Film n.14 aprile/giugno 2020

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Anno XXVI (nuova serie) - Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento postale 70% - DCB - Roma

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CENTRO STUDI CINEMATOGRAFICI


Edito dal Centro Studi Cinematografici 00165 ROMA - Via Gregorio VII, 6 tel. (06) 63.82.605 Sito Internet: www.cscinema.org E-mail: info@cscinema.org Aut. Tribunale di Roma n. 271/93

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Anno XXVI n. 14 aprile-giugno 2020 Trimestrale di cultura multimediale

Remi Styx Nureyev - The White Crow Subemergence L’amour Flou - Come separarsi e restare amici La paranza dei bambini L’uomo del labirinto Downton Abbey, 1927 Brave ragazze Due amici Sara e Marti Hole - L’abisso La belle époque The Nest Selfie di famiglia L’età giovane Fulci for fake Grandi bugie tra amici Le invisibili Se mi vuoi bene Lettere a mia figlia - Manuale sull’alzheimer The Deep The informer - Tre secondi per sopravvivere Gli uomini d’oro The Quake Vita segreta di Maria Capasso Vivere Tuttapposto Il varco Tutta un’altra vita Judy A Torr Bella Monica non piove mai Cetto c’è, senzadubbiamente 18 regali Aspromonte la terra degli ultimi

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SOMMARIO

L’amore strappato Ognuno è perfetto Vivi e lascia vivere

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Abbonamento annuale: euro 26,00 (estero $50) Versamenti sul c.c.p. n. 26862003 intestato a Centro Studi Cinematografici Si collabora solo dietro invito della redazione Direttore Responsabile: Flavio Vergerio Segreteria: Cesare Frioni Redazione: Silvio Grasselli Giancarlo Zappoli Hanno collaborato a questo numero: Giulia Angelucci Veronica Barteri Elena Bartoni Chiara Bastia Andrea Cardelli Alessio D’angelo Cristina Giovannini Leonardo Magnante Fabrizio Moresco Marianna Ninni Giorgio Federico Mosco Giancarlo Zappoli

Pubblicazione realizzata con il contributo e il patrocinio della Direzione Generale Cinema Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Stampa: Joelle s.r.l. Via Biturgense, n. 104 Città di Castello (PG)

In copertina In alto Remi di Antoine Blossier, Francia 2018. Al centro L’amore strappato (serial) di Ricky Tognazzi e Simona Izzo, Italia 2019. In basso Downton Abbey di Michael Engler, Gran Bretagna 2019. Progetto grafico copertina a cura di Jessica Benucci (www.gramma.it)


di Antoine Blossier

REMI

Origine: Francia, 2018

Tutto inizia in un orfanotrofio dove una notte dei bambini si mettono in ascolto di un anziano signore (che si rivelerà essere Remi da vecchio) che racconta loro la sua storia. Da piccolo Remi vive insieme alla mamma Barberin ma quando un giorno torna il papà Jerome invalido, il ragazzo scopre che il genitore che è stato così lontano fino a quel momento non può più mantenerlo. Viste le difficoltà economiche l’uomo vorrebbe vendere la mucca, unico bene prezioso rimasto in casa a cui Remi è molto affezionato e allo stesso tempo “liberarsi” del bambino lasciandolo alle cure di qualche ricco abitante in città. Il piccolo Remi fino a quel momento non sapeva in realtà di essere stato adottato da quella che pensava fosse la sua famiglia originaria. Il bambino ha un amore sconfinato per la sua amica mucca Rosetta e andando a trovarla nella stalla durante la notte per salutarla e cantarle una ninna nanna fa un incontro con uno strano individuo che nel buio non riesce bene ad identificare, spaventandolo. Così il ragazzo viene trascinato dal padre in città per essere venduto fino a quando il giovane non riesce a scappare dalle sue grinfie e ad entrare in una taverna dove sta mangiando anche il signor Vitalis. Jerome dopo un po’ raggiunge Remi che nella locanda si è nascosto sotto il tavolo di Vitalis che si scoprirà essere l’uomo che il giovane aveva incontrato nella stalla la notte precedente. Questi è uno stimato artista di strada che avendo sentito quella notte la voce d’angelo del ragazzo, decide di pagare il padre per ingaggiarlo come suo aiutante. Jerome acconsente e così Vitalis, una volta scoperta la

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timidezza di Remi, gli insegnerà ad esibirsi davanti alle persone senza vergogna, ad usare al meglio la sua voce meravigliosa ma soprattutto a credere in se stesso e a tenere sempre presente la sua storia, la sua identità e i suoi sogni. Presto nasce un legame molto forte tra il ragazzo e il saltimbanco ma nonostante questo Remi continua ad avere sempre il desiderio di ritrovare presto la sua vera famiglia. Insieme affrontano tanti momenti difficili come un attacco dei lupi, la mancanza di una dimora fissa e diverse difficoltà di salute. Il signor Vitalis ha infatti bisogno di alcune cure per una brutta tosse che lo accompagna da qualche tempo e per questo il giovane, per un breve periodo, vivrà presso una famiglia benestante che abita su un battello e farà amicizia con Lisa, una ragazza sulla sedia a rotelle. La mamma della bambina, la signora Harper, quando torna il saltimbanco, dice di voler offrire al ragazzo una vita da benestante. Il signor Vitalis però in cuor suo conosce il grande talento di Remi, lo comunica anche alla madre di Lisa ma fa scegliere il giovane perché vuole davvero il suo bene. Remi è dispiaciuto perché tiene alla sua giovane amica ma alla fine preferisce andare via. Il saltimbanco è molto malato come anche la loro amica a quattro zampe Capi e così per un periodo, non potendo stare in strada, alloggiano presso un hotel dove il signor Vitalis offre spettacoli agli ospiti per poter pagare in cambio l’affitto della stanza al proprietario della struttura. La mamma di Lisa, nel periodo in cui Remi aveva vissuto con loro, volendo aiutare il ragazzo aveva scritto al suo circolo di ami1

Produzione: Éric Jehelmann, Philippe Rousselet per Jerico, TF1 Films Production, TF1 Studio, Nexus Factory, Umedia Regia: Antoine Blossier Soggetto: Dal romanzo “Senza famiglia” di Hector Malot Sceneggiatura: Antoine Blossier Interpreti: Daniel Auteuil (Vitalis), Maleaume Paquin (Rémi), Virginie Ledoyen (Madame Harper), Jonathan Zaccaï (Jérôme Barberin), Jacques Perrin (Rémi anziano), Ludivine Sagnier (Madame Barberin), Albane Masson (Lise), Nicholas Rowe (James Milligan), Nicola Duffett (Signora Driscoll), Simon Armstrong (Signor Driscoll), Rupert Wynne-James (Il poliziotto inglese) Durata: 105’ Distribuzione: 01 Distribution Uscita: 7 febbraio 2019

ci, frequentato da nobili, per poter risalire alla sua famiglia visto che l’unica cosa attraverso cui si poteva indagare sulle sue origini erano delle iniziali su un pezzo di stoffa conservato dal ragazzo. Appena la signora Harper riceve una lettera di risposta avverte Remi e il signor Vitalis. Nonostante la grave malattia il protettore del ragazzo sa


quanto è importante per lui ritrovare la sua famiglia e così si mettono in viaggio. Il nobiluomo che aveva risposto alla lettera di ricerca della signora Harper lo accompagna presso la famiglia Driscoll che si era dichiarata come quella di origine del ragazzo; ma di lì a poco Remi scoprirà che sono tutti una massa di truffatori e grazie al suo sesto senso il signor Vitalis tornerà giusto in tempo per far mettere in salvo il ragazzo. Presto i due capiscono che la meta giusta per conoscere la vera famiglia di Remi è un’altra ma nel frattempo durante il loro percorso si imbattono in una tempesta di neve. Il signor Vitalis purtroppo non sopravvive ma il ragazzo riesce la trovare la mamma, una nobile signora che lo riconosce dal motivetto che lo aveva accompagnato in tutti questi anni e che lei gli cantava quando era in fasce. Arrivato in Italia nel 1979 su Raiuno, il cartone anime Remi - Le sue avventure è stato ideato in Giappone tra il ’77 e il ’78. Ma non tutti sanno che questo personaggio comparve per la prima volta nel romanzo di fine ottocento Senza famiglia di Hector Malot, da cui questa ben riuscita versione live action trae spunto.

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Il regista Antoine Blossier infatti passa dal genere horror di Prey (Proie) nel 2010 e dalla commedia The Grad Job (À toute épreuve) nel 2014, a questo suo ultimo lavoro in un terreno non ancora esplorato con un ottimo risultato. La sensazione che si ha è di essere sì dinanzi ad un adattamento ma genuino. In un’intervista il piccolo attore protagonista aveva dichiarato: “Remi è un personaggio dalla grande empatia, si carica sulle sue spalle molte cose, ho trovato che avesse delle gran qualità”. Varie le versioni televisive che hanno omaggiato il famoso orfano che in questo adattamento vede per la prima volta sul grande schermo Maleaume Paquin, un giovanissimo attore dal visino d’angelo. Questa trasposizione curata da Antoine Blossier vede costumi accurati e paesaggi straordinari in cui immergersi: la fotografia è di Romain Lacourbas, il quale di solito lavora alle serie Tv americane e che per Remi ha realizzato insieme al regista un mood board, una presentazione grafica della pellicola; inoltre il film è stato girato in Cinemascope, usando delle vecchie lenti proprio come nei classici americani . Non dimentichiamo poi un cast eccellente tra cui spicca il personaggio di Daniel Auteuil. Elemento fondamentale è anche

di Wolfgang Fisher

la musica presente per la maggior parte della durata del film e che è costituita, oltre che dalla musica che il ragazzo ha sempre in testa, da grandi temi musicali della tradizione francese. Un film che paradossalmente ci insegna molto sulla famiglia e sulla vita; come ha detto il regista Blossier durante una sua intervista “il messaggio è che la famiglia può essere costruita, non si sta da soli, non si parla esclusivamente di famiglia biologica ma di costruirne una con persone che si vogliono bene e che vivono le stesse cose”. E anche in questo l’adattamento propone una variante originale, moderna proponendo una tematica al contempo attuale e fortemente dibattuta. Una pellicola che ha l’aspetto della fiaba ma che con poesia emoziona in ogni suo passaggio, come se entrassimo gradualmente e sempre più in profondità nell’animo umano. Per questo il piccolo attore Maleaume Paquin riferendosi al personaggio di Remi da lui interpretato ha avuto modo di dichiarare: “In fondo la sua è una lotta continua carica di speranza e ottimismo in cui giunge a far pensare allo spettatore: “questo bambino ha vissuto molte più cose di un adulto”. Giulia Angelucci

STYX

Origine: Germania, Austria, 2018 Produzione: Marcos Kantis, Martin Lehwald, Michal Pokorny per Schiwago Film in coproduzione con Alexander Dumreicher-Ivanceanu, Bady Minck per Amour Fou Vienna Regia: Wolfgang Fisher Soggetto e sceneggiatura: Wolfgang Fischer, Ika Künzel Interpreti: Susanne Wolff (Rike), Gedion Oduor Wekesa (Kingsley) Distribuzione: Cineclub Distribuzione Internazionale Durata: 94’ Uscita: 15 novembre 2018

Una coppia di scimmie vaga tra le case di Gibilterra. Notte, in una città tedesca, due auto attraversano a folle velocità un incrocio, una terza per evitarle sbatte. Piove, una sirena annuncia l’arrivo dei soccorsi. Un medico coordina le operazioni, è Rieke, che sull’ambulanza stabilizza il ferito. Al porto di Gibilterra, Rieke si-

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stema metodicamente le provviste in cassetti e scomparti su una piccola barca a vela, l’Asa Gray. Riposto un libro, traccia l’itinerario atlantico fino ad un piccola isola. Immagini del libro “The creation of paradise. Darwin on Ascension Island”, musica di tensione. L’indomani Rieke issa le vele e al timone si inoltra in mare aperto. Rumori e gesti essenziali gui-

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dano la rotta, il libro di Darwin nei momenti di quiete. Un bagno nuda, lasciando andare la barca, una corda come unico legame, poi la pulizia personale. Un volatile si posa sull’albero e cattura l’attenzione dell’unico passeggero. La lettura e il sogno si avvicendano, la vegetazione incontaminata è il comune denominatore. La calma viene interrotta da una chiamata radio di un cargo, la Pulpca, che le preannuncia una tempesta in arrivo, assicurando assistenza in caso di bisogno alla piccola imbarcazione. Rieke indossa una muta impermeabile e affronta la bufera, la nave ondeggiante la fa sbattere. Il sole mattutino riporta la calma, sottocoperta Rieke si ridesta affaticata e guardando fuori scopre un peschereccio alla deriva, che non risponde alla radio. Probabilmente si tratta di migranti, quindi contatta la guardia costiera che sembra non capire la situazione. Rieke vede persone che si tuffano cercando di raggiungere l’Asa Gray e chiama di nuovo l’autorità che le chiede di non prendere iniziative, manderanno soccorsi. Turbata dalle grida dei naufraghi, riesce a stento a tirare sulla nave un bambino e si allontana. Kinglsey, semiassiderato, presenta ferite ed è incosciente. Rieke lo cura e viene ricontattata dalla guardia costiera. Durante la notte le urla continuano, nessun aiuto arriva. Al mattino Kingsley ha ripreso coscienza, la prega di aiutare gli altri e discutono. Lanciano raggi di emergenza e nuovi appelli via radio. Pulpca risponde ma appena capisce la situazione rifiuta di intervenire. Kingsley implora Rieke di salvare sua sorella, non ottenendo risposta la spinge in acqua e finge di allontanarsi con la barca. Rieke si crede perduta, poi una volta sulla barca urla in tedesco al ragazzo. Scende ad asciugarsi, Kingsley ritualmente getta le bottiglie d’ac-

qua in mare per i propri compagni. Rieke decide di simulare il proprio naufragio e dopo la richiesta di SOS spegne le apparecchiature. Kingsley tenta di tuffarsi ma Rieke glielo impedisce. Al calar della luce la barca si avvicina al peschereccio, Rieke sale e trova dei cadaveri, un lamento la attira nel buio della pancia della nave allagata. All’alba scruta l’orizzonte col capo coperto, arriva la guardia costiera, che recupera i cadaveri. Via radio richieste di aiuto si sovrappongono. A Rieke viene tolto il copricapo e chiesto di riempire dei moduli, lei, sotto shock, guarda da una finestra ondeggiare il peschereccio mentre i pochi superstiti le sfilano di fronte.

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Nel lungometraggio presentato alla Berlinale, dove ha ottenuto il premio della giuria ecumenica, il regista austriaco Wofgang Fischer affronta l’attualità del problema migratorio. L’impegno sociale è calato in un film che verte sul viaggio, un percorso di ricerca del paradiso ed evasione che si trasforma in un incubo. La messa in scena procede per sottrazione, eliminando quasi del tutto i dialoghi, la progressione drammatica della storia è raggelata e le motivazioni del personaggio disinnescate, Riguardo la storia personale del protagonista di cui sappiamo soltanto che è un medico, questa essenzialità trattiene lo spettatore dall’identificazione emotiva usuale col protagonista, concentrando l’attenzione sull’azione del personaggio e l’ambiente sonoro, creando così un senso di attesa e curiosità sui gesti, che richiama certe sequenze d’osservazione del cinema di Melville o dei Dardenne. Rieke, in navigazione solitaria, vive le tappe iniziali come una sorta di rito di purificazione e ricerca di sé, le sequenze del bagno e lavaggio sono esemplari. Il tentativo 3

di raggiungere dell’Isola di Ascensione, un eden incontaminato ma progettato da Charles Darwin, è però illusorio e ha come risultato il ritorno alla stessa quotidianità lavorativa solo più brutale. Il paradiso artificiale rimane un’utopia, confinata al pensiero tramite le illustrazioni del libro o al sogno come suggerito dal montaggio: la realtà è una giungla. Fischer procede presentando situazioni ricorrenti che rivelano parallelismi ed evoluzioni, così il naufragio assistito dalle altre imbarcazioni richiama l’incidente stradale iniziale con la folla curiosa ai margini, dove in entrambi Rieke svolge il ruolo di soccorritrice. L’iniziale bagno in mare aperto, apice della libertà della protagonista, è capovolto quando spinta in acqua da Kingsley vede la barca allontanarsi e il suo arbitrio sembra naufragare. Costantemente lungo la pellicola vediamo lo sguardo di Rieke scrutare l’orizzonte: poco dopo il primo soccorso focalizzando le strade metropolitane, prima della tempesta e dopo con l’avvistamento del naufragio. Non sempre al primo piano della volto segue una soggettiva, lasciando intendere un interesse rivolto più sulla protagonista che sugli eventi osservati. Nel finale la situazione si ripete, ma il volto di Rieke, inizialmente coperto, rivela lo sguardo allucina-


to e lei rimane muta alle domande delle autorità. Così, attraverso piccoli mutamenti, l’autore segnala l’essenziale, lo sguardo prima attento e aperto del medico adesso è inaccessibile.

Aldilà di alcuni didascalismi e del sentimentalismo legato alla figura di Kingsley, Styx oltrepassa l’attualità proponendo una riflessione sulla società e i suoi paradigmi atemporali, come suggerito dalla

di Ralph Fiennes

presenza originaria, ad inizio della narrazione, delle scimmie, testimoni degli eventi che aprono la messa in discussione dell’evoluzione sociale. Andrea Cardelli

NUREYEV - THE WHITE CROW

Origine: Gran Bretagna/Francia, 2018 Produzione: Gaby Tana, François Invernel, Carolyn Marks per Magnolia Mae Films, BBC Films Regia: Ralph Fiennes Soggetto: dal romanzo di Julie Kavanagh Sceneggiatura: David Hare Interpreti: Oleg Ivenko (Rudolf Nureyev), Adéle Exarchopoulos (Clara Saint), Ċulpan Nailevna Chamatova (Xenia), Ralph Fiennes (Pushkin), Aleksey Morozov (Strizhevsky), Raphaël Personnaz (Pierre Lacotte), Olivier Rabourdin (Richard Brayn), Ravshana Kurkova (Farida Nureyev), Louis Hofmann (Teja Kremke), Sergei Polunin (Yuri Soloviev), Maksimilian Grigoriyev (Rudolf Nureyev bambino), Yves Heck (Jagaud-Lachaume), Calypso Valois (Claire Motte) Distribuzione: Eagle Pictures Durata: 121’ Uscita: 27 giugno 2019

San Pietroburgo 1961. Alexander Puskin, insegnante di danza di Rudolph Nureyev, viene interrogato dagli agenti del KGB su un fatto grave che lo riguarda. Puskin dice che il danzatore non ha realmente com-

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messo un crimine ma è convinto che abbia agito per amore della danza. Viene ricostruita la vita di Nureyev attraverso una serie di flashback. Il ballerino viene alla luce su un vagone della Transiberiana nel 1938 e trascorre un’infanzia povera nella città siberiana di Ufa. Da ragazzo Rudolf viene ammesso alla prestigiosa Scuola Coreografica di Leningrado. Ma il giovane danzatore ha un carattere insofferente alle regole, finché non viene preso sotto l’ala protettiva del maestro Aleksander Puskin. In seguito il regime sovietico cerca di imporgli di cambiare scuola e frequentarne una più vicina al suo luogo di nascita. Rudolf riesce ad evitare il trasferimento grazie all’intercessione della ballerina Natalia Dudinskaya che lo vuole come partner. Tempo dopo Rudy ha un infortunio e va a vivere per qualche tempo a casa di Puskin. La moglie Xenia si prende cura di lui fino ad allacciare una relazione con il ballerino. Nel 1961 Rudolf viene scelto dalla compagnia Kirov che si esibirà a Parigi e Londra. Arrivato a Parigi, il ballerino vede l’occasione della trasferta per il lancio a livello mondiale. A Nureyev stanno strette le rigide regole che gli vengono imposte dal manager Strizhevsky di non parlare con le persone occidentali e di avere limiti orari. Durante il soggiorno parigino, Rudolf stringe 4

amicizia con il ballerino Pierre Lacotte e con la giovane Clara Saint di origine cilena il cui fidanzato, figlio del Ministro francese della Cultura André Malraux, è morto da poco tragicamente. Dopo una serie di esibizioni Rudy colpisce il pubblico per il suo immenso talento e per il suo stile capace di rinnovare il mondo della danza. Ma le frequentazioni di Nureyev non sono gradite al regime; il manager Strizhevsky cerca di riportarlo alla disciplina facendogli rispettare le regole. Terminate le esibizioni in Francia, il corpo di ballo deve trasferirsi a Londra. All’aeroporto di Le Bourget, mentre è in procinto di partire con tutta la compagnia, Rudy viene informato che non andrà insieme ai suoi colleghi in Gran Bretagna perché il presidente Chruščëv desidera che lui balli per un’esibizione straordinaria al Cremlino. Nonostante gli venga garantito il successivo ricongiungimento con la sua compagnia, Rudy sospetta che il regime voglia rimpatriarlo per non fargli più lasciare l’Unione Sovietica. Avvicina così il suo amico Pierre che è all’aeroporto per salutarlo e gli chiede aiuto. L’uomo chiama Clara che si precipita a Le Bourget. La ragazza sfrutta le sue amicizie politiche per coinvolgere la polizia. Ma gli agenti della polizia aeroportuale dicono che dovrà essere Nureyev ad avvicinarli e chiedere il loro intervento. Dopo un’azione rocambolesca, Rudy ri-

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esce a chiedere asilo politico alla Francia. Strizhevsky fa di tutto per trattenerlo e arriva a proporgli di ritirare la sua richiesta e di seguire i suoi colleghi in Gran Bretagna restando sotto l’egida dell’Unione Sovietica. Nel caso in cui si rifiutasse, sarebbe condannato in contumacia per alto tradimento. Comprendendo che il regime sovietico non lo renderebbe mai libero, decide di non tornare indietro e procede con la richiesta di asilo. In Francia Nureyev inizia così una nuova vita, conquistando fama e successo crescenti. Si torna all’interrogatorio dell’inizio. Puskin dice di vergognarsi del comportamento di Nureyev e di non essere riuscito a prevederlo. Tornato a casa, lui e Xenia ricordano con affetto Rudy. Nureyev non tornerà in Unione Sovietica fino al 1987, quando otterrà un permesso speciale per vedere per l’ultima volta la madre ammalata. Il ballerino morirà di AIDS nel 1993 a Parigi. The White Crow, il “Corvo bianco”, l’uomo che saltava più in alto di tutti, il danzatore capace di rivoluzionare il mondo della danza, l’artista animato da una feroce determinazione, colui che ebbe il coraggio di disertare dal proprio paese in nome della libertà, in due parole Rudolph Nureyev. “C’era uno spirito in lui, qualcosa che era più forte di lui o di qualsiasi altra cosa. Era ossessionato dalla danza e ossessionato dal rendere la sua immagine sul palco la più significativa possibile”: l’unicità di quello che forse è stato il più grande ballerino del secolo scorso è colta in pieno da queste parole di Gabrielle Tana, produttrice del film Nureyev diretto da Ralph Fiennes. “Voleva essere accattivante come le ballerine e così ha reinventato la performance maschile. Non era lì solo al servizio della ballerina.

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Era un attore drammatico in tutto e per tutto”. Ecco il punto, concentrandosi in particolare sulla prima parte della monumentale biografia dell’artista russo scritta da Julie Kavanagh pubblicata in Italia da La Nave di Teseo col titolo “Nureyev - La vita” (973 pagine, traduzione di Viviana Carpifave), Fiennes ha focalizzato la sua attenzione sull’eccezionalità della figura di un uomo dalla volontà ferrea. “Volevamo fare un film su qualcuno che fosse eccezionale e che fosse andato contro ogni convenzione. Non era una cosa consapevole, era qualcosa più forte di lui”, sottolinea la produttrice. Affidandosi a una sceneggiatura che reca la firma illustre del drammaturgo David Hare, per la sua terza regia (dopo Coriolanus e The Invisible Woman) Fiennes sceglie una struttura in tre tempi: Parigi 1961, gli anni di Leningrado dal 1955 al 1961, gli anni dell’infanzia alla fine degli anni ’40. La narrazione intreccia i tre tempi e compone la storia del ballerino fino al punto cruciale: la scena all’aeroporto di Le Bourget nel giugno 1961 quando, alla fine della tournée parigina, Nureyev decise di chiedere asilo politico alla Francia. In questo senso, oltre ad essere stato uno dei più grandi ballerini del Novecento, Nureyev divenne una delle figure chiave nelle battaglie culturali della Guerra Fredda. Con Nureyev - The White Crow, Fiennes offre un ritratto dell’artista nella fase giovanile della sua vita, “con tutti i suoi contorni frastagliati e la sua solitudine, la sua immaginazione e la sua malizia”. Attingendo a pochi capitoli della biografia della Kavanagh, Fiennes riesce a catturare l’essenza dei primi anni della vita artistica di Nureyev componendo un biopic parziale che culmina in thriller d’autore (la scena all’aeroporto parla da sola). 5

“Lo avete perso!” dice il poliziotto francese ai colleghi sovietici: e già Rudolph Nureyev aveva imboccato un’uscita laterale per immergersi dentro la vita parigina. Ma non solo: dentro tutta l’Europa, la vita, la fama, gli applausi. Nureyev raggiunse quella perfezione che aveva tanto inseguito e testardamente studiato. Il gesto fu clamoroso perché avvenne in pubblico in un aeroporto, la stampa gli diede un enorme rilievo. Mai era accaduto che un artista avesse disertato. Nureyev si sentiva in trappola: artisticamente e umanamente. Percepiva la sua sessualità come messa in gabbia (aveva una relazione segreta con Xenia, la moglie del suo maestro, ma contemporaneamente aveva anche relazioni omosessuali) e sentiva la sua vena artistica poco libera di esprimersi. Di lì a poco Rudy avrebbe spiccato il volo nell’empireo della danza, grazie anche a Erik Bruhn (coreografo e ballerino danese che divenne l’amore della sua vita) e Margot Fonteyn. Rudy all’epoca aveva 23 anni, Margot 42: diventarono la coppia più popolare della danza del Novecento. Ritagliando per sé il ruolo dell’insegnante Puskhin, Fiennes firma un’opera da esteta raffinato qual è giocando sul grande talento del ballerino ucraino Oleg Ivenko nonché sulla sua grande somiglianza fisica con Nureyev. Il regista-attore britannico coglie perfettamente nel segno. Alternando diversi stili di fotografia per i tre momenti storici in cui si sofferma, dall’infanzia povera e infelice, agli anni Quaranta della formazione artistica a Leningrado, fino alla tournée parigina del Kirov Ballet nella Parigi dei primi anni Sessanta, Fiennes riesce a mettere a fuoco l’unicità della rivoluzione portata nella danza da Nureyev. Con lui il danzatore si fece ‘performer’, portando per la prima volta nella danza il balleri-


no maschio alla ribalta: prima di lui i primi ballerini si limitavano a portare la ballerina in braccio soffermandosi in pose piuttosto virili, mentre i volteggi spettavano alle donne. Quando Nureyev saliva sul palco, la sua stella brillava più di tutte.

Il ritratto offerto da Fiennes immortala alla perfezione l’essenza di un mito, di colui che fu soprannominato a ragione “il tartaro volante”. Alternando la dimensione terrestre a quella celeste, alto e basso, elevazioni e cadute, Nureyev - The White Crow trasferisce in immagi-

di Wim Wenders Origine: Usa/Spagna/Germania/Francia, 2017 Produzione: Wim Wenders, Cameron Lamb, Jean Baptiste Babin e Juan Gordon per Lila 9th Productions, Backup Media, Neue Road Movies, Morena Films, Green Hummingbird Entertainment, Waterstone Etertainment Regia: Wim Wenders Soggetto: dal romanzo di J.M.Ledgard Sceneggiatura: Erin Dignam Interpreti: Alicia Vikander (Danielle Flinders), James McAvoy (James More), Charlotte Rampling (Alma), Alexander Siddig (Dott. Shadid), Reda Kateb (Saif), Jannik Schümann (Paul), Godehard Giese (Wolfgang), Audrey Quotori (Annie), Celyn Jones (Thumbs), Jess Liaudin (Marcel), Mohamed Hakeem (Amid Yousuf Al-Afghani), Harvey Friedman (Bob), Alex Hafner (Mr. Bellhop), Andrea Guasch (Maria), Clémentine Baert (Béatrice), Adam Quintero (Gustavo), Karim Wallet (Mark). Distribuzione: Movies Inspired Durata: 112’ Uscita: 22 agosto 2019

Danielle è una biomatematica che lavora nelle profondità del mare e studia la zona adopelagica degli oceani, cioè i chilometri di oscurità degli abissi, la zona del non visto. Lo scopo dell’immersione che conduce con il suo team è dunque la ricerca di prove a sostegno della sua teoria sulle origini della vita sul nostro pianeta, lo studio di un mondo ignoto che potrebbe dare all’umanità la speranza di una rinascita. James More è un ingegnere idraulico scozzese, sotto copertura per i Servizi Segreti

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ni la sostanza di quelle parole di Baryshnikov lette da Jack Lang ai funerali del grande danzatore: “Lui possedeva il carisma e la semplicità di un uomo della terra e l’intoccabile fierezza degli dei”. Elena Bartoni

SUBEMERGENCE britannici che, durante una missione per scovare il nucleo di alcuni terroristi suicidi che si infiltrano in Europa, è stato preso in ostaggio in Somalia da alcuni Jjhadisti. I due si incontrano per caso in un albergo isolato sulla costa atlantica della Normandia, mentre entrambi sono alle prese con i preparativi delle rispettive missioni pericolose. L’ultima cosa che si sarebbero aspettati è di innamorarsi l’uno dell’altra, ma inevitabilmente è proprio ciò che accade. Questo amore intenso ed istintivo dà loro la forza e il coraggio per affrontare la prova più dura delle loro rispettive vite. Terminato il tempo a loro disposizione dolorosamente si separano, con la promessa però di ritrovarsi. Lui parte per la Somalia per un’operazione di intelligence che prevede come copertura la partecipazione ad un progetto idrico in una zona dominata dagli estremisti islamici, lei invece scende nelle profondità del Mar Glaciale Artico per sondare il buio degli abissi. James, però viene preso in ostaggio dai jihadisti ed imprigionato perché considerato una spia. Danielle, ignara di tutto, intanto porta avanti la sua missione preoccupata dal silenzio dell’uomo che ama. Il cellulare continua ad essere spento e lui non risponde ai suoi messaggi. Dopo un mese Danielle anco6

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ra non riesce a darsi pace, il suo malessere interiore per il mancato contatto con James si esprime con l’ossessione per lo smartphone che controlla continuamente ed arriva persino a rinunciare ad una delle missioni perché in alto mare non c’è campo. James intanto ha a che fare con la crudeltà dei suoi aguzzini che lo trasportano in luoghi sempre più bui ed inospitali, portandolo a condizioni estreme, nella speranza che confessi. James, che ha una capsula microchip nei denti, cerca in tutti i modi di contrattare e discutere per la sua sopravvivenza con alcuni capi dei gruppi locali. L’uomo si sforza di capire il fascino sinistro del fondamentalismo islamico, che cerca di indottrinarlo, ma neanche il dottore, che sembra inizialmente essere più vicino a lui, si piega a compassione nei suoi confronti. Mentre Danielle parte con il sottomarino per la sua grande missione, James viene trasportato in un’isola dove c’è una base terroristica, per essere lasciato tra le mangrovie. Danielle ed il suo team si trovano sul fondale e sembra esserci un problema con l’accensione del sommergibile. È in quel momento che la donna accarezza la morte. Nel frattempo James toglie il microchip, mentre arrivano gli americani sull’isola e iniziano a bombardarla. L’uomo tenta la

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fuga nel mare, ma viene colpito. Il sommergibile di Danielle dopo l’ennesimo tentativo si riattiva e ritorna in superficie. Submergence è l’ultimo melodramma girato da Wim Wenders, che apre, in concorso, la 65ª edizione della manifestazione a San Sebastián. Il film, coproduzione tra Germania, Francia, Belgio, Stati Uniti e Spagna è una storia ambiziosa in cui l’amore è un sentimento che supera le barriere dello spazio e comunica con una lingua misteriosa, come una luce che si oppone al buio fra un uomo e una donna divisi dalla storia e uniti da un legame che vive sott’acqua. L’acqua e il buio infatti sono gli elementi che tengono in vita il sentimento fra Danielle e James, ma ciò che per lei è vita e conoscenza, per lui è al contrario morte e fede cieca. Il buio di cui egli si occupa è di un altro tipo, è il buio nella mente dei jihadisti, è il buio della prigionia in cui è rinchiuso. Il nuovo lavoro del regista tedesco per costruire la storia si avvale di diversi registri, toccando molteplici questioni attuali ed importanti quali il terrorismo, il fanatismo religioso della jihad, l’iniqua distribuzione delle risorse idriche, lo sfruttamento economico dei Paesi più poveri, specialmente africani, per poi affondare nei meandri dello spiritualismo e della trascendenza dell’anima. L’amore dunque è invisibile e profondo, laddove in superficie la storia e la terra portano solamente morte e distruzione. A prescindere dalla forma (da quella dell’oceano a quella di una vasca o di un fiume) l’acqua trasporta, avvicina e allontana i protagonisti, li immerge fisicamente e metaforicamente, li nutre spiritualmente e intellettualmente, li coccola, li unisce e li separa, ma soprattut-

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to rappresenta sempre una metafora che accompagna entrambi i protagonisti in questa avventura intensa e drammatica. L’amore come l’acqua, rappresenta l’eterna linfa vitale per l’essere umano che illumina fugaci e sfuggenti momenti della nostra esistenza. Il resto continua a scorrere e a fluire, ma qui l’elemento portante della pellicola, l’indiscussa culla della vita è l’acqua che riesce a raggiungere dimensioni mistiche. Elemento di trasformazione e cambiamento perpetuo, simbolo di rinascita e conoscenza, ma anche di distruzione e oblio, della vita e del tempo che scorre. Il film si avvale molto del dualismo e della contrapposizione. In primis il contrasto degli ambienti e degli spazi che ospitano i protagonisti dalla loro separazione in poi: luminoso e aperto quello della donna sulla nave che la ospita prima della missione nell’oceano Atlantico; oscuro, buio e chiuso quello dell’uomo, incarcerato in una cella senza finestre da qualche parte in Somalia e poi trasferito in una ancora più profonda e buia, che non a caso egli stesso paragona al fondale marino. A dimostrazione che l’amore come l’acqua è vitale, implacabile, non conosce limiti o ostacoli di forma, ma li trascende poiché come l’anima è immortale. L’Ades come lo intende Danny è la profondità del mondo, invece James capisce da subito che per lui è da intendersi come Inferno vero e proprio e, in questa dualità, il film è ben diviso. L’inferno per la mancanza d’amore da una parte, l’inferno letterale dall’altra. Wim Wenders ovviamente non tenta di ripetere i capolavori de Il Cielo Sopra Berlino o Paris, Texas, ma confeziona comunque un’opera interessante ed affascinante quanto i suoi interpreti, che cattura l’attenzione del pubblico anche grazie alle molteplici 7

allegorie, metafore, divagazioni filosofiche e letterarie che confermano l’idea di una pellicola poetica e sofisticata. Purtroppo il film viene penalizzato da uno stile palesemente narrativo, dai dialoghi colti e ricercati, ma troppo innaturali per una coppia di amanti appena conosciutisi e da un prologo troppo lungo, che introduce bene i personaggi, ma svia anche lo spettatore dalle intenzioni e dal tono che assume in seguito la pellicola. Dapprima romantico e malinconico, successivamente vira sul drammatico e sul thriller dalle tinte politiche, sociali ed esistenziali. Ottima la regia e la fotografia che alterna alcune magnifiche sequenze tra spiagge, il fascino delle isole Faroe, le distese di deserto africano e le scogliere atlantiche. Meno riuscita nella scrittura è la resa dei protagonisti, specialmente della controparte femminile, che non solo occupa meno tempo sullo schermo, ma non risulta molto incisiva e credibile. Alicia Vikander, nel ruolo di Danielle, infatti non emerge mai a dovere, non appassiona e non crea una connessione col pubblico. James McAvoy invece offre maggiori e più rilevanti spunti di riflessione di natura attuale, politica, sociale ed ecologica, rendendo contemporaneamente meno statico e più approfondito il protagonista maschile, che in tal modo assume più sfumature. Veronica Barteri


di Romane Bohringer, Philippe Rebbot Origine: Francia, 2018 Produzione: Escazal Films con la partecipazione del Centre National du Cinéma et de l’Image Animée Regia: Romane Bohringer, Philippe Rebbot Soggetto e sceneggiatura: Romane Bohringer, Philippe Rebbot Interpreti: Romane Bohringer (Romane), Philippe Rebbot (Philippe), Rose Rebbot-Bohringer (Rose), Raoul Rebbot-Bohringer (Raoul), Brigitte Catillon (psicologa di Romane), Aurélia Petit (psicologa di Philippe), Philippe Stange (voce dell’agente immobiliare). Distribuzione: Academy Two Durata: 97’ Uscita: 29 agosto 2019

Romane e Philippe hanno due figli e un cane e dopo tanti anni insieme, nonostante non siano più innamorati, continuano a volersi bene. Tenendo conto delle necessità logistiche ed economiche, ma soprattutto per proteggere i loro due figli, Rose e Raoul, vorrebbero trovare la soluzione ideale per separarsi ma rimanere insieme. A quel punto prende piede l’idea di stare in una casa divisa, ma dotata di uno spazio comunicante, una sorta di disimpegno dove mettere in correlazione la vita di prima con quella da single. Parenti e amici guardano con scetticismo la singolare soluzione, ma Romane e Philippe perseverano nella loro romantica utopia, se non fosse per l’elemento privacy. Se in un primo momento infatti si discute su con chi debbano cenare i figli, poi si fa a gara invece per avere la serata libera. Ognuno fa la propria vita e si ricava i propri spazi per le rispettive passioni, sempre però rimanendo a disposizione dell’altro. La complicità tra i due ex coniugi è totale, anche quando ci si trova di fronte ad un presunto partner dell’altro. I due bambini in parte sembrano risentire della situazione, a volte schie-

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L’AMOUR FLOU - COME SEPARARSI E RESTARE AMICI randosi a favore del padre o della madre. In particolare Raoul, il più piccolo, a scuola mostra difficoltà, tanto che il preside è costretto a convocare più volte Romane e Philippe. Se Philippe sembra avere un ascendente con ragazze molto giovani, Romane dopo aver sperimentato possibili partner inadeguati o totalmente incompatibili, prova ad instaurare un rapporto con una donna. Alla fine le rispettive frequentazioni si fidanzano tra loro e la ragazza omosessuale di Romane si fa mettere incinta da una coppia di vicini omosessuali. Così la famiglia si allarga sempre di più e tutti vivono in armonia.

