Ticino 7 N10

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L’APPROFONDIMENTO

ticino7

di Natascha Fioretti

Informazione

Per una società migliore Mentre le testate tradizionali lottano da tempo per la sopravvivenza, in Svizzera e altrove nascono nuove start up giornalistiche ‘digital only’. Sono loro il futuro del giornalismo? Con questo secondo contributo si conclude il nostro approfondimento iniziato lo scorso 15 febbraio.

L

eggendo l’articolo di qualche settimana fa, qualcuno di voi avrà pensato che nel mare magnum del giornalismo, delle sue tante forme contemporanee e delle continue crisi, a passarsela bene sono i siti di informazione nativi digitali. Loro sì che sanno come muoversi con redazioni giovani, tecnologiche, snelle e costi di produzione ridotti rispetto alla grande macchina dei giornali. Non è così, anche qui vale la filosofia del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto e, dopo i primi successi e le prime intuizioni pionieristiche, qualcosa inizia a scricchiolare. È di queste settimane la notizia che Buzzfeed, sito di informazione e intrattenimento con sedi in tutto il mondo, 300 milioni di dollari di ricavi nel 2018, taglia il 15% dei posti di lavoro, circa 250 dipendenti su un totale di 1’450. Una notizia che si somma ai tagli nella divisione media di Verizon e a Vice Media e per cui c’è già chi, come Il Sole 24 Ore, parla di un «bagno di sangue per i media digitali». In un attimo si sono polverizzati un migliaio di impieghi e si teme non saranno gli ultimi. Nuovi progetti falliscono A questo si aggiungono nuove iniziative come la piattaforma Open (open. online) di Enrico Mentana a insegnarci che anche online non tutte le ciambelle riescono col buco. Sembra infatti che non siano stati sufficienti il nome e la notorietà del direttore del Tg de La7 a far decollare il progetto, tanto meno le nobili intenzioni espresse in un post su Facebook qualche mese fa: ridare ai giovani e al giornalismo un po’ di quella fortuna e opportunità date a lui nel periodo d’oro della professione: «La generazione degli anni Cinquanta e Sessanta ha potuto realizzare il sogno di fare i giornalisti, quel che è ormai precluso anche ai più bravi tra i giovani

40%

(e oltre) delle persone in Svizzera si informa attraverso siti di attualità e social media, in prevalenza delle testate tradizionali.

93%

delle persone negli Stati Uniti si informa online, l'85% su dispositivi mobili. (fonti: Reuters Institute, Pew Research Center)

di oggi». Presentata al pubblico il 18 dicembre 2018, Open, testata online gratuita di informazione, vede la direzione di Massimo Corcione, vicedirettore di Mentana ai tempi del TG5, la vicedirezione di Serena Danna, già firma del Corriere della Sera ed esperta di nuove tecnologie, due redazioni, una romana e una milanese, per un totale di 25 giovani giornalisti, nemmeno trentenni, assunti a tempo indeterminato. Qual è il suo business model? La società editrice GOL, Giornale On Line, è una srl a impresa sociale, senza fini di lucro, di cui Mentana è socio al 99%, mentre la raccolta pubblicitaria è affidata ad una delle concessionarie di Urbano Cairo. L’idea di Open è offrire uno strumento di informazione per tutti, in particolare per le nuove generazioni. È aperto al nuovo, a tutte le idee, a tutti i contributi e punta a raggiungere un milione di lettori al giorno, trenta milioni in un mese. Per intenderci, sarebbero poco meno di quelli che ha La Gazzetta dello Sport e per ora si tratta più di un lontano miraggio visto l’ottimismo dello stesso Mentana, che ha investito 250mila euro di tasca propria per pagare gli stipendi nei primi mesi: «La cosa più probabile è che in questa operazione ci perda, anche tanto, certamente non ci guadagnerò».

Qualità per tutti Insomma Open non ha fatto il botto, si parla già di flop e di cambio direzione, e c’è chi, come Valerio Bassan, responsabile della strategia digitale e prodotto nei media per Forbes, lo aveva detto sin da subito in un post su Facebook: «Il principale problema di Open è che eredita il difetto originale dei legacy media: non è concepito né gestito come un prodotto che deve conquistarsi un mercato e sopravvivere al suo interno. (...) Qualsiasi nuova iniziativa in ambito media – sia essa un podcast che parla di tennis o un mensile cartaceo che si occupa di fashion – deve obbligatoriamente rispondere a una domanda: il prodotto che stiamo per lanciare risolve un problema? Fornisce un servizio? Qual è la ‘unique value proposition’ che differenzia Open da competitor con più storia, risorse e pubblico? Ma soprattutto, quale segmento di utenti si propone di raggiungere?». In quella formula, tutto per tutti e in particolare per i giovani, non sembra esserci spazio per le domande di Bassan e l’esperienza di Open dimostra un fatto: anche per le testate native digitali non è facile stare al mondo, soprattutto in un momento in cui per generare ricavi, trovare e tenersi stretti i lettori non basta più la legge dei click, dei gattini, delle breaking news e della quantità a discapito della qualità. Giornalismo e crowdfunding Di qualità nel giornalismo ne sa qualcosa De Correspondent (decorrespondent.nl), testata olandese lanciata nel 2013 con una raccolta crowdfunding record di 1,7 milioni. Nata dall’idea di due giornalisti dell’NRC Handelsblad, Ernst-Jan Pfauth e Rob Wijnberg, intenzionati a rivoluzionare il concetto di informazione, De Correspondent punta a instaurare una conversazione più


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