente La nazionalizzazione deve mettere in campo un vasto processo di ristrutturazione, ricercando le migliori tecnologie, cambiando interi pezzi di produzione, soprattutto nelle aree a caldo. Riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario. La cassa integrazione non è sufficiente a garantire la tenuta dei livelli di occupazione e di reddito dei lavoratori. È necessaria una redistribuzione strutturale dei tempi di lavoro con un'integrazione salariale finanziata dallo Stato. Un progetto di reindustrializzazione dell'area. Nel quadro di un programma regionale di promozione dell'industria ad alto valore aggiunto, vanno individuate iniziative da insediare a Taranto sulla base delle specificità del territorio. Le esigenze della bonifica e del risanamento degli impianti devono diventare il motore per lo sviluppo di attività produttive in grado di generare nuova occupazione. All'amministrazione regionale, in particolare, spetta il compito di individuare precisi strumenti di finanziamento selettivo. Le risorse vanno concentrate in progetti capaci di attivare rilevanti economie esterne e di coinvolgere le agenzie di formazione presenti nel territorio. Va superata la tendenza, ancora oggi prevalente, alla dispersione dei fondi in una pletora di microiniziative strutturalmente deboli. Un polo oncologico pubblico efficiente. L'emergenza Covid ha reso manifeste le lacune
del sistema sanitario ionico: il trasferimento delle terapie oncologiche in strutture private ha arrecato numerosi disagi ai malati e alle loro famiglie. È necessario invertire definitivamente le politiche di tagli degli ultimi anni. Va realizzato un sistema complesso che integri medicina territoriale, finalizzata al monitoraggio continuo della popolazione e alla prevenzione dai fattori di rischio, e presidi ospedalieri (a partire dal nuovo ospedale San Cataldo), che vanno attrezzati in maniera adeguata. Per questo serve investire in personale e mezzi con una visione strategica che ponga al centro non il perseguimento di obiettivi “aziendali”, ma il soddisfacimento dei bisogni della popolazione. Solo un intervento massiccio dello Stato può garantire questo cambio di paradigma. Immaginare oggi un futuro per Taranto è possibile. Significa immaginare un nuovo modo di produrre.
ambiente, diritti costituzionali
Le ragioni per le quali voteremo “NO” al referendum costituzionale
Il 20 e 21 settembre 2020
Il nostro NO al referendum sul taglio del numero dei parlamentari perché: • col pretesto del risparmio (irrisorio!) dei costi si vuole tagliare la Democrazia; • interi territori e regioni sarebbero sottorappresentati; • si concentra il potere nelle mani di una oligarchia restringendo ulteriormente il rapporto tra rappresentanti e rappresentati.
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Barra NO al taglio dei parlamentari
NO
Nicola Cesaria Candidato Presidente
Focus tematici
Dove trovarmi: Via Michelangelo Signorile 39, 70126 Bari Email ncesaria@libero.it Lavoro Ambiente Costituzione Cellulare 3294042910
Sovranità alimentare, ambiente e agricoltura Agricoltura di qualità, nuovi modelli di sviluppo, salute alimentare e questione meridionale sono temi fra loro strettamente collegati, al punto da essere indivisibili: occorre pertanto pensare a politiche organiche e sistemiche anziché campanilistiche e estemporanee, come spesso è avvenuto. Lo svuotamento delle campagne del Sud è uno dei punti critici della odierna questione meridionale: è questo un destino di declino cui non bisogna rassegnarsi. Il rilancio della produzione agricola deve assumere valenza strategica per il conseguimento di una piena sovranità alimentare e per la creazione di filiere produttive controllate da punto di vista tanto dei diritti di chi ci lavora quanto della salute dei consumatori. A sua volta, il rilancio dell’occupazione nella produzione agricola rientra nel piano occupazionale rivolto in particolare ai/lle giovani meridionali. Un’agricoltura di qualità, rispondente al principio di precauzione e alla difesa della salute alimentare, ha bisogno di nuovi modelli di sviluppo fortemente integrati con tutto il resto delle attività economiche del settore, a partire dalla filiera agroalimentare nel suo complesso, nei legami con i settori del turismo, della ristorazione, dell’energia per essere
davvero in grado di garantire occupazione e reddito. La crescente attenzione dei cittadiniconsumatori nei confronti della qualità e sicurezza si salda alla necessità di una tutela delle aree rurali anche dal punto di vista sociale e culturale. Alla base vi è una rinnovata consapevolezza del ruolo strategico che il produttore agricolo può assolvere nella salvaguardia del territorio e dell’ambiente di fronte alle questioni rilevanti poste dai cambiamenti climatici e dalle necessità di diversificare le fonti energetiche ed il risparmio nel suo consumo. Un diverso modello di sviluppo richiede una netta scelta politica di tutte le istituzioni che offra risposte alle comunità rurali, in particolare del Mezzogiorno. La presenza degli agricoltori sul territorio è da ritenersi una garanzia per la gestione dell’ambiente. Contrastiamo le multinazionali dell’agroalimentare e le politiche di cartello a danno dell’agricoltura di base e a filiera corta. È indispensabile un’etichettatura che indichi non solo i residui tossicologici eventuali e che consenta la tracciabilità di processi produttivi sostenibili dal punto di vista ambientale e dei diritti del lavoro.
