Nel mondo sono conosciute alcune migliaia di varietà di riso, caratterizzate da specifiche forme, colori, sapori e tipi di utilizzazione.
Risaie nel ferrarese.
provenienti dalla Francia e in Lombardia dagli Sforza. Grazie alla sua elevata produttività, all’epoca molto superiore a quella del frumento, la coltivazione del riso conobbe una forte espansione frenata solo dalle disposizioni occasionalmente emanate localmente per contenere la diffusione della malaria. Da circa 2 migliaia di ettari nel XIII secolo, la superficie investita a riso raddoppiò un secolo più tardi, giunse a circa 40 mila ettari nel XVII secolo per arrivare all’unità d’Italia, subito dopo l’apertura del canale Cavour, alla superficie coltivata oggi. Nei secoli che segnarono la sua diffusione, il riso è sempre stato considerato una coltura di grande interesse, in grado di fornire dei buoni redditi in terreni, spesso poco adatti ad altre colture. Tale
e poi, con graduali spostamenti in Palestina, Siria e in Egitto. L’occupazione da parte degli arabi della Spagna e della Sicilia, favorì l’introduzione della coltivazione del riso in queste regioni mediterranee. Dalla Spagna arrivò poi in Campania, grazie agli Aragonesi e in Francia e Nord Italia ad opera dei soldati di Carlo Magno, di ritorno dalle battaglie contro gli arabi. Il riso trovò condizioni favorevoli alla sua coltivazione soprattutto in Piemonte e Lombardia, principalmente per la presenza di terreni pianeggianti e paludosi. L’introduzione e la diffusione della coltura in queste regioni si realizzò a partire dal XII secolo, a seguito delle impegnative opere di bonifica dei terreni e di costruzione di canali di irrigazione sostenute, in Piemonte soprattutto dai monaci cistercensi
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