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Diretto e sceneggiato da Romane Bohringer e Philippe Rebbot, L’amour flour - Come separarsi e restare amici racconta la storia vera dei due registi, Romane e Philippe, legati tra loro sentimentalmente. Pensando con questo film di immortalare qualcosa della loro famiglia, utilizzando situazioni reali, dal trasloco alla firma dal notaio, la coppia ha voluto lanciare un messaggio chiaro. Non credere alle regole imposte dalla società, ma divertirsi con l’amore, vissuto come luogo di piacere. La coppia muove la dinamica tra gli alti e bassi della nostalgia del passato e il valore di ciò che si è costruito, e la destabilizzazione causata da quella nuova prospettiva di vita. Inizialmente i due sembrano incastrati tra la voglia di restare ancorati ai loro giorni migliori e la necessità di sperimentare il futuro, vivere altre storie. Ed ecco che l’idea di separazione viene rivoluzionata, ma senza discussioni, senza violenza, con i bambini al centro dell’attenzione. La risposta è un audace 8

progetto sentimentale e immobiliare che rifiuta di demolire quello che è stato costruito e lo ingrandisce con un’idea stravagante. Quell’equazione drammatica su cui troppe coppie si arrovellano fino a rompersi la testa, Bohringer e Rebbot la risolvono con un film. Il loro primo film come sceneggiatori e registi nel quale interpretano se stessi. Se c’è, evidentemente, una parte di esibizionismo, è controbilanciato da un umorismo che azzarda l’autoderisione, assumendo i difetti dei coniugi. Ma il film va oltre il delirio coniugale, rappresenta un manuale esemplare della separazione, con dialoghi incisivi e personaggi esilaranti: il dog coach nevrotico, il preside ossessionato da capelli e calvizie, la giornalista e politica francese, che vede nella sistemazione alternativa della coppia una maniera intelligente di risolvere la crisi degli alloggi. La pellicola traccia un percorso vero e proprio di crescita, che va dalla caduta alla rinascita, trovando nell’epilogo la resurrezione di una relazione profonda che mantiene ciò che di bello e prezioso è sopravvissuto, mettendo da parte orgoglio e competitività. Romane e Philippe dovranno ammettere alla fine che, a dispetto di tutto, sono inseparabili. Se non è più un amore folle, quello che li lega assomiglia in ogni caso ad un sentimento ideale e forte, per nulla evanescente e “sfocato” come ci dice il titolo. Con il giusto ritmo, e quel connubio di leggerezza e profondità tipici del cinema francese, che mescola ironia e riflessione profonda, L’amour flou incarna il grigiore ma anche la bellezza della famiglia capace di andare al di là del tempo, delle incomprensioni e del distacco che possono subentrare

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quando l’amore passa. La pellicola si regge sulle spalle dei due protagonisti, assolutamente agli estremi opposti in quanto a stile di recitazione e caratteristiche, con lui che sta sotto le righe e si erge a perfetto esempio dei cinquantenni Peter Pan che non accettano di dover crescere e prendersi le proprie responsabilità, aspettando che qualcun altro lo faccia al posto loro. Lei invece è la classica madre stressata, un po’ artista, in perenne analisi, decisa su tutto e su niente, ma capace di aggrapparsi ad ogni

cosa che le ricordi che è viva e che le permetta di sentire che gli anni trascorsi con quell’uomo non sono stati buttati via. In mezzo a loro si ergono i figli, Rose e Raoul, che i due ex coniugi cercano in tutti i modi di accudire assieme, di far crescere nella felicità e nella spensieratezza. Unica pecca di un film veramente interessante e originale, l’inseguire un happy-ending un po’ troppo facile e di comodo, per quanto gradevole. Tuttavia è un difetto che si perdona facilmente, in virtù del brio, dell’umanissima

sequenza di piccoli personaggi che vi abitano, del difendere l’originalità, la genuinità e la sperimentazione come ancora di salvezza. Veronica Barteri

di Claudio Giovannesi

LA PARANZA DEI BAMBINI Napoli 2018. Nicola, Tyson, Biscottino, Lollipop, O’Russ, Briatò, sono un gruppo di ragazzini minorenni del Rione Sanità. Vogliono diventare ricchi in fretta per comprarsi motorini nuovi e abiti firmati. Giocano con le armi e si aggirano con i loro scooter alla ricerca del potere nel loro quartiere. La mamma di Nicola, proprietaria di una tintoria, subisce le prevaricazioni del boss del Rione che le impone di pagare il pizzo nonostante i suoi scarsi guadagni. Nicola fa la conoscenza di Agostino che lo conduce nella casa dell’ex boss della malavita Striano. La dimora è arredata con gusto kitsch piena di stucchi e ori. Nicola vuole entrare a far parte del giro. I ragazzini vengono condotti a casa di un malavitoso che gli mostra come tagliare la droga e farne pezzetti da rivendere. Nicola e i suoi amici iniziano a vendere la droga davanti alle scuole, facendosi largo tra la concorrenza. Con i primi soldi guadagnati, comprano abiti nuovi e vanno in discoteca. Nel locale Nicola rivede Letizia, una ragazza conosciuta qualche giorno prima, che partecipa a un concorso di bellezza. Qualche sera dopo, Nicola la

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invita a teatro. Il ragazzo porta al boss i guadagni dell’attività di spaccio e chiede che alla mamma non venga più estorto il pizzo. Il boss gli chiede un favore in cambio. Nicola e i suoi amici vengono condotti a un banchetto di nozze a fare i camerieri ma la polizia fa irruzione e compie una retata. Con il vuoto di potere che si è creato, Nicola propone ad Agostino di prendersi il quartiere. I due ragazzi rubano una pistola. Sentendosi forte, Nicola mostra l’arma al suo gruppo. Ma alla prima uscita, nel tentativo di sparare a uno dei ras del quartiere, la pistola si inceppa e Nicola è costretto a darsi alla fuga. Il ragazzo decide di fare sul serio e si fa condurre dal vecchio boss Don Vittorio agli arresti domiciliari. Nicola chiede armi all’uomo parlando della sua volontà di prendersi il Rione Sanità. Ottenuto un vero arsenale, i ragazzini si prendono il quartiere, poi festeggiano. Dopo qualche giorno, Nicola comunica ad alcuni commercianti del mercato che non dovranno più pagare il pizzo. Ormai in possesso di cospicue entrate, Nicola va con la mamma a comprare i mobili nuovi per casa sua e regala un nuovo grande tele9

Origine: Italia/Francia 2019 Produzione: Carlo Degli Esposti, Nicola Serra per Palomar Vision Distribution Regia: Claudio Giovannesi Soggetto: dal romanzo di Roberto Saviano Sceneggiatura: Roberto Saviano, Claudio Giovannesi, Maurizio Braucci Interpreti: Francesco Di Napoli (Nicola), Viviana Aprea (Letizia), Mattia Piano Del Balzo (Briatò), Ciro Vecchione (‘O Russ), Ciro Pellecchia (Lollipop), Ar Tem (Tyson), Alfredo Turitto (Biscottino), Pasquale Marotta (Agostiuno), Luca Nacarlo (Cristian), Carmnine Pizzo (Limone), Renato Carpentieri (Don Vittorio), Lino Sarnataro (Aniello Arena). Distribuzione: Vision Distribution Durata: 111’ Uscita: 13 febbraio 2019

visore a Don Vittorio. Intanto Nicola ha allacciato un’intensa storia d’amore con Letizia che però è dei Quartieri Spagnoli. Il ragazzo viene minacciato e viene puntata una pistola contro il fratellino minore Cristian. Nicola propone a Letizia di andare a vivere con lui nel Rione Sanità. La situazione si fa pesante, Nicola dice ad Agostino che ora hanno contro sia i Quartieri Spagnoli che gli Striano. Nicola va a prendere in fretta Letizia e le propone di partire con lui per la Puglia. Mentre sono in una pizzeria i due giovani devono scappare inseguiti da colpi di arma da


fuoco. Nicola porta Letizia in un hotel. Nel frattempo, il fratellino Cristian prende una pistola e parte con altri bambini per una spedizione contro i Quartieri Spagnoli. Durante la fuga viene colpito. Avvisato della cosa, Nicola si precipita nel nascondiglio dei bambini ma il fratellino muore davanti ai suoi occhi. Nicola raduna la sua banda e parte per una resa dei conti. Il termine “paranza” in gergo marinaresco indica le piccole imbarcazioni per la pesca che in coppia tirano le reti nei fondali bassi dove si pescano soprattutto pesci piccoli per la frittura di paranza. Passato al gergo camorristico, “paranza” indica un gruppo criminale e l’espressione “paranza dei bambini”, ha scritto Saviano “restituisce anche con una certa fedeltà l’immagine di pesci talmente piccoli da poter essere cucinati solo fritti, piscitell’, proprio come questi ragazzini”. Nell’introduzione al suo libro “La paranza dei bambini” lo scrittore annota: “Paranza è il nome di barche che vanno a caccia di pesci da ingannare con la luce”. I pesci, attratti dalla luce forte delle lampare, vengono in superficie dal fondo buio del mare, restando intrappolati nelle reti dei pescatori. È evidente l’analogia con il gruppo dei protagonisti del film (e del libro) che, attratti dalla forte luce

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dei facili guadagni e dalla possibilità di avere oggetti che altrimenti sarebbero rimasti solo desideri, vengono catturati dalla rete del crimine e della violenza. Il mondo de La paranza dei bambini, film di Claudio Giovannesi tratto dall’omonimo romanzo di Saviano, è fatto di ragazzini che girano a gran velocità a bordo di scooter per i vicoli della vecchia Napoli e sparano a mura e serrande dei rioni nemici per intimidire ma anche per sfidare. Gli stessi ragazzi si sono addestrati mirando alle antenne satellitari sui tetti mentre intorno a loro fuochi d’artificio coprono gli spari. È un mondo agghiacciante, un universo senza padri, senza autorità, senza divise, senza politica. Solo qualche numero (sono dati diffusi un anno fa dalla giustizia minorile nel distretto di Napoli) per dare l’idea della vastità del fenomeno: fra giugno 2016 e giugno 2017 sono stati aperti 10 procedimenti per associazione di stampo mafioso, 14 per narcotraffico, 27 per omicidio, 19 per tentato omicidio, 457 per droga, in tutto 2807 notizie di reati. Dati allarmanti che hanno spinto, per 43 condanne fra i 2 ei 20 anni, il giudice Nicola Quatrano a scrivere: “Un filo sottile ed esistenziale lega i giovani che scorrono in armi nel centro storico di Napoli per uccidere o farsi uccidere e i militanti della Jihad. Entrambi sono ossessionati dalla morte, forse la amano, probabilmente la cercano, quasi fosse l’unica chance per dare un senso alla propria vita e vivere in eterno”. E proprio uno dei protagonisti del film, il diciannovenne di Scampia Pasquale Marotta, scelto in un casting che è stato definito da “neorealismo identitario”, ha osservato: “Ci hanno scelto per il film perché conosciamo il male. Senza praticarlo, sappiamo esprimerlo”. Il protagonista del film, il diciasettenne Francesco Di Napoli 10

che interpreta Nicola, ha colto la grande occasione regalatagli da questo ruolo dichiarando “Questo film me l’ha mandato Dio”. E proprio Francesco è una faccia d’angelo perfetta a restituire l’immagine di un’innocenza tradita (dalla vita e dagli eventi). La stessa innocenza che è la parola chiave de La paranza dei bambini. Il film (come il libro) è dedicato “Ai morti colpevoli. Alla loro innocenza”. Perché i ragazzini protagonisti della vicenda sono pur sempre degli innocenti, nonostante abbiano compiuto la più atroce delle scelte. Quello che vale davvero per loro è il potere, la capacità di intimidire e soprattutto i soldi, perché possedere equivale a essere. Già, il denaro e la strada più breve per ottenerlo: il crimine. Sono vite piene di ferocia quelle dei paranzini. Ma sono anche vite innocenti. “Ed è proprio questa innocenza che diventa terribile e ripugnante violenza che ho provato a descrivere” ha sottolineato Saviano che ha scritto il film insieme a Maurizio Braucci e al regista Claudio Giovannesi. E forse nessun cineasta sarebbe stato più indovinato per tradurre in immagini le parole di Saviano, come il regista romano classe 1978, abituato a raccontare la giovinezza e la precarietà dell’adolescenza in film come Alì ha gli occhi azzurri e Fiore, evitando toni didascalici o assoluzioni facili e compassionevoli. Anche ne La paranza dei bambini, premiato con l’Orso d’Argento per la migliore sceneggiatura al Festival di Berlino, la carta vincente sembra essere proprio in quello sguardo posato sugli adolescenti privo di giudizi, retorica e autocompiacimenti. Giovannesi indovina la chiave di lettura, tenendosi distante da qualsiasi spettacolarizzazione e da un certo stile inaugurato da Gomorra (film e serie tv). Lontano dagli stilemi di tanti racconti di camorra, La paranza dei bambini

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coglie nel pieno la sostanza di un racconto sulla perdita dell’innocenza, evitando qualsiasi spiegazione ma lasciando la parola alla realtà dei fatti. A proposito dei paranzini Rober-

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L’UOMO DEL LABIRINTO

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I piani narrativi in senso stretto sono due; naturalmente s’intersecano a formare quel labirinto materiale e psicologico che è il film in se stesso che si svolge secondo simboli, figure e metafore appartenenti a entrambi. Primo piano narrativo Nelle strade di una città non bene identificata nello spazio e nel tempo, una ragazzina, Samantha Andretti, è rapita quindici anni prima dello svolgersi degli avvenimenti e di lei non si sa più nulla fino ai fatti di oggi. Già allora i genitori di Samantha si erano rivolti a un investigatore privato, Bruno Genko, esperto però di reati finanziari e di recupero crediti, fiduciosi che potesse fare meglio degli inquirenti ufficiali. Nessun risultato era stato raggiunto. Ora, improvvisamente, Samantha è ritrovata in mezzo ai boschi, segnalata da una telefonata anonima alla polizia. Genko è informato della cosa da una sua amica, Linda, professione prostituta d’alto rango, che ha ricevuto notizia da un suo cliente, Bauer, funzionario di polizia che si occupa del rapimento. Genko vuole rientrare in partita, pur col suo fisico debilitato (soffre, infatti, di un’infezione cardiaca che lo può uccidere da un momento all’altro) e riesce a sentire la registrazione della telefonata anonima che lo mette sulle tracce dell’informatore. Questo personaggio, dal volto bruciato e deformato rivela a Genko che quando ha trovato la ragazza nuda e tramortita

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to Saviano cita il filosofo e scrittore francese Paul Nizan: “Avevo vent’anni.... Non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della vita”. I ragazzi del suo romanzo non

hanno ancora vent’anni e forse a quell’età nemmeno arriveranno mai. Perché molto prima ci si gioca tutto, anche la vita. Elena Bartoni

di Donato Carrisi

nel bosco, ha visto anche un’altra presenza cioè un uomo con la testa di coniglio. Genko, grazie all’aiuto di Simon Berish, poliziotto dell’ufficio persone scomparse, il cosiddetto “Limbo”, (tra l’altro anche della sua collega Mila Vasquez, forse a caccia di qualcuno, non c’è traccia da giorni) ricostruisce il legame tra il possibile rapitore e il mondo fantastico delle storie sui conigli. La traccia da seguire è data da un vecchio caso, quello di Robin Basso, bambino rapito tanti anni prima e tenuto in una prigione buia per giorni da cui poi era ritornato alla luce completamente trasformato. Rifiutato dai genitori, era stato affidato a una casa famiglia, dove aveva fatto una strage di conigli. Genko si reca in questa vecchia abitazione dell’ex casa famiglia dove una brutta megera gli conferma la presenza di quel bambino anni prima e la sua stranezza di comportamento poi dà a Genko un vecchio giornalino con la storia di Bunny, il coniglio. La situazione precipita di colpo: la vecchia tramortisce Genko con un colpo di stampella ed è poco dopo uccisa da qualcuno che potrebbe essere Robin Basso che non vuole che lei riveli altro della sua storia. Genko riesce a fuggire da quel luogo orrendo e a mettersi in salvo. Intanto gli avvenimenti incalzano; Linda, la squillo amica dell’investigatore, è seviziata e uccisa da un uomo che Genko trova ferito nella vasca da bagno...con la ma11

Origine: Italia, 2018 Produzione: Maurizio Totti, Alessandro Usai per Colorado Film Regia: Donato Carrisi Soggetto: Dall’omonimo romanzo di Donato Carrisi Sceneggiatura: Donato Carrisi Interpreti: Toni Servillo (Bruno Genko), Dustin Hoffman (Dr. Green), Valentina Bellè (Samantha Andretti), Caterina Shulha (Linda), Luis Gnecco (Mordecai Lumann), Vinicio Marchioni (Simon Berish), Stefano Rossi Giordani (Ragazzo cicatrice), Riccardo Cicogna (Paul Macisky), Carla Cassola (Sig.ra Wilson), Orlando Cinque (Bauer), Sergio Grossini (Robin Basso/ Peter Lai), Filippo Dini (Delacroix) Durata: 130’ Distribuzione: Medusa Film Uscita: 30 ottobre 2019

schera di coniglio: è un dentista, Peter Lai, la cui famiglia era stata sequestrata e cloroformizzata in casa da un uomo con la testa di coniglio... Sarà proprio questo, ricoverato all’ospedale S. Caterina a rivelarsi per Robin Basso e a essere arrestato come autore del sequestro di Samantha Andretti e di altre ragazze seviziate e uccise. Per Genko però è arrivata la fine: si sente male nella roulotte di un ex compagno di scuola di Robin mentre sta continuando le sue ricerche sull’oscuro passato di quel ragazzo sfortunato e muore poco dopo nell’ospedale S. Caterina. Il secondo piano narrativo. Samantha Andretti è ritrovata nel bosco e ricoverata al S. Caterina. Mentre è sotto le flebo che la purifichino dai veleni del brutto periodo passato e l’aiutino a ricordare, inizia a sostenere i colloqui con il Dott. Green, un profiler, uno


psicologo cioè specializzato in criminologia e capace quindi di stabilire le linee investigative adatte a delineare il “profilo” del criminale ricercato. La strada verso cui Green porta Samantha è molto particolare: è nei confronti di se stessa e della sua coscienza più nascosta che lei dovrà spingere i propri ricordi; solo così, secondo lui, potranno affiorare elementi e dati utili per trovare il criminale. La ragazza racconta di essersi trovata in un labirinto pesta e sanguinante e di come avesse ottenuto cibo e acqua e miglioramenti di percorso risolvendo i giochi riportati su di un cubo che il suo rapitore le aveva lasciato in una gara perversa e persecutoria da affrontare. Man mano Samantha capisce chi ha di fronte e fugge dall’ospedale, falso o vero che sia, riattraversa lo stesso labirinto di cui ormai è padrona, esce all’aperto attraverso una botola e si trova in un paesaggio di montagna. Lei non è Samantha, è Mila Vasquez, la collega di Simon Berish: era sulle tracce del rapitore che ha voluto stanare provando su di sé la stessa violenza subita da altre rapite? O si è trovata sequestrata anche lei, come le altre, nel labirinto? Green è davvero il criminale ricercato? Che attinenza ha, allora, con quel Robin Basso arrestato in precedenza? Fatto sta che la vera Samantha Andretti è ritrovata proprio nelle medesime ore in cui si svolge la storia ma in tale stato fisico e mentale da non potere essere di aiuto a nessuno per le indagini.

Il film si chiude con l’incontro casuale al bar tra il Dott. Green e Bruno Genko mentre su di uno sgabello, vicino al criminologo, c’è il famoso cubo, fonte di tanta disperazione. Donato Carrisi, uno dei più importanti giallisti italiani di questi tempi, mette ancora una volta sullo schermo una sua storia, dopo La ragazza nella nebbia del 2017. Fa bene perché riesce a trasformare in immagini le ombre del suo libro arricchendole di un fascino ossessivo, persecutorio, denso di misteri, contraddizioni e false verità. L’ambientazione, intanto: non si sa in quale città ci troviamo, sicuramente una città di oggi che ben presto si degrada in ambienti neri, vecchi, sporchi, cantine buie inzeppate di vecchiume polveroso; uffici di polizia claustrofobici (il “Limbo”); appartamenti eleganti, curati ma senza finestre; boschi popolati da incubi al termine di strade che diventano presto sentieri desolati, pietrosi, lunari. E poi, naturalmente, il labirinto, a cui arriviamo spinti da una domanda: come si è entrati in questo labirinto? Soprattutto chi ci è arrivato? È un labirinto costruito per noi, dove noi possiamo entrare ma da cui possiamo uscire solo se l’autore lo vuole? Ognuno può dare a questo la dimensione che crede, convinti, però, che si possa uscirne solo pagando un prezzo, mettendo mano nel profondo delle proprie paure e delle proprie angosce altrimenti non c’è scampo. L’ambientazione si rabbuia in una fatica oscura sempre più pesante grazie ad altri due elementi: un caldo anomalo, soffocante che impregna vestiti e cervelli fino al limite della paranoia; la trasmissione di una stazione radio locale, la Pentecostale che deplora le azioni e i comportamenti degli uomini, sparge veleno sull’immo-

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ralità di questi tempi, predice maledizioni e punizioni per i popoli senza Dio. Non è facile vivere e lavorare in questa specie di bolla di umidità in cui ci si sente annientati e dannati. E poi gli attori, colonne portanti del telaio narrativo di Carrisi e perfetti interpreti della sollecitazione che l’autore dà al suo racconto: un’accelerazione nello sgomento, nell’inquietudine e nella destabilizzazione di fronte alle continue possibilità di soluzione come la velocità acquistata dai cerchi concentrici del microsolco sul piatto di un giradischi. Toni Servillo raggiunge il massimo delle possibilità d’interprete nel servire il disegno registico e la sfida con il significato di essere attori: lo spessore chandleriano che costruisce inquadratura dopo inquadratura si consolida in una sorta di consistenza morale. Capisce, pezzo dopo pezzo e sempre più in fretta perché vuole arrivare prima della morte, gli incastri del mistero che continua a perderlo e imbrogliarlo da anni, convinto di potere, finalmente riscattare le bassezze di una vita sporca e slabbrata, povera di slanci, di generosità, di tenerezza. Nell’andamento claustrofobico, fumoso, impalpabile del racconto di Carrisi entra la partecipazione inquietante del Dott. Green di Dustin Hoffman. L’attore s’immerge completamente nell’equivocità del suo personaggio, facendone qualcosa di cupo, fangoso nel percorrere la strada sdrucciolevole dei ricordi della ragazza, poco comprensibile ma che proprio per questo diventa persecutorio, orribile; il suo modo cortese diviene mellifluo, falso, spietato; la sua ambiguità penetra nelle ossa, non permette la fuga perché fa intravedere il male che è presto padrone della vita degli altri e delle loro scelte. Valentina Bellè costruisce la

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propria Samantha Andretti sulla consapevolezza di avere toccato le tenebre di cui le restano solo ricordi terrificanti, disgustosi: dif-

ficilmente dimenticheremo le sue buio che ha attraversato in mano labbra screpolate, il suo racconto al suo giocoso carnefice. zoppicante in cui continua a balFabrizio Moresco bettare incredula di quel buio più

di Michael Engler

DOWNTON ABBEY

Origine: Gran Bretagna, 2019

La vita nella prestigiosa casa edoardiana è allertata da una notizia che proviene su carta intestata di Buckingham Palace: la coppia reale, Giorgio VI e la Regina Mary soggiorneranno a Downton Abbey per un giorno e una notte nel corso della loro visita nello Yorkshire. I padroni di casa, Robert Crawley e la moglie Cora non battono ciglio mentre la vecchia nonna Violet prende la cosa con il suo solito atteggiamento sarcastico. È Lady Mary, la figlia di Robert, che ormai ha preso la direzione del palazzo, a entrare in agitazione e a prendere le prime decisioni. Richiama in servizio il maggiordomo Carson, servitore fedele per tanti anni e ormai in pensione, per affiancare il suo successore Thomas Barrow, bravo ma impulsivo e intraprendente; poi cerca di tenere a bada il cognato, Tom Branson, irlandese doc, vedovo della sua sorella minore, perché non si esponga davanti ai reali con le sue idee indipendentiste. Il vero problema è però causato dai valletti e camerieri di Buckingham Palace: arrivati a Downton Abbey qualche giorno prima, capitanati da un antipatico paggio di corte e da uno chef altrettanto sgradevole, pretendono di sostituirsi al personale presente e fidato da tempo, nell’organizzare, preparare, cucinare e servire tutto il necessario per la visita del Re e della Regina. I servitori e i camerieri della

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casa si riuniscono in una specie di congiura per ribaltare la situazione: fanno ritornare a Londra il personale reale con una falsa telefonata; somministrano allo chef un sonnifero che lo renderà inoffensivo fino alla fine delle operazioni; chiudono a chiave in una stanza l’antipatico paggio di corte che risulterà, fino alla fine, fuori gioco. Mentre la coppia reale arriva e si sistema a Downton Abbey con tutti gli onori, è proprio l’irlandese Branson a sventare l’attentato al re da parte di un terrorista, facendolo arrestare con l’aiuto di Lady Mary. C’è da risolvere un altro problema: con i reali arriva Lady Bagshaw, cugina della nonna Violet, dama della Regina, con la sua cameriera Lucy a cui sembra voglia lasciare per testamento la sua grande proprietà terriera invece di affidarla nell’asse ereditario dei Crawley. L’ostacolo è presto superato dalla rivelazione che Lucy è la figlia di Lady Bagshaw, avuta dopo la morte del suo primo marito, da un amante di cui è stata innamoratissima. Poco male perché sta nascendo un amore tra Lucy e Branson cosicché la proprietà che sembrava inizialmente perduta, potrà rientrare a Downton Abbey con il prossimo matrimonio dei due giovani. L’ultimo capitolo, dopo la partenza dei reali, è dato dalle confidenze che Violet fa alla nipote Mary: è stata a Londra a consulto dai suoi medici che le hanno diagnosticato una malattia che tra breve non le darà scampo. La 13

Produzione: Chris Croucher, Rupert Ryle-Hodges per Carnival Films, Focus Features, Coprodotto Masterpiece Regia: Michael Engler Soggetto e Sceneggiatura: Julian Fellowes Interpreti: Hugh Bonneville (Robert Crawley), Jessica Brown Findlay, Laura Carmichael (Lady Edith Crawley), Jim Carter (Charles Carson), Brendan Coyle (John Bates), Michelle Dockery (Lady Mary Crawley), Kevin Doyle (Joseph Molesley), Siobhan Finneran, Penelope Wilton (Isobel Crawley), Maggie Smith (Violet Crawley), Sophie McShera (Daisy Mason), Elizabeth McGovern (Cora Crawley, contessa di Grantham), Joanne Froggatt (Anna Bates) Durata: 122’ Distribuzione: Universal International Pictures Uscita: 24 ottobre 2019

vecchia signora è serena e conforta la nipote affermando di avere avuto una vita magnifica e con la convinzione che mentre tutti gli


esponenti della famiglia, come i suoi antenati, non ci saranno più, Downton Abbey resterà per sempre. I cinquantadue episodi, le sei stagioni della serie televisiva e la scrittura di Julian Fellowes (Oscar 2002 per Gosford Park di Altman) costituiscono il biglietto da visita per questo film che potrebbe sancire (per il momento...) la degna chiusura di un grande successo. Gli elementi per i saluti finali ci sono tutti: la visita reale che mette un suggello di grandezza e di appartenenza alla casa e alla famiglia; la vecchia Violet che consacra il nuovo potere nelle mani della nipote; un nuovo amore con matrimonio alle porte che proietta la storia nel futuro; un’iniezione d’imborghesimento data proprio da questo matrimonio tra un irlandese venditore di automobili e un’ex cameriera (anche se diven-

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tata di colpo ricca ereditiera). L’aristocrazia, quindi, capace ancora una volta di ascoltare la voce del tempo nuovo e farla propria per conservare prestigio e potere; sarà poi la seconda guerra mondiale a ridimensionare e trasformare, dopo trecento anni, l’egemonia di famiglie e personaggi diventati, di colpo, antistorici. Per quanto riguarda la consacrazione di Downton Abbey in questo film nulla è trascurato e lasciato al caso per conferire alla storia una collocazione e organizzazione di grande pregio. Highclere Castle offre ancora una volta le sue location esterne e interne per contenere la ritualità di azioni e personaggi orchestrata dal regista Michael Engler (già direttore di alcuni episodi tv), da Donal Woods, scenografo,e da Anne Robbins, costumi, in una eccellenza di ambientazione e sforzo produttivo generale. È quello che ci si aspettava, sia da parte di chi aveva ben cono-

di Michela Andreozzi

sciuto gli episodi televisivi sia dai neofiti: la ricostruzione meticolosa di ambienti, abbigliamenti, biblioteche, soprammobili e gioielli è straordinaria e accompagna la composizione dei rapporti tra padroni e servitori nell’altalena di tè e pasticcini; il racconto storico è talmente perfetto che ci chiediamo quanto ci sia di reale e concreto e quanto, invece, sia dovuto al fascino di un sogno per qualcosa che non esiste più. L’entusiasmo di critica e pubblico ha costituito alla Festa del Cinema di Roma un alveo fantastico per questa grande costruzione accademica; la recitazione degli attori (tutti straordinari) e i loro dialoghi hanno proiettato gli spettatori in una dimensione fantastica immersa nel passato, ricca di colori, sfarzi e forti sentimenti. Tutto ciò non può chiudere a successive rappresentazioni sul grande o piccolo schermo. Fabrizio Moresco

BRAVE RAGAZZE

Origine: Italia,Spagna, 2019 Produzione: Isabella Cocuzza, Arturo Paglia, Antonio Nava per Neo Art, Paco Cinematografica Regia: Michela Andreozzi Soggetto: Michela Andreozzi, Alberto Manni, Fiorenza Tessari Sceneggiatura: Michela Andreozzi, Alberto Manni Interpreti: Serena Rossi (Maria), Ambra Angiolini (Anna), Ilenia Pastorelli (Chicca), Silvia D’Amico (Caterina), Luca Argentero (Commissario Morandi), Michela Andreozzi (Franca), Stefania Sandrelli (Lucia), Max Tortora (Don Backy) Durata: 104’ Distribuzione: Vision Distribution Uscita: 10 ottobre 2019

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Gaeta. Anna ha due bambini, Francesco e Giulia, la madre portinaia e purtroppo un giorno viene

licenziata. Separata dal marito, la donna è costretta così a cercare una nuova occupazione. Con l’aiuto della mamma Lucia presto inizia a fare le pulizie in diversi appartamenti del suo palazzo. Di lì a poco viene ad abitare un nuovo ed affascinante inquilino, il sig. Morandi e anche da lui comincia a prestare servizio. Maria è una donna devota alla Madonna che ha un marito violento. Ogni volta che lui la picchia si reca in confessionale da don Backy (per chiedere perdono in merito al fatto di sperare che accada qualcosa di brutto al coniuge vista la sua brutta inclinazione) e al pronto soccorso, sfortunatamente non riuscendo mai ad uscire da questa situazione. Poi 14

ci sono due sorelle rimaste orfane, totalmente diverse ma estremamente legate: la trasgressiva Chicca e la timida e balbuziente Caterina. Anna per arrotondare (e per mantenere così i suoi due splendidi figli) vorrebbe aprire un negozio di parrucchiera tutto per sé; così si reca in banca per chiedere un prestito ma non ha nessun bene da offrire come garanzia. Il direttore di banca si leva la fede da sposato e le fa una proposta indecente, che lei rifiuta, per accordarle comunque il finanziamento. Maria ogni giorno viene chiamata al telefono dalla madre che vorrebbe sapere se è incinta (spe-

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rando in questo avvenimento). Il marito Giuseppe lavora come camionista e le poche volte che entrambi sono a casa provano ad avere il bambino. Caterina lavora in un chioschetto e vorrebbe trovare un impiego anche alla sorella che è una testa calda: infatti Chicca, rispondendo male al proprietario per la misera paga che le darebbe se lavorasse anche lei lì, fa licenziare la povera e più riservata sorella. Anna, un giorno viene chiamata dal sig. Morandi per avviare la lavatrice ed inizia così ad essere garbatamente corteggiata da lui; lei però cerca di non intrattenere mai relazioni con i propri datori di lavoro. Così Anna, Maria, Chicca e Caterina, disperate per essere sempre al verde e sfruttando ciascuna il proprio talento ed i propri contatti, decidono di fare una rapina travestite da uomini. Chicca si fa prestare da un tipo che conosce di nome Paco un camioncino e gli chiede di fare da palo per il loro primo colpo. Solo Chicca però nel passato aveva fatto un piccolissimo furto. Le quattro quindi travestite vanno a tentare la loro prima rapina esattamente nella banca dove era stata Anna per il prestito, riuscendo a prendere parecchi soldi. Paco si addormenta nel camioncino fuori dalla filiale e per questo Chicca è costretta a mettersi lei alla guida del veicolo; presto però vengono intercettate e tallonate dalla polizia. Durante l’inseguimento le forze dell’ordine vengono sorpassate da un camioncino dello stesso aspetto e colore di quello su cui sono a bordo le ragazze, che così riescono a fuggire. Una volta arrivate in cima alla montagna su un piazzale, le quattro si dividono il malloppo. Intanto Anna, facendo le pulizie a casa del sig. Morandi, scopre da alcuni fascicoli che trova in una credenza che è un poliziotto e

prende in prestito una banconota che trova in un libro. Le amiche le dicono di tenersi buono e in amicizia l’inquilino e al contempo di capire se stia indagando su di loro. Così Anna prende l’iniziativa invitando il sig. Morandi, Gianni, alla loro festa parrocchiale. Lui accetta l’invito e la trova a cantare con le sue amiche (a parte Chicca) nel coro; il poliziotto risulta un tipo interessante anche per Maria, Caterina e Chicca, persino per la mamma Lucia. Accanto al sogno di Anna di aprire il negozio da parrucchiera e a quello di Maria di avere un bambino, c’è quello di Chicca di andare a vivere a Londra e di Caterina di andare a studiare all’università. Le quattro donne nel frattempo usano la grande somma di denaro della prima refurtiva per acquistare elettrodomestici e altri beni materiali. Anna e Maria sono più casalinghe e quindi puntano su oggetti che sono loro utili per le faccende di casa mentre Caterina non vuole più fare rapine e decide di impiegare quella somma per andare a Londra a studiare. La sorella Chicca non se la sente di lasciare le altre due amiche da sole a Gaeta ma le promette che la raggiungerà il prima possibile. Presto i soldi finiscono e Anna, Maria e Chicca in tre decidono di fare una seconda rapina, questa volta a Fondi. Anna alla fine cede ai diversi tentativi di invito per una cena fuori da parte del commissario Morandi. Al ristorante con Gianni, la donna scopre che è separato e deluso da un primo matrimonio. Lui le dice che è un poliziotto e durante il pasto fanno un gioco dove è Anna a fingere di essere un commissario; proprio in questa occasione Gianni le confessa che da tempo non riesce a darsi pace nella ricerca disperata di quattro furfanti che mettono in piedi delle rapine in banca sempre con la stessa 15

metodica. Lui viene da Torino e non riesce a capacitarsi del fatto che in una cittadina tranquilla come Gaeta non riesca facilmente ad incastrare quattro malviventi. Il secondo colpo delle donne non va però come vorrebbero, tra gli imprevisti infatti Maria perde la sua collanina con una scritta di devozione alla Madonna; ritentano quindi presto una terza rapina di nuovo a Gaeta. Intanto il commissario Morandi continua le sue indagini e va da don Backy, il simpatico parroco del paese. Il commissario nota che all’interno della chiesa vi è una statua della Madonna, dono di un benefattore anonimo che aveva notato durante la festa parrocchiale, che riporta alla base la stessa scritta della catenella ritrovata in banca in seguito alla seconda rapina. Il poliziotto dagli interrogatori dei testimoni comprende che la sua ricerca non deve essere rivolta a ladri uomini bensì a donne. Uno dei testimoni presentatosi in commissariato, che durante la rapina aveva avuto un principio di infarto, nella sua dichiarazione riporta infatti che un rapinatore non si sarebbe mai avvicinato a lui per sapere se stava bene. Da questo Morandi deduce che i famosi rapinatori che sta cercando sono delle donne travestite da uomini. Anna, Maria e Chicca sanno che ad ogni colpo effettuato aumenta il rischio di essere scoperte. Così Anna, nel caso le succedesse qualcosa, lascia dei soldi alla mamma Lucia, mettendola a conoscenza della loro


losca attività, senza che questa ne rimanga turbata. Ormai tutte e tre le amiche sanno usare bene le pistole: la sera prima della Vigilia Giuseppe rientra dal lavoro e si abbatte con ferocia sulla moglie Maria, dicendole che da quello che vede di nuovo in casa sta sperperando i soldi. Così l’uomo cerca di aggredirla in cucina mentre lei scappa in camera da letto; Giuseppe le mette le mani al collo per strangolarla e lei per legittima difesa prende la pistola che aveva nel cassetto e lo uccide. Intanto a casa di Anna passa il commissario Morandi con dei regali per i bambini, per Lucia e un libro per lei con dedica ma non rimane a cena. Maria chiama subito le amiche e insieme cercano di sbarazzarsi del corpo di Giuseppe. Lo portano ad un parcheggio di camion e lo mettono dentro ad uno di questi. L’errore che commettono è di far indossare al cadavere di Giuseppe un suo giubbotto che era stato usato però dalla moglie durante le rapine e ripreso dalle telecamere di sicurezza. Al rientro a casa Anna passa la notte con Gianni mentre Chicca, segretamente innamorata di Maria, le fa compagnia a casa dopo l’omicidio. L’indomani il commissario interroga tutte e tre le amiche e si rende conto di qualche incongruenza nei loro racconti, soprattutto perché non hanno un alibi valido per il 23 dicembre. Maria dichiara di non sapere nulla del lavoro del marito deceduto e quando le forze dell’ordine vanno a perquisire casa sua, trovano delle banconote nascoste dentro dei peluche. Chicca è pronta a raggiungere la sorella a Londra con valigia in mano quando arriva la polizia per arrestarla, così come accade alle altre due. Morandi è deluso sentimentalmente e umanamente da quella donna che gli aveva rapito il cuore ma è costretto a portarla in prigione.

Così Anna, Maria e Chicca passano degli anni in carcere. Anna è la prima ad uscire, Maria durante la prigionia ha creato un coro e Chicca vorrebbe presto raggiungere Caterina. Una volta uscita Anna ritrova i suoi adorati bambini, la sua mamma e l’uomo che l’ama e l’ha perdonata. Brave ragazze è una action comedy che, come dichiarato dalla regista, ha come modelli sul piano formale il cinema di Steven Soderbergh e su quello contenutistico The Italian Job. Scritto a quattro mani con Alberto Nanni, questo heist movie prodotto da Paco Cinematografica e Vision Distribution racconta, attraverso la storia di quattro ragazze, una ribellione contro la società, una voglia di riscatto, cambiamento e autonomia che esprime e descrive appieno quegli anni ’80 in cui è ambientata la vicenda ma che è, ahimé, allo stesso tempo una questione che appartiene anche al giorno d’oggi. Obiettivo della Andreozzi è stato infatti quello di rappresentare alcune tipologie all’interno del mondo femminile. Nonostante il campione ridotto di categorie di donne rappresentate, fa pensare che in un modo o nell’altro le vite di tutte le protagoniste siano segnate dalla misoginia. Anna, madre single di due figli, deve scontrarsi con molestie; Maria, docile e devota, subisce le percosse di un marito violento; la ribelle Chicca è da sempre in conflitto con il mondo e con se stessa a causa della propria sessualità. In piccolo e senza grandi pretese, come affermano la regista Andreozzi e il marito ed interprete Massimiliano Vado, si affrontano temi duri e scomodi quali il femminicidio, le violenze, la richiesta di prestazioni sessuali, i pregiudizi, il precariato, etc... anche se in forma leggera e non di denuncia. Aldilà delle pro-

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tagoniste, le madri di Annae di Maria rientrano rispettivamente in una fetta di stereotipi di quelle mamme italiane che insistono con le proprie figlie sul lavorare e sul procreare. Michela Andreozzi, al suo secondo film da regista dopo il debutto nel 2017 con Nove lune e mezza, continua ad affrontare e a sostenere tra le altre la questione di quelle donne che non vogliono avere figli (nel film solo una su quattro è davvero interessata ad essere madre). Un tratto autobiografico nuovamente richiamato se pensiamo al volume pubblicato dall’attrice nel 2018 “Non me lo chiedete più. #childfree. La libertà di non volere figli e non sentirsi in colpa”; il film è legato alla regista anche per altri motivi: la vicenda si svolge a Gaeta, luogo della sua infanzia e nel cast c’è anche, come già detto, il marito, Massimiliano Vado, nei panni del coniuge violento di Maria, Giuseppe. Nella pellicola la Andreozzi interpreta forse il personaggio femminile più negativo di tutti, quello di Franca che lavora all’interno del commissariato a fianco di Morandi. Franca è infatti una persona un po’ maligna, silenziosa e polemica. Ispirato ad una storia vera, quella delle Amazzoni della Vaucluse che risale agli anni ‘89/’90 in Provenza, (ad eccezione di alcune dinamiche che si discostano dal fatto di cronaca, come l’abuso di violenza di Giuseppe su Maria) la pellicola intende raccontare la vicenda di quattro donne costrette da diverse situazioni della vita a commettere rapine. Costrette perché come suggerisce il titolo, di “Brave ragazze” si tratta. Il messaggio è racchiuso nella parte finale del film, quando la giustizia ha fatto ormai il suo corso. In esso è contenuta una sorta di autogiustificazione che suggerisce allo spettatore come l’unica strada percorribile sia stata quella dell’illegalità e del-

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la vendetta scelta dalle quattro donne. La pellicola ha un buon ritmo, una regia fluida, un buon cast che vede tra le altre anche la partecipazione di Max Tortora e Stefania Sandrelli e che si segue con piacere. Quelli di Ambra Angiolini, Ilenia Pastorelli, Serena Rossi, Silvia D’Amico, Luca Argentero sono personaggi ben delineati. Inoltre traspare una bella sintonia tra le quattro protagoniste completamente diverse per carattere e storia familiare. L’unione fa la forza è il caso di dire per quattro giovani donne alla ricerca di un riscatto sociale; che siano madri di famiglia, donne che si prendono cura della casa o in cerca di indipendenza e libertà, le tre amiche vivono comunque, bisogna tenerlo a mente, il contesto della provincia. Questo permette alla regista e sceneggiatrice di poter usare alcuni luoghi comuni tipici del sud Italia. In una scena vediamo due pettegole che si

portano via del cibo dalla festa di paese - come faceva Totò, con gli spaghetti, in Miseria e Nobiltà e si inserisce anche la dimensione della superstizione, della religiosità. Ambientato a Gaeta negli anni ’80, nella pellicola i costumi vintage contribuiscono a creare un’atmosfera da commedia come anche le tantissime citazioni musicali: da “Storie di Tutti i Giorni” di Riccardo Fogli, ai Cugini di Campagna, dai Duran Duran fino a “Strada facendo” di Claudio Baglioni. Persino nella scelta di chiamare due personaggi Gianni Morandi (il commissario) e Don Backy (il sacerdote) si omaggia la musica italiana. E non mancano i rimandi letterari come quello dedicato a Georges Simenon come anche i riferimenti televisivi e cinematografici - Serpico, Maigret, Colombo. Il bello di questa pellicola è che può intrattenere e divertire allo stesso tempo chi ama i classici della

commedia all’italiana di Monicelli, di Risi, di Scola, dei mattatori Sordi e Gassmann ma anche chi è appassionato del più “recente” manga Occhi di gatto, anche questo, tra gli altri elementi, cult degli anni ’80. Il film ha quindi il merito di sdoganare alcuni cliché e riprendersi degli spazi che il cinema ha frequentemente riservato a personaggi maschili. Ma Brave ragazze è anche una riflessione amara affidata a delle donne d’azione che strizza un po’ l’occhio al MeToo e a Dissenso Comune sotto una forma pop ma non demenziale del Girl Power. Ognuna infatti con i propri difetti e le proprie fragilità salverà l’altra. Una commedia che fa riflettere e che tenta di lasciare qualche speranza al mondo femminile... come si ripete in testa Anna: “Si chiude una porta, si apre un portone”. Giulia Angelucci

di Louis Garrel

DUE AMICI Mona è una giovane che lavora in una panetteria vicino alla Gare du Nord di Parigi e che tutte le notti torna nel carcere dove sta scontando una pena. Clément ha avuto un breve flirt con lei e se ne è innamorato. L’uomo lavora come comparsa al cinema e vorrebbe trattenerla almeno una sera ma la ragazza scappa via su un treno sempre alla stessa ora dopo il lavoro. Clément regala a Mona un uccellino ma la ragazza dice che devono smettere di vedersi e lo prega di dimenticarla. L’uomo chiede aiuto all’amico e confidente Abel chiedendogli di incontrare Mona. I due vanno alla panetteria e Abel avvicina la ragazza chiedendole perché non ha accettato

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l’uccellino dal suo amico. Mona dice che la sua vita è complicata e di non avere tempo per nessuno. Abel scuote l’amico dicendole di andare dalla ragazza e di uscirci quella stessa sera. Poco dopo, i due amici la bloccano alla stazione, Mona sale sul treno e Clément la segue dicendo di volerla accompagnare a casa. Alle resistenze della ragazza, Abel finisce per trascinarla giù mentre il treno parte. La ragazza è disperata e accusa Abel di averla messa nei guai. I tre vanno in un bar, Mona confessa a Clément di non voler prendere il treno successivo. I tre vanno sul set di un film dove Clément sta lavorando. Fanno le comparse in una scena che ricostruisce gli scontri del maggio 1968 a Parigi. Clément dichiara 17

Origine: Francia, 2015 Produzione: Les Films Des Tournelles, in Coproduzione con Arte France Cinéma Regia: Louis Garrel Soggetto: Liberamente ispirato alla pièce teatrale “Caprices de Marianne” di Alfred de Musset Sceneggiatura: Louis Garrel, Christophe Honoré Interpreti: Vincent Macaigne (Vincent), Golshifteh Farahani (Mona), Louis Garrel (Abel), Mahaut Adam (Colette), Pierre Maillet (Receptionist hotel), Christelle Deloze (Direttore carcere), Laurent Laffargue (Scenografo), Rachid Hami (Attore Gare de Lyon), Pierre Deverines (Benzinaio), Aymeline Valade (Benzinaia), Luc Poignant (Agente stazione di polizia), Eric Bartonio (Assistente set Maggio 68), Michele Goddet (Addetta bagni pubblici) Durata: 100’ Distribuzione: Movies Inspired Uscita: 4 luglio 2019


a Mona il suo amore ma la ragazza dice che non può ricambiarlo; poco dopo il giovane si ferisce a un polso. Mona e Abel lo seguono in ospedale. Dopo essersi accertati delle sue condizioni, Mona e Abel gli danno la buonanotte. In un bar Mona si lascia andare al ritmo di una musica. Subito dopo la ragazza porta Abel in una chiesa, poi propone al ragazzo di andare a dare da mangiare all’uccellino di Clément e di spogliarsi, confessa di desiderarlo fin dalla prima volta che lo ha visto. Mona e Abel fanno l’amore. Il mattino dopo, Abel la manda via di casa dicendo che non è mai successo niente fra loro. Abel piange da solo, subito dopo va da Clément in ospedale e lo fa uscire di nascosto calandosi da una finestra, poi si fa firmare il permesso di uscita da un medico. Clément è ansioso di rivedere Mona un’ultima volta. Abel calma l’amico e lo accompagna alla stazione. Clément va a cercare Mona alla panetteria. Poco dopo Abel lo trova sconvolto: ha saputo la verità su Mona e sulla sua detenzione, pensa che sia questa la ragione per cui non voleva stare con lui. Clément vuole trovare la ragazza per aiutarla e chiede all’amico dove erano stati la notte scorsa. Dopo essersi recati alla chiesa, Abel è vago su quella notte, racconta che avevano dato da mangiare all’uccellino a casa sua. Il giovane si reca a casa e incrocia Mona sulle scale. I tre vanno in un

locale, Clément balla con Mona. La ragazza chiede ai due se vogliono sapere perché è in prigione. Mona porta i due amici in un hotel. I due uomini si recano nella stanza della ragazza che li bacia entrambi, poi li manda via. Rimasta sola, Mona fa una telefonata per dichiarare dove si trova. Promette di non muoversi finché non verranno a prelevarla. Intanto Clément dice ad Abel che sono diventati meschini e che la loro amicizia è finita, poi dice di voler fuggire con Mona. La ragazza intanto parla al telefono con la mamma, le confessa ciò che è successo e che le daranno altri sei mesi di reclusione. Mentre Clément dorme Abel si veste e scende al bar dell’hotel. Clément va davanti alla porta di Mona e, pensando che stia con Abel, urla e minaccia di uccidersi. Poi scappa per strada e viene raggiunto da Abel. Nel frattempo arriva la polizia che arresta Mona sotto gli occhi dei due amici. I due restano soli: Clément chiede ad Abel se ha fatto l’amore con Mona. Abel dice che non c’è stato nulla tra lui e la ragazza. Un triangolo dei più classici. La triangolazione sentimentale francese per eccellenza (ricordando il truffautiano Jules et Jim) torna in questo lungometraggio che a sua volta è frutto della rielaborazione del mediometraggio La Règle de trois diretto da Louis Garrel nel 2011 e interpretato dagli stessi attori: Garrel, Vincent Macaigne e Golshiftheh Farahani. Questo triangolo d’amore e di amicizia è ispirato al dramma di Alfred de Musset “I capricci di Marianna”. A detta dello stesso regista, qui al suo primo lungometraggio (ma distribuito nelle sale italiane curiosamente dopo la seconda prova di Garrel regista, L’uomo fedele), il film prende le mosse dallo stesso

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punto in cui esordisce il dramma che ha peraltro accompagnato le varie fasi della carriera teatrale di Garrel: a quindici anni recitò in una scena di questo lavoro che portò anche alle audizioni per l’ammissione al Conservatorio Nazionale Superiore di Arte Drammatica. Successivamente il regista scoprì che il dramma aveva ispirato quel gioiello della cinematografia francese che è La regola del gioco di Jean Renoir, la storia di un uomo che chiede aiuto ad un amico in una complicata situazione sentimentale. Con una distinzione fondamentale nell’epilogo: mentre nel dramma di de Musset un equivoco sfocia in tragedia, in questo film Garrel e il suo co-sceneggiatore Christophe Honoré hanno volutamente smorzato i toni tragici sdrammatizzando l’intreccio. La storia narrata in Due amici più che di un amore è quella di una grande amicizia che si rompe, una rottura che può avvenire per gelosia e desiderio, come se si trattasse di due innamorati. I tre personaggi protagonisti di questo triangolo 2.0 sono tre persone ai margini della società, per meglio dire tre individui che hanno perso il loro status: una giovane donna in carcere, un aspirante scrittore che lavora in un’autorimessa (che quando parla di sé dice “scrivo cose”), un uomo che fa la comparsa nei film ma a cui nessuno fa mai caso, il regista li ha definiti “misfits” prendendo in prestito il titolo del celebre film di John Houston (in italiano Gli spostati). Sono tre persone non integrate appieno nella società che possono vivere solo aggrappandosi ai sentimenti e alle emozioni. Opera essenziale e raccolta, quasi intimista, commedia che resta al confine col melodramma (ma che non vi cade mai), Due amici concentra la narrazione in tre giorni e tre notti in cui i tre protagonisti vivono avventure tragicomiche a tratti grottesche.

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Il film ruota interamente sulla prova del terzetto di attori protagonisti su cui svetta Vincent Macaigne che offre una grande prestazione, fatta di sottrazione e dolore contenuto nei panni dell’innamorato respinto Clément, creatura fragile e sensibile. Riflessivo e cinico quanto basta l’amico Abel interpretato dal regista Louis Garrel e ragazza dal volto bellissimo venato di tristezza la Mona incarnata da Golshifteh Farahani (attrice e rocker iraniana che si è fatta notare dal grande pubblico nel 2008 accanto a Di Caprio in Nessuna verità di Ridley Scott). Garrel ha il merito di realizzare un film in 35 millimetri (“non per feticismo ma perché mi consente

una migliore concentrazione. Hai quest’idea che durante le riprese stia accadendo qualcosa di prezioso”) e di firmare una regia veloce e leggera. Il film cambia continuamente tono, passando dal lirico al burlesco, dal tragico al romantico. Proprio per il lato romantico il regista si è riferito, oltre ai già citati classici d’Oltralpe, anche alla commedia francese ‘mainstream’ (Garrel ha ricordato tra le sue fonti d’ispirazione anche L’amico sfigato diretto e interpretato da Michel Blanc con Gérard Lanvin). Degna di nota è una piccola chicca cinefila, la scena in cui i tre protagonisti fanno le comparse in una scena di un film ambientata

tra le barricate del maggio parigino 1968. Al di là di qualche momento di stanchezza nella seconda parte, Due amici dimostra il coraggio del suo giovane regista, capace di realizzare un’opera che ben descrive le “oscillazioni del cuore”, ambientata in una Parigi quasi sospesa nel tempo e che ha il suo centro in una stazione ferroviaria (luogo altamente simbolico dove si svolgono gli snodi narrativi cruciali). Un film sui piccoli e grandi egoismi e sull’importanza dell’amicizia. Un sentimento spesso più complicato dell’amore. Elena Bartoni

di Emanuele Pisano

SARA E MARTI Sara e Marti sono due gemelle legatissime, hanno perso la mamma e vivono a Bevagna con il loro papà. L’estate sta finendo e loro sono costrette a dividersi: Marti infatti ha un paio di concerti in cui dovrà suonare mentre Sara viene invitata dai suoi amici Guido e Luigi Catalano a passare l’estate a Modica, paese natale della loro mamma Anna, scomparsa quando erano piccole. Sara accetta ben volentieri l’invito anche se purtroppo dovrà andare senza l’amata sorella. Così lei e i suoi amici vengono ospitati dalla zia Flavia, sorella della mamma, una donna davvero moderna. Una volta giunti all’aeroporto è la zia ad andarli a prendere in macchina ma purtroppo durante il tragitto, in una strada di campagna, l’auto si guasta. Proprio lì dove loro sono fermi con la macchina in panne passa un carretto con sopra un anziano di nome Nicola e un bambino di nome Mimmo che danno loro

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un passaggio fino al paese. Sara appena arrivata a Modica conosce Luca, figlio del sindaco insieme ad altri ragazzi, molto ricchi e viziati. La ragazza fa colpo su Luca ma non è minimamente interessata a quel tipo di amicizia e senza la sorella pensa sia una buona idea passare le sue giornate ad un campo di orienteering; così con i suoi due amici decide di dedicarsi a questa attività anche se loro sono gli unici della loro età essendo così costretti a fare da capigruppo a dei bambini. Sara viene eletta responsabile del proprio team e si trova a far coppia insieme alla piccola e pestifera Giorgia. Le due ragazze in breve tempo si addentrano in zone del bosco pericolose fino ad arrivare davanti ad un bivio dove decidono di percorrere una scorciatoia. Sara, che è la più grande, va per prima ma scivola e rischia di farsi davvero male in un dirupo. Inaspettatamente viene salvata da un ragazzo misterioso che scompare poco dopo. Passa qualche giorno e scopre che il mi19

Origine: Italia, 2019 Produzione: Stand By Me Regia: Emanuele Pisano Soggetto: Simona Ercolani Sceneggiatura: Stefania Coletta, Simona Ercolani, Filippo Gentili, Olimpia Sales Interpreti: Aurora Moroni (Sara), Chiara Del Francia (Marti), Antonio Nicotra (Saro), Gabriele Badaglialacqua (Luca), Luigi De Giuseppe (Luigi Catalano), Guido Laudenzi (Guido Catalano), Federico Pellitteri (Mimmo), Leonardo Decarli (Se stesso) Durata: 90’ Distribuzione: Walt Disney Pictures Italia Uscita: 14 marzo 2019

sterioso ragazzo si chiama Saro, è un pastore ed è il fratello maggiore di Mimmo. In paese il povero ragazzo viene bullizzato e preso in giro dai coetanei, soprattutto da Luca e la sua gang, per le sue umili origini e perché il padre è in carcere. Nei giorni a seguire Luca continuerà la sua sfacciata corte a Sara fino ad invitarla una sera ad una festa. La zia Flavia presta per l’occasione alla nipote un bellissimo vestito che era uno dei preferiti dalla madre. Luca si conferma anche durante il party un ragaz-


da lo youtuber Leonardo Decarli e gli chiede un aiuto; i due organizzeranno insieme un concerto per raccogliere i fondi per la fattoria distrutta di Saro. Ora che la casa di Saro e della sua famiglia è di nuovo sistemata resta solo una cosa per il piccolo Mimmo: fare incontrare da soli il fratello e Sara. E così il bambino racconta - mentendo a Saro che il nonno si è perso riuscendo così nell’impresa. Tutto si conclude per il meglio, una bella zo fanatico, pieno di sé risultando vacanza estiva che finisce con nuocosì davvero noioso. Appena ne ha ve amicizie. l’occasione, Sara senza farsi vedeUn fotoromanzo dei giorni re, scappa dalla festa e incontra nostri ma dai valori puri. per caso Saro e con lui fa una lunCosì si potrebbe definiga passeggiata. Lo trova davvero re questa pellicola tratta un tipo carino ed interessante, andalla fiction Sara e Marti che se piuttosto misterioso, e ogni giorno scrive alla sorella Marti #LaNostraStoria nata su Rai Uno, parlando di lui. I due vengono vi- diventata serie televisiva Disney in sti e ripresi con il cellulare da un onda dal 2018 su Rai Gulp, giunamico di Luca che gli mostrerà il ta già alla seconda stagione e che video: il ragazzo è geloso, si vuole vede protagoniste le due sorelle vendicare, non sopporta Saro che Sara e Marti. Le due gemelle più considera uno “sfigato” ma soprat- amate di Disney Channel dirette tutto non riesce a darsi pace circa da Emanuele Pisano sono al cenla bella Sara. Qualche giorno dopo tro di una storia che funziona anMarti raggiunge la sorella e decide che per chi non ha mai seguito la di partecipare con lei ad una gara serie. Una fiction che ha avuto un di orientereering. Gli organizzatori grande seguito di fan, libri e tanto fanno squadre miste, Sara si fida merchandising. Dall’Umbria Film di Luca, che è in gara anche lui Commission che aveva sostenuto e che vuole vendicarsi: perciò fa la produzione delle prime due staperdere nel bosco le gemelle e da gioni della serie fino alle bellissisolo si reca nella fattoria di Saro, me inquadrature sulla splendida Mimmo ed il nonno (malato di Al- Modica di questo lungometraggio, zhaimer) facendo scappare tutti nel suo piccolo la storia di Sara e gli animali e mettendo a soqqua- Marti ci regala un inno alla beldro tutto il raccolto. Ma proprio lezza della natura del nostro Paementre compie questo atto di ven- se. Nella prima stagione avevamo detta perde un ciondolo della sua seguito l’adattamento delle due collana. Luca va a lamentarsi con ragazze, trasferitasi da Londra, il sindaco (il padre) come se fosse alla nuova realtà di provincia maltrattato da Saro e la sua fami- (Bevagna). Il film si colloca prima glia; inizialmente l’uomo crede al della seconda stagione e decide di figlio ed è ostile nei confronti della raccontare le loro vacanze estive. umile famiglia di Saro. Ma presto Diceva Marshall McLuhan “Il meSara trova il ciondolo: il ragazzo dium è il messaggio”. La pellicola sarà costretto a chiedere scusa intende essere semplicemente una pubblicamente e a dare una mano storia più lunga dei soliti episodi per rimediare ai misfatti. Intanto e non è la prima volta che accade. Marti incontra per caso in stra- Basti pensare a Sabrina - Vacan-

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ze Romane (tratto dalla serie anni ’90 Sabrina - Vita da strega) oppure a Lizzie McGuire - Da liceale a popstar. Nel film di Pisano i personaggi guardano in camera e i dialoghi tra le sorelle sono resi visibili attraverso il loro scambio di sms. Poi ci sono le autointerviste dei protagonisti che interrompono e disturbano il fluire della vicenda. Allo stesso tempo il montaggio dalle sequenze veloci, eredità della struttura televisiva, consente però anche allo spettatore adulto di non annoiarsi nel seguire la storia. Bisogna poi aggiungere che è stato chiamato a partecipare all’interno del cast lo youtuber Leonardo Decarli, anche questo ben amalgamato nell’insieme dei personaggi, ognuno con una propria specifica caratterizzazione. Importanti gli imput educativi a partire dalla figura paterna che ha dubbi se mandare Sara da sola in vacanza, alla ragazza che non approfitta del suo bell’aspetto. Un film acqua e sapone in cui regna la spontaneità e che lancia un messaggio importante contro il bullismo, anche questa un’emergenza sociale tra i giovani di oggi. Nel film prodotto da Stand By Me gli attori sono tutti bravi, Antonio Nicotra, 18 anni, alla sua primissima esperienza su un set nei panni del nuovo personaggio Saro, si è dovuto inserire in un gruppo già molto affiatato. Sara e Marti il film pur parlando dell’amore (anche il piccolo Mimmo ha un debole per la piccola Giorgia) vuole trasmettere l’importanza del restare sempre fedeli a se stessi, riassunto nella canzone che accompagna il film. In un’intervista ai fan della serie l’artista Decarli ha dichiarato: “Spero che i ragazzi capiscano bene il messaggio del testo: sognare è la cosa più importante, anche quando vogliono farti credere il contrario”. Un bell’esempio di orientereering per la vita di tutti i giovani. Giulia Angelucci

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di Lee Cronin

HOLE - L’ABISSO Origine: Irlanda, 2019

Sarah, una giovane donna in fuga da un violento passato (probabilmente dal marito per maltrattamenti domestici), decide di trasferirsi in una casa isolata immersa nel bosco - ai margini di una piccola cittadina rurale irlandese - per ricominciare una nuova vita assieme al figlio Christopher (detto Chris). Durante il tragitto in macchina - proprio prima di arrivare a destinazione Sarah viene sorpresa da un’anziana donna riuscendo appena a non investirla, mentre quest’ultima, incappucciata, vagava e borbottava inconsapevolmente nel cuore della strada: si tratta di Noreen, un’eccentrica vicina di casa, la cui sanità mentale è andata in frantumi. Dopo essersi sistemati nella nuova abitazione, Chris, pur essendo molto affezionato alla madre, le rimprovera il fatto di avergli mentito circa l’imminente arrivo del padre continuando a porle domande sul perché della sua assenza. Sconvolto, Chris fugge verso il bosco. Sarah lo insegue ma non riesce a recuperarlo fin quando si imbatte in una strana e gigantesca voragine nel terreno - un sinkhole - nascosta tra le pinete. In seguito, voltandosi nota Chris nelle vicinanze e, sollevata, ritorna a casa. Nella notte, Sarah si risveglia e scopre che il figlio non è nel suo letto. È scomparso. In preda al panico, inizia a cercarlo nel bosco, senza ritrovarlo. Rientrata in casa, proprio mentre sta per chiamare la polizia, Chris riappare come se niente fosse negando d’essersi mai allontanato. La mattina seguente, dopo aver preso il figlio a scuola, Sarah ha un altro incontro con Noreen: la donna rimane ancora più turbata, quando, dopo aver posato gli occhi su Chris, inizia a urlarle ripetuta-

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mente contro che il bambino non è realmente suo figlio, venendo poi fermata e allontanata con forza da Des, il marito. Dopo qualche giorno, Noreen viene trovata morta in circostanze misteriose: con la testa sepolta nel sottosuolo. Sarah decide quindi di andare al suo funerale, durante il quale Des confida alla donna che Noreen credeva che il loro figlio, James, non fosse proprio il loro figlio, ma un impostore, e che l’unico modo per confermare la sua identità fosse solo guardando il suo riflesso nello specchio. Sarah nel frattempo - divenuta sempre più nevrotica - inizia lentamente a sospettare che ci sia qualcosa di strano negli atteggiamenti di Chris, perché manifesta lati opposti al suo solito carattere. A questo punto, Sarah nasconde una videocamera nella stanza del figlio, nel tentativo di spiarne il comportamento notturno e, dopo aver visto il filmato si convince ancor di più del suo inquietante mutamento. Si precipita allora a casa di Des per mostrargli le riprese video e avere delle risposte. Tuttavia, quando lo fa, l’uomo si rifiuta di ammettere che si tratta dello stesso essere che in passato si è impossessato del figlio defunto. Quindi Sarah, capisce che il bambino che vive con lei non è affatto suo figlio, ma una creatura malvagia che ha assunto le sue sembianze. Arrivata a casa, la donna decide di affrontare il doppelgänger - che, intuito di essere stato scoperto, cerca in tutti i modi di ostacolarla e ucciderla - riuscendo però a sopravvivere e rinchiudere la creatura nel seminterrato. La donna, stravolta, si avventura nel bosco e si introduce nel sinkhole sperando di recuperare il suo vero figlio in quell’abis21

Produzione: Connor Barry, John Keville, Coproduttori: Benoit Roland, Ulla Simonen per Savage Productions, Bankside Films, Head Gear Films, Metrol Technology, Wrong Men North Regia: Lee Cronin Soggetto e Sceneggiatura: Lee Cronin, Stephen Shields Interpreti: Seana Kerslake (Sarah O’Neill), James Quinn Markey (Chris O’Neill), Simone Kirby (Louise Caul), Steve Wall (Rob Caul), Eoin Macken (Jay Caul), Sarah Hanly (Lil Jones), James Cosmo (Des Brady), Kati Outinen (Noreen Brady), Bennett Andrew (Dottore), David Crowley (Mr. Craven), John Quinn (Detective 1), Colin Campbell (Detective 2), Anna Böhm (Mostro) Durata: 90’ Distribuzione: Koch Media Uscita: 10 ottobre 2019

so - facendosi strada fra anguste e impervie gallerie del sottosuolo - e, dopo averlo finalmente trovato, brucia la casa e fugge via con Chris verso una nuova città. Qualche tempo dopo, mentre il bambino è intento a giocare fuori con la sua nuova bici, Sarah gli scatta qualche foto, ma rimane basita quando il display della videocamera mostra qualcosa di anormale: scorrendo una foto dopo l’altra, il volto di suo figlio appare inspiegabilmente sfocato. Presentato in anteprima mondiale al Sundance Film Festival, Hole - L’abisso segna il debutto sul grande schermo dello scrittore e regista irlandese Lee Cronin, con un horror psicologico dalle venature gotiche che, attraverso l’espediente naturalistico del sinkhole, diviene metafora dell’incubo genitoriale che sprofonda verso un abisso mentale eroso dal sospetto e dalla paranoia. Nonostante uno script poco originale e prevedibile - che riprende molte delle tematiche angoscianti di Babadook e L’invasione degli ultracorpi - il film di Cronin ha una capacità

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seduttiva superiore a quella degli horror coevi mainstream, avvalendosi di una particolare cura estetica per la fotografia (fornita dalle suggestive location irlandesi) che, sorretta da una regia virtuosistica e multiforme (riprese aeree, campi lunghissimi, found footage), conferiscono alla pellicola un discreto fascino. Il film coniuga un certo grado di suspense, silenzi e lunghe attese,

alla capacità di creare un’atmosfera inquietante e straniante che - al di là di un background poco sviluppato e di qualche incongruenza narrativa - mantiene vivo l’interesse dello spettatore, disseminando inoltre vari spunti di riflessione, con squarci onirici e simbolici (dal rapporto madre-figlio all’emancipazione femminile). Lo stesso titolo originale, The Hole in the Ground (“La buca nel terreno”) contiene il paradigma di tutto il film che - senza scomodare Nietzsche - dà il senso di qualcosa di ancestrale, nascosto, un male antico evocato forse dall’immaginazione della stessa protagonista, una donna che deve affrontare il dramma di assistere

di Nicolas Bedos Origine: Francia, 2019 Produzione: François Kraus, Denis PineauValencienne per Les Films Du Kiosque, in Coproduzione con Pathé, Orange Studio, France 2 Cinéma, Hugar Prod, Fils, Umedia Regia: Nicolas Bedos Soggetto e Sceneggiatura: Nicolas Bedos Interpreti: Daniel Auteuil (Victor), Guillaume Canet (Antoine), Doria Tillier (Margot), Fanny Ardant (Marianne), Pierre Arditi (Pierre), Denis Podalydès (François), Michaël Cohen (Maxime), Jeanne Arènes (Amélie), Bertrand Poncet (Adrien), Bruno Raffaelli (Maurice/ Yvon/Hemingway), Lizzie Brocheré (Gisèle/ compagna di Margot), Thomas Scimeca (Freddy/Hans Axel Von Fersen) Durata: 110’ Distribuzione: I Wonder Pictures Uscita: 7 novembre 2019

Victor, fumettista disilluso che odia il presente e le nuove tecnologie, viene cacciato dalla moglie Marianne, psicoterapeuta affascinata dalla contemporaneità e dai nuovi device, desiderosa di nuovi stimoli che trova in François, suo paziente e amante, nonché migliore amico del marito. Antoine, imprenditore di successo, è a capo della Time Traveller, agenzia che permette, attraverso

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al cambiamento del proprio figlio all’interno di un contesto avverso e retrogrado in cui riaffiorano vecchie cicatrici di un oscuro passato che solo lei può riuscire a rimarginare... Buon cast d’attori: oltre all’interpretazione della giovane Seána Kerslak e alla partecipazione dell’attrice teatrale finlandese Kati Outinen, spicca quella del caratterista scozzese James Cosmo, che infonde complessità e inquietudine al proprio personaggio, nonostante il poco spazio in scena. Gran successo in patria, tanto da essere definito “il più grande film horror irlandese di tutti i tempi”. Alessio D’angelo

LA BELLE ÉPOQUE ricostruzioni accurate, di far vivere ai propri clienti un periodo storico a loro scelta; Margot, giovane attrice esordiente e amante di Antoine, è ancora furiosa con lui per le sue disattenzioni e per i metodi bruschi con cui era solito dirigerla sul set. Victor accetta l’invito di Antoine, amico del figlio, per partecipare a un viaggio nel tempo e sceglie di tornare al 16 maggio 1974, giorno in cui conobbe Marianne in un bistrot a Lione, consegnando al personale degli schizzi per la ricostruzione. Rispetto agli interpreti, Victor non si immedesima nella finzione, tanto da metterli in difficoltà; Margot, incaricata di interpretare Marianne, entra nel locale, dimostrandosi capace di aggirare gli ostacoli di Victor, divertendosi a cambiare il copione per innervosire Antoine. Nell’uscire, Margot perde la sciarpa e Victor la raggiunge per riconsegnargliela e invitarla di nuovo al bistrot; il protagonista inizia a collaborare con il figlio per la realizzazione di una serie animata, chiedendogli in cambio dei soldi in prestito per continuare la sua avventura. Antoine racconta a Margot che 22

Victor, in un periodo doloroso del suo passato, gli regalò un libro che gli cambiò la vita, incitandolo a sviluppare la sua immaginazione, per cui oggi vuole ricambiare il favore. Mentre Marianne inizia a essere stufa di François e delle noiose cene con gli altezzosi colleghi, Victor rivive una festa a base d’erba a cui partecipò con lei. Quando Margot bacia Victor, Antoine tenta di fermare lo spettacolo, ma i due fuggono via e iniziano ad avvicinarsi reciprocamente al di fuori della finzione; nei giorni successivi, Margot vede dei nuovi disegni di Victor che la raffigurano, per cui sceglie di andarsene e viene sostituita da un’altra attrice. Il protagonista non vuole continuare senza Margot e si mette sulle sue tracce, trovandola a casa della madre, in compagnia del marito e del figlioletto, una farsa diretta da Antoine per allontanarlo dalla ragazza che, colta da un pianto sincero, lo invita a lasciar andare il passato e cercare la bellezza di Marianne nel presente. Dopo averle confessato il suo amore,

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Victor se ne va e Margot, inizialmente furiosa, accusa Antoine di giocare con la vita delle persone; il regista, per farsi perdonare, le dichiara i suoi sentimenti per poi baciarla, riappacificandosi con lei. Victor scopre Marianne in compagnia di François ma, per nulla sconvolto, racconta loro di Margot. Marianne mette in discussione le sue scelte, per cui prende parte alla ricostruzione del 16 maggio insieme al marito. La donna afferma di non sentire la mancanza del suo passato e di preferire il presente, sebbene non ami ciò che è diventata, per cui è decisa a rimediare ai suoi errori, confessandogli che, per la prima volta, ha provato gelosia nei confronti di un’altra donna. Marianne se ne va, facendo cadere la sciarpa come da copione ma, questa volta, Victor non la raccoglie, ma rimane nel locale immaginando Margot al tavolo accanto. Il cinema francese ci regala un’attenta riflessione sulle capacità metamorfiche del tempo, a cui il soggetto è sottomesso a causa del trascorrere ineluttabile della vita, sia che si tratti di un corpo che cambia (il desiderio di sfuggire dall’invecchiamento per vivere, come desiderato da Marianne) che di un sentimento che muta, divenendo altro. Se il postmoderno si è interrogato sul legame tra io e mon-

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do, scisso a partire dalla modernità, incapace di scoprire il labile confine tra realtà e illusione, tra soggettività e oggettività (si pensi a The Truman Show), con La belle époque questa soglia non appare criptica, bensì ben demarcata, in cui la finzione non è più il simulacro di una realtà perfetta che si sostituisce alla vita, bensì una dimensione nostalgica, fugace e fittizia (le crepe della carta da parati che rivelano l’artificiosità del set, l’illuminazione guidata dalla regia, la colonna sonora) in cui si trova riparo da essa. La brillante sceneggiatura è in grado di intrattenere e divertire sin dall’inizio, non distanziandosi mai da una sentita (meta)riflessione che raggiunge nel finale il suo apice, una conclusione che va al di là del semplicistico innamoramento di un sessantenne nei confronti di una donna più giovane. Margot incarna il controverso ruolo di attualizzazione di un’immagine-nostalgia radicata nella mente di Victor (i disegni), che sembra vivere in uno stato di vedovanza (considera Marianne come defunta), una disillusione nei confronti di quel presente che ha fagocitato e trasformato la sua esistenza e la donna amata, che può vivere solo come ricordo. Sicuramente emerge il risveglio del desiderio nei confronti di Margot (ne è attratto anche fuori dal set), ma è innegabile quanto la ricostruzione riarticoli un sentimen-

to possibile solo in una dimensione illusoria e passata, in grado di dare una forma concreta a un’immagine ormai lontana, resuscitata dalla giovane che, nonostante le differenze con Marianne, è l’unico ancoraggio con quanto è andato perduto nello scorrere ordinario della vita, non divenendo un doppio della donna bensì dell’idea auratica che essa incarna. L’accurato finale conferma l’abbandono di Victor in una dimensione passata che, solo in apparenza, sembra dimenticata grazie all’amore di Margot: se Marianne accetta il flusso della vita, Victor continua a negarlo, concretizzando quell’immagine-nostalgia attraverso l’allucinazione di Margot, fantasma nostalgico che riconferma un eterno ritorno del medesimo, un ridimensionamento del desidero nel regime della stasi, in un movimento sempre uguale a se stesso, di conseguenza “non vitale”. Leonardo Magnante

di Roberto De Feo

THE NEST - IL NIDO

Origine: Italia, 2019

Dieci anni dopo la morte di suo padre Riccardo, rimasto ucciso in un incidente stradale nel tentativo di portarlo via da Villa dei Laghi, Samuel, costretto su una sedia a rotelle, vive con la rigida madre Elena. Nella tenuta non bisogna mai parlare del mondo esterno per il bene di Samuel, tanto che la zia Carla viene seve-

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ramente punita per aver infranto tale regola. Ormai in fin di vita, Ettore, vecchia conoscenza della padrona, vuole che Elena si prenda cura di una giovane orfana, Denise, come egli fece con lei in passato; dopo la morte di Ettore, Denise rimane alla tenuta, ma in qualità di domestica. Elena istruisce quotidianamente Samuel sul programma per governare la tenuta, in cui egli do23

Produzione: Colorado Film Production in Collaborazione Con Vision Distribution Regia: Roberto De Feo Soggetto e Sceneggiatura: Lucio Besana, Margherita Ferri, Roberto De Feo Interpreti: Francesca Cavallin (Elena), Justin Korovkin (Samuel), Ginevra Francesconi (Denise), Gabriele Falsetta (Igor), Maurizio Lombardi (Christian), Fabrizio Odetto (Filippo), Carlo Valli (Ettore), Massimo Rigo (Claudio), Edoardo Rossi (Riccardo) Durata: 103’ Distribuzione: Vision Distribution Uscita: 15 agosto 2019


vrà fondare una società migliore; in realtà, il ragazzo è reso paraplegico dalle sostanze iniettate segretamente da Christian, il medico della tenuta, su ordine di Elena. La protagonista e gli altri adulti si dirigono nel bosco per sacrificare una donna infetta, eliminata per evitare di portare nella tenuta il morbo che si è diffuso all’esterno. Denise si affeziona a Samuel, il quale crede che il padre sia morto aggredito da un gruppo di banditi fuori dalla tenuta, bugia costruita dalla madre per dimostrare la malvagità del mondo esterno; la ragazza tenta di baciarlo ma viene scoperta da Elena, che ha una crisi in privato, tanto da autolesionarsi. Costretto il figlio a uccidere un cinghiale, Elena, per farsi perdonare, chiede a Filippo, il rifornitore della tenuta, di portare Samuel e Denise al lago, dove i due si baciano; in seguito Elena caccia la ragazza, timorosa che possa influenzare negativamente il figlio ma è costretta a farla tornare, data la malinconia sul volto di Samuel, considerato speciale in quanto capace di ricordare a tutti loro un tempo andato perduto. Christian sottopone Denise ad elettroshock per renderla muta e docile, moglie perfetta per Samuel; Elena costringe la ragazza, priva di forze, a danzare per il figlio, il quale però scopre le ustioni sulla sua tempia. Scoperto l’orribile piano di Elena e Christian, devoto profonda-

mente alla donna dal momento che ha salvato tutti loro dagli orrori del mondo esterno, Filippo permette a Denise e Samuel di fuggire con il suo furgone in piena notte, per poi uccidere il medico e suicidarsi. All’alba, Elena, in preda al delirio per il fallimento del suo sogno utopico, si aggira per il parco alla ricerca del figlio; in seguito all’epidemia che ha colpito il globo anni addietro, Riccardo avrebbe voluto trasferirsi con la famiglia in una città in costruzione chiamata Arca insieme agli altri sopravvissuti, al contrario di Elena che, non fidandosi, ha scelto di rimanere nella tenuta per tenere Samuel al sicuro e permettergli una vita perfetta. Nel tragitto verso l’Arca, Samuel e Denise intravedono degli uomini in lontananza, che si rivelano un’orda di zombie. In un panorama cinematografico in cui il genere horror non solo rappresenta una percentuale irrisoria ma difficilmente riesce a sfuggire al mero calco mimetico e artificioso dei corrispettivi internazionali, The Nest si rivela un notevole punto di avvio per una palingenesi orrorifica in Italia, ammirevole soprattutto per essere un’opera prima, altamente curata sul piano visivo. Ancor prima della narrazione, visivamente il film anticipa il distacco ineluttabile tra Samuel ed Elena (pregevolmente interpretata da Francesca Cavallin) attraverso l’utilizzo del fuori fuoco che, nonostante la copresenza di entrambi nel quadro, separa la donna, posta sullo sfondo, dal figlio perfettamente illuminato, oppure mediante una curata messa in quadro dei personaggi grazie a un profilmico occupato per gran parte da pareti dietro cui si nasconde in fuoricampo Samuel (di cui si percepisce solamente la voce) al contrario del genitore che, in silhouette, appare in campo men-

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tre lo rimprovera sullo stipite della porta della sua camera. Di contro, la gestione del ritmo narrativo si dimostra piuttosto piatta, troppo focalizzato sul romance, inficiando sulla creazione di una suspense costante e relegando l’orrore a fugaci e irrisorie sequenze, in alcuni casi indebolite dagli eccessi recitativi di Maurizio Lombardi nel ruolo di Christian (si pensi al suo sguardo troppo artefatto mentre tenta di strangolare Carla o al suo balletto durante l’elettroshock di Denise). Intersecando una componente biblica (i riferimenti espliciti a Paradise Lost di Milton) a una di stampo psicoanalitico (il mancato superamento dell’Edipo), De Feo mette in scena uno scenario in cui l’alta borghesia si preclude qualsiasi contatto con il mondo esterno (la cui paura, secondo l’autore, si adatta perfettamente al periodo che stiamo vivendo), ormai destinato al degrado, nel tentativo di perpetuare il proprio stile di vita e le proprie regole senza possibilità di contatto con l’alterità, costruendosi un ideale illusorio e utopico di vita e di benessere che crolla sotto il peso delle proprie bugie. Tale alienazione è declinata attraverso una mescolanza di atmosfere orrorifiche, una sorta di bricolage (si pensi alle inquadrature che citano esplicitamente Vampyr di Dreyer o Shining di Kubrick) fortunatamente non finalizzato al mero divertissement (frequente nell’horror italiano contemporaneo, soprattutto dei fratelli D’Antona), ma amalgamando più sottogeneri in un unicum unitario e coerente che sceglie la strada del gotico (De Feo cita la serie televisiva Hill House e The Others, a cui si potrebbe aggiungere il recente The Lodgers, anch’esso incentrato sul tentativo di emancipazione parentale), insolitamente non declinato come ghost story, affiancandolo a un thriller spirituale (evidente il legame con

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The Village di Shyamalan) e a un filone apocalittico che fa da sfondo, esplicitandosi nel colpo di scena finale, in cui gli zombie, grazie

alla loro posa statica mentre fis- riana ormai soffocata dalle abusano minacciosamente e in lon- sate derive action contemporanee. tananza i protagonisti, tornano a Leonardo Magnante destare quell’inquietudine rome-

di Lisa Azuelos

SELFIE DI FAMIGLIA Héloise è una mamma divorziata di tre figli: Lola, la maggiore, Théo il mediano e Jade la più piccola di diciassette anni che sta per affrontare l’esame di maturità. La donna si è separata da dodici anni dal marito e ha stretto un forte legame con i suoi tre figli. Héloise si è realizzata nel lavoro: gestisce un ristorante a Parigi e ogni tanto ha qualche relazione occasionale. Jade ha fatto domanda di ammissione presso un’università in Canada e Héloise ha timore che la sua amata figlia minore, l’unica che abita ancora con lei, se ne vada lasciando un vuoto incolmabile nella sua vita. Ma un giorno arriva la lettera con cui Jade viene ammessa all’università canadese. Per Héloise non è facile abituarsi all’idea del distacco e perciò inizia a filmare con il suo smartphone tutti i momenti più belli passati con sua figlia. Spesso la donna si trova a ripensare alle fasi più indimenticabili dell’infanzia dei suoi tre figli. Lola, Théo e Jade sono stati sempre la sua priorità, per questo le relazioni sentimentali che ha avuto negli anni sono sempre state brevi e non importanti. Il tempo passa e Jade cresce. Prima di affrontare gli esami di maturità, la ragazza vive anche la sua ‘prima volta’ con il boyfriend Louis, migliore amico del fratello. Héloise si trova in imbarazzo perché i due giovani passano la loro prima notte proprio in casa sua. Una sera Héloise torna a casa disperata: ha smarrito il suo smartphone dove c’erano tre mesi di ri-

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prese con i suoi figli e in particolare con Jade. Théo cerca di aiutarla a localizzare il telefono con l’aiuto di una ‘app’ ma una corsa notturna per le strade di Parigi non dà i frutti sperati. Per consolare la mamma, i quattro fanno un selfie di famiglia per strada. Una mattina a colazione Héloise confessa a Jade tutta la sua difficoltà all’idea di lasciarla partire. Intanto la donna cerca di stare accanto al padre che ha appena avuto un delicato intervento chirurgico. L’anziano genitore consiglia a Héloise di pensare un po’ anche a sé stessa. Arriva il giorno dei risultati, Jade è felice nel vedere che è stata promossa: Héloise non manca di filmare quella gioia incontenibile negli occhi di sua figlia. Subito dopo la donna decide di assecondare il desiderio di Jade di lanciarsi col paracadute pensando di condividere con lei quella sfida. Héloise è convinta che, facendosi coraggio per un’impresa così ardita, troverà la forza di affrontare meglio il distacco da sua figlia. Jade e sua mamma si lasciano andare a un grido di libertà lanciandosi nel vuoto. Nell’ultima scena Héloise accompagna la figlia all’aeroporto. La ragazza nel salutarla le regala la piccola corona che indossava da bambina. Con quella corona giocattolo sulla testa, Héloise lascia l’aeroporto serena e felice che sua figlia stia spiccando il volo verso la maturità.

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Origine: Francia, 2019 Produzione: Lisa Azuelos, Julien Madon, Jérôme Seydoux per Love Is In The Air, Pathé, France 2 Cinéma, C8 Films, Les Production Chaocorp, CN8 Productions, Nexus Factory, Umedia in Associazione con Ufund Regia: Lisa Azuelos Soggetto e Sceneggiatura: Lisa Azuelos (dialoghi), Thaïs Alessandrin (collaborazione), Thierry Teston (collaborazione) Interpreti: Sandrine Kiberlain (Heloïse), Thaïs Alessandrin (Jade), Victor Belmondo (Théo), Mickael Lumière (Louis), Camille Claris (Lola), Kyan Khojandi (Paul), Arnaud Valois (Mehdi), Patrick Chesnais (Jules), Yvan Attal (Franck) Durata: 87’ Distribuzione: I Wonder Pictures Uscita: 19 settembre 2019

cide di raccontare una storia fortemente autobiografica. Per sentire più vicina al suo reale vissuto la vicenda narrata, la regista ha scelto la sua vera figlia (Thaïs Alessandrin) come protagonista di Selfie di famiglia. Anche la Azuelos aveva deciso di filmare sua figlia con lo smartphone mentre studiava ancora al liceo e già pensava di frequentare l’università in Canada. Tra l’altro Thaïs Alessandrin ha già avuto modo di recitare con la direzione della mamma nel 2008 nella commedia LOL - Il tempo dell’amore (film che ha avuto un seguito, LOL - Pazza del mio migliore amico, diretto dalla stessa regista). Selfie di famiglia ha certamente il pregio di raccontare la ‘normalità’, ha per protagonista una donna di oggi multitasking, che deve gePer la sua sesta pellicola, stire il lavoro, i figli e affrontare il la regista e sceneggiatrice tempo che passa. francese Lisa Azuelos deL’intenzione della regista era di 25


comunicare con la maggior grazia e levità quel tipico sentimento ambivalente che ogni mamma prova quando un figlio cresce: da un lato desidera egoisticamente tenerlo per sé, dall’altro vorrebbe che si emancipasse e si creasse una vita tutta sua. Questo senso di vuoto era già stato raccontato mirabilmente nel

film Boyhood (2014) di Richard Linklater, interessante affresco familiare girato nell’arco di diversi anni durante i quali tutti gli interpreti invecchiavano realmente, al quale la regista ha dichiarato di essersi ispirata. Il rapporto tra la protagonista e i suoi tre figli è raccontato con grande partecipazione empatica ed è descritto in maniera molto intima e fisica. Sono le scene più riuscite del film: quelle che vivono sull’alternanza dei momenti del presente con i flashback del passato che mostrano la prima infanzia dei tre figli colti in attimi di infinita tenerezza. Selfie di famiglia è un film pieno di autenticità e costellato da piccoli momenti di ironia (di cui è cau-

sa spesso involontaria la mamma divorziata e ‘pasticciona’), pieno di abbracci e contatti fisici (quelli che ormai sono messi in crisi da una società sempre più tecnologica e digitale). Ma il racconto, certamente sincero anche per il suo essere scopertamente autobiografico, tira un po’ il fiato nella seconda parte quando si è detto ormai tutto sulla crisi da ‘distacco’ della simpatica mamma. Resta da segnalare l’ottima prova della brava Sandrine Kiberlain nei panni della mamma-chioccia, ben contornata dai giovani Thaïs Alessandrin e dal nipote d’arte Victor Belmondo nel ruolo del fratello maggiore della ‘piccola’ di casa. Elena Bartoni

di Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne

L’ETÀ GIOVANE

Origine: Francia,Belgio, 2019 Produzione: Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne per Centre Du Cinéma Et De L’Audiovisuel De La Féderation WallonieBruxelles Regia: Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne Soggetto e Sceneggiatura: Jean-Pierre Dardenne, Luc Dardenne Interpreti: Idir Ben Addi (Ahmed), Claire Bodson (Mamma di Ahmed), Olivier Bonnaud (educatore), Myriem Akheddiou (Inès), Othmane Moumen (Imam Youssouf),Victoria Bluck (Louise), Laurent Caron (Mathieu), Amine Hamidou (Rachid), Marc Zinga (Giudice), Eva Zingaro-Meyer (Psicologa) Durata: 84’ Distribuzione: Bim Uscita: 31 ottobre 2019

Una città imprecisata del Belgio, oggi. Ahmed è un arabo tredicenne che vive con la madre e i fratelli; mentre però la sua famiglia, pur mantenendo la propria identità religiosa, si è integrata nella vita dell’occidente, lui è completamente plagiato dall’Iman Youssouf della locale moschea. Questi è riuscito a fare del ragaz-

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zo un integralista fanatico a tutti gli effetti: segue in maniera ossessiva i dettami del Corano, gli orari della preghiera, fa continue abluzioni per purificarsi dei contatti con gli impuri come donne e animali, venera la figura del cugino ucciso durante un attentato in Medio Oriente e considerato un martire. Tutti quelli che sono intorno al ragazzo cercano di calmare la sua intransigenza, moderare la sua intolleranza ma senza successo. Neanche la sua insegnante di arabo può nulla contro la determinazione di Ahmed che, anzi, convinto che lei, con la sua vita all’occidentale, sia da considerarsi ormai un’infedele, cerca di ucciderla. Fortunatamente il tentativo maldestro, compiuto con un coltello da cucina preso in casa, va a vuoto e l’insegnante riesce a fuggire. La conseguenza è che l’Iman è arrestato e Ahmed avviato in un centro di recupero in campagna, dove, a contatto con educatori disponibili e un’attività agreste, dovrebbe compiere un percorso di re26

cupero. I tentativi sembrano però destinati al fallimento. Neanche la conoscenza con una ragazza, Louise, a cui Ahmed piace molto e che suscita un bacio fugace, considerato subito un atto impuro, può fare qualcosa. Lui vuole ancora uccidere la sua insegnante: fugge dal centro ma nel tentativo di entrare in casa di lei attraverso una finestra dei piani alti, precipita al suolo ferendosi gravemente. È la stessa insegnante a chiamare l’ambulanza per tentare di salvarlo. Sappiamo che la cinematografia dei fratelli Dardenne si è sempre dedicata ad approfondire temi sociali, miserie quotidiane e angosce esistenziali con una speciale sensibilità verso il documentario (ne hanno girati una quarantina, forti della loro provenienza dalle città industriali del Belgio e dall’ambiente operaio della loro infanzia).

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In questo film i due registi spostano il loro sguardo di cineasti dalla povertà di una condizione umana e ambientale all’alienazione di un nucleo postindustriale reso ancora più problematico da valenze male intese d’integralismo religioso. D’altra parte è la nuova conflittualità sociale: la forte avanzata migratoria dai paesi dell’Islam si è stabilizzata in tante città del Nord Europa (in questo caso in Belgio) creando non pochi problemi di convivenza con i locali e d’integrazione con costumi e abitudini (per non parlare di norme e leggi) spesso non accettate e mal sopportate. Questo difficile contesto ha permesso il proliferare di cattive situazioni, grazie anche agli insegnamenti di cattivi maestri, dove animi e personalità più fragili e meno formate, come potrebbe essere quella di un ragazzino di tredici anni, hanno preso la strada di un integralismo violento, rabbioso, senza oscillazioni. Sono gli stessi Dardenne a dire, in una bella intervista rilasciata a Cannes 2019 per la presentazione del loro film che: “...se il nostro cinema è conosciuto come quello che guarda il mondo, cerca di fare luce, di aprire un dibattito su argomenti importanti, ci siamo detti che non potevamo chiamarci

fuori da questa fase della nostra storia...” (il riferimento era rivolto agli attentati nell’area metropolitana di Bruxelles del 2016); “...con il cinema cercavamo di capire se e come si poteva uscire da questo fanatismo”. Ecco, proprio questo è il punto. Quel tentativo di uscire dalla situazione difficile imposta dal destino che nei film dei due fratelli cineasti si realizzava (si sublimava, quasi) in un vero riscatto morale, qui in cosa si è trasformato, da cosa è stato sostituito? Quale obiettivo si sono posti i Dardenne nel seguire passo dopo passo le azioni del giovane Ahmed, standogli accanto in tanti momenti con la loro amatissima macchina a mano? Da quello che abbiamo visto non c’è al momento ma neanche all’orizzonte un riscatto morale. I pur disponibili educatori, gli organizzatori dell’impianto sociale della città, il forte equilibrio dell’insegnante oggetto del desiderio omicida di Ahmed, nulla, sembra, possono fare per risolvere lo scontro che non è solo di persone ma di civiltà. I Dardenne vogliono forse dirci che non è possibile ipotizzare una società in cui diverse religioni, diverse culture, posizioni umane diverse, possano convivere in un nuovo equilibrio di civiltà? Soprat-

tutto quando uno dei due “sfidanti interlocutori” non sente ragioni nel considerare l’altro da sé un infedele? Perché questo è il centro nevralgico della storia dei Dardenne che elimina ogni possibilità di ricostruzione umana e considera infruttuoso ogni percorso di redenzione. La stessa caduta di Ahmed nel suo tentativo di entrare nella casa dove poter uccidere l’insegnante non sembra un fatto doloroso con relativa richiesta d’aiuto: piuttosto un estremo atto di ribellione, un estremo desiderio di solitudine offensiva nei confronti di chi accorre, in questo caso l’insegnante, di cui non si vuole il soccorso ma solo la sua punizione feroce per il fatto di trovarsi dal lato degli infedeli. Se poi, invece, i Dardenne volevano far riflettere sull’impossibilità sofferta e sofferente dell’incomunicabilità tra due mondi, beh, dobbiamo dire che ci sono riusciti. Fabrizio Moresco

di Simone Scafidi

FULCI FOR FAKE Incaricato di interpretare Lucio Fulci nel film sulla sua vita, diretto dal danese Saigon, il giovane Nicola Nocella intende ricostruire la complessa figura del regista mettendosi in contatto con i suoi famigliari e colleghi. Il cinema per Fulci è un’attività strettamente catartica, tanto che sua figlia Camilla confida quanto, in ogni film, ci sia un frammento

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della loro vita. La formazione di Fulci avviene grazie a Steno, accomunati dal sostegno al Partito Comunista, convinti che la satira fosse uno strumento per indagare le contraddizioni dei propri tempi; sebbene formatosi nella commedia, è con l’horror che raggiunge un successo internazionale, grazie alla libertà espressiva permessagli dal produttore Fabrizio De Angelis. Secondo il critico e saggista Davide Pulici, la vera essenza di Fulci è 27

Origine: Italia, 2019 Produzione: Giada Mazzoleni, Daniele Bolcato, Claudio Rossoni per L’Inglese Paguro Film con L’Italiana 341Production Regia: Simone Scafidi Soggetto e Sceneggiatura: Simone Scafidi Interpreti: Nicola Nocella, Davide Pulici, Carlo Vanzina, Camilla Fulci, Sergio Salvati, Antonella Fulci Durata: 92’ Distribuzione: Paguro Film Uscita: 31 ottobre 2019


rintracciabile nel periodo che va da Zombie 2 (1979) a Lo squartatore di New York (1982), sebbene l’anno che sancisce la nascita del vero Fulci sia il 1981 con il suo capolavoro ...E tu vivrai nel terrore! L’Aldilà; la notorietà raggiunta con l’horror accompagna l’avvento di un dolore intimo, sublimato nel cinema di genere attraverso una violenza truculenta ed eccessiva. Sandro Bitetto, segretario di produzione, racconta quanto il regista non si sia mai perdonato per non essere riuscito a impedire il suicidio di sua moglie, evento che segna la virata a un cinema più angosciante con thriller come Una sull’altra (1969), Una lucertola con la pelle di donna (1971) e Non si sevizia un paperino (1972), film che segnano una diversa modalità di mettere in scena l’universo femminile. Nei primi lavori, le donne fulciane sono innocenti e portatrici di vita, analogamente alla serenità familiare e sentimentale del regista, ma dalla morte della moglie il femminile svela sfumature più criptiche e ambigue, vittima e al contempo carnefice, specchio di paure e desideri, spesso deviati. Fuori dal lavoro, Fulci intraprende una moltitudine di relazioni di carattere sessuale, prive di impegno sentimentale, come raccontato da Camilla e da Paolo Malco, attore e amico fidato. Emerge una rabbia nei confronti delle donne che vede ne Lo squartatore di New York il suo film più violento e spietato, in cui si proietta un ulteriore dolore: la caduta da cavallo di Camilla, incidente che la rende pa-

raplegica, evento sublimato nella rabbia del killer, costretto a vedere sua figlia morire in un ospedale. In vita, Fulci difficilmente si sente compreso, tanto da complimentarsi con Michele Romagnolo, giovane cineasta formatosi con lui, nonché autore di L’occhio del testimone, primo libro dedicato al regista romano, per la sua capacità di averlo realmente scoperto prima della sua morte. Per il peggioramento della sua salute, Fulci si allontana dal cinema e nessun produttore vuole più finanziargli un film, al di fuori di Dario Argento, che gli propone la regia di M.D.C- Maschera di cera, film che non riuscirà a realizzare a causa della sua morte. Emerge una figura schiva nel mostrare i suoi sentimenti, anche alla famiglia. Camilla, entrata a lavorare nella troupe del padre, racconta quanto il genitore la stimasse e la lodasse alle sue spalle. Antonella, altra figlia di Fulci, crede che il padre soffrisse per la mancanza di un figlio maschio, proiettata nell’adorazione smisurata dei nipoti, anomala vista la scelta di dedicare la sua vita al cinema, trascurando spesso la famiglia. Antonella consiglia a Nicola di non tentare di comprendere Fulci, ma di ricercare la sua personalità nei suoi film, cercando di capire cosa provasse di fronte alla macchina da presa. Nicola è costretto a confrontarsi con una figura ancora più complessa e criptica, definita “virtuosa della menzogna”, capace di costruire una mitizzazione del sé, autoraccontandosi attraverso una mescolanza di eventi realmente vissuti con altri inventati e costruiti di sana pianta.

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Presentato a Venezia 76, il film di Simone Scafidi si distingue da altri documentari su personalità emblematiche del genere horror per la sua indecifrabilità, un prodotto indefinito e difficilmente catalogabile analogamente alla complessità di 28

Lucio Fulci. Al di là della ricostruzione della vita e delle opere del regista romano, Fulci for Fake (titolo rievocante il celebre film di Welles) si rivela un’opera sulla complessità del sé e sull’impossibilità di coglierlo in maniera univoca, descrivendo una figura complessa e contraddittoria, tanto attenta alla sua famiglia quanto assente, tanto attratta dal femminile quanto furiosa nei suoi confronti, capace di mitizzare se stessa attraverso narratives della propria esistenza in grado di mescolare realtà e finzione. Sfuggendo da una trattazione classica da film biografico, la cui presunzione, secondo Scafidi, è il raggiungimento di una verità univoca e assoluta sulla complessità umana (che Nicola crede di poter conquistare), nel film si è costretti al fallimento e all’arrendersi all’impossibilità di decodificare il reale, di inquadrare la complessità della vita all’interno di uno schema prefissato, di cogliere quell’amalgama tra frammenti di un’esistenza sfiorata dalla morte, dalla malattia e dalla sofferenza che solamente il cinema (e in particolare il fantastico) è capace di assorbire e rielaborare catarticamente. Scafidi identifica la sua opera come un film di finzione, costruito intorno all’attore protagonista, dove la realtà penetra attraverso lo sguardo dei personaggi, messi in scena attraverso meccanismi classici come le interviste frontali; emergono degli aspetti contraddittori in merito alle modalità di affrontare e indagare la complessità del racconto di una vita, cadendo nell’artificioso come accade nel superficiale interrogativo, proposto a Camilla, su quanto sia forte la mancanza del padre, ripiegando un discorso intimo e complesso su frasi piuttosto standardizzate, oppure adottando una tassonomia di valore sul materiale raccolto, decretando Antonella come colei che ha raccontato, meglio di altri, chi realmente fosse Fulci. Leonardo Magnante

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di Guillaume Canet

GRANDI BUGIE TRA AMICI Max si è rifugiato nella sua casa al mare per avere un po’di tranquillità, non si è mai ripreso dalla morte dell’amico Ludo, è preoccupato per la sua vita ed è sull’orlo della depressione. Ma a sorpresa, i suoi migliori amici che non vede da tre anni, si presentano alla porta della sua villa proprio tre giorni prima del suo sessantesimo compleanno. Max riserva un’accoglienza tiepida al gruppo. Molte cose sono cambiate nelle loro vite. Max si è separato da Véro e ora ha una nuova compagna più giovane, Sabine. I dissapori che avevano portato gli amici a dividersi e a prendere strade diverse non tardano a farsi sentire. Eric, che è diventato una star del cinema ed è padre single di una bambina di dieci mesi, aveva litigato con Max. Vincent si è separato da Isabelle e ha seguito la sua inclinazione omosessuale dopo che anni prima aveva dichiarato la sua attrazione per Max, ora si presenta alla villa con il suo nuovo compagno. Marie ha portato con sé il suo bambino di otto anni Nino ma è rimasta la ragazza ribelle di tanti anni prima. Antoine è diventato l’assistente e factotum del suo amico Eric. Dopo aver superato il trauma della separazione da Vincent, Isabelle vive una vita fatta di libertà e leggerezza. Max si trova in difficoltà economiche dopo alcuni investimenti sbagliati e ha deciso di mettere in vendita la casa al mare all’insaputa della ex moglie Véro. L’agente immobiliare che si occupa della vendita è sul posto per fare foto e organizzare le visite. Dopo aver fatto pace con Eric, Max si confida con l’amico, il quale trova una soluzione per continuare la vacanza: proporre al gruppo il tra-

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sferimento in un’altra casa di cui pagherà lui l’affitto. Detto fatto: la comitiva si sposta in una bellissima villa fronte mare. Ma anche Eric ha i suoi problemi: soprattutto con Catherine la tata della sua piccola che irrompe sempre con i suoi modi severi condizionando la vacanza. Max si reca a prendere del vino nella sua villa e si imbatte in Alain, un suo vecchio conoscente, anche lui imprenditore nel campo della ristorazione al quale confessa di aver messo casa in vendita. Intanto sopraggiunge Véro con un’amica. Arrivata davanti alla sua casa si imbatte in Alain, che ha affittato la casa accanto e che si fa sfuggire la verità dicendo che Max ha messo in vendita la villa. Arrabbiata con l’ex marito, la donna finisce per invitare Alain e due amici, passando con loro una serata di bagordi. Véro finisce a letto con Alain che si vendica di Max. Intanto anche Max e la sua comitiva passano una serata divertente, prima in casa e poi in discoteca. Vincent finisce a letto con la sua ex moglie Isabelle. Anche Eric e Marie fanno l’amore. Il giorno dopo Max, Marie e Antoine sfogano le proprie frustrazioni lanciandosi con il paracadute. Subito dopo tutta la comitiva va a mangiare fuori. Alla fine del pranzo, Max, sentendosi umiliato perché la sua carta di credito è stata respinta dal ristorante, va via da solo. Eric, Marie, Isabelle e Antoine vanno a trovare Véro nella vecchia villa, Max li vede di nascosto. In preda alla disperazione, l’uomo torna nella villa e tenta di suicidarsi gettandosi appeso a una fune giù dal pontile, Ma il tentativo è goffo e gli amici lo salvano. Intanto, i figli di Max e quelli di Vincent e Isabelle escono in mare a bordo di un 29

Origine: Francia, Belgio, 2019 Produzione: Alain Attal per Trésor Films, Caneo Films, Europacorp, M6 Films, Les Productions Du Trèsor, Artemis Productions, Voo Et Be TV Regia: Guillaume Canet Soggetto e Sceneggiatura: Guillaume Canet (anche dialoghi), Rodolphe Lauga (anche dialoghi) Interpreti: François Cluzet (Max), Marion Cotillard (Marie), Gilles Lellouche(Éric), Laurent Lafitte (Antoine), Benoît Magimel (Vincent), Pascale Arbillot (Isabelle), Clémentine Baert (Sabin), Valérie Bonneton (Véro), José Garcia (Alain), Mikaël Wattincourt (Alex), Tatiana Gousseff (Catherine), Joël Dupuch (Jean-Louis), Hocine Mérabet (Nassim) Durata: 135’ Distribuzione: Bim Uscita: 12 settembre 2019

catamarano, con loro c’è anche il piccolo Nino. Si fa tardi e gli amici escono in mare a cercarli, aiutati da Jean-Louis che li porta con il suo peschereccio mentre il gommone di Max resta in panne. Antoine resta da solo sul gommone che sta affondando. Gli amici sulla barca di Jean-Louis vanno al largo dove rintracciano i ragazzi dopo che il catamarano si era ribaltato. Ma il piccolo Nino non c’è. Marie urla disperata mentre la barca si lancia nelle ricerche. Il bambino viene ritrovato e messo in salvo da Marie che si tuffa in acqua per recuperarlo. Quella sera tutto il gruppo festeggia il compleanno di Max in allegria. Il giorno dopo Max si presenta per il compromesso di vendita: i nuovi acquirenti pensano di fare radicali modifiche alla casa. Mentre l’agente immobiliare legge l’atto di vendita, Max ripensa agli anni trascorsi in quella casa con i suoi affetti più cari. Interrompe la riunione e dice di non voler più vendere. Rimasto solo, Max vede apparirgli il compianto amico Ludo che gli sorride.


Max e la sua bella villa a Cap Ferret sulla costa atlantica francese, i suoi amici, ex mogli, nuove compagne, nuovi amori, bambini divenuti ragazzi, neonati da accudire, guai economici, solitudini, segreti piccoli e grandi, la ‘cricca’ messa insieme nel 2010 dal regista Guillaume Canet nel successo francese Piccole bugie tra amici torna sullo schermo dopo nove anni. Stesso luogo, stessi personaggi, nuove dinamiche: il ricco Max non è più tanto ricco (anzi, naviga in cattive acque e sta per mettere in vendita la sua villa), si è separato dalla moglie Véro che tra l’altro non sa che lui sta per vendere la casa, Eric invece è diventato un attore di successo e Antoine fa il suo assistente. La parte iniziale del film procede con ritmo lento, come lentamente Max abbassa il velo di ritrosia mista a risentimento che nutre nei confronti dei suoi amici. Non sono ben chiari i motivi dell’allontanamento, sta di fatto che Max non vede i suoi amici da tre anni. Ecco quindi queste Grandi bugie tra amici, banale titolo italiano che fa il verso al primo film, Piccole bugie tra amici, mentre l’originale, Nous finirons ensemble, sembra già anticipare il finale. Per ammissione dello stesso regista, il tono del film è più cinico del precedente perché i personaggi

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si dicono le cose in faccia invece di stare zitti e restare chiusi nel loro egoismo, alcuni di loro hanno perduto le illusioni, anche se in questo finale c’è una virata verso una maggiore serenità, una luce che accende una speranza, a differenza del pathos drammatico che chiudeva il primo film. Coadiuvato in fase di sceneggiatura da Rodolphe Lauga, Canet ha giocato sull’alternanza di toni inserendo in questo sequel scene piene di humour e qualche riuscito siparietto comico (come gli scambi di battute tra Eric e la rigida tata della sua bambina). I ‘nuovi arrivati’ tra i personaggi conferiscono verve alla narrazione, in primis il personaggio di Alain (Josè Garcia) concorrente di Max nel campo della ristorazione che tenta di rubargli tutto: la moglie, la casa, il vino. Grandi bugie tra amici ha il pregio di seguire con onestà il percorso evolutivo (non per tutti uguale) di un gruppo di ex-ragazzi, ormai tra i quaranta e cinquanta (il capo-banda Max è al suo sessantesimo compleanno) nel corso di un decennio. In qualche caso si evita con intelligenza di cadere in banali svolgimenti, come con il personaggio di Vincent che ha lasciato venire fuori la sua omosessualità lasciando la moglie e allacciando una relazione con un altro uomo (accuratamente si evita di farlo innamorare di nuovo di sua moglie dopo il ritorno di fiamma di una notte). Altro punto di forza del film è la colonna sonora che riunisce una serie di brani di grande appeal, fin dall’incipit, con l’arrivo di Max nella bella località della costa francese accompagnato dalle note di “It’s All Over Now, Baby Blue” nella versione di Van Morrison. Ma tutta la pellicola è costellata da brani di grande presa di Elton John, Cindy Lauper, Boney M, e la bella versione di Nina Simone della celebre “To Love Somebody” in 30

chiusura, tutte hit capaci di creare la giusta atmosfera. Il clima è quello del filone inaugurato nel 1983 da Il grande freddo di Lawrence Kasdan: un incontro tra vecchi amici, tra nostalgie del passato e problemi del presente, bugie e rivelazioni, separazioni e nuove unioni, oltre alle immancabili scene di ballo collettivo. Il tutto nel giro di tre giorni intensi. Il cast riunisce un gruppo di star del cinema francese, tutti perfettamente in parte: dal capobanda François Cluzet (forse il più bravo, capace di rendere tutte le sfumature del suo Max sempre più vittima dell’ansia e in piena crisi economica ed esistenziale), al ‘gigione’ Gilles Lellouche (attore divenuto divo di successo), alla sempre ‘arrabbiata’ e un po’ disadattata Marion Cotillard, all’omosessuale ormai dichiarato Benoît Magimel, fino allo spassoso Laurent Lafitte (esponente della Comèdie Française) perfetto nel dar corpo al campione di gaffes Antoine. Niente di nuovo quindi sul fronte di un meccanismo narrativo divenuto quasi un sottogenere fin troppo sfruttato sul grande schermo, una commedia borghese con virate verso possibili drammi. Ma le lacrime sono appena sfiorate prima di arrivare a sorrisi e abbracci nel conciliante e rassicurante finale (ahimè meno riuscito di quello memorabile del primo film). Il film di Canet riesce comunque a emozionare, a far sorridere e commuovere in un’altalena di emozioni. Si balla (come si fa sempre in ville o appartamenti borghesi da Kasdan in poi), si beve, si ride, si piange, in un’alternanza tra dramma e commedia che coglie nel segno e intrattiene per più di due ore. Soprattutto se si sono apprezzate le Piccole bugie tra amici, non si possono davvero perdere queste “grandi bugie”. Elena Bartoni

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di Louis-Julien Petit

LE INVISIBILI

Origine: Francia, 2019

Siamo nella Francia del Nord. Manu e Audrey gestiscono l’Envol, un centro di accoglienza diurno per giovani donne senza fissa dimora. Le ospiti a cui viene dato da mangiare, un luogo dove potersi lavare e tanta compagnia. L’Envol non riesce però a sostenere nei confronti del servizio sanitario (i cui referenti per il centro sono Dimitri e Beatrice) le ingenti spese per offrire un buon servizio. In teoria infatti le ragazze dovrebbero essere lì come ospiti solo durante il giorno mentre per la notte dovrebbero recarsi ad un centro di pernottamento specifico; non hanno però i soldi per potersi pagare i mezzi pubblici e si dovrebbero fare tutto il lungo tragitto a piedi con i borsoni in spalla e questo è impensabile per la fatica e la loro sicurezza. Intorno al centro comincia presto l’installazione di punte metalliche sulle soglie di marmo delle vetrine e di braccioli al centro delle panchine per evitare che chi non ha un tetto possa sostare. All’Envol le donne poi tornano volentieri perché oltre al sostegno concreto trovano una casa e una famiglia che li sa ascoltare. Le ospiti che nonostante le difficoltà conservano il dono dell’ironia, si identificano con icone pop ( Patricia, alias ‘Edith Piaf’, Khoukha, alias Marie-Josée Nat, Bérangère, alias ‘Simone Veil’, Fedoua, alias ‘Salma Hayek’, Aïcha, alias ‘Vanessa Paradis’ e poi Roumana, Monique, etc...) per sentirsi importanti come le celebrità oltre che per preservare l’anonimato. La municipalità, avendo ritenuto il tasso di reinserimento insufficiente e non volendo più dispensare finanziamenti senza risultati economicamente tangibili, intende sospendere i fon-

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di. Manu e Audrey non possono ospitarle, anche se vorrebbero, e non riescono a garantire più per loro un buon servizio. Oltre alle assistenti Manu e Audrey, a dare una mano al centro ci sono la volontaria Hélène che si sta separando dal marito e Angélique, una giovane donna africana sulla strada sin da piccola e adottata dalla responsabile del centro Manu. Quest’ultima è molto attenta alle regole, fredda e precisa mentre Audrey è più emotiva e non riesce a separare la sua vita personale da quella professionale. Ad aiutarle poi c’è il fratello di quest’ultima che la aiuta nei ritagli di tempo come autista e traslocatore con le ragazze dell’Envol e l’amato di Audrey, Laurent, che fa l’agente immobiliare. Le due assistenti sociali hanno così soltanto tre mesi a disposizione per reintegrare le donne di cui si prendono cura. Audrey e Manu sono spinte infatti da una grande passione e attenzione per le loro amiche e si ingegnano fino a procurarsi false buste paga e lettere di raccomandazione per poterle iscrivere alle agenzie interinali. Prendono il via da lì poi le simpatiche bugie che suggeriscono alle donne di raccontare sul loro passato per poter trovare più facilmente lavoro. Audrey si ricorda poi che una di loro, Chantal, ha un particolare dono, quello di riuscire a riparare ogni cosa, talento acquisito durante un corso formativo nel carcere di Loos . Da questa scoperta le viene un’idea: fare dei colloqui a tutte le ospiti con due scopi, riuscire a far tornare loro motivazione ed autostima e poi con il ricavato della loro professionalità riacquisita poter sostenere le ingenti spese del centro. Viene così presto organizzato un open day aperto alle aziende. Le assi31

Produzione: Elemiah Regia: Louis-Julien Petit Soggetto: Dal libro “Sur la route des invisi bles - Femmes dans la rue” di Claire Lajeunie Sceneggiatura: Louis-Julien Petit, Marion Doussot collaborazione), Claire Lajeunie (collaborazione) Interpreti: Audrey Lamy (Audrey), Corinne Masiero (Manu), Noémie Lvovsky (Hé/ène), Déborah Lukumuena (Angélique), Sarah Suco (Julie), Pablo Pauly (Dimitri), Brigitie Sy (Béatrice), Quentin Faure (Laurent), Fatsah Bouyahmed (Esteban) Durata: 102’ Distribuzione: Teodora Film Uscita: 18 aprile 2019

stenti mettono in piedi un vero e proprio laboratorio terapeutico: le donne riprenderanno e metteranno a frutto le loro capacità e doti lavorative per aiutare a sostenere le spese del centro e per loro è previsto anche un percorso di psicoterapia. A dare una mano poi al centro c’è Esteban che lavora in una discarica ed è sempre in cerca di una donna; sarà lui in seguito a fornire all’Envol quei materiali che serviranno ad organizzare la giornata aperta di orientamento con le aziende per far conoscere le donne e le loro maestranze. Tra i vari stand allestiti in questa occasione ci sta anche uno speed date in cui Esteban incontra tutte le donne del centro. Per le amiche del centro viene poi allestito da Manu e Audrey anche un dormitorio: in alcune aree inutilizzate le donne cercano di piantare qualche tenda ma presto arriveranno delle delegate del Comune, forze dell’ordine in tenuta antisommossa e ruspe al seguito per smantellarle. Dopo che le forze dell’ordine hanno attuato questo primo sgombero del campo antistante la struttura, le ospiti sono costrette ad andare a dormire in un altro centro di pernottamen-


to. Purtroppo questo dormitorio non è riservato esclusivamente al sesso femminile ed è molto distante. Intanto l’iniziativa dell’”ufficio di collocamento” funziona, tutte si sentono gratificate da questo tranne una giovane ragazza, Julie, la quale fugge da questa iniziativa non condividendola. Julie ha avuto un’infanzia difficile, è refrattaria a rimanere lì stabile come le altre donne, temendo di ricadere sulle spalle degli altri; questo sarà fonte di discussione un giorno con una delle ospiti, Roumana, la quale la accusa di non aver dato nulla per il centro e di aver ottenuto ingiustamente come tutte le altre i soldi. Audrey comunque, nonostante l’ostilità e la refrattarietà ricevuta dalla ragazza, non la abbandona, anzi: dopo aver preparato i cv da distribuire alle aziende anche per lei, le dà appuntamento ma Julie non si presenta e viene trovata in un parcheggio con altri ragazzi. L’assistente vorrebbe aiutarla in tutti i modi ma la giovane non vuole. Il secondo sgombero della struttura avviene dopo che Julie racconta al centro di pernottamento le irregolarità dell’Envol. Alla fine quindi la struttura guidata con tanta fatica e dedizione fino a quel momento da Audrey e Manu verrà chiusa ma Chantal, Catherine, Lady D, l’affascinante Françoise e le altre amiche del centro se ne andranno dall’Envol sfilando come top model.

Le invisibili, un titolo che è tutto un programma. Se si pensa infatti ad un essere invisibile subito lo si associa ad una (sua) fragilità. In realtà le donne protagoniste della storia da quelle che si recano al centro di assistenza dell’Envol fino a coloro che prestano servizio come assistenti e volontarie, sono la quintessenza della voglia di vivere, dell’energia e della vitalità. Invisibili perché come spesso accade quei lavori di vocazione, missionari, che mettono al centro il prossimo e l’altro non fanno notizia, non se ne parla e diventano così, appunto, silenziosamente invisibili. Anche se nel nostro immaginario ad essere senza fissa dimora sono per la maggior parte gli uomini, in Francia le donne rappresentano fino al 40% delle persone homeless. Dedicato alle donne senza fissa dimora di Parigi, ispirato al documentario di Claire Lajeunie, ma anche al cinema sociale britannico questo Les Femmes Invisibles si rivela un successo anche al botteghino, incassando ben 10 milioni di euro. Dopo Discount e Carole Matthieu anche in questo suo ultimo lavoro il regista Louis-Julien Petit rivolge la sua attenzione al mondo dei lavoratori e a chi nel proprio piccolo intende cambiare quello che non funziona. L’atmosfera “leggera” (in senso positivo) della pellicola fa sì che ci si dimentichi dell’impazienza, della stanchezza e dell’esasperazione collettiva che colpisce le donne all’inizio del film; per tutta la storia viene infatti mantenuto un ottimo equilibrio tra cinema impegnato e feel good movie. Questo emerge nell’intreccio dove tutto funziona a meraviglia, il cast vede la partecipazione di attrici non professioniste (tranne l’attrice Sarah Suco), le cui vite hanno in alcuni casi ispirato il loro ruolo. Esperienza che traspare quindi con tutta la sua verità dalle ospiti del centro ma anche dal regista: l’autore francese infatti, profondamente

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toccato dal libro di Claire Lajeunie (autrice anche del documentario Sur la route des invisibles: Femmes dans la rue), ha trascorso un anno nei centri di accoglienza per raccogliere testimonianze. Un racconto che si snoda variegato ed emotivamente coinvolgente anche attraverso alcune scelte registiche: la parte più “grezza” della messa in scena, con ripresa a mano e con brusco cambio inquadratura, si ritrova in quelle scene più emotive; al contrario troviamo una regia più lineare e pulita, più fredda e distaccata, là dove prevale la componente esterna ed estranea all’Envol. Vi è infatti una solitudine che le ospiti sentono inizialmente anche tra loro, pur condividendo la stessa dura esperienza di strada. Poi l’atmosfera si scalda anche tra le donne del centro e tra un sorriso e un po’ di amarezza si entra ben presto in empatia con alcuni personaggi. Le invisibili è una pellicola che dona speranza, un viaggio nella solitudine femminile e di ricerca di ascolto delle umiliazioni subite. In questo quadro complesso che rappresenta uno spaccato sul mondo del volontariato, vengono descritte entrambe le parti: chi fa servizio e chi lo riceve; tra i primi c’è anche chi si annulla e rinuncia addirittura alla propria vita personale per potersi dedicare agli altri. Il servizio visto in chiave laica e il dono letto in chiave cristiana hanno un elemento da dover considerare: l’eventuale rifiuto dell’aiuto. Interessante anche poi il punto di vista del bisognoso che non deve usufruire di un determinato servizio in maniera passiva ma che di fronte ad un problema oggettivo del centro deve darsi da fare anch’esso. Nessun miracolo viene raccontato, vi è solo un’ironica denuncia di chi ha competenze, un passato professionale ma è bloccato dalle regole del mondo, senza la possibilità di costruire un futuro diverso. Giulia Angelucci

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di Fausto Brizzi

SE MI VUOI BENE Diego è un avvocato che ha tentato di suicidarsi, senza alcun successo, perché in preda alla depressione causata da un forte bisogno d’amore. Un giorno, lungo il tragitto che lo porta al lavoro, scopre uno strano negozio sulla cui insegna c’è scritto Chiacchiere. Incuriosito entra a dare un’occhiata e fa la conoscenza di Massimiliano, il proprietario; qui non si vende nulla, ma appunto si conversa con le persone. Diego si sfoga con Massimiliano dei suoi problemi e uscendo di lì pensa di aver trovato la soluzione vincente: fare del bene alle persone care. La madre, il padre, la figlia, la ex moglie, il fratello e una coppia di amici diventano i suoi obiettivi. Così inizia freneticamente a pianificare ogni cosa. Dapprima inscena un incidente di macchina, che deve sembrare casuale, tra Loredana una sua cara amica violoncellista single ed Edoardo un frequentatore abituale del negozio. Edoardo deve tamponare la macchina di Loredana e da lì i due sono costretti a conoscersi e magari anche fidanzarsi. Edoardo però, oltre ad essere maldestro, incontra Simona che ha deciso di lasciare Luca, il suo compagno, per incompatibilità. Lei è vegana, lui una buona forchetta e i litigi tra i due si sprecano. Peccato che Simona e Luca siano anche amici di Diego. Quando Loredana, ignara, invita Simona a cena con il suo nuovo amico non può certo immaginare che questi sia Edoardo. Da qui una serie di equivoci imbarazzanti. Loredana capisce che dietro a tutto c’è Diego e che l’interesse di Edoardo nei suoi confronti è fasullo. Diego, per cercare di riunire la

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coppia Simona e Luca, cerca di far ingelosire entrambi organizzando un incontro amoroso a casa sua con partner diversi (Edoardo e Simona, Luca e Daniela una avvenente barista). Ma anche in questo caso le cose non vanno proprio come previsto e la coppia rimane scoppiata più che mai. Diego ha una figlia, Laura, che vorrebbe che vorrebbe vedere ogni tanto ma la cosa è impossibile; la ragazza è totalmente assorbita dal lavoro al punto da non avere nemmeno il tempo per parlare al telefono. Cosi chiede aiuto a Massimiliano ed Edoardo esperti di tecnologia: i due riescono ad entrare nella posta di Laura e ad annullare tutti gli appuntamenti in agenda con i suoi clienti. Peccato però che si dimentichino di avvisare anche i diretti interessati.. Diego e Laura trascorrono una magnifica giornata insieme come non succedeva ormai da anni ma il giorno dopo Laura viene licenziata in tronco. Alessandro, pittore per passione ma tassista di professione è il fratello di Diego. Le sue esposizioni di quadri (per lo più riproduzioni di bandiere) vengono puntualmente disertate. Diego per aiutarlo si presenta con Massimiliano in veste di esperto d’arte e gli compra (con i soldi di Diego) molte opere. Diego poi nasconde tutte le tele nella cantina della madre. Quando Alessandro, al settimo cielo, decide di riesumare i suoi quadri precedenti per cercare di venderli scende in cantina con Diego e scopre l’inganno. Giulia è l’ex moglie di Diego. I rapporti non sono idilliaci, lei non perde occasione per rinfacciargli di essere quello che è. Giulia gestisce una libreria ma i clienti scarseggiano. Diego e Massimiliano, fingen33

Origine: Italia, 2019 Produzione: Luca Barbareschi per Casanova Multimedia in collaborazione con Medusa Film Regia: Fausto Brizzi Soggetto e Sceneggiatura: Herbert Simone Paragnani, Mauro Uzzeo, Martino Coli Interpreti: Claudio Bisio (Diego), Sergio Rubini (Massimiliano), Lorena Cacciatore (Laura), Dino Abbrescia (Luca), Valeria Fabrizi (Madre di Diego), Flavio Insinna (Edoardo), Gian Marco Tognazzi (Alessandro), Elena Santarelli (Daniela), Lucia Ocone (Loredana), Maria Amelia Monti (Giulia), Susy Laude (Simona), Cochi Ponzoni (Bertoni, campione di tennis), Remo Remigi (Padre di Diego) Durata: 100’ Distribuzione: Medusa Film Uscita: 17 ottobre 2019

dosi guide turistiche, riescono a convogliare interi gruppi di turisti giapponesi nel locale raccontando che prima era una sorta di famoso bordello. Giulia infastidita, non capisce come mai la sua libreria interessi così tanto i giapponesi che non comprano ma scattano solo fotografie. Olivia è la madre di Diego. Vive sola in compagnia di innumerevoli gatti. Diego una sera l’invita a cena in un ristorante dove il maitre è un ex compagno di liceo della donna. Una buona occasione perché tra i due si riaccenda la passione anche se Olivia ha ben compreso che l’invito non era affatto casuale. Nel frattempo Paolo, il padre di Diego, tennista provetto continua


a rimuginare su una cocente sconfitta ad un importante torneo subita anni prima da un certo Adriano Bertoni. Diego rintraccia l’uomo e lo prega di voler fare una partita con suo padre, ultimo desiderio di un uomo malato e prossimo alla fine. Ovviamente Bertoni dovrà far vincere Paolo. Di fronte a un numeroso pubblico, Paolo emozionato sa che il suo momento è arrivato. Bertoni fedele al patto, finge di perdere ma quando Paolo inizia a deriderlo, perde le staffe e l’accordo con Diego va in fumo. Risultato: ennesima sconfitta per Paolo. Come se non bastasse, Diego scopre casualmente che Olivia e Bertoni hanno una storia clandestina da tanti anni. Dopo la morte improvvisa di Massimiliano Diego, ricordando le conversazioni fatte con l’amico, capisce di essere entrato troppo a gamba tesa nella vita delle persone a lui care. Piano piano tutte le situazioni tornano in ordine. Laura è più felice e aiuta sua madre in libreria. Giulia alla fine ha incontrato una persona nuova, ovviamente con gli occhi a mandorla. Paolo era veramente malato e di lì a poco se n’è andato, libero da stupidi rimpianti. Alessandro durante una delle sue mostre, ha davvero fatto un incontro importante: un vero critico d’arte americano, entusiasta che gli propone di esporre in America.

Simona e Luca si sono finalmente riconciliati perché hanno capito di amarsi davvero. Olivia e Bertoni sono felici del loro amore clandestino che dura da anni (Diego un po’ meno). Infine c’è Loredana da sempre invaghita di Diego che finalmente ha il coraggio di uscire allo scoperto. Adattamento cinematografico del secondo romanzo di Fausto Brizzi del 2015, che ha scritto la sceneggiatura a quattro mani con Marco Martani, Se mi vuoi bene si pone a metà strada tra la commedia e il dramma, con alcuni limiti che ne pregiudicano la buona riuscita. Il protagonista Diego, che ha le fattezze di Claudio Bisio, tra momenti di euforia e altri di depressione si racconta in prima persona rivolgendosi direttamente allo spettatore in sala sui suoi problemi esistenziali, in primis sentirsi solo e poco amato da chi gli sta intorno. Il bisogno d’amore, però, e le buone intenzioni di cui Diego si arma per essere d’aiuto ai suoi cari generano azioni fin troppo invasive nella vita degli altri e conseguenti reazioni non esattamente in linea con quanto l’uomo si aspetta. Seguendo il tipico schema della commedia degli equivoci il protagonista, e con lui il pubblico, entra in un turbinio di situazioni al limite tra il comico e il grottesco supportato, in questo, dalla corali-

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di Giuseppe Alessio Nuzzo Origine: Italia, 2018 Produzione: Giuseppe Alessio Nuzzo Regia: Giuseppe Alessio Nuzzo Soggetto e Sceneggiatura: Giuseppe Alessio Nuzzo Interpreti: Leo Gullotta (Mario), Diane Patierno (Michela adulta), Viola Varlese (Michela bambina) Durata: 52’ Distribuzione: London Movie Ltd Uscita: 21 settembre 2019

tà di un cast ben assortito e in cui tutti si dimostrano all’altezza del compito loro assegnato. Vediamo primeggiare, a parer nostro, la figura di Massimiliano interpretato da un convincente Sergio Rubini, ma non vogliamo tralasciare le ottime Valeria Fabrizi che è la madre e Lucia Ocone che è Loredana e Gian Marco Tognazzi, nel ruolo del fratello. Diverte anche la presenza del cantante Memo Remigi che è il padre e Aurelio Ponzoni, il Cochi del famoso duo con Renato, che è il suo sfidante a tennis. Il film ha una buona partenza e procede speditamente almeno in tutta la prima parte, quando cioè Diego mette in atto le sue buone azioni, sia pure non richieste da alcuno. La morte di Massimiliano fa da spartiacque tra un prima e un dopo quando ha inizio la corsa di Diego a riparare i vari disastri da lui messi in atto. La storia dunque continua o piuttosto riprende, per seguire da vicino l’evolversi di ogni situazione. L’insieme diventa però forzato, ridondante a tratti noioso, soprattutto quando prevale la morale della favoletta. La stessa, cioè, che il saggio Massimiliano aveva già stringatamente enunciato a Diego: “Le persone le aiuti anche ascoltandole. Bisogna accettarle così”. Cristina Giovannini

LETTERE A MIA FIGLIA- MANUALE SULL’ALZHEIMER In un momento di lucidità, Mario, affetto da Alzheimer, scrive una lettera alla figlia Michela, affinché comprenda il suo stato d’animo e le sue paure. Gabriella Salvini Porro, presidente di Alzheimer Italia, cita il libro Visione parziale. Un diario sull’Alzheimer, fondamentale per

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indagare la malattia dal punto di vista di un paziente che, ricevuta la diagnosi precocemente, ha potuto annotare alcune impressioni prima dell’evoluzione della malattia. La donna ricorda l’esperienza con sua madre, paragonandola ad Hal 9000 di 2001: Odissea nello

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spazio nel momento in cui viene privato di tutte le memorie, fino allo spegnimento. Mario non riconosce più la sua immagine allo specchio e la stessa Michela, chiedendole perché l’abbia abbandonato, sebbene la figlia abiti lì con lui. Le testimonianze di Marco Trabucchi, direttore del Gruppo di Ricerca Geriatrica, e del dottor. Marco Predrazzi permettono di delucidare alcune delle caratteristiche peculiari della malattia, nonché l’erroneo ridimensionamento di gran parte delle demenze sotto quella d’Alzheimer. Le piccole defiance nello spazio-tempo iniziali sono dovute alla perdita di performanza del sistema nervoso centrale, ma vengono scambiate come smemoratezze di una vita frenetica, fino a perdite più consistenti di memoria, di riconoscimento di sé e degli altri, nonché stadi vegetativi e mancata relazione con l’ambiente. Rispetto a malattie come il Parkinson, l’Alzheimer può colpire qualsiasi parte del cervello, comportando una sintomatologia differente. La presa a carico del paziente è una questione fondamentale, dato che la famiglia è costretta a confrontarsi quotidianamente con persone ormai dipendenti. Rispetto all’Italia, in alcune zone del mondo come i paesi anglosassoni e gli Usa la diagnosi è comunicata al paziente stesso, permettendogli di lavorare per sé e per gli altri pazienti, prendendo parte per esempio ad associazioni per malati, consentendo di studiare e comprendere la progressione dei loro sintomi e rispettivi stati d’animo prima dello stato avanzato della malattia. Problematica è la violenza fisica e psicologica sui pazienti, frutto di ignoranza e di incapacità di riconoscere il dolore altrui, ma anche di sconforto e rabbia che conduce i familiari a maltrattamenti involontari. Predrazzi racconta di un proget-

to in un hotel a Gallarate, dove, oltre ai clienti tradizionali, vengono ospitati, in tre piani specifici, due poli operativi per pazienti di Alzheimer: uno spazio per la deambulazione e attività collettive e uno per esperienze domestiche con poche persone. La collocazione non è definita a priori ma a seconda dell’umore e delle condizioni del paziente giorno per giorno, esperienza dimostratasi positiva visti i costi contenuti e l’ambiente più familiare. Tre operatrici evidenziano quanto nelle RSA tradizionali molti pazienti non riescano ad ambientarsi perché si immedesimano con persone più compromesse, per cui l’hotel crea uno spazio ristretto dove sembra di vivere in famiglia e dove ci si sente quasi in vacanza, esperienza piacevole confermata da Adele De Mauri, una delle ospiti. Un altro aspetto trattato è la genitorialità forzata a cui sono costretti i figli dei pazienti, obbligati a ricoprire un nuovo ruolo, in un’esperienza che Predrazzi ricorda come spiazzante ma al contempo straordinaria. Il più grande beneficio secondo Gabriella è ridare la dignità al paziente, facendogli svolgere diversi compiti per farlo sentire un soggetto capace di compiere ancora qualcosa.

scalico, in cui, mediante le testimonianze di scienziati, medici, operatori e persone che hanno vissuto, direttamente o indirettamente, tali vicissitudini, lo spettatore può acquisire informazioni non solo scientifiche ma anche pragmatiche, con tanto di presentazione della struttura di accoglienza alberghiera, divenendo di conseguenza un’ottima guida per persone alla ricerca di aiuto. L’anima più scientifica convive con sfumature più intimistiche e poetiche restituite dalle interpretazioni di Leo Gullotta e Diane Patierno, sequenze provenienti da un precedente cortometraggio dell’autore, in cui la dimensione puramente descrittiva delle testimonianze si spoglia della sua astrazione e acquisisce una concretezza emozionale, che fa leva sulla trattazione degli effetti devastanti della malattia, fino a raggiungere un forzato maelström emozionale piuttosto prevedibile, che, nonostante la sua macchinosità, non può non costruire una sincera empatia con il pubblico. Nonostante questo trattamento creativo e finzionale, probabilmente è il finale del film a restituire una forza emotiva più sottile e velata, ma al contempo più intensa, data dall’ultima inquadratura su un ciack al contrario (emblematicaDal titolo emergono le due mente espressione di un mondo anime del mediometrag- alla rovescia che caratterizza una gio di Giuseppe Alessio vita in cui, come evidenziato da Nuzzo, che convergono in un documentario suddiviso in quattro parti che permettono uno sguardo eterogeneo sulle problematiche comportate dalla malattia, tenendo in considerazione tanto il paziente, che vive in prima persona la devastazione psicofisica, quanto i familiari, vittime di secondo livello, costrette a ridefinire e a riorganizzare completamente la loro vita. L’Alzheimer viene analizzato piuttosto manualisticamente, rendendo il film un testo quasi dida-

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Mario, la memoria e il tempo non sono più un fissativo ma un solvente) che scandisce l’inquadratura di un’anziana cliente dell’albergo, intenta a piegare dei panni. La potenza di tale immagine sta nel desiderio di immortalare silenzio-

samente un atto quotidiano, privo di spettacolarità, assolutamente ordinario e che, ognuno di noi, si ritrova a compiere nell’arco della propria vita, ma che assume una straordinarietà e una dignità che svela la forza insita all’interno di

un corpo gradualmente devastato, alla ricerca di una dignità e di un attaccamento alla vita che la malattia tende a fagocitare con il suo famelico progredire. Leonardo Magnante

di Baltasar Kormákur

THE DEEP

Origine: Islanda, 2012 Produzione: Agnes Johansen, Baltasar Kormákur per Blueeyes Productions, Filmhuset Produksjoner Regia: Baltasar Kormákur Soggetto e Sceneggiatura: Baltasar Kormákur, Jón Atli Jónasson Interpreti: Ólafur Darri Ólafsson (Gulli), Jóhann G. Jóhannsson (Palli), Thorbjörg Helga Thorgilsdóttir (Halla), Theódór Júlíusson (Padre di Gulli), María Sigurðardóttir (Madre di Gulli), Björn Thors (Hannes), Throstur Leó Gunnarsson (Lárus), Guðjón Pedersen (Erlingur), Walter Grímsson (Raggi), Stefán Hallur Stefánsson (Jón) Durata: 95’ Distribuzione: Movies Inspired Uscita: 18 luglio 2019

Isole Vestmann, Islanda, 1984. Gulli, uomo in sovrappeso che ancora vive con i genitori, conosce Raggi, il nuovo cuoco della Breki, peschereccio su cui lavora e che è in procinto di inoltrarsi in mare; Raggi si è trasferito sulla terraferma dopo l’eruzione vulcanica di diversi anni prima, ritenuto quindi un codardo al contrario del protagonista e del resto dell’equipaggio, tornati a vivere sull’isola. Una notte, in mare aperto, le reti della barca rimangono incagliate in profondità, il che provoca il blocco dell’argano e il ribaltamento del peschereccio. A causa

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delle temperature glaciali dell’acqua, l’equipaggio perde la vita e l’unico a sopravvivere è Gulli che, rimasto solo e privo di forze, inizia a parlare con un gabbiano che vola sopra di lui, ripensando alla sua infanzia, all’eruzione vulcanica e, al contempo, pregando di riuscire a sopravvivere per sistemare i suoi debiti, comunicare personalmente ad Halla, moglie del suo collega e amico Palli, che il marito non è morto soffrendo e dichiarare il suo amore a una ragazza del posto. Verso le 4.30, Gulli intravede la sua isola in lontananza, quindi nuota verso gli scogli e riesce ad arrampicarsi, camminando per due ore nel gelo e sulla neve; verso le 7 riesce a raggiungere il paesino, dove viene soccorso e portato al pronto soccorso, con temperatura corporea al di sotto dei 34 gradi. La Guardia Costiera crede che Gulli stia delirando, non capacitandosi di come abbia fatto a sopravvivere in mare e a tornare a casa. Il protagonista viene contattato da un medico che, venuto a conoscenza della vicenda dai telegiornali, vuole trovare una spiegazione scientifica a questo miracolo, per cui i due si dirigono all’ospedale della marina militare a Londra, dove Gulli è sottoposto, insieme ad altri uomini fisicamente atletici, a un test in una vasca d’acqua gelata; al contrario degli altri ragazzi che abbandonano la prova, Gulli rimane l’unico a rimanere in acqua per diverso tempo. I medici credono che lo strato di grasso possa aver isolato il calore 36

corporeo, spiegazione comunque insufficiente a comprendere come abbia fatto Gulli a sopravvivere all’ipotermia e come abbia fatto a preservare il calore con una temperatura corporea al di sotto dei 35 gradi. Gulli decide di abbandonare la clinica e tornare alla normalità, nonostante non siano giunti a una conclusione scientifica. Egli si dirige da Halla per dirle che Pelli non ha sofferto; i figli del suo amico credono che Gulli sia una creatura soprannaturale, ma egli si dichiara come semplice essere umano molto fortunato. Passato di fronte alla casa della ragazza amata, Gulli non trova il coraggio per bussare alla sua porta. Nonostante l’esperienza traumatica, il protagonista torna al suo lavoro e si imbarca in mare su un nuovo peschereccio. Il cinema di Baltasar Kormákur torna a mettere in scena il rapporto tra soggetto e mondo attraverso la ferocia della natura, il cui sguardo spietato e privo di compassione è restituito dalla rigidità del paesaggio islandese che, con i suoi cromatismi glaciali, si erge nella sua totale indifferenza nei confronti della sorte dei protagonisti. Minacciosa e insaziabile sin dalle premonitrici inquadrature iniziali su dei relitti in fondo al mare, la natura esercita un fascino alquanto sublime, quasi

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rievocante i celebri dipinti di Friedrich o di Joseph Wright of Derby, affascinando grazie alla bellezza dei vari campi di ripresa sui paesaggi islandesi ma, al contempo, inquietando con il suo alone di misteriosità e oscurità, soprattutto nelle inquadrature notturne in cui il peschereccio si allontana in un mare tetro e minaccioso, come nel celebre dipinto Pescatori in mare di Turner. Come Everest, basato su una tragica spedizione del 1996, The Deep tratta il naufragio di un peschereccio avvenuto nel 1984, evitando un eccessivo ricorso all’action o a un’eccedenza di melodramma tipici del disaster movie, si pensi a casi come The Perfect Storm, basato sul naufragio del peschereccio Andrea Gail durante la “tempesta perfetta” del 1991. Nonostante ciò, il film non è avulso da una forzata retorica in momenti salienti, come il monologo di Gulli di fronte al gabbiano (non mera

scelta di sceneggiatura, ma basato sulla testimonianza del sopravvissuto, mostrata nei titoli di coda), in cui si raggiunge un’eccedenza di sentimentalismo, dovuta soprattutto all’accompagnamento musicale alquanto patetico, che sembra più finalizzato a ricercare troppo facilmente l’emozione spettatoriale ma che fallisce di fronte all’artificiosità di tale volontà. Similmente accade con la recitazione di Ólafur Darri Ólafsson che, sebbene notevole, in alcuni momenti sembra abbandonare l’ordinarietà tipica del personaggio (un antieroe totalmente in disaccordo con i canoni comportamentali ed estetici tipici dei protagonisti di questo genere di film, più vicino a una dimensione realistica e consueta) per lievi attimi di eccesso recitativo, in particolare nella sua avventura sulle gelide scogliere islandesi, dove lo sguardo esausto lascia il posto a forzate espressioni rabbiose e minacciose per sottolineare troppo

didascalicamente una volontà di sopravvivenza e di sfida nei confronti della natura. Eterogeneo sul piano visivo, il film mette in scena l’intimità del personaggio mediante uno stile da home movies, filmini di famiglia che fungono da flashback per ricostruire l’infanzia di Gulli e la terribile eruzione vulcanica, nonché da finestra sui suoi desideri (tra cui l’amore silenzioso per una ragazza del posto), che egli spera di realizzare in caso di sopravvivenza. Narrativamente, il film favorisce la dimensione d’apertura della vita, senza virare verso una direzione spiritualista o metafisica, lasciando ambigua la spiegazione della sopravvivenza di Gulli (miracolo o resistenza termica per lo spessore del grasso corporeo?), mantenendo uno sguardo realistico che si arrende ai più reconditi segreti della natura e dell’esistenza. Leonardo Magnante

di Andrea Di Stefano

THE INFORMER - TRE SECONDI PER SOPRAVVIVERE

Origine: Gran Bretagna, 2019

Pete Koslow è un ex militare specializzato in operazioni speciali che - dopo essere stato arrestato per aver ucciso un uomo durante una rissa in difesa di sua moglie Sofia Hoffman - diviene un informatore per conto dell’FBI, a patto che gli venga data la possibilità di una scarcerazione anticipata. Infiltratosi come corriere della droga presso un clan mafioso polacco di New York, fornisce informazioni all’agente Erica Wilcox che è alla ricerca di prove schiaccianti per incastrare il boss che comanda il cartello, Rysark Klimek, meglio noto come “Il Generale” per la sua spietatezza. Durante un’operazione che doveva fornire le prove per l’arresto

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del Generale, però, qualcosa va storto: il grosso carico di droga viene portato ad un nuovo acquirente, che, prima dello scambio, viene ucciso: si trattava di un poliziotto del dipartimento di New York (NYPD) sotto copertura, Daniel Gomez. Con il colpo andato male, Pete è costretto dal Generale a farsi arrestare (infrangendo così la libertà condizionata) e tornare nel carcere di Bale Hill (lo stesso in cui era stato detenuto in passato per omicidio) per gestire gli affari di droga all’interno di esso; nel frattempo, il poliziotto Edward Grens, partner di Gomez al NYPD, sta seguendo una traccia che porti allo scoperto i colpevoli di quell’omicidio e sospetta che dietro tutto questo ci siano Pete e l’FBI come complice. 37

Produzione: Thefyzz, Thunder Road Pictures, Imagination Park Entertainment, Maddem Films Regia: Andrea Di Stefano Soggetto: dal romanzo Tre sekunder (2009) di Anders Roslund e Börge Hellström Sceneggiatura: Andrea Di Stefano, Rowan Joffe, Matt Cook Interpreti: Joel Kinnaman (Peter Koslow), Rosamund Pike (Wilcox), Common (Grens), Clive Owen (Montgomery), Ana de Armas (Sofia Hoffman), Eugene Lipinski (Klimek), Karma Meyer (Anna Koslow) Durata: 113’ Distribuzione: Adler Entertainment Uscita: 17 ottobre 2019

A Bale Hill, Pete continua la sua missione da infiltrato che, secondo gli accordi con Wilcox e il suo capo, l’agente Montgomery, deve inchiodare tutti detenuti e guar-


die penitenziarie coinvolte negli affari della mafia polacca, e passare l’informazione al direttore del carcere. Tuttavia il lavoro si rivela molto più complicato e pericoloso del previsto: Pete viene attaccato da una banda rivale che tenta di ucciderlo per avere il controllo dello spaccio di droga all’interno della prigione ma viene risparmiato, quando svela di essere un informatore per l’FBI che sta cercando di catturare il Generale. Nel frattempo, all’interno del dipartimento dell’FBI, Montgomery, preoccupato che le indagini di Gens possano influire sull’incolumità dell’operazione, ordina a Wilcox di abbandonare Pete e lasciare che lui e la sua famiglia vengano uccisi sfruttando i loro omicidi come prove contro i trafficanti. A Bale Hill, Pete, dopo aver terminato di stilare la lista dei complici del Generale, passa l’informazione al direttore chiedendo l’isolamento, ma la sua richiesta viene rifiutata, scoprendo di essere stato tradito dall’FBI. Però Pete non ha intenzione di arrendersi e con grande determinazione decide di lottare per la propria sopravvivenza: dopo aver ucciso un detenuto che lo aveva aggredito provoca l’allarme della prigione e prende in ostaggio una guardia mentre polizia ed FBI si

precipitano sul luogo per eliminarlo. Intuendo di essere nel mirino di un cecchino, Pete schiva lo sparo poco prima di essere colpito, ma il proiettile si infrange su una caldaia adiacente provocando una grossa esplosione all’interno del carcere. Subito dopo arrivano i soccorsi che mettono in salvo i feriti tra cui anche Pete; Wilcox che è nelle vicinanze, essendosi pentita del tradimento, decide di aiutarlo a farlo scappare. Nel frattempo Grens arresta Montgomery a causa della sua condotta in merito all’operazione di droga e aiuta segretamente Pete a dileguarsi consegnandogli dei nuovi documenti per restare in incognito. Pete diviene quindi un ricercato della polizia e dell’FBI e dovrà attendere ancora molto tempo prima di riabbracciare la propria famiglia e ottenere la sua libertà.

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A cinque anni di distanza dal suo esordio internazionale avvenuto nel 2014 con Escobar - Premio TAODUE Camera d’Oro come migliore opera prima al Festival internazionale del film di Roma - il regista (e attore) italiano Andrea Di Stefano torna nuovamente dietro la macchina da presa per narrare vicende di criminalità e violenza con The Informer - Tre secondi per sopravvivere - tratto liberamente (a suon di riscritture e aggiustamenti) dal best-seller svedese Tre secondi di Börge Hellström e Anders Roslund (ex detenuto resipiscente divenuto scrittore) - realizzando un’opera cruda e avvincente che, attraverso l’ausilio di diversi registri cinematografici (gangster movie, prison movie, crime story) riesce a mantenere un vivido sguardo autoriale (con grande attenzione nella cura per il dettaglio e al dramma familiare), seppur rientrando negli standard del cinema di genere americano e mainstream. Il 38

risultato è un solido e interessante thriller metropolitano che richiama - in primis - l’action movie moderno (come ad esempio La fratellanza, Sicario, etc.), ma anche - per ammissione dello stesso Di Stefano - quello del duro cinema realistico anni Settanta di William Friedkin (Il braccio violento della legge, Vivere e morire a Los Angeles), valorizzando il cupo scenario newyorkese dominato da gang, ghetti, celle e inseguimenti stradali (tra polizia, malavita ed FBI). Nonostante la sceneggiatura non colpisca certo per originalità, è avvalorata da una buona regia che riesce a regalare momenti di suspense e adrenalina, tra colpi di scena e situazioni al cardiopalma, dove la tensione e l’assenza di certezze “inseguono” costantemente lo spettatore (e il protagonista) all’interno di un universo opprimente in cui la violenza lascia strascichi di corpi martoriati e pieni di cicatrici fisiche e psicologiche. Ma è soprattutto attraverso la descrizione della struttura carceraria che - dietro un enorme lavoro di documentazione da parte del regista - il film acquisisce maggior fascino ed autenticità, divenendo chiaro atto d’accusa contro un sistema corrotto e non lontano dalla situazione attuale, un inferno claustrofobico in cui la sovrappopolazione costringe a camerate affollate e pericolose, e dove più che venir eliminato, il crimine viene alimentato e messo in libertà dalla gigantesca macchina politica dell’FBI. The Informer - Tre secondi per sopravvivere è un film che possiede quel quid capace di distinguersi da molti prodotti d’azione coevi e, oltre all’intrattenimento, si concentra sull’aspetto più fragile e umano dei protagonisti in lotta contro un’inevitabile destino, metafora di un mondo avverso e crudele. Alessio D’Angelo

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di Vincenzo Alfieri

GLI UOMINI D’ORO

Origine: Italia, 2018

Torino, 1996. Luigi, Alvise e Luciano, tre amici, tre impiegati postali (Luciano è da poco in pensione), ognuno alle prese con l’insoddisfazione della propria vita, con i soldi che non bastano mai e con i sogni impossibili da realizzare. Luigi ha sempre sognato di fare presto il baby pensionato per aprire in Costa Rica un piccolo locale e godersi la vita al sole. Tutto questo di colpo svanisce quando il governo Dini avvia la prima, grande riforma dell’INPS che sposta in avanti l’età pensionabile di dieci anni. Contemporaneamente l’avvenimento procura un’accelerazione ai sogni di Luigi che propone al suo compagno di guida Alvise di rapinare il furgone portavalori che conduce tutti i giorni dai vari punti raccolta del denaro fino al deposito centrale. Alvise, ombroso, depresso, pessimista è sposato con una donna di lui gelosissima, pur senza motivo, ha una figlia che adora e quindi si costringe a fare un secondo e terzo lavoro per mantenere un certo decoro famigliare. In più gestisce un bar country con Lupo, un ex pugile un po’ suonato, innamorato perso della cubana Gina e in perpetuo debito con un losco figuro, lo stilista “Boutique”, in arte usuraio. A parte i sogni di grandezza, tutti e tre vorrebbero aiutare qualcuno che sta loro a cuore: Luigi una sua fiamma, Anna, con cui ha avuto un incontro di sesso non molto fortunato; Alvise vorrebbe la propria famiglia finalmente negli agi; a Luciano piacerebbe essere d’aiuto a un amico sempre in difficoltà. Fatto sta che il colpo al furgone portavalori è presto organizzato:

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Luciano è occultato all’interno del mezzo, dove sostituisce i soldi con mazzette di carta; alla fine del giro Alvise e Luigi consegnano i plichi pieni di carta all’ufficio centrale tenendo per loro i sacchi con il denaro. Il colpo effettivamente riesce, nonostante i malintesi e le sviste del maldestro gruppo di ladri ma il finale non è però allegro: all’incontro per la spartizione del bottino Alvise e il Lupo hanno un colpo di testa e cercano di uccidere Luigi e Luciano che fuggono e cadono in un burrone e sono presto trovati e seppelliti dagli altri due. Alvise, già sofferente di cuore, ha un infarto e si trova morente in ospedale ma non rivela a Gina dove si trovino i soldi; questa poi uccide Boutique che voleva intromettersi nell’affare. Nessuno sa dove sia finito il bottino, presumibilmente nascosto in uno scatolone che conteneva un giocattolo per la figlia di Alvise. Solo il sottofinale è positivo: per l’amico di Luciano, addormentato in poltrona, c’è un pacchetto di banconote depositato vicino a lui; Anna trova, davanti al negozio di estetica dove lavora, una bella busta di soldi che le permetteranno di aprire un negozio tutto suo; la figlia di Alvise trova nel famoso scatolone il tesoro tanto agognato. Al cinema italiano non sono mai piaciuti i grandi ladri all’Arsenio Lupin né i colpi raffinati alla Rififi. I soliti ignoti costituiscono la summa di questa convinzione nell’avere rappresentato vizi e cialtronerie italiche nel fallimento di un furto d’appartamento per opera di poveri ma simpatici gaglioffi.

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Produzione: Fulvio e Federica Lucisano prt Italian International Film con Rai Cinema Regia: Vincenzo Alfieri Soggetto e Sceneggiatura: Vincenzo Alfieri, Alessandro Aronadio, Renato Sannio, Giuseppe Stasi Interpreti: Fabio De Luigi (Alvise), Edoardo Leo (Il Lupo), Giampaolo Morelli (Luigi), Giuseppe Ragone (Luciano), Mariela Garriga (Gina), Matilde Gioli (Anna), Susy Laude (Bruna), Gian Marco Tognazzi (Stilista), Guglielmo Poggi (Molino) Durata: 110’ Distribuzione: 01 Distribution Uscita: 7 novembre 2019

I tempi sono però cambiati: la società si è imbarbarita, si è incattivita in una discesa di violenza senza pudore né pietà. Ovvio, quindi, che i soliti ignoti di oggi, pur partendo da una base di scanzonata umanità che continua ad appartenerci, si siano deteriorati in un furore classista, in un revanchismo sociale e personale esasperato che in un momento improvviso può esplodere nel tradimento, mostrando quanto di più spregevole possa essere insito nel profondo dell’animo. Questo è il marchio portante del film di Vincenzo Alfieri che, pur rifacendosi a Qui non è il Paradiso di Gianluca Tavarelli, mette sullo schermo il proprio noir fatto di tanti livelli narrativi che conduce in una continua alternanza tem-


porale di azioni, scene, sviluppi drammatici. Il film che risulta alla fine è una storia cupa che sprofonda minuto dopo minuto nella violenza che spiazza lo spettatore proprio perché questa è espressa da attori di solito interpreti di commedie e di duetti comici. Ancora una volta riconoscia-

di John Andreas Andersen

mo quanto un attore comico possa tramutare la propria maschera in amarezza, viltà, avidità, disprezzo per il prossimo; lo sguardo che sappiamo quanto possa essere divertente, sarcastico, guascone è capace di distillare una voglia d’inganno forsennato che lascia interdetti. Ottimi, quindi, tutti gli attori,

nell’impersonare questa disponibilità alla grande “recita”, fatta di silenzio e frustrazione, di scoppi ridanciani, di derisione e rancore, sorrisi e falsità che appartengono alla forza attoriale fin dai tempi della commedia dell’arte. Fabrizio Moresco

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THE QUAKE - IL TERREMOTO DEL SECOLO

Origine: Norvegia, 2018 Produzione: Martin Sundland per Fantefilm Regia: John Andreas Andersen Soggetto: Harald Rosenløw-Eeg (storia), John Kåre Raake (storia), Martin Sundland (storia) Sceneggiatura: Harald Rosenløw-Eeg, John Kåre Raake Interpreti: Kristoffer Joner (Kristian), Ane Dahl Torp (Idun Karlsen), Kathrine Thorborg Johansen (Marit), Jonas Hoff Oftebro (Sondre), Edith Haagenrud-Sande (Julia), Stig Amdam (Johannes Løberg) Durata: 105’ Distribuzione: Magnolia Pictures Uscita: 8 agosto 2019

Sono passati tre anni dallo tsunami provocato dalla frana del monte Åkerneset nel Geirangerfjor, evento che ha reso il geologo Kristian Eikjord un eroe per il numero di vite salvate, compresa quella della sua famiglia. Nonostante i meriti, Kristian non si è ancora ripreso del tutto dalla tragedia vissuta, tanto da aver scelto di allontanarsi da sua moglie Idun, che vive a Oslo insieme ai figli Julia e Sondre.

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Konrad Lindblom, collega e amico di Kristian, rimane ucciso in una frana nel tunnel Oslofjord, evento che insospettisce il protagonista, che sceglie di aprire una busta imballata, ricevuta tempo prima dal defunto, contenente delle indagini in merito al terremoto di Oslo del 1904 e alla possibilità di una scossa sismica futura. Kristian parte per Oslo per parlare con Johannes, ricercatore capo della Norsar, restio nei confronti delle teorie di Konrad e fiducioso dei nuovi sistemi di misurazione. Dopo aver consultato le ricerche nello studio di Konrad, Kristian conosce sua figlia Marit che, sebbene incredula nei confronti delle predizioni del padre, accompagna il protagonista nel tunnel; Kristian capisce che il defunto collega stava svolgendo delle ricerche sulle rocce del posto, per dimostrare la loro misera resistenza. Nel frattempo, Idun, allontanatasi dal teatro dell’Opera dove Julia si sta esibendo in uno spettacolo di balletto, tenta di contattare il marito quando una scossa di terremoto costringe all’evacuazione dell’edificio. La Norsar viene chiamata per raccogliere i dati della scossa e Kristian riferisce le scoperte di Konrad a Johannes, che continua a non credere alle loro supposizioni, dando la colpa del crollo del teatro alla cattiva costruzione e ri40

tenendo l’ossessione per un eventuale terremoto una conseguenza del trauma vissuto da Kristian tre anni prima. Marit trova dei video nel computer del padre in cui dei ratti in gabbia, usati come cavie, muoiono a causa di fughe di gas all’interno del tunnel; comunicata la scoperta a Kristian, il geologo conferma un’eruzione limnica con gas tossici che fuoriescono dai porti della montagna, segno di un terremoto imminente. Insieme alla ragazza e a Julia, Kristian cerca di raggiungere l’hotel in cui lavora Idun e di contattare Sondre all’università, a cui lascia un messaggio per spingerlo a fuggire dall’edificio. Kristian si precipita al trentaquattresimo piano dell’albergo e, recuperata Idun, dà l’allarme ma, prima che la porta dell’ascensore si chiuda, intravede Julia, fuggita nell’hotel alla ricerca dei genitori; nel frattempo, Marit si precipita nell’edificio per recuperare la bambina. Oslo viene colpita dal devastante terremoto. A causa del blackout, Kristian e Idun sono intrappolati nell’ascensore; l’edificio accanto crolla e colpisce l’albergo, per cui i piani alti, dove si trovano Marit e Julia, iniziano a inclinarsi, in procinto di crollare. Kristian e Idun escono dall’ascensore e, nella tromba del palazzo, cercano di

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raggiungere un’apertura; mentre il protagonista riesce a uscire, la donna rimane uccisa dal crollo dell’ascensore. Nonostante lo shock, Kristian raggiunge il trentaquattresimo piano e riesce a salvare Julia e Marit prima del crollo del piano. Tempo dopo, Kristian torna a Geiranger, portando Julia e Sondre con sé. Il seguito di The Wave dimostra nuovamente come la Norvegia tenti di americanizzare il proprio cinema, nel tentativo di importare un genere caratterizzante gli action movies statunitensi, affidandosi a una regia e ad effetti visivi discreti, sostenuti però da una sceneggiatura piuttosto standardizzata e inconcludente, soprattutto nel finale in cui, a causa della scarsa gestione delle linee narrative inerenti ai vari personaggi (Sondre che sfugge troppo facilmente alla catastrofe o i membri della Norsar, evacuati con urgenza per poi non comparire più durante il film), sembra emergere un senso di incompiutezza. La vicenda inerente alle inda-

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gini del protagonista si dimostra più estesa rispetto alla catastrofe, favorendo una dimensione più intimistica che si focalizza maggiormente sulla psicologia di Kristian, indagando la sua crisi post-traumatica in maniera piuttosto inusuale da ciò che ci si aspetterebbe da un disaster movie e dalla sua componente spettacolare (si pensi a come l’incidente nel ponte avvenga in ellissi narrativa). Andersen costruisce una suspense quasi da film thriller, come nelle emblematiche sequenze nello studio di Konrad, in cui la macchina da presa segue il personaggio in un clima glaciale (tipico dei cromatismi nordici), accompagnata da una colonna sonora minacciosa, distante dai toni e ritmi incalzanti tipici delle controparti americane. La sceneggiatura ripropone cliché ormai caratterizzanti il disaster movie che, forse ancora di più di altri generi, vive un continuo processo di “eterno ritorno dell’uguale”, un meccanismo di standardizzazione e omologazione industriale finalizzato alla mera riproposizione della medesima struttura narrativa al fine di sod-

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Leonardo Magnante

di Salvatore Piscicelli, Carla Apuzzo

VITA SEGRETA DI MARIA CAPASSO Maria vive in un umile appartamento nella periferia di Napoli con suo marito Antonio e i loro tre figli e lavora in un centro estetico, in cui riceve le avances del ricco habitué Gennaro Vitiello. A causa del suo misero stipendio, quando ad Antonio viene diagnosticato un cancro allo stomaco in fase avanzata, Maria inizia una relazione con Gennaro, in cambio di soldi con cui può mantenere i figli e pagare le spese mediche. Maria accetta di consegnare della cocaina in Sviz-

disfare i gusti del pubblico. Il film (come il genere in sé) si dimostra una declinazione del melodramma (di stampo prevalentemente familiare), in cui a essere messi in discussione sono i concetti stessi di mascolinità e paternità, due ruoli che Kristian (ma molti altri protagonisti di film simili, da 2012 a San Andreas, nonché celebri action movies come Die Hard) sembra aver smarrito in seguito al traumatico incidente, totalmente inadeguato per il riconoscimento sociale di eroe che ha acquisito mediaticamente grazie al suo contributo. Se il processo di virilizzazione conduce classicamente all’happy ending e alla tradizionale formazione della coppia, The Quake si dimostra più tanatologico (sicuramente per evitare l’effetto déjà vu con il primo film) mediante l’eliminazione di Idun, mostrando quanto il recupero di una mascolinità perduta avvenga attraverso il sacrificio del soggetto femminile, che in tutto l’arco del film ha ricoperto il ruolo di capo famiglia, riconquistato “fallicamente” dal protagonista nel tragico finale.

zera per conto di Gennaro, in cambio di una costosa ricompensa e di un colloquio con un famoso luminare di Locarno, il quale conferma che ad Antonio rimangono poche settimane. Mesi dopo la morte di Antonio, Maria e i figli vengono sfrattati dall’appartamento a causa di una lettera anonima che rivela che la donna non è l’assegnataria della casa. Viste le difficoltà economiche, Maria ricomincia a frequentare più assiduamente Gennaro, che le permette di stare in un lussuoso appartamento che ha acquista41

Origine: Italia, 2019 Produzione: Palomar, Zocotoco con Vision Distribution Regia: Salvatore Piscicelli, Carla Apuzzo Soggetto e Sceneggiatura: Salvatore Piscicelli, Carla Apuzzo Interpreti: Luisa Ranieri (Maria Capasso), Daniele Russo (Gennaro), Luca Saccoia (Antonio), Antonio De Matteo (Gigino), Nello Mascia (Pasquale), Marcella Spina (Angela), Roberta Spagnuolo (Lina), Antonella Stefanucci (Direttrice), Anna de Nitto (Concetta), Ciro Capano (Porcaro), Mario Atterano (Detective), Gabriele Guerra (Funzionario di Polizia) Durata: 96’ Distribuzione: Vision Distribution Uscita: 18 luglio 2019


to da poco; la protagonista inizia a insospettirsi viste le attenzioni dell’amante per Angela, la figlia più grande. Desiderosa di mettersi in proprio, quando scopre che i proprietari del centro estetico stanno cedendo il negozio per una somma di 200.000 euro, Maria cerca di manipolare l’amante per rimediare i soldi per una proposta d’acquisto. Gennaro le chiede di uccidere per 50.000 euro un avvocato che sta dando filo da torcere a lui e ai suoi soci; nonostante le titubanze iniziali, Maria accetta ma solo se Gennaro aggiungerà di propria tasca altri 100.000. Dato che l’esecuzione è un compito che i loschi soci vogliono che sia Gennaro a ultimare ma, in quanto troppo pericoloso per lui, Maria è l’unica possibilità per portarlo a termine senza sporcarsi le mani, l’uomo accetta; Maria uccide l’avvocato a colpi di pistola, lavoro impeccabile tanto che i giornali credono in un killer professionista. Maria diventa la direttrice del centro estetico, ammirata dal suo datore di lavoro, con cui si scambia continue avances. La protagonista scopre che Angela frequenta di nascosto Gennaro, per cui paga un investigatore privato che conferma la loro relazione. La donna mostra le foto a Gennaro e, sebbene la figlia sia ancora minorenne, sceglie di non denunciarlo, ma a una condizione: egli dovrà intestare l’appartamento in cui vivono ad Angela e dovrà rimediare a Maria dei soldi liquidi con cui fingere una compravendita agli occhi del notaio e della figlia, ma, prima dell’atto, Gennaro non dovrà frequentare la ragazza. La sera seguente alla re-

golamentazione della compravendita, Maria addormenta i figli con del sonnifero nel cibo e si dirige da Gennaro per ucciderlo. Giorni dopo, Maria si dirige in questura e si finge sconvolta e inconsapevole dei legami del defunto con la camorra; tornata a casa, scopre che Angela è incinta. Tempo dopo, Maria si rivolge alla macchina da presa affermando che Angela ha abortito e ha avuto un figlio con un ricco importatore di baccalà; lei ha aperto un nuovo negozio e non si sente in colpa per le sue azioni, dal momento che il mondo va avanti nella demarcazione tra poveri e ricchi che si ingrassano sulla loro miseria. L’adattamento del romanzo dello stesso Piscicelli appare come una versione contemporanea, italianizzata e criminale del celebre Mildred Pierce di Michael Curtiz, con cui condivide diverse analogie (prima tra tutte la relazione tra la figlia e l’amante della protagonista), delineando però l’immagine di una working girl completamente ossimorica; se il tragico esito dell’onesta Joan Crawford si ripercuote su un desiderio femminile di autodeterminazione che le viene negato per l’usurpazione del ruolo maschile, la fatale e “fallica” Luisa Ranieri è in grado di salvaguardare la propria scalata sociale ricorrendo a quell’illegalità che le permette di arrivare laddove Mildred non è stata in grado, trasformandosi da madre disperata a cinica e spietata imprenditrice. Attraversando il melodramma familiare e il thriller dalle tinte noir, Piscicelli realizza un film sui misteri del femminile, costruendo il racconto sulla fisicità dell’ottima Ranieri, sulla sua carica erotica e sensuale, mai volgare o eccessiva, ma sempre raffinata e di gran classe anche nei momenti più me-

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fistofelici. È la scrittura del corpo, scandita in tre momenti distinti introdotti da due paradigmatici neri, a demarcare l’evoluzione dell’implacabile ascesa di Maria, introdotta nella prima parte (sulle note di Splendido splendente) come umile moglie e madre, collocata in spazi modesti e quotidiani come l’appartamento, il posto di lavoro o l’ospedale in cui accompagna Antonio, inadeguata a trovare sotterfugi per rimediare alla propria condizione sociale al di là del sesso; senza trucco e vestita di abiti ordinari, la sua femminilità ha tratti domestici, carica di una sensualità mediterranea sottesa alle vesti del quotidiano, anche nella sua iniziazione al mondo criminale. Solo dopo il primo nero, Maria inizia ad apparire come sensuale femme fatale, nel suo look elegante e seducente nel tentativo di riavvicinarsi a Gennaro; l’erotizzazione della Ranieri sarà il fil rouge di questo secondo atto (sintesi dell’ordinarietà del primo e della spietatezza del terzo), in cui Maria è sospesa tra interrogativi e preoccupazioni, mossa dall’amore per la famiglia ma al contempo da un cinismo privo di scrupoli, che la condurrà addirittura all’omicidio. La conclusione di questa scrittura corporea la si avrà dopo il secondo nero, che inaugura una Maria con suadente abito rosso, gioielli e pettinatura più raffinata, distante dalla chioma selvaggia e dal look passionale precedente; da sensuale a signorile, la donna appare nel suo ruolo di spietata manager, non più subordinata al soggetto maschile ma indirizzata verso una mascolinizzazione che si ripercuote su Gennaro, dipendente dal femminile (la relazione con Angela per le scarse attenzioni di Maria, ormai donna d’affari), di cui cadrà vittima, simbolicamente evirato dalla castrante dark lady. Leonardo Magnante

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di Francesca Archibugi

VIVERE

Origine: Italia, 2019

Susi ha dovuto rinunciare al suo sogno di diventare una ballerina per crescere sua figlia Lucilla, malata d’asma, limitandosi a insegnare danza a signore in sovrappeso in una palestra a Roma; sbadata nel gestire contemporaneamente gli impegni lavorativi e familiari, è completamente ignorata dal marito Luca, giornalista freelance, preoccupato solo di farsi assumere scrivendo articoli falsi e scandalosi pur di ricevere visibilità. Egli inizia una relazione con Mary Ann, giovane ragazza cattolica e irlandese, assunta come babysitter di Lucilla. Pierpaolo, figlio di Luca e della sua ex moglie Azzurra, figlia di un celebre avvocato ammanicato con la politica, chiede al nonno di prestare dei soldi al padre, non in grado di permettersi le cure di Lucilla, ma egli rifiuta, non avendolo perdonato per il mancato rispetto di Azzurra. Di conseguenza, il ragazzo preleva dei soldi dalla sua carta, con cui Susi riesce a permettersi un consulto con un rinomato pneumologo, il dottor Marinoni, che prescrive una serie di esami che confermano il carattere psicosomatico dell’asma della piccola; il medico si avvicina a Susi, comprendendone la solitudine in quanto vedovo e con figli all’estero. La donna inizia a sentirsi notata e ascoltata e, al contempo, Marinoni ricomincia a sentirsi vivo nel sapere di esistere per qualcuno. Mary Ann, afflitta dal senso di colpa, se ne va e Lucilla, furiosa, urla ai genitori di sapere il motivo dell’allontanamento della babysitter, ma non vuole rivelarlo. A causa di una grave crisi asmatica, la piccola viene ricoverata in ospedale; mentre Susi rimane con

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la bambina, ormai fuori pericolo, Luca scopre che Mary Ann è in un convento di suore e, raggiunta, la giovane cede alle sue avances. Susi cena con Marinoni e i due si baciano. Viste le continue richieste della figlia, Susi chiede a Luca di contattare Mary Ann per farla tornare, per cui il marito le rivela il convento in cui si trova; senza porsi troppe domande, Susi va a recuperare la ragazza, che torna a casa e inizia a frequentare Pierpaolo, facendo uso di droghe e alcol insieme a lui. Susi confida a Luca di sentirsi invisibile ai suoi occhi, per cui gli propone di lasciarsi per essere più felici entrambi. Nel frattempo, il padre di Azzurra viene ritrovato morto d’infarto in una camera di un motel, mentre era in compagnia di un trans con cui aveva una relazione da diverso tempo. Nonostante l’attrazione per Marinoni, Susi decide di troncare la loro storia. Mary Ann confessa alla protagonista di essere incinta; Susi non vuole sapere chi sia il padre del bambino, ma le consiglia comunque di nascondere la gravidanza a Luca. Il giornale propone a Luca un articolo sullo scandalo del defunto suocero in cambio di un posto di lavoro; Pierpaolo, sebbene irato con il padre per la sua relazione con Mary Ann, gli consiglia di accettare, ma il protagonista declina l’offerta. Accompagnata Mary Ann in aeroporto, decisa a tornare a Dublino, i protagonisti rincasano e Susi viene avvicinata dal signor “Perind”, il curioso e solitario vicino, il quale afferma di sapere tante cose su di loro e di invidiarli per averli sentiti ridere, litigare e piangere: insomma, per averli sentiti vivere. 43

Produzione: Marco Belardi per Lotus Productions, con Rai Cinema, in Associazione con 3 Marys Entertainment Regia: Francesca Archibugi Soggetto: Francesca Archibugi Sceneggiatura: Francesca Archibugi, Francesco Piccolo, Paolo Virzì Interpreti: Micaela Ramazzotti (Susi), Adriano Giannini (Luca), Massimo Ghini (Marinoni), Marcello Fonte (Perind), Roisin O’Donovan (Mary Ann), Andrea Calligari (Pierpaolo), Elisa Miccoli (Lucilla), Valentina Cervi (Azzurra), Enrico Montesano (Avvocato De Sanctis) Durata: 103’ Distribuzione: 01 Distribution Uscita: 26 settembre 2019

La famiglia è una protagonista fondamentale del nostro cinema, già osservata dalla Archibugi, si pensi a Il nome del figlio, commedia che fa emergere il non detto e il senso di alienazione insito nel nucleo familiare italiano contemporaneo. Nonostante la profondità di questo nuovo film, è innegabile un senso di déjà-vu dato da un campionario di cliché che ripropongono una materia ridondante (da tradimenti extraconiugali a mogli vittime solitarie), sostenuta da attori che, nonostante le notevoli doti recitative, non fanno altro che riproporre gli stessi personaggi stereotipati, dalla svampita Ramazzotti al donnaiolo Giannini. La Ramazzotti, in sintonia con Valeria Golino nel citato film del

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2015, si erge a immagine di moglie e madre frustrata, costretta a gestire contemporaneamente più aspetti della vita familiare, occupandosi del focolare domestico e della cura della figlia, tralasciando una realizzazione personale come donna e professionista, invisibile (sia esistenzialmente che sessualmente) a un marito inadeguato, estraneo alla dimensione domestica a vantaggio della propria realizzazione professionale (sebbene passi gran parte del tempo a casa, in attesa di un posto di lavoro). La famiglia appare un nucleo alienante, in cui l’individuo perde la propria identità sottomettendosi a etichettamenti sociali anacronistici e sottilmente patriarcali, osservato dallo sguardo dell’ingenua (e repressa) straniera cattolica, per la quale l’Italia

e la famiglia italiana diventano un luogo di perdizione, tanto da far ritorno in Irlanda dopo essere stata fagocitata da una dimensione subdola, al contrario del signor Perind, interpretato da Marcello Fonte, in grado di mantenere una visione più lucida, tanto da farsi portavoce della stessa Archibugi. Il suo voyeurismo sulla vita dei protagonisti, alla stregua di James Stewart in Rear Window, sublima un piacere a lui negato dalla vita stessa, portandolo a riflettere sul significato stesso del vivere, nonostante le sue contraddizioni: l’essere inseriti in un flusso esistenziale caratterizzato da gioie e dolori, impossibili da scindere e che rendono la vita un mistero tanto affascinante quanto ambiguo.

di Gianni Costantino

Vivere è un film sul desiderio di provare qualcosa e conquistare una concretezza e una visibilità per se stessi e per gli altri, una storia di personaggi che vogliono vivere e non solo esistere, accomunati dallo stesso senso di solitudine (compreso Marinoni, il personaggio di Massimo Ghini), sebbene solo Perind si elevi a spettro completamente alienato, estraneo alla vita, relegato a una dimensione apparentemente protettiva, estranea al dolore e alla frustrazione (tradimenti, litigi, malattie...) ma in realtà escluso dal marasma incandescente che eleva l’esistenza a vita, senza cui avremmo solamente e inesorabilmente la morte.

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Leonardo Magnante

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Origine: Italia, 2019 Produzione: Tramp Limited

Nell’università di Borbona Sicula i professori sono tutti parenti e legati a filo larsi a questo andazzo e che tenta Interpreti: Luca Zingaretti (Ruggero Lipari), doppio con il Rettore Li- di formare una coscienza critica Roberto Lipari (Roberto), Ninni Bruschetta in tutti, purtroppo senza ottenere pari. (Giovanni Mancuso), Monica Guerritore nulla. Il meccanismo che è stato creato (Ministro Beccaria), Paolo Sassanelli (Luigi Castellino), Sergio Friscia (Nuccio), Silvana La svolta avviene quando Rofila come un orologio: ogni profesFallisi (Luisella Lipari), Gino Astorina (Matteo sore è libero di svolgere la propria berto s’innamora di una ragazza Lo Cicero), Maurizio Marchetti (Domenico partecipazione professionale come russa presente nell’università Lipari) vuole e dedicarsi ai propri vizi, per seguire il progetto Erasmus e Durata: 90’ passatempi e alle proprie mancan- che gli fa capire quanto sia deleDistribuzione: Medusa Film ze: c’è il professore che non viene teria l’abitudine della raccomanUscita: 3 ottobre 2019 da due anni e nessuno sa che fine dazione e del nepotismo. Roberto abbia fatto; c’è chi ha sempre fret- cambia strada, va contro la sua ta per andare a giocare a calcetto; famiglia e gli appoggi del padre chi è dichiaratamente erotomane e, insieme ad altri colleghi espere sfrutta questa inclinazione per ti d’informatica, mette a punto trattare le promozioni agli esami un’APP denominata “Tuttapposto” che permette di valutare l’oetc. Anche Roberto, il figlio del ret- perato del corpo insegnante astore, è un beneficiario di questa segnando ai docenti dei punteggi organizzazione e supera brillan- come una specie di Tripadvisor temente un esame dopo l’altro ri- universitario. spondendo alle canoniche tre doLa “rivoluzione” ha i suoi frutmande concordate in anticipo. ti, le cose cambiano e nonostante A dire la verità esiste un grup- l’hakeraggio della APP da parte po di studenti che cerca di ribel- di uno studente ribelle presto corRegia: Gianni Costantino

Soggetto e Sceneggiatura: Roberto Lipari, Paolo Pintacuda, Ignazio Rosato

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rotto e passato al nemico, il nuovo corso universitario di Borbona Sicula ha il plauso del Ministro della Pubblica Istruzione in visita ufficiale. Nel frattempo, però, la ragazza che aveva rifiutato l’aiuto di Roberto per il prolungamento dell’Erasmus (sì, anche lui aveva commesso questo peccato per amore) fa presto ritorno in Russia; proprio verso la Russia è la direzione che prende ora Roberto, consapevole di ciò che desidera dalla vita.

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L’intento è nobile e appartiene a tutte le nobili cause cui si è dedicato il cinema nei suoi centovent’anni di vita. Il nepotismo e la

corruzione nel mondo accademico universitario costituiscono un argomento cui teneva molto il protagonista, il comico Roberto Lipari, anche sceneggiatore con Pintacuda e Rosato; spinto e consigliato da Ficarra e Picone (non ufficialmente accreditati ma presenti vicino agli autori) si è rivolto per la regia a Gianni Costantino, un forte passato di aiutoregista e di direttore di casting, che seguisse la strada di una comicità corale e bene articolata. È lo stesso Costantino, in una delle sue interviste per il lancio del film a definire possibile la minore o maggiore riuscita del proprio lavoro che non avrebbe, però, mai mostrato errori o superficialità nella

scelta del cast, nodo portante della sua professione: effettivamente è così perché tutta la realizzazione della storia si basa sulla scelta raffinata di attori di “secondo piano”, di caratteristi e figuranti perfetti anche nella presenza di pochi minuti. Apprezziamo tutto questo nonché la produzione di una commedia priva di sguaiataggini e volgarità. Non ci è sembrato, invece, ancora idoneo alla tenuta completa di un intero film Roberto Lipari di cui approviamo avere messo la propria comicità seria e composta al servizio di un tema così reale e sempre attuale. Fabrizio Moresco

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di Federico Ferrone, Michele Manzolini

IL VARCO

Origine: Italia, 2019

1941, un soldato italiano parte per il fronte sovietico. Di origine russa, l’uomo è stato richiamato alle armi perché era forte la necessità di avere persone che parlassero la lingua per interloquire con le popolazioni ed interrogare i prigionieri. Attraverso una voce narrante e lo sguardo del protagonista viviamo il viaggio. Il tragitto ha inizio nei pressi del Brennero sul treno che sta portando le truppe in Ucraina. A differenza del narratore che si è fatto due anni in Etiopia, gli altri soldati sono tutti novellini. Il protagonista attraversa diversi paesi, Austria, Ungheria, Romania passando le grandi pianure dell’Ucraina, luoghi materni, descritte con affetto fino ad arrivare alla fine della ferrovia, distrutta dai russi in fuga. Poi il viaggio prosegue su automezzi in direzione di Kirovo. Sono circa mille chilometri attraverso strade fangose, in mezzo alla campagna. Le descrizioni dei

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luoghi sono intervallate da alcune visioni e ricordi di fiabe, narrate al protagonista dalla madre durante l’infanzia. A queste si alternano i ricordi della campagna d’Etiopia e le immagini della recente e tuttora in corso guerra russo-ucraina, combattuta proprio sulle stesse terre che hanno visto gli italiani in campo durante la campagna di Russia. E poi le immagini felici legate alla sua vita con Isa, la donna amata. Un passato ora troppo lontano. L’entusiasmo iniziale decade con l’arrivo dell’inverno, che porta con sé le prime morti, causate dal gelo e dalla neve. I soldati non desiderano più la vittoria, ma qualcosa di più semplice, come un letto caldo, del cibo, ma più di ogni altra cosa tornare a casa. I loro sguardi si disperdono nell’immensa steppa, spazzata dalla fredda tormenta e popolata apparentemente solo da fantasmi. Bisogna combattere con i pidocchi e le infezioni intestinali, ma soprattutto contro il freddo che entra nelle ossa e fa 45

Produzione: Claudio Giapponesi per Kiné, in Associazione con Istituto Luce Cinecittà, in collaborazione con Home Movies Archivio Nazionale del Film di Famiglia, Rai Cinema Regia: Federico Ferrone, Michele Manzolini Soggetto e Sceneggiatura: Federico Ferrone, Michele Manzolini, Wu Ming 2 Interpreti: Emidio Clementi (Narratore) Durata: 70’ Distribuzione: Istituto Luce Cinecittà Uscita: 10 ottobre 2019

staccare le unghie dai polpastrelli. La convivenza con i tedeschi come se non bastasse è davvero stretta e non certo idilliaca. Del resto per loro gli italiani servono solo per aprire chiese e bordelli. Il protagonista superato il lungo inverno decide di ripartire e arrivare oltre il Don. Ha solo il desiderio di disertare e tornare a casa.

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Federico Ferrone e Michele Manzolini, attingendo all’archivio prezioso dell’Istituto Luce e


di Home Movies, l’Archivio nazionale del film di famiglia, realizzano un documentario liberamente ispirato alle vite e ai diari dei soldati italiani. L’idea dei registi è quella di montare immagini di repertorio per formare una narrazione di finzione. La novità importante è che accanto al found footage, infatti, Il varco include immagini della contemporaneità, catturate in una Ucraina, divenuta nuovamente teatro di guerra. Un luogo in cui sembra che la risoluzione delle tensioni non possa essere gestita in altro modo che con l’uso delle armi. Una terra di morti e di fantasmi che sembrano perseguitare e confondere l’invisibile protagonista, che percepiamo solo attraverso la voce del narratore Emidio Clementi. Ogni frammento diviene così il tassello di un mosaico coerente: le immagini di un prete ortodosso che officia una messa divengono un episodio ideale ed esemplare per raccontare di un popolo, quello ucraino, fieramente avverso all’egemonia russa. Disposto a vedere come dei liberatori ieri i nazifascisti e oggi gli americani, pur di rivendicare la propria indipendenza. Il malcelato senso di dominio incontra-

stato che domina i primi pensieri del soldato viaggiatore trasmette fino a noi il senso di colpa, prima che prevalgano disillusione e sconforto, accompagnate dal rigido inverno. Da un punto di vista visivo Ferrone e Manzolini cercano un esito che sia omogeneo; infatti se le immagini di repertorio sono in bianco e nero, i colori delle riprese nell’Ucraina odierna sono a colori, ma così desaturati da agevolare la confusione con il resto e l’assenza di una soluzione di continuità. Un taglio suggestivo con cui osservare la vicenda storica nel suo complesso, che ne evidenzia la natura inquietante e fiabesca: storie che nessuno ha mai raccontato diventano spettri di vite mai vissute, ma abbastanza realistici da turbare i nostri sonni di occidentali, al caldo, lontani dalle steppe ucraine. Ciò che traspare è l’inutilità, l’alienazione, i lutti e le vicissitudini vissute da popolazioni civili e combattenti, il disprezzo reciproco fra soldati tedeschi e italiani, il passaggio dalla grottesca atmosfera della festa paesana di S.Elia in Romania, all’inizio del viaggio, ad una terribile realtà fatta di stenti, malattie e gelo

di Alessandro Pondi

impossibile da sopportare. È un film popolato da spiriti che vagano sempre più numerosi nella steppa ucraina, man mano che la guerra si fa sempre più disperata. Ricordi che si insinuano nella mente del protagonista e lo riportano agli orrori della guerra coloniale italiana. Infine frammenti di una guerra futura che si combatte oggi in Ucraina, negli stessi luoghi. Presente e passato sono due binari paralleli che si avvicinano e confluiscono, come se le ferite passate non si fossero mai rimarginate. Apprezzabile il lavoro d’archivio fatto sui documenti e le immagini d’epoca dell’Istituto Luce, montati a dovere per il fine narrativo. Qualche immagine nel racconto richiama alla mente Apocalypse Now, in quella sorta di apatia lucida nel raccontare il viaggio e nella rassegnata consapevolezza di ciò che sarebbe accaduto, compresa la perdita di ogni legame con la propria famiglia. Consigliato ai veri appassionati di storia e per conoscere da un punto di vista non accademico ciò che accadde durante la campagna di Russia. Veronica Barteri

TUTTA UN’ALTRA VITA

Origine: Italia, 2018 Produzione: Marco Poccioni, Marco Valsania per Rodeo Drive con Rai Cinema

Gianni, tassista romano, gioca spesso alla lotteria Soggetto e Sceneggiatura: Alessandro per tentare la fortuna. Pondi Un giorno, durante una Interpreti: Enrico Brignano (Gianni), Ilaria Spada (Lola), Paola Minaccioni (Lorella), delle sue corse, accompaMaurizio Lombardi (Manuel Del Grand), gna una coppia benestante all’aMonica Vallerini (Marta), Daniela Terreri eroporto di Fiumicino. Marito e (Erminia), Gabriele Lustri (Annibale), moglie, Temistocle e Marta, litiGiordano Di Cola (Gaetano), Rossella Brescia (Donna danarosa), Paolo Sassanelli gano già nel taxi e continueranno (Temistocle), Giorgio Colangeli (Alfredo), a discutere anche nella località Elio Pagano (Concierge Party) da sogno, le Maldive, dove sono Durata: 103’ diretti. Il ricco ma soprattutto Distribuzione: 01 Distribution avido signore non intende pagaUscita: 12 settembre 2019 re il corretto prezzo della corsa e Regia: Alessandro Pondi

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chiede con arroganza al tassista, come fosse un autista personale, di venirli a riprendere di lì a una settimana al termine della loro vacanza. Delle suore sono le clienti successive di Gianni e appena si siedono nella sua autovettura trovano delle chiavi dimenticate sul sedile posteriore. Il tassista cerca di restituire il mazzo di chiavi ai legittimi proprietari ma ormai sono quasi vicino all’imbarco e non riescono

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né a vederlo né a sentirlo. E così l’uomo torna alla villa dove era andato a prendere i signori poco prima. (A casa, alla Garbatella, intanto lo aspettano la moglie estetista Lorella e due figli piccoli). L’uomo, con qualche remora iniziale, con le chiavi apre così il cancello di una villa bellissima. I primi giorni familiarizza con la piscina mentre più avanti e con molta cautela riesce a entrare anche all’interno… per Gianni comincia così la doppia vita della durata di una settimana. Un giorno andando nella cabina armadio dei proprietari, trova degli abiti elegantissimi tra cui uno smoking che indossa e un invito per una festa. Nel box auto trova inoltre una fantastica Lamborghini bianca con la quale si reca a una festa esclusiva al Fontanone sul Gianicolo. L’uomo sotto mentite spoglie però ha problemi a entrare con lo smoking visto che si tratta di un white party; fino a che non lo salva una bellissima donna di nome Lola che finge di essere la sua compagna. Il tassista nel tempo libero studia ballo con la signora Erminia e se la cava piuttosto bene. Sfruttando questo suo talento, unito al fatto di essere simpatico, Gianni corteggia e conquista Lola e insieme ballano tutta la notte. L’uomo fa poi quelle gaffes tipiche di chi non è abituato a frequentare gli ambienti eleganti. Gianni, oltre a conquistare la splendida Lola, fa colpo su un noto stilista, Manuel Del Grande, che invita entrambi a una festa in casa sua l’indomani. Lola pur non avendo la patente si mette alla guida della lussuosa auto di Gianni fino a quando vengono bloccati dalle forze dell’ordine. Fortunatamente i poliziotti sono amici di Lola e quindi non fanno né controllo né contravvenzione. I due passano la notte insieme e Gianni, per lei Gian Temistocle (nome del vero proprietario della villa), l’in-

domani deve accompagnare i figli al mare. Li va a prendere vestito elegante con quel macchinone di lusso, sollecitando così la curiosità dei bambini. Il papà dice loro però che il taxi è a riparare e l’auto nuova è solo in prestito. Arriva la sera e Gianni si presenta alla festa di Manuel Del Grande; nel corso della serata cerca di far strozzare per gioco una signora che si è addormentata con la bocca aperta nel giardino della villa, scoprendo in seguito che si tratta della madre dello stilista. Alla fine l’uomo trova Lola e insieme si intrattengono con vari ospiti. Tra i temi trattati in conversazione esce anche quello della licenza dei taxi e così Gianni fa uscire un po’ la sua vera natura infervorandosi; ma all’ultimo riesce a riprendersi e a non farsi scoprire dicendo che è il proprietario della app del car sharing. L’uomo, per giustificarsi con la moglie delle notti passate fuori, mente dicendo prima di dover sostituire un collega e poi che non sta bene la sua compagna di ballo Erminia. Una di quelle sere però, al ritorno dalla lezione di ballo, Gianni riaccompagna l’amica e collega a casa rifiutando il suo invito a salire con lei. Erminia esce dalla macchina delusa e viene investita. E così il tassista dovrà trovare presto una sostituta per la gara. La moglie Lorella, affezionata a Erminia, vorrebbe andare a trovarla in ospedale e lì cominciano a nascere problemi: prima Gianni dice che è ricoverata al Gemelli e poi al Laurentino; la moglie si reca in entrambi le strutture ospedaliere inventate dal marito. Così quando Gianni si accorge che Lorella sta per arrivare anche a questa seconda falsa destinazione, finge di arrabbiarsi con un medico, come se gli avesse comunicato un improvviso trasferimento di Erminia a Padova. Gianni vorrebbe lasciare la moglie per Lola; le dice che si è 47

innamorato di lei ma Lola non crede più nell’amore e svela la sua identità di escort chiedendo il compenso per due giorni passati assieme. La ragazza, dopo aver lasciato Gianni, torna qualche giorno dopo chiedendogli un favore: è tornato il papà Alfredo, rimasto vedovo, che pensa che lei abbia un fidanzato e che sia in procinto di sposarsi. Gianni deve fingere di essere il suo compagno. In più Alfredo non sa nulla della vita reale della figlia e quindi dovranno inventare tutto anche sulle loro reali identità. Appena possibile l’uomo lascia nella villa Lola e il padre, si allontana e quando torna a casa da Lorella dice di aver passato tutta la notte a cercare il taxi che aveva detto gli fosse stato rubato (quando invece ad essere stata portata via davanti all’ospedale dove si erano incontrati Gianni e la moglie era la Lamborghini). Ma Lorella lo avverte che si è accorta che c’è qualcosa che non va e lui risponde che i sogni bisogna andare a prenderseli lasciando casa e famiglia. Gianni torna alla villa e insieme al padre di Lola vanno alla gara: lui e Lola si esibiscono, vincono e alla fine una crociera premio per Alfredo. Questi si ritroverà in crociera con Erminia che si era nel frattempo presa una vacanza dopo l’infortunio. Una volta andato via il padre, anche Lola se ne va per la seconda volta. Gianni rimane solo, senza famiglia e


senza il vero amore da poco trovato. Nel frattempo è passata una settimana e il tassista va a prendere i proprietari della villa Temistocle e Martain aeroporto e li riporta a casa. Fa finta che le loro chiavi siano cadute loro solo in quel momento e gliele restituisce. Passa qualche tempo e Gianni va un giorno a prendere dei clienti in un’altra villa romana riuscendo anche questa volta ad impossessarsi delle chiavi dell’abitazione. Va da Lola e le dice che possono stare insieme dieci giorni in questa lussuosa abitazione signorile. Anche la moglie Lorella si è rifatta una vita, comincia infatti a coltivare la sua passione per il parapendio e per il suo istruttore. Miseria e nobiltà, Un povero ricco, Poveri ma ricchi sono i titoli che sono stati citati come riferimento di questo Tutta un’altra vita di Alessandro Pondi, che convince fino a un certo punto.

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Il tema del gioco e del riscatto sociale era presente già nel film precedente del 2017, Chi m’ha visto. Brignano incarna sì la figura dell’antieroe politicamente scorretto, ma non riesce a essere efficace come a teatro o in tv. La trama è godibile ma non originale e riemergono quei messaggi che già avevano caratterizzato le pellicole appartenenti al passato del regista: cresciuto come sceneggiatore al fianco di Sandro Petraglia, con cui scrisse Compagni di scuola, qui Pondi sembra giocare nello stesso campo dei cinepanettoni realizzati con Neri Parenti, Natale in Sudafrica e Natale a Beverly Hills. La commedia, che vede protagonisti tra i migliori comici dei nostri tempi, stranamente non diverte. Il film infatti risulta popolare e triviale non per il linguaggio ma nei valori trasmessi: vari gli sketch sui soldi che denunciano l’avidità del protagonista; inoltre la pellicola ironizza un po’ triste-

di Rupert Goold

mente sulla famiglia. Può capitare nella vita di non amare più la propria moglie, ma qui si inneggia al non voler prendersi alcuna responsabilità delle proprie azioni. L’unico personaggio puro di cuore, il padre di Lola, Alfredo, dice una frase fondamentale: “Io non sopporto quelli che si sposano, fanno figli e poi vanno in giro a s……..”. La morale quindi non è delle migliori, si fa passare come soluzione all’insoddisfazione di coppia quella di farsi una seconda vita, come a dire che i problemi non si affrontano ma si evitano. Vero è che Una vita in vacanza di Lo Stato Sociale, vincitore di Sanremo 2018, è parte della colonna sonora del film ed evidenzia in pieno la filosofia di vita del protagonista. La composizione musicale originale è invece di Cris Ciampoli, musicista anche di Gabriele Muccino, che funziona alla perfezione. Giulia Angelucci

JUDY

Origine: Gran Bretagna,2019 Produzione: David Livingstone per BBC Films, Calamity Films, Pathé, 20 Century Fox Regia: Rupert Goold Soggetto e Sceneggiatura: Tom Edge Interpreti: Renée Zellweger (Judy Garland), Jessie Buckley (Rosalyn Wilder), Finn Wittrock (Mickey Deans), Rufus Sewell (Sid Luft), Michael Gambon (Bernard Delfont), Richard Cordery (Louis B. Mayer), Royce Pierreson (Burt Rhodes), Darci Shaw (Judy giovane), Andy Nyman (Dan), Daniel Cerqueira (Stan), Bella Ramsey (Lorna Luft), Lewin Lloyd (Joey Luft), Tom Durant-Pritchard (Ken Frisch), John Dagliesh (Lonnie Donegan), Adrian Lukis (Dottor Hargreaves), Gemma-Leah Devereux(Liza Minnelli), Gus Barry (Mickey Rooney), Jodie Mcnee (Vivian) Durata: 118’ Distribuzione: Notorious Pictures Uscita: 30 gennaio 2020

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All’interno di un set cinematografico, la giovane Judy Garland si prepara per riprese del suo prossi-

mo film, durante la quale, il noto produttore Louis B. Mayer, si complimenta per il suo smisurato talento canoro, talmente grande da riuscire a superare il successo di Shirley Temple come star hollywoodiana per bambini. Una trentina d’anni più tardi, Judy è una diva (non più giovanissima) in declino, bisognosa di denaro, che deve fare i conti con una vita privata costellata da diversi matrimoni (conclusi con il divorzio), e dall’abuso di psicofarmaci che compromettono il suo stato di salute. Dopo la fine di un suo spettacolo, Judy si dirige all’interno del suo hotel per fare il check-in, ma viene respinta per il mancato pagamento; quindi è costretta, suo malgrado, a tornare a casa del suo 48

ex marito Sidney Luft e a ridiscutere dell’affidamento dei loro figli. Successivamente, ad una festa, Judy incontra Mickey Deans, un giovane proprietario di un nightclub, e diventano presto amanti. In un flashback vengono mostrati gli anni dell’adolescenza di Judy, in cui il suo agente interrompe un suo appuntamento per consegnarle delle anfetamine che le consentono di controllare il suo appetito (e non farla ingrassare). L’azione poi ritorna nel 1969, con Judy che viene esortata dai suoi manager ad optare per la Gran Bretagna (al night club “Talk of the Town” di Londra) come nuova tappa dei suoi prossimi spettacoli, poiché l’accoglienza degli Stati Uniti nei suoi confronti si è

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raffreddata a causa della crescente inaffidabilità delle sue recenti performance. Judy decide quindi di imbarcarsi per l’Inghilterra, lasciando a malincuore, la custodia dei suoi due figli a Luft. In Inghilterra però, continuano i problemi di Judy riguardante l’abuso di psicofarmaci che le impediscono di esibirsi in modo efficiente sul palco, causandole inoltre, un lungo ritardo alla sua premiere di Londra. I suoi assistenti, preoccupati, si precipitano nella sua camera d’albergo per verificare le sue condizioni di salute e provvedere al make-up. Arrivata sul palco, pur con qualche timore reverenziale verso il pubblico, Judy riesce a eseguire lo spettacolo, regalando una performance eccellente. Il film ha un altro flashback con Judy da giovane che si lamenta dal fatto di essere stata nutrita con pillole per il solo scopo di aiutare a soddisfare le severe richieste dello show runner. Poi la scena cambia, e siamo ritornati a Londra nel 1969, la donna si esibisce di nuovo e inizia a cantare “The Trolley Song” suscitando notevoli consensi da parte del pubblico. Alla fine dello spettacolo, Judy incontra due fan gay che si complimentano con lei per la sua performance e viene invitata per uno spuntino a tarda serata nel loro appartamento. Commossa per la loro difficoltosa storia d’amore a causa di pregiudizi sessuali, Judy le dedica la canzone “Get Happy”. Mickey intanto, arriva a Londra e decide di fare una visita a Judy per rallegrarla. La donna però, ha ancora difficoltà a fare le sue esibizioni sul palco a causa dell’abuso di psicofarmaci e sensi di colpa per i suoi drammi familiari. Il suo agente britannico le suggerisce di consultare un medico per accertarsi del suo grave stato di salute. Durante la visita, si scopre che Judy ha avuto in passato una tracheotomia che ne ha causato l’indebolimento della sua voce.

Nel frattempo, la sua relazione con Deans è divenuta un supporto morale molto importante per la sua vita personale e Judy decide di sposarsi con lui. Judy pensa ancora ai suoi figli e soffre nel vivere lontana da loro. I bambini, tuttavia, sono felici a scuola in California. Deans suggerisce allora a Judy un investimento economico che le consentirebbe di ritirarsi dalle scene e stare finalmente vicina ai suoi figli; purtroppo però, a distanza di poco tempo, qualcosa va storto e l’affare va in fumo, incrinando il rapporto tra i due. Judy, distrutta, si esibisce ubriaca venendo fischiata e contestata dal pubblico, non riuscendo inoltre a terminare lo spettacolo. La serata successiva, Judy torna sul palco dove chiede si esibirsi un ultima volta per cantare una canzone, “Over the Rainbow”; durante l’esecuzione si emoziona e smette di cantare, ma, grazie all’incoraggiamento dei suoi fan riesce a completare la sua performance con gli applausi scoscianti di tutta la platea. L’epilogo del film ricorda che Judy morirà sei mesi dopo, nell’estate del 1969, all’età di soli 47 anni. La leggenda di Judy Garland prende corpo da quella strada luminosa “al di là dell’arcobaleno” che con l’indimenticabile performance della piccola Dorothy ne Il mago di Oz (1939) conquistò i cuori di tutto il mondo, divenendo in poco tempo, una delle più celebri stelle del firmamento hollywoodiano della golden age. Un’esistenza tormentata, sempre sull’orlo del baratro, a cavallo tra il talento e le imposizioni. Un’artista dalla personalità complessa e “impossibile” (come la definivano in molti), che ha saputo coniugare con disinvoltura canto (dotata di una voce profonda e intensa da contralto), recitazione e danza.

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Difficile quindi, riuscire a trasporre cinematograficamente la storia di una delle dive più importanti del XX secolo (senza scivolare in una fredda ricostruzione biografica), ma Rupert Goold, col suo Judy, sceglie di provare a celebrarla (con sensibilità e rispetto) raccontando (anche se in maniera romanzata) i suoi ultimi tormentati mesi di vita - prendendo come punto di riferimento la pièce teatrale End of the Rainbow di Peter Quilter - coglie l’occasione per parlare dell’aspetto più umano e fragile dietro al personaggio pubblico, di realizzazione personale e depressione. La regia tuttavia, non brilla certo per originalità, adottando una struttura narrativa fin troppo didascalica che, seppur avvalendosi dell’introduzione di brevi flashback (durante la quale la giovane Garland veniva tiranneggiata dal severo produttore Louis


B. Mayer, che le impediva addirittura di dormire e di mangiare durante le riprese) e brillanti perfomance canore strappalacrime, non riescono a rappresentare del tutto il complesso travaglio psicologico della protagonista. Ma il film: è reso apprezzabile dalla qualità della messa in scena, ricchezza delle scenografie e dalla varietà di costumi sgargianti che restituiscono il glamour dell’epoca. Senza dimenticare la

di Marco Bocci

fotografia cangiante di Ole Bratt Birkeland (American Animals) che, a seconda dello stato d’animo della protagonista, varia tonalità di colore (chiaro e scuro), riuscendo inoltre, a restituire una dimensione intima e malinconica alla vicenda. Capitolo a parte merita l’intensa interpretazione di Renée Zellweger che (senza ripiegare nella banale imitazione) - prestandosi a un possente make-up quotidiano e ad un

impegnativo training vocale pur di assomigliare alla Garland anche nei minimi dettagli (espressioni, ossessioni, perfino la sua inconfondibile postura, legata in realtà a gravissimi problemi fisici) - riesce a infondere cuore e anima al proprio personaggio, capace di comprenderne i disturbi e la solitudine che l’hanno accompagnata in ogni singolo giorno della sua vita. Alessio D’Angelo

A TOR BELLA MONICA NON PIOVE MAI

Origine: Italia, Spagna, 2019 Produzione: Santo Versace e Gianluca Curti per Minerva Pictures e Rai Cinema Regia: Marco Bocci Soggetto e Sceneggiatura: Marco Bocci Interpreti: Libero De Rienzo (Mauro), Lorenza Guerrieri (Maria), Antonia Liskova (Samantha), Fulvia Lorenzetti (Lucia), Andrea Sartoretti (Romolo), Giorgio Colangeli (Guglielmo), Giordano De Piano (Ruggero), Federico Tocci (Calaja), Gabriel Montesi (Fabio), Massimiliano Rossi (Ciro), Carlo D’Ursi (Martini), Valeria Zazzaretta (Commessa), Lorenzo Lazzarini (Domenico) Durata: 89’ Distribuzione: Altre Storie Uscita: 28 novembre 2019

Mauro e Romolo sono due fratelli che vivono con il padre, Guglielmo, la madre, Maria in un piccolo appartamento a Tor Bella Monaca, quartiere periferico di Roma. Romolo ha anche una moglie e una figlia e, dopo avere passato qualche anno di prigione,

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lavora in fabbrica come saldatore e non vuole più inventarsi grane. Nella stessa casa, fino a poco tempo prima, viveva la nonna che con la sua pensione era il fulcro portante del bilancio famigliare diventato, ora, sempre più difficile da gestire. La difficoltà della situazione è data anche dal fatto che Guglielmo ha un locale commerciale dove ha investito i suoi risparmi, affittato a un napoletano, Ciro, che non paga. Mauro ha un diploma di geometra e sta aspettando una sistemazione in un ufficio del Comune che però non arriva. Nel frattempo ha visto spezzarsi il suo legame con Samantha, che gli ha preferito, pur continuando a rimanere innamorata di lui, la posizione più sicura di un dottore con i soldi. La situazione è, così, ogni giorno in ebollizione e i protagonisti sempre in attesa della svolta che possa cambiare del tutto la loro vita. La svolta, effettivamente, avviene, con delle conseguenze dirompenti per tutti. Nella zona opera “lo sciacallo”, un losco individuo che traffica con i cinesi, droga, contrabbando etc: Mauro e i suoi amici pensano di intromettersi durante uno scambio tra lo sciacallo e i cinesi per impadronirsi dei sacchi con i soldi. Così avviene ma Mauro, rico50

nosciuto dallo sciacallo, gli sferra un colpo al viso che si rivelerà presto fatale. I poliziotti, infatti, che hanno cominciato a gironzolare intorno a questo gruppo famigliare, scoprono che i soldi con cui è stata pagata l’operazione della mamma di Mauro sono falsi, sono quelli rapinati allo sciacallo e ai cinesi. La situazione si aggrava quando lo sciacallo muore in ospedale per il pugno di Mauro; la polizia fa irruzione in casa di Guglielmo e arresta Raimondo (il suo passato pesa) nonostante Mauro insista a dire di essere il colpevole di tutto. Samantha, intanto, dopo quello che sembrava un riavvicinamento a Mauro, vista la cattiva situazione in cui si è andato a cacciare il suo innamorato, fa precipitosamente ritorno a casa del dottore riuscendo a strappare la lettera d’addio che gli aveva lasciato sul tavolo della cucina. Opera prima di Marco Bocci, attore di gran successo di serie televisive molto seguite dal pubblico, tratta da un suo stesso romanzo che, come ha detto l’autore, già in fase di scrittura conteneva la costruzione dell’immagine cinematografica.

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Naturalmente, se si andasse a scomporre sintatticamente il film, troveremmo una serie di diseguaglianze e ingenuità dovute all’euforica voglia di fare e di esprimersi che prende chi si mette per la prima volta dietro la macchina da presa. Tutto questo non ci interessa, perché il film è da amare senza condizioni e per tanti motivi. Alcuni: la passione, l’aspirazione di raccontare la storia di una famiglia, di uomini e donne, indipendentemente dalla sua ambientazione in un quartiere periferico (se non si fosse usato il nome Tor Bella Monaca nessuno avrebbe capito di quale zona si trattasse); avere quindi spezzato il trait d’union periferia=crimine=spaccio per universalizzare la difficoltà di vivere di un gruppo di persone che trovano si parli di denaro ovunque si voltino, di denaro, denaro e ancora denaro, la cui mancanza impedisce la nor-

male realizzazione di ogni tipo di rapporto. Così tra fratelli si parla poco, si mente molto, con i genitori si urla ma non si parla, tra amici né l’una né l’altra cosa, più che altro si minaccia, senza sapere poi un perché. Perfino quello che potrebbe essere l’amore di una vita, non riesce a darsi una definizione, c’è ma non c’è, si amano, certo, ma forse no, non è possibile investire, forse è più facile distruggersi. Marco Bocci ritrae tutto questo con grande rispetto, camminando a fianco dei suoi personaggi consapevole di non potere fare niente per loro se non raccontandone la storia con grande attenzione ai particolari: la cucina dove mamma Maria fa sughi per la pasta in gran quantità; gli ambienti della casa, sempre troppo stretti, angusti, scarni, senza personalità, avari di vita e di speranza, impossibile ipotizzare un’esistenza qualsiasi e men che meno amare;

fuori strade e palazzi senza significato, senza identità, annientati da una luce spietata che li accomuna nel nulla insieme ai personaggi. Simbolica, sovraccarica di significati amarissimi, la chiusura della finestra da parte di Samantha che mette un fermo a tutto per abbracciare definitivamente un futuro di benessere ma non di felicità che continua a scappare dalle mani di tutti, imprendibile, senza dimensioni, forse inesistente. Perfetti gli attori che si ritagliano ognuno una gran parte nel mostrarci silenzi e abbandoni, sofferenze e rabbie, false speranze e, soprattutto, una grande amarezza. Bocci li segue con garbo e sensibilità, misura, controllo, mostrando una fermezza direttoriale che di solito non appartiene a un’opera prima. Fabrizio Moresco

di Giulio Manfredonia

CETTO C’È, SENZADUBBIAMENTE

Origine: Italia, 2019

Dopo una lunga carriera tra politica e affari ai limiti della legalità, Cetto La Qualunque si è trasferito da diversi anni in Germania dove ha sposato la bionda teutonica Petra dalla quale ha avuto una figlia. Accanto a Cetto c’è sempre Pino, fedele braccio destro. Una sera, di ritorno da una cena dai suoceri, l’uomo riceve una telefonata che lo informa che una sua anziana zia è sul letto di morte. Tornato di corsa nel suo paese d’origine, Cetto si precipita al capezzale della parente. Quest’ultima gli racconta una storia di tanti anni prima rivelandogli una clamorosa notizia: lui non è figlio di un venditore ambulante di candeg-

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gina ma il figlio illegittimo del principe Buffo di Calabria, frutto di una notte d’amore di sua mamma con il reale. Per prima cosa Cetto va a cercare inutilmente conferma dei suoi illustri natali dalla prima moglie Carmen, la quale, nel frattempo, esaurita dopo anni di tradimenti dell’ex marito, si è fatta suora e vive in un convento di clausura. La donna lo caccia via ricoprendolo di insulti. Intanto, nel paese di Marina di Sopra ci sono diverse novità ecologiche e politicamente corrette, introdotte dal figlio Melo che è divenuto sindaco. Insoddisfatto della democrazia, il conte Venanzio avvicina Cetto e gli propone di cercare di prendere il potere e ristabilire la monarchia ponendosi come sovrano del nuo51

Produzione: Mario Gianani, Lorenzo Mieli per Wildside, Domenico Procacci per Fandango, Vision Distribution Regia: Giulio Manfredonia Soggetto: Piero Guerrera, Antonio Albanese Sceneggiatura: Antonio Albanese Interpreti: Antonio Albanese (Cetto), Gianfelice Imparato (Conte Venanzio), Caterina Shulha (Petra), Nicola Rignanese (Pino), Davide Giordano (Melo La Qualunque), Aurora Quattrocchi (Zia Annunziata), Lorenza Indovina (Carmen La Qualunque), Massimo Cagnina (Geometra), Mario Cordova (Falso invalido), Luigi Petrucci (Alto prelato) Durata: 93’ Distribuzione: Vision Distribution Uscita: 21 novembre 2019

vo Regno delle due Sicilie (o meglio, delle due Calabrie). La democrazia ha ormai fallito in Italia e forse Cetto è l’uomo giusto per tornare alla monarchia.


La proposta fa gola a Cetto che, detto fatto, si autoproclama nuovo regnante fissando la sua dimora in uno sfarzoso castello. Ma Cetto e i suoi vecchi amici, in primis Pino, non riescono ad adattarsi al nuovo stile di vita. Per di più ci si mette anche Ferdinando Buffo di Calabria, nipote del presunto padre di Cetto, che spinge l’uomo a sottoporsi al test del DNA per dimostrare la sua consanguineità con l’illustre principe. Tra l’altro Cetto viene costretto a lasciare la tedesca Petra per sposare una discendente di sangue blu, l’infanta di Portogallo, una ragazza non avvenente, per consolidare il suo regno. Arrabbiata per essere stata messa da parte, Petra promette di vendicarsi. Con l’appoggio della Chiesa, Cetto sposa l’infanta di Portogallo, ma non la bacia neanche e la lascia subito da sola per andare a sollazzarsi con un gruppo di procaci escort convocate a palazzo reale. Subito dopo viene lanciato il referendum per scegliere tra la repubblica o il ritorno alla monarchia. La campagna elettorale viene curata da Melo, che nel frattempo è stato costretto a dimettersi da sindaco perché inquisito in Germania come prestanome del padre. Cetto vince le elezioni ma scopre che è stato vittima di una macchinazione di Venanzio per ottenere il potere e di non essere il discendente del principe Buffo di Calabria. Cetto

e Pino minacciano Venanzio intimandogli di non provare più a imbrogliarli. Cetto si autoincorona, subito dopo Petra lo ferisce con un colpo di arma da fuoco. Ma l’uomo si salva. Dopo essersi ripreso, in esilio Cetto continua a inseguire i suoi sogni di monarchia in cui ormai crede fermamente, promette di riprendersi il potere, convinto che il popolo sia con lui. Cetto... e tre! Antonio Albanese porta per la terza volta sul grande schermo il personaggio di Cetto La Qualunque chiudendo, sempre con la regia di Giulio Manfredonia, un’ideale trilogia composta da Qualunquemente e Tutto tutto, niente niente (dove Cetto era protagonista di un episodio). Questa volta il personaggio serve a cavalcare un’idea attualissima: un uomo solo, e forte, al comando. Una nuova idea di monarchia, praticamente assoluta. È la naturale evoluzione del Cetto dei primi due film: imprenditore calabrese colluso con la malavita, candidato sindaco del paese di Marina di Sopra nel primo film, poi parlamentare razzista, xenofobo, maschilista e sesso-dipendente nel secondo. Questa volta il Cetto di Albanese è pronto a trasformarsi ancora, a seguire la corrente dei tempi e a diventare un sovrano assolutista, scorretto, amante delle escort (sempre più dipendente da ‘praterie’ di ‘pilu’), capace di avere un’uscita drammaticamente attuale: “gli italiani si bevono qualsiasi minchiata e io sono la minchiata giusta al momento giusto”. Le premesse insomma c’erano tutte, ma lo svolgimento non è sorretto da una sceneggiatura forte che ha i suoi punti migliori in qualche battuta affidata all’indubbio talento di Albanese e nell’idea di fondo che il populismo nasce

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sempre dall’insoddisfazione delle persone. Evidenti sono i riferimenti ad alcuni politici di oggi e al popolo italiano capace di seguire come un gregge l’”omino forte” di turno e di tornare all’essere sudditi di un monarca. Perché se il sovranismo è tanto in auge, allora sarà giusto che gli italiani si ritrovino un sovrano. E l’idea di Albanese e Pietro Guerrera, i due autori della sceneggiatura, di prendere come idea di partenza un ritorno alla monarchia non è male, come il fatto di giocare sul continuo trasformismo degli uomini assetati di potere, coprendo il tutto con la glassa dell’escamotage fiabesco (innescato dalla vecchia zia che si fa narratrice della favoletta sui veri natali di Cetto). Anche questa volta c’è tanto grottesco, tanta iperbole, tanto trash, tanto kitsch, tanto politicamente scorretto, ma dietro tutto ciò ci sono tanti inquietanti riferimenti a fatti e soprattutto a persone reali C’è tanta attualità nel teatrino grottesco messo in scena da Cetto La Qualunque di ritorno in Italia dopo anni di esilio in terra tedesca, ma è una satira che si limita a qualche siparietto senza mordere e avere una struttura forte su cui poggiare. Alcune figure sono certamente azzeccate, è il caso dei suoceri tedeschi del protagonista, neonazisti amanti di Wagner e del Risiko, del vecchio principe donnaiolo “Buffo” di Calabria, di Melo, il figlio di Cetto diventato sindaco di Marina di Sopra ‘green’ ed ecosostenibile (perché va tanto di moda). Albanese fa quello che gli riesce meglio, il vero protagonista del suo show, ponendo il suo Cetto al centro della scena, da mattatore (e monarca) assoluto quale è. Insomma Cetto c’è, senzadubbiamente, il film un po’ meno. Elena Bartoni

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di Francesco Amato

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Origine: Italia, 2019

2001, in una città del centro Italia. Elisa e Alessio sono una giovane coppia di provincia. Lei, incinta, lavora in un’agenzia interinale, lui è un acerbo allenatore di calcio. Un giorno la donna ha una perdita improvvisa. Gli esami stabiliscono che la bambina sta bene, ma riscontrano un tumore al seno. Tornando a casa, Elisa, colta da un attacco di panico, si blocca con la macchina all’interno di un tunnel. Lo stacco introduce una sequenza musicale di video amatoriali che mostrano il susseguirsi dei compleanni di Anna, la bambina che Elisa ha partorito prima di perdere la vita. Durante ogni compleanno la piccola riceve un regalo scelto dalla madre prima di morire. La dissolvenza incrociata porta al giorno antecedente il suo diciottesimo compleanno. Elisa partecipa a una gara di tuffi, ma sceglie di eseguire un tuffo pericoloso senza il permesso dell’allenatore. La sua compagna entra male in acqua e si infortuna al collo. L’allenatore decide così di allontanare Elisa dalla squadra. Tornata a casa, la ragazza discute col padre e fugge in autostop. L’uomo che le offre il passaggio è tuttavia un amico di famiglia e contatta Alessio. Anna scappa e viene investita da un’automobile. A soccorrerla è proprio Elisa, uscita dal tunnel nel quale si era bloccata precedentemente. Siamo tornati indietro nel tempo. Anna è spaesata. Arrivate a casa, la giovane riconosce l’abitazione e legge la data sul calendario. Siamo nel 2001. È successo qualcosa di inspiegabile. Fa il suo arrivo Alessio che, naturalmente, non la riconosce. Elisa spiega al compagno di aver investito la ragazza. I due decidono di ospitarla per la

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notte. Elisa osserva con commozione e curiosità la mamma che non ha mai avuto la possibilità di conoscere. Il giorno successivo Alessio parte per una trasferta con la squadra. Anna si offre di rimanere a casa e aiutare Elisa. La donna, di nascosto al compagno, frequenta un gruppo di sostegno per malati di tumore. Qui si imbatte nella giovane Carla, con la quale instaura da subito un rapporto di amicizia e solidarietà. Al gruppo si aggiunge Anna, che spiega che sua madre è ricoverata nello stesso ospedale per una malattia. Il padre si troverebbe invece in Africa per viaggi di lavoro. Anna ed Elisa passano del tempo insieme. Le due, proprio come mamma e figlia, si scontrano veementemente e si ritrovano subito dopo. Poco dopo Alessio fa il suo ritorno dalla trasferta. Elisa lo prende da parte e lo informa della malattia. Dopo un iniziale rifiuto, l’uomo contatta uno specialista per una consulenza. Il medico spiega che la terapia potrà iniziare soltanto dopo il parto e che comunque non basterà per far sopravvivere la donna, ma soltanto per regalarle altro tempo. Alessio va su tutte le furie e decide di contattare un istituto di Milano. Frattanto Elisa chiede ad Anna di aiutarla nello scegliere diciotto regali da donare a sua figlia durante la crescita. Uno per ogni compleanno, fino alla maggiore età. Le due fanno acquisti insieme. Il tempo passa e le condizioni di Elisa peggiorano. Alessio ed Elisa decidono di sposarsi. Immagini dalla festa del matrimonio nel giardino di casa; presenti, tra gli altri, i genitori di Elisa, e Carla, ormai amica fidata. Anna aiuta Alessio a dipingere quella che diventerà la sua camera durante i primi anni di vita, mentre Elisa continua a 53

Produzione: Andrea Occhipinti, Serena Sostegni, Mattia Guerra, Stefano Massenzi Regia: Francesco Amato Soggetto e Sceneggiatura: Francesco Amato, Massimo Gaudioso, Davide Lantieri, Alessio Vicenzotto Interpreti: Vittoria Puccini (Elisa), Benedetta Porcaroli (Anna), Edoardo Leo (Alessio), Sara Lazzaro (Carla), Marco Messeri (Nonno), Betti Pedrazzi (Nonna), Alessandro Giallocosta (Walter) Durata: 115’ Distribuzione: Lucky Red Uscita: 21 ottobre 2019

peggiorare. È giunto il momento di scegliere il regalo per i diciotto anni. La ragazza, su suggerimento di Elisa, prova un vestito e decide di confessare alla donna di essere sua figlia. Elisa le accarezza il volto incredula, poi cade a terra priva di sensi. Portata in ospedale, si sveglia poco dopo. Era tutto un sogno. Alessio la tranquillizza. Tra poco partorirà. I genitori la salutano, Carla le sorride. Lo stacco porta al presente: Anna si sveglia in ospedale dopo l’incidente. Abbraccia il padre e torna a casa. Tornati al passato, Elisa è in sala operatoria. Chiede carta e penna e scrive una lettera. La medesima lettera che è ora poggiata sul letto di Anna. La giovane la legge al padre, in voice over la voce di Elisa che le scrive parole d’amore. È questo il suo regalo per i diciotto anni. Elisa partorisce, bacia la bimbina, le sorride. Tornati al presente, Anna abbraccia suo padre commossa. L’uomo le dona il


vestito scelto dalla mamma per il suo compleanno. Anna lo indossa con gioia, poi scende in giardino a festeggiare con i nonni, Carla e altri amici. Sul nero, la vera foto di Elisa Girotto, la donna che ha ispirato il film. Prima la laurea al DAMS di Bologna, poi il diploma al Centro Sperimentale di Cinematografia, e quindi il primo lungometraggio, Ma che ci faccio qui! (2006), prodotto dalla stessa CSC Production. Francesco Amato, classe ’78, si è fatto spazio, pazientemente e tenacemente, all’interno dell’industria cinematografica italiana, passando senza fatica dall’insegnamento (regia alla Scuola Holden e presso le sedi del CSC di Roma e Palermo) alla fiction (è autore per Cattleya e Rai Fiction della serie Nero a metà) fino al documentario (ne ha realizzati tre riguardanti i presidi “slow food” in Africa) e al cinema di finzione (esce nel 2017 Lasciati andare, primo vero successo di critica e botteghino). Non è dunque un caso che Lucky Red, nella persona di Andrea Occhipinti, abbia deciso di affidar lui l’arduo compito di raccontare sul grande schermo la particolare storia di Elisa Girotto,

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trevigiana scomparsa nel 2017 e salita agli onori della cronaca per aver pianificato diciotto doni - da qui il titolo del film - da lasciare alla bambina che portava in grembo durante il periodo della malattia e che ha fatto appena in tempo a vedere prima di morire. Per raccontare ciò, Amato si è affidato, in scrittura, alle mani esperte di Massimo Gaudioso (Reality, Tito e gli alieni, Dogman) e al collaboratore storico Davide Lantieri (Piuma, Lasciati andare, L’ospite), ma anche alla consulenza di Alessio Vincenzotto, marito di Elisa e testimone più che mai diretto delle vicende raccontate. Delicatissimo era dunque il materiale da maneggiare ed elevati i rischi di frequentare la retorica, finendo per incappare nel ricatto morale di una vicenda tanto tragica quanto commovente. Particolare merito va dunque riconosciuto ad Amato e ai suoi collaboratori per aver imbroccato il tono, il registro con cui approcciare la storia di Elisa, qui ben interpretata da Vittoria Puccini. Risulta dunque azzeccata, e, a modo suo, spiazzante, la scelta di piegare il tempo su se stesso, lasciando incontrare, attraverso un meccanismo simultaneamente cinematografico e psicanalitico, la Anna quasi maggiorenne con l’Elisa del periodo della gravidanza,

di Mimmo Calopresti

concedendo a entrambe un’occasione per trovarsi, scoprirsi, detestarsi e amarsi, proprio come mamma e figlia. In questo senso è evidente il tentativo di Amato di smarcare pietismi e iperrealismo, inseguendo un’idea di cinema d’oltreoceano - i riferimenti sono molteplici, a partire, ovviamente, da Ritorno al futuro - e cercando di mettere al centro del discorso la vita e le molteplici occasioni che offre o può offrire nonostante le continue, e, talvolta, terribili battute d’arresto. Emerge più in generale la costante attenzione da parte dell’autore, ma anche degli interpreti - ottimi anche Edoardo Leo (Smetto quando voglio, Perfetti sconosciuti, Noi e la Giulia) e Benedetta Porcaroli (Baby) - nel raccontare con la massima delicatezza possibile una vicenda tanto complessa quanto unica, concedendosi tuttavia rischi e guizzi, respiri e sorrisi, azzardi e rimandi a un cinema che non teme di essere contemporaneo, commerciale, vendibile (degna di nota la sequenza del matrimonio con in sottofondo il brano “Don’t Look Back In Anger” degli Oasis). Elementi, questi, che fanno di 18 Regali un film produttivamente intelligente, ma anche umanamente sincero. Giorgio Federico Mosco

ASPROMONTE - LA TERRA DEGLI ULTIMI

Origine: Italia, 2019 Produzione: Fulvio e Federica Lucisano per Italian International Film con Rai Cinema

Africo, paese dell’Aspromonte, 1951. Regia: Mimmo Calopresti Giulia, maestra eleSoggetto e Sceneggiatura: Mimmo Calomentare, arriva dal lonpresti, Monica Zapelli tano nord, Como, per insegnare Interpreti: Marcello Fonte (Ciccio Italia), Francesco Colella (Peppe), Marco Leonardi nella scuola del paese. Quello (Cosimo), Sergio Rubini (Don Totò), Valeria che trova è spaventoso: case diBruni Tedeschi (Giulia), Elisabetta Gregoracci roccate, assenza totale di strade, (Maria), Francesco Grillo (Andrea), Romina Mondello (Cicca), Carlo Marrapodi (Salvatore acque, elettricità e di qualsiasi Massaro), Costantino Comito (Maresciallo), forma d’igiene mentre i bambini Fulvio Lucisano (Anziano ritornato ad Africo) a cui dovrebbe insegnare, vivoDurata: 87’ no in tuguri anneriti dal tempo, Distribuzione: Italian International Film camminano scalzi per i sentieri Uscita: 21 novembre 2019 sassosi e scoscesi senza avere il

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minimo concetto di scuola e di conoscenze. L’economia del paese è basata su un po’ di pastorizia, di allevamento dei maiali e di quello che possono dare i campi abbrutiti dal sole e dalla pioggia. La scuola non offre una situazione migliore: l’ambiente è in rovina, i banchi e le poche suppellettili non ricordano più cosa sono state, il materiale scolastico è dato da qualche vecchio fascicolo a co-

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lori (un tempo) e un mappamondo che ha visto tempi migliori. Ad accogliere e ad aiutare la maestra ad ambientarsi e a diventare, per quello che è possibile, padrona della situazione, c’è un singolare personaggio, il Poeta, l’unico in paese che sappia leggere e scrivere, convinto che nulla potrà mai cambiare la bellezza di quei monti, l’unica ricchezza che non potrà essere tolta a nessuno. Il culmine della misera vita degli abitanti di Africo è toccato quando una donna muore di parto perché non si è riusciti a trasportarla in tempo alla marina, il centro abitato in pianura dove risiede l’unico medico della zona. La gente si ribella, va dal Prefetto per ottenere la presenza di un medico che li aiuti, almeno, a non morire. Il Prefetto promette ma sa di non potere né volere mantenere perché a nessuno interessa che la popolazione di Africo migliori la propria esistenza, tutt’altro; la zona è, infatti, taglieggiata da Don Totò, il capo dei briganti locali che spadroneggia sui raccolti e sulle persone (ha portato via una delle donne del paese, la moglie di Peppe) e impedisce con l’uso delle armi quello che gli abitanti di Africo hanno cominciato a fare basandosi solo sulle loro forze: la costruzione di una strada che possa permettere di raggiungere facilmente la zona della marina e faciliti i contatti con un ambito più civile e, soprattutto, avere le cure di un medico. La situazione precipita: Don Totò ferisce con una fucilata Peppe (come monito per tutti) che riesce però a sopravvivere e a costituire in seguito l’anima della ribellione contro i soprusi e l’acquiescenza arrogante, fino a quel momento, dei carabinieri. È proprio Peppe a uccidere con un revolver Don Totò mentre sua moglie, che forse lui si sarebbe ripreso, è scacciata da tutto il paese. Non c’è speranza per un futuro migliore: tutti gli abitanti se ne vanno, chi verso la zona costiera,

chi, addirittura, diretto in Australia, Paese mitico dove alcuni di loro sono già da tempo, emigrati. Africo sparisce, sommerso da un’alluvione. La storia di un microcosmo che parla di un Paese intero; la narrazione di una condanna a essere ultimi ma anche della schiena dritta di chi non si arrende, forte solo della propria abnegazione, della consapevolezza di essere nel diritto, nel diritto di essere rispettato. Questo il significato centrale del film tratto dal libro Via dall’Aspromonte di Pietro Criaco e che Mimmo Calopresti, anche sceneggiatore con Monica Zapelli, dilata a dimostrazione di una storia che riguarda il nostro sud e quindi tutti noi. Calopresti, fin dai suoi inizi in gioventù presso l’AAMOD, l’archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico, ha messo come telaio portante dei suoi studi e, quindi, del suo raccontare, l’essere umano in rapporto con il contesto dove ha la ventura di nascere: il primo è solo con le proprie incapacità, con i propri sogni ma anche le proprie convinzioni; il secondo, che sia una città, un pezzo di montagna arida e indomabile, è subito ostile, matrigna, spietata. In questa specie di nuovo realismo con cui è condotto il film, brillano la favola e la cultura come uniche possibilità di redenzione e libertà; sullo sfondo prende luce anche la possibilità di una storia d’amore (quella tra Peppe e la maestra) che non riesce a toccare la ribalta come se il regista avesse avuto il pudore (e il timore) di non sapere gestire un sentimento che facilmente poteva prendere la strada di una serie televisiva e mostrarsi artificioso. Anche questo appartiene alla poetica del regista, l’essere umano che non sa, non sa esprimere e dà il meglio nel non dire, nei silenzi, proprio nell’intensità di ciò che non può essere afferrato.

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Tutto ciò è strettamente unito ai due aspetti fondamentali del film: l’ambientazione ostile del territorio calabrese che Carofiglio riprende con evidente, personale, passione e compassione: i vicoli sassosi più simili a dirupi che a passaggi per gli uomini; gli ambienti umidi e neri, incupiti da poveri mobili dove si posano i raccolti giornalieri del cibo poco e povero; quei piedi umidi che avanzano sui sassi, unico terreno ammesso per chi è diseredato e abbandonato, compongono quel passato appartenuto a tutti, portato sullo schermo “…per far rivivere quello che siamo stati e ricordarlo a chi guarda”, parole dello stesso Calopresti. L’altro aspetto è il gruppo di attori, dove si mischiano professionisti di alto lignaggio come Valeria Bruni Tedeschi, questa apparentemente goffa e svagata, misteriosa e bionda fatina piombata dal lontano nord in territorio di guerra per i suoi motivi più intimi; Francesco Colella e Marco Leonardi che, dopo tanto teatro, cinema e televisione sono padroni di una umanità che si arricchisce di slanci, verità e fierezza in interpretazioni sempre più profonde; la classe professionale di Rubini; Marcello Fonte che continua a portare la responsabilità del premio a Cannes nel comporre un personaggio a mezzo tra realtà e fantasia. Poi tutti gli altri, conosciuti o meno, figuranti o meno ma carissimi al regista nell’appartenenza a quella moltitudine fatta di nostalgia, legame territoriale e vibrante di sogni di un mondo che non c’è più. Fabrizio Moresco


di Ricky Tognazzi e Simona Izzo

L’AMORE STRAPPATO

Origine: Italia , 2019 Produzione: RTI, Jeki Production Regia: Ricky Tognazzi e Simona Izzo Soggetto: Vinicio Canton, Alessandro Jacchia, Giancarlo Germino, tratto da Rapita dalla giustizia (libro) di Angela Lucanto Sceneggiatura: Vinicio Canton, Giancarlo Germino, Simona Izzo, Maura Nuccetelli Interpreti: Sabrina Ferilli (Rosa Macaluso), Enzo Decaro (Rocco Macaluso), Ricky Tognazzi (avvocato Smiraglia), Primo Reggiani (avvocato Mariani), Emanuele Salce (Pubblico Ministero), Francesca Di Maggio (Arianna Macaluso), Romano Reggiani (Ivan Macaluso) Elena Minichiello (Arianna da picola), Christian Monaldi (Ivan da piccolo), Sara Casanica (Tiziana) Distribuzione: Canale 5 Durata: dai 97 ai 102 minuti a puntata Uscita: dal 31 marzo 2019 al 14 aprile 2019

PRIMO EPISODIO “La serie è liberamente ispirata a Rapita dalla Giustizia di Angela Cardani Lucanto, Maurizio Tortorella e Caterina Guarnieri edito da Rizzoli libri. I personaggi, i singoli eventi narrati, i nomi, i dialoghi e i luoghi possono peraltro essere anche frutto dell’immaginazione della libera espressione artistica degli autori; altresì i riferimenti a fatti, nomi, luoghi e persone reali possono essere frutto di esigenze e finalità artistico narrative”.Questa la premessa alla fiction.

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Rocco e Rosa Macaluso sono una famiglia come tante, si vogliono bene, hanno due figli: Arianna e Ivan. Il padre racconta fiabe la sera alla figlia e le illustra anche. Arianna deve partecipare a una recita e quella mattina dice alla madre che ogni tanto c’è una signora che va a scuola a farle fare dei disegni e a lei non è molto simpatica. Nella Casa Famiglia Sant’Antonio da Padova c’è una ragazzina, Tiziana, che parla con uno psicoterapeuta in compagnia della madre e dice che bisogna proteggere Arianna che è così piccola. La psicoterapeuta conferma che la sta già seguendo e la madre chiede alla ragazzina se è sicura di quello che dice. Tiziana conferma. Rocco, che è un ingegnere, va a far visita alla cava dove è appena stato estratto un blocco di marmo e gli operai parlano della sua carriera; nel suo lavoro lui ha sperimentato tutte le professioni e perciò è molto stimato. Novembre 1995. Recita a scuola dove Arianna è protagonista ne “La principessa del bosco.” La bambina ha paura perché non ricorda le battute. I suoi genitori sono venuti ad assistere allo spettacolo. La recita inizia e in quel momento viene portata via dai carabinieri su indicazione di un magistrato con la direttrice che non è proprio del tutto convinta mentre l’assistente sociale lo è. La recita viene interrotta; i genitori corrono a cercarla e fanno in tempo a vederla portare via dai carabinieri in seguito a un dispositivo del tribunale così come comunica loro la direttrice. La bambina urla disperata. La motivazione è che la bambina sarebbe vittima di presunti abusi sessuali, così i carabinieri 56

riferiscono ai genitori decisamente stupiti. Indagato è il padre che riceverà un avviso di garanzia e la motivazione si poggia sulla base di una perizia della psicologa che da due mesi ha frequentato la bambina a scuola. A Rosa viene in mente quello che la figlia aveva detto a proposito dei disegni. Arianna, ancora col vestito della fata del bosco addosso, viene fatta scendere davanti alla Casa Famiglia Stella Marina, che si trova davanti al mare, accompagnata dalla psicologa. In quel giorno c’è anche la festa del compleanno di Ivan, fratello di Arianna. Un amico di famiglia chiede ai genitori se abbiano già chiamato un avvocato. Ricevono una telefonata dalla madre della ragazzina che ha denunciato il fatto la quale però non ha il coraggio di parlare. La festa di compleanno di Ivan viene ovviamente rinviata e il bambino pensa che la sorella sia morta perché vede la mamma piangere. Nel frattempo Arianna, nella Casa Famiglia e ancora con indosso il vestito della fata della recita, cerca di uscire ma viene immediatamente bloccata in modo gentile sia dall’assistente sociale che da una suora che le offrono un dolce. Le viene detto che dormirà con altre bambine nella notte e vedrà come sono simpatiche. Intanto a casa Rosa è subito dalla parte di Rocco. Non dubita neppure per un momento di lui, che è affranto per l’accusa infamante che gli è stata rivolta e piange. Rocco dinanzi al magistrato si sente chiedere se conosce una ragazza di nome Tiziana Natalini che è la figlia di un suo amico ed è anche amica di Arianna e di suo figlio Ivan. È da lei che sono partite le denunce. Tiziana

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afferma che lui aveva atteggiamenti intimi con la figlia e le faceva il bagno. Lui ritiene, anche se l’avvocato lo invita a non rispondere, che sia normale aiutare la propria figlia a lavarsi ma di fronte alla richiesta su dove avvenivano questi fatti, Rocco chiede dove si voglia arrivare. Il magistrato gli dice che l’assistente sociale ritiene che Arianna soffra di una situazione post traumatica causata da abusi. Si scopre che il tribunale dei minori aveva anche deciso che Arianna avesse incontri con la dottoressa Soldani, la psicologa, senza che la famiglia venisse a saperlo. Sarebbero stati rilevati disordini alimentari a causa di una visione distorta della figura paterna che ha dato origine a una forma deviata del complesso di Elettra ascrivibile al desiderio della bambina di possedere il padre in competizione con la propria madre. Si tratta di una patologia tipica, dice il magistrato, nei casi di violenza padre e figlio. Rocco reagisce davanti al magistrato il quale sospende il colloquio. Un avvocato dice loro che non devono avere nessun contatto con la famiglia Natalini. Rosa decide invece di andare a cercare la madre di Tiziana la quