JUST KIDS - #04 - Febbraio 2013

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[ Musica ]

MASSIMO BUBOLA in alto i cuori (Eccher music – 2013)

I

n alto i cuori quando il cielo è muto E anche la pioggia non ti ascolterà In alto i cuori se ti senti smarrito Perché qualcuno ti ritroverà.

di Andrea Furlan

T

ralasciando i tre ottimi brani recanti la sua firma contenuti nell’epopea tex-mex-western Chupadero! della Barnetti Bros Band, il supergruppo cui, sotto mentite spoglie, ha partecipato insieme ad Andrea Parodi, Massimiliano Larocca e l’americano Jono Manson, sono passati quattro anni da Ballate di terra & acqua, l’ultimo lavoro che Massimo Bubola aveva pubblicato a suo nome. Tanto abbiamo dovuto aspettare, ma la lunga attesa è stata finalmente premiata dall’arrivo di In alto i cuori, una raccolta di undici, nuove, intense, instantsongs con le quali si fa interprete dell’Italia di oggi, e ne dipinge un quadro allo stesso tempo affascinante per le intrinseche qualità musicali e spietato nell’indicarne i difetti. Come altre volte in passato, basti solo ricordare Don Raffae’ scritta a quattro mani con Fabrizio De Andrè, lo sguardo lucido dell’autore veronese si posa su temi sociali di scottante attualità. Un episodio di cronaca, avvenuto lo scorso anno a Roma, è lo spunto per Hanno sparato a un angelo,

l’emozionante brano d’apertura del disco. Durante una rapina viene uccisa, insieme al papà che la teneva in braccio, una bambina di soli nove mesi, “un angelo che ancora non sapeva gli abissi del mondo, la bestia che si cela”. Non c’è più limite alla barbarie dilagante, “non possiamo credere che morta sia Pietà”, canta la voce accorata dell’autore, anche lui padre di un bambino piccolo,“cosa possiamo dire se non abbiamo voce, noi che non sappiamo stare ai piedi della croce”. L’assoluta banalità del male impressiona per la mediocrità insensata di chi lo commette, diceva con acume la filosofa tedesca Hannah Arendt. Si resta esterefatti e ammutoliti, aggiunge Bubola, soli nell’affrontare il dolore, senza più l’aiuto consolatorio di una comunità con cui condividerlo. “Cosa possiamo scrivere, se non abbiamo più pagine”, continua, come se non ci fossero più parole disponibili. Naturalmente sono molte le cose da dire e lui riesce a trovare le parole più adatte per farlo con levità, mediante liriche che, nonostante il tema sia tragico, comunicano con commossa semplicità l’indignazione suscitata da una giovane vita spenta sul nascere. “Con i suoi piedi piccoli ancora non volava, con le sue ali tenere ancora non camminava”, quanta grazia e tenerezza in questi versi usati per raccontare “un bocciolo di sposa” ! Questo primo brano fotografa con precisione la realtà e determina lo stato delle cose, il punto di partenza per analizzare i nostri tempi. Perché siamo arrivati a tanto, quali sono le cause del degrado morale che stiamo vivendo? Le risposte non tardano ad arrivare e Un paese finto punta il dito contro la finzione che si è ormai impossessata delle nostre vite, complice prima di tutto la televisione, palcoscenico di troppi “finti profeti profondi”. Anche il cuore non sa più distinguere i sentimenti, solo il male, purtroppo, è vero. Bisogna

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