Il tema della frutta e verdura vendute a costi bassissimi va affrontato: crediamo che l'istituzione di un consorzio o una cooperativa di agricoltori locali potrebbe aiutare gli stessi a liberarsi dalle imposizioni dettate da logiche di mercato verticistiche che non rispettano il loro duro lavoro. È necessario il rispetto della legge che istituisce il principio di trasparenza, mentre constatiamo l’assenza di trasparenza sulla xylella (che non esitiamo a definire un ecocidio), sull’importazione di grano estero. Il ripopolamento delle campagne deve assumere anche il ruolo di controllo del
territorio rispetto a utilizzi illeciti (discariche di ogni tipo) o legate ad un modello di sviluppo ormai sorpassato (cementificazione compulsiva). L’agricoltura di qualità, con la promozione dei prodotti tipici e la difesa dei paesaggi naturali e storici, si collega così a nuove forme di sviluppo turistico non invasivo ma responsabile. Il lavoro agricolo si è spesso associato al ritorno a inaccettabili forme di lavoro sottopagato, privo di diritti e paraschiavile con numerose vicende tragiche di sottomissione, di deprivazione e di lutti.
Per noi il contrasto effettivo al caporalato in ogni sua tappa si accompagna a forme dignitose di vita e di lavoro per quanti, italiani e migranti, lavorano nei campi. Ci impegniamo in misure incisive per la sicurezza sul lavoro, con l’aumento dei fondi e del personale per i controlli. È del tutto fallace pensare di poter assolvere a queste funzioni strategiche di sviluppo soltanto attraverso una condizione di sfruttamento del lavoro ed una condizione di salari bassi e precari, con l’osceno ricorso al caporalato ed al lavoro illegale: sono anzi questi fenomeni alcuni dei punti più critici della odierna questione meridionale. Il continuo utilizzo del caporalato e delle forme semischiavistiche a cui sono ultimamente approdate molte fasi del lavoro agricolo (dalla raccolta al confezionamento) nonostante le prime leggi a contrasto - è un presupposto falso e fuorviante che rischia di accelerare ancora più velocemente il declino dell’agricoltura e la sua distanza dalle produzioni del Centro-Nord Italia. Occorre invece promuovere quelle buone pratiche, attive anche in Puglia, fatte di esperienze di miglioramento qualitativo e quantitativo della produzione e dell’occupazione trainate dal ruolo sempre più importante che vi svolgono i giovani.
Uno dei problemi che ha afflitto l’agricoltura meridionale, accanto al mancato sostegno delle istituzioni locali e alla scarsa frequenza di accordi cooperativistici, è rappresentato da accordi commerciali di libero scambio non rispettosi dei diritti del lavoro e degli standard ambientali: se riteniamo opportuna la presenza di accordi commerciali con paesi del Sud del mondo per favorirne esportazioni e sviluppo endogeno, nell’ottica di una cooperazione Sud-Sud, tuttavia, a maggior ragione, riteniamo inopportuna una massiccia importazione di prodotti agricoli da alcuni paesi del Nord Europa e America. In tal senso ribadiamo la nostra opposizione a tutti quei trattati economici (TTIP, CETA, TISA) che, in nome di un neoliberismo quasi postumo, costituiscono ulteriori attacchi alle residue speranze di rilancio della produzione agricola nazionale.
PAESAGGIO E COSTITUZIONE
Parlare in un programma elettorale regionale di PAESAGGIO è parlare di “Bene Comune”, vuol dire coltivare, proprio dei paesaggi pugliesi, una visione lungimirante, vuol dire INVESTIRE non a breve per l’interesse proprio ma sul futuro, vuol dire occuparsi della comunità. La nostra Costituzione direttamente e indirettamente tutela il paesaggio: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione” (art.9) Infatti “la tutela del Paesaggio” va intesa tra i “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” (art.2) Deve essere indirizzata al “pieno sviluppo della personalità umana” (art.3). E’collegata alla libertà di pensiero e parola (art.21) Alla libertà dell’arte, della scienza e del loro insegnamento (art. 33) Alla centralità della scuola pubblica e al diritto allo studio (art. 34) La tutela del paesaggio inoltre concorre a formare la nozione di ambiente e
converge con la tutela della salute e del “diritto fondamentale dell’individuo e interesse collettivo” (art 32) Nel ’48 i Padri e le Madri Costituenti hanno stabilito IN COSTITUZIONE che: il BENE Comune NON comprime MA limita i diritti appunto di privati e imprese… Purtroppo questa impalcatura ETICA E GIURIDICA è messa sotto attacco, la libertà di impresa sembra possa esercitarsi senza alcun limite, trasfigurando le tracce della nostra storia e limitando la fruizione del nostro paesaggio. Ascoltiamo l’osceno motto: “padroni in casa propria” invocato come ancora di salvezza, mentre, al contrario, mediante piani casa, condoni e sanatorie ferragostane o natalizie,si devasta l’Italia e la Puglia. Stiamo divorando il corpo della nostra regione come se ne fossimo “proprietari”, come se avessimo solo diritti e nessun dovere. Così il paesaggio è diventato risorsa passiva da sfruttare a vantaggio delle imprese, per un profitto che resterà per l’1% ai lavoratori e per il 99% agli speculatori.
UN’ALTRA IDEA DI TURISMO
Come mai, SE viene indicato il “turismo” quale principale motore dell’economia della Puglia, il Meridione ha visto fuggire due milioni di giovani? Anche se rappresenta a livello nazionale oltre il 5 per cento del PIL e conta 1,4 milioni di occupati?Come mai il turismo, che ha sempre di più divorato e cementificato coste e ambiente, non riesce a redistribuire i propri utili e ne condivide solo i guasti? Il perché è da ricercare nella mancanza di una visione strategica che non sia lo sfruttamento del territorio e delle sue risorse, fondato su
bassa produttività, bassi investimenti, bassi salari. È urgente puntare su un altro tipo di turismo, prima che sia troppo tardi: quello a cui stiamo assistendo sono le avvisaglie di ciò che viene definito “l’overturismo”, che provoca danni evidenziati da studi internazionali, quali l’abbandono dei centri storici in favore della redditività di AirBnB e multinazionali del settore; il sovraccarico delle infrastrutture, danni all’ambiente dovuti alla pressione antropica.
Il programma regionale sul paesaggio non può essere la promozione di un brand mercantile ma necessita di un approccio: •filosofico perché ha a che fare con la natura •storico perché ha a che fare con la memoria collettiva •etico perché ha a che fare con i nostri comportamenti •sociale perché ha a che fare con l’idea di comunità •politico perché ha a che fare con l’idea di cittadinanza. Per questo: •Serve un turismo che abbia cura della memoria, della cultura delle bellezze naturali e delle tradizioni locali, valorizzando le specificità dei diversi territori pugliesi. •Va ripensato il sistema di promozione del territorio sostenendo flussi turistici più consapevoli e meno veloci, in una cornice regionale capace di promuovere sinergie non occasionali, volano di un turismo slow, meno concentrato, con percorsi ecomuseali, naturalistici, gastronomici, programmato in collegamento con le università, i centri di ricerca, le associazioni a tutela dell’ecosistema.
La Sanità in Puglia Punto fondamentale è mantenere e rinforzare il Servizio Sanitario Pubblico e garantire i livelli essenziali di assistenza, rispettando l'art. 32 della Costituzione per cui ogni cittadino in Italia ha diritto alle migliori cure possibili. Garantire la tutela dei cittadini tutti e tutte, in particolare delle fasce deboli della popolazione (gli anziani, la salute mentale e le dipendenze, i portatori di disabilità), che non possono ricorrere alle cure dei privati né fare i viaggi della speranza nelle strutture sanitarie delle regioni “virtuose”. Secondo un recente studio della “Bocconi” la Puglia ormai si attesta come prima regione del Sud per la spesa pro capite per cure private (circa 505 euro/anno). In cinque anni la Puglia ha visto aumentare la spesa media di 150 euro, un aumento non giustificabile con una migliore condizione economica della popolazione visto che tutti gli indicatori dicono che dal 2012 ad oggi il Pil medio è rimasto pressoché immutato. Bisogna affrontare il pianeta Sanità a largo raggio, ammettendo che il Piano di Riordino Ospedaliero (PRO) regionale, così come concepito, se non si vuole che si ritorca sempre più contro i cittadini ed operatori di settore come un boomerang, ha acuito vecchie problematiche che richiedono un cambiamento organizzativo e della politica sanitaria regionale, con particolare riferimento al territorio. Il “Piano di riordino” non è stato disegnato sui bisogni della popolazione e sugli standard dei servizi sanitari, come indicati dal
D.M. 70/2015, e l’emergenza epidemiologica da COVID-19 ha messo e sta mettendo in risalto le criticità della sanità pugliese, in particolare la mancanza di posti letto di terapia intensiva o le difficoltà di tenuta dei servizi territoriali. Gli interventi più urgenti: Stato dell’arte del PRO, contestualizzazione della riconversione/riqualificazione della rete ospedaliera residua, con particolare riferimento alle dotazioni organiche di personale sanitario (medici, infermieri, OSS), ai servizi di supporto (pulizia, vitto, logistica, ecc.); attenta programmazione del numero di specialisti che devono essere garantiti dalle Università, soprattutto per alcune specialità (rianimazione, radiologia, psichiatria, ortopedia …); messa in sicurezza di unità operative ospedaliere con pp.ll. per acuti, rimasti in S.O. sprovvisti di qualsiasi servizio di supporto. Potenziamento dei Servizi Territoriali, in grado di garantire iter diagnostico-terapeutici rapidi, efficaci ed efficienti, contestualmente alla riconversione in PTA degli Ospedali dismessi; garanzia di “servizi h24” per le cure primarie; gestione pubblica delle cure primarie, in capo ai distretti sanitari; garanzia di forme organizzative mono-professionali e multi-professionali; programmazione del numero di medici di assistenza primaria per abitante necessari per svolgere determinate funzioni,
PROPOSTE E PROGETTUALITÀ
valorizzazione del personale a partire dagli infermieri, in un reale potenziamento territoriale, per il funzionamento appropriato di poliambulatori e soprattutto di centri h 24 per prevenire e combattere la cosiddetta “epidemia delle malattie croniche” (prevenzione, stili di vita sani, screening popolazione a rischio, ecc), con ambulatori a gestione infermieristica per l’assistenza territoriale ai pazienti con le principali patologie croniche, con una presenza adeguata di personale, con la collaborazione dei Medici di MG, e per la medicina di iniziativa; è fondamentale la presa in carico territoriale delle cronicità, le dimissioni protette e le cure domiciliari integrate; riorganizzazione della sanità penitenziaria, finalizzata alla garanzia del diritto alla salute delle persone detenute troppo spesso negato in poli sanitari fatiscenti e inadeguati (ad esempio nel carcere di Bari). Attenta riqualificazione e riconversione, all’interno di una organizzazione dipartimentale, della rete-cerniera tra territorio e servizi Ospedalieri (118, Pronto Soccorso, Punti primo Intervento, Guardia Medica). Individuazione delle dotazioni organiche minime delle varie UU.OO. per garantire i livelli assistenziali minimi ed il loro mantenimento; verifica delle prestazioni sanitarie erogabili in conseguenza dei provvedimenti regionali e nazionali ed organizzazione dei servizi tenendo conto dei LEA; piena applicazione della legge 194/78 in tutta la Regione.
Lotta ai processi di mobilità passiva e alle liste d’attesa applicando il Piano Nazionale Gestione delle Liste di Attesa (PNGLA), il Piano Regionale Gestione Liste Attesa (PRGLA) e Piano Aziendale Gestione Liste Attesa (PAGLA). Lotta alle prestazioni e ai ricoveri inappropriati e reinvestimento nella qualità dei servizi, avviando un circuito virtuoso, dove si possa fare prevenzione sul malaffare e sugli sprechi, governare e riqualificare la spesa farmaceutica, favorendo la cultura della appropriatezza prescrittiva e non un mero controllo burocratico; lo stesso vale per la prescrizione di esami e indagini strumentali; estensione del processo di internalizzazione dei servizi appaltati a ditte esterne. Istituzione dell’osservatorio epidemiologico, per ottenere riferimenti epidemiologici, indicatori di appropriatezza organizzativa e di esito su cui ragionare per riqualificare la rete dei servizi (utilizzando sistemi di miglioramento continuo della qualità). Nomina dei Direttori Generali rigorosamente basata sulle competenze professionali, libera dall’invadenza della politica, così come quella dei Direttori di Unità operative complesse; valutazione partecipata dei Direttori Generali (valido strumento potrebbe essere l'istituzione dell'“Assemblea della Salute”, composta da rappresentati degli operatori e dei cittadini, che annualmente si riunisce per dare una valutazione all'Azienda Sanitaria Locale, della quale la Regione tiene conto nel giudizio della direzione generale).
Fibronit
Responsabilizzazione del ruolo dei Sindaci, che sono la più alta autorità sanitaria locale, anche ai sensi del D.L. 24/2017, che dà loro competenze nell’ambito delle autorizzazioni all’accreditamento (sicurezza delle cure). Superamento delle più marcate differenze regionali nell’area della salute e sociali fra Nord e Sud, sia per quanto riguarda l’aspettativa di vita sia per l’aspettativa di cura (i dati testimoniano il sostanziale fallimento delle politiche adottate); l’aspettativa di vita in Italia si riduce al Sud e torna ai livelli del dopoguerra, questo dicono i dati forniti dall’Istituto Superiore di Sanità (2018), con un aumento delle diseguaglianze per i cittadini italiani, in fatto di tutela della salute, negli ultimi 15 anni; notevoli pertanto sono i rischi della autonomia regionale che penalizzerebbe ulteriormente le regioni del Sud e la Regione Puglia, facendo aumentare il gap già esistente con le Regioni del Nord.
È necessario individuare obiettivi chiari, indicatori di percorso e di esito, indicatori di qualità assistenziale, di spesa, controllo trasparente, anche su fondi disponibili (circa 7.250.000.000 di euro/anno dal riparto del Fondo sanitario Nazionale, oltre, si presume, quanto risparmiato per la chiusura dei tanti Ospedali operata dal Presidente Emiliano); è necessario fare attenzione ai processi di accreditamento sia di erogatori privati che pubblici, prevenire e lottare contro il malaffare e gli sprechi.
Ricerca, Sviluppo, Università
A partire dal 2008 l'Italia è stato tra i pochi paesi OCSE a tagliare i fondi destinati a ricerca, sviluppo, università. In questo contesto le università meridionali hanno sofferto particolarmente la difficoltà nel reperire fondi, perdendo studenti e personale. Nonostante si riconosca la necessità di una maggiore istruzione nella popolazione come fondamentale per un corretto e stabile sviluppo, la percentuale di laureati nella nostra regione si attesta intorno al 22% della popolazione, in leggera diminuzione rispetto agli anni precedenti. Università sane, dove è possibile portare avanti ricerca sia di base sia applicata, sono anche volani per l'economia. La Puglia non può permettersi Università di serie B. È invece chiaro il divario che è oramai stato scavato, a volte per sciatteria a volte deliberatamente, tra le nostre università e molte università del centro-nord Italia. Occorrono politiche anti-cicliche eccezionali. La Regione dovrebbe mettere in campo uno sforzo straordinario per rilanciare la ricerca regionale mediante specifici bandi per progetti di ricerca rivolti alle università pugliesi. In questo contesto va rilanciato il dottorato di
ricerca, il cui numero di borse è in continua flessione e verso il quale solo nell'ultimo anno si sono rivolte le attenzioni dell'amministrazione regionale. Università solide, che promuovano la ricerca a livello internazionale, possono essere più utili al territorio e attrarre maggiormente gli studenti. È invece in aumento il numero degli studenti pugliesi che decidono di studiare fuori regione e ormai arriva a circa il 40% del totale contro solo il 7% di studenti di altre regioni che scelgono le nostre università. Per aumentare l'attrattività verso i nostri studenti, gli/le studenti di altre regioni e quelli/e di altri paesi europei ed extraeuropei è necessario uno sforzo eccezionale per aumentare il numero degli alloggi universitari e assicurare un vero sostegno al diritto allo studio. Proponiamo quindi maggiori interventi strutturali e non misure estemporanee come l'azzeramento delle tasse per chi ritorna a studiare in Puglia o il prestito d’onore per finanziare gli studi. Occorrono maggiori investimenti in progetti di ricerca, borse di dottorato, alloggi per studenti, borse di studio.
contributi
R I S O LV E R E LA QUESTIONE MERIDIONALE La questione meridionale, come grande questione nazionale, è un cruciale problema politico, storicamente generato da ragioni storiche politiche ed economiche e mai risolto per tare etico-culturali delle classi dirigenti e per la loro subalternità alla fragilità della borghesia italiana come classe dirigente nazionale . Per noi è una questione centrale del nostro sviluppo sociale e democratico. La sua soluzione rappresenta un punto centrale della nostra azione politica e va collocata all'interno di un complessivo recupero della Sovranità Costituzionale del Paese, in attuazione concreta di un nuovo modello sociale: antiliberista e antinazionalista, lavorista, solidaristico ed effettivamente democratico. Per la classe politica italiana, il concetto di “questione nazionale” è stato una volta – in buona misura- un’acquisizione indiscussa, perché poggiava su una chiara e abbastanza diffusa consapevolezza circa la genesi storica del nostro dualismo territoriale. Poi le cose sono progressivamente cambiate. Negli ultimi decenni, con la surrettizia introduzione di un nuovo sistema politico, totalmente omologato al modello liberista, imposto dal sistema Maastricht e più in generale dai processi di globalizzazione dell’economia mondiale, la percezione del dualismo territoriale in Italia come grande problema nazionale è diventata evanescente. Nell’agenda politica attuale, la soluzione di tale problema non viene posta nei termini che merita, ossia come necessità assoluta per lo sviluppo del Paese nel suo
complesso e per correggere quanto andò storto nella costruzione dello Stato unitario. Da “grande questione” che era è precipitata a problema secondario e talvolta viene concepita come problema-zavorra del Paese. Tutto ciò dipende dai processi di omologazione culturale collettiva e dal crollo del livello culturale dei vertici delle forze politiche e della rappresentanza parlamentare, di cui il leghismo è la versione estrema. Tutto ciò ha prodotto un risultato pernicioso: la secessione psicologica di una parte del Nord nei confronti del Sud, manifestatasi anche nei provvedimenti legislativi ispirati tanto dalla Lega quanto dal centro-sinistra ulivista (revisione del Titolo V nel 2001). e incredibilmente sostenuta anche da livelli istituzionali. Una classe politica all’altezza del ruolo avrebbe contrastato questa deriva. Il sistema liberista ha purtroppo plasmato una classe politica omologata al pensiero unico dominante, subalterna ai poteri forti, priva di credibilità, caratterizzata da un basso spessore culturale e da un meschino livello eticopolitico. Un siffatto ceto politico non era in grado di svolgere alcuna forma di motivato “contrasto” nei confronti dell’ondata leghista. Anzi, ha subito senza alcuna reattività l’urto di quell’ondata e si è fatto dettare dal leghismo i temi dell’agenda politica: il federalismo diseguale, le tacite o esplicite politiche antiSud, la moltiplicazione confusa delle autonomie regionali.
PER UN PROGRAMMA FONDATO SULLA PIENA SOVRANITA’ POLITICA,
Non si tratta di mettere sotto processo il federalismo in sé, perché esso il sistema delle autonomie locali e regionali previsto dalla Costituzione originaria può con beneficio reciproco unire entità divise, conferendo ai loro rapporti una logica di collaborazione e solidarietà. In tal modo il leghismo e le richieste trasversali di autonomie differenziate vanno a soddisfare direttamente l'interesse di questa UE di Maastricht, tesa ad azzerare qualsiasi autonomia decisionale dello Stato costituzionale e dei suoi governi in materia economica, tributaria e fiscale, compromettendo ulteriormente -dopo aver già ridotto all’estremo i margini di spesa e tolto di mezzo la sovranità monetaria- ogni residua capacità di indirizzo dello Stato circa il modello economico e sociale del Paese e ogni seria possibilità di mettere in atto politiche interne di riequilibrio territoriale a carattere non conflittuale. Cambia di molto la prospettiva se si ragiona in termini diacronici, in base al processo storico, e non semplicemente sulla scorta della fotografia del presente. Storicamente, l’economia delle regioni del Sud, alimentata anche dalle rimesse degli emigranti in Europa -in modo massiccio fino a tempi recenti- e nel mondo, ha funzionato come vitale mercato per le regioni del Nord. Senza quell’enorme mercato interno, l’apparato produttivo settentrionale avrebbe conseguito risultati di gran lunga inferiori a quelli che ora risultano effettivamente registrati nell’arco della vicenda unitaria. I dati storici indicano inoltre
un notevole contributo complessivo delle rimesse migratorie alla Cassa Depositi e Prestiti, una fonte a cui nel corso dei decenni hanno attinto soprattutto i Comuni del Nord – per precise ragioni storiche- per le proprie dinamiche finanziarie. Con le autonomie regionali chieste da Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna siamo di fronte ad una vera e propria “secessione dei ricchi”, la quale comporta esiti rovinosi, che conducono ad una “secessione dei diritti”, dato che compromettono il patto costituzionale. Nella dimenticata letteratura meridionalista si è dimostrato in modo inoppugnabile che il Sud veniva accusato di pagare di meno anche quando pagava di più. Per chi vuole guardare un po’ più lontano del presente, risulta chiaro che, per via della pochezza della classe politica, delle regole del sistema euro/Maastricht e sulle basi scelte dalle tre Regioni che rivendicano il “proprio” o più del “proprio”, non c’è un chiaro futuro per la compagine nazionale. Così si allungano fosche ombre sul nostro futuro nel contesto dell’Unione europea, attualmente neoliberista, atipica formazione sovranazionale al servizio della grande finanza e contro i popoli. Il sistema-Paese, dunque, non va disgregato. Va difeso, superando gradualmente la logica squilibrata che ha penalizzato una parte del territorio, per instaurare una logica sistemica autenticamente costituzionale. In che modo conseguire tale obiettivo?
ECONOMICA E MONETARIA DELLO STATO COSTITUZIONALE
In una prospettiva a medio termine, uscendo dai vincoli imposti dai Trattati europei per poter varare, con l’autonomia monetaria, un piano di investimenti pubblici finalizzati alla perequazione territoriale; a lungo termine, costruendo un’Europa dei popoli, esente dai vizi e dalle colpe di quella attuale, che è stata forgiata dal devastante neoliberismo; nell’immediato, operando un netto cambiamento della politica attuale, mediante l’azione dei governi orientata verso un progressivo riequilibrio delle potenzialità economiche tra le regioni del Centro-Nord e quelle del Sud. Si recupererebbe in tal modo l’originaria impostazione costituzionale fondata su un regionalismo egualitario nelle competenze e nei poteri, opposto a quello differenziato a cui guardano la Lega ed i Paesi-guida del sistema euro–Maastricht, interessati a dividere e indebolire il nostro sistema statale. Il Paese va protetto esternamente per mezzo di uno Stato unitario costituzionale, che recuperi in pieno la propria sovranità costituzionale e i propri poteri di indirizzo dei processi economici e sociali, anche attraverso la riappropriazione della propria sovranità monetaria, l’abolizione del montiano art. 81 della Costituzione e la ricostituzione del proprio apparato economico – bancario, industriale, infrastrutturale - di carattere pubblico. Con il recupero di questi poteri e queste funzioni, lo Stato democratico può dare
corpo a politiche di indirizzo nei territori del Paese per favorire lo sviluppo delle forze produttive, la democrazia territoriale e la cooperazione internazionale. C’è bisogno di un progetto complessivo di trasformazione del modello sociale del Paese, fondato su un nuovo blocco sociale riformatore in senso antiliberista, capace di rinnovare la cultura politica, ricostruire un alto ethos civile e in grado di creare le sinergie necessarie tra forze sociali, livelli istituzionali, conoscenze e competenze tecniche per rompere i vicoli distruttivi imposti dalla UE di Maastricht. Ripristinare la piena sovranità costituzionale del Paese è l’unica vera premessa di una nuova Europa ben diversa, in cui si possa realizzare una logica sistemica di comune sviluppo del Paese, capace di dare un significato effettivo del nostro programma di progresso civile e economico.
Le ragioni per le quali voteremo “NO” al referendum costituzionale
Il 20 e 21 settembre 2020
Il nostro NO al referendum sul taglio del numero dei parlamentari perché: • col pretesto del risparmio (irrisorio!) dei costi si vuole tagliare la Democrazia; • interi territori e regioni sarebbero sottorappresentati; • si concentra il potere nelle mani di una oligarchia restringendo ulteriormente il rapporto tra rappresentanti e rappresentati.
Vota la lista
Barra NO al taglio dei parlamentari
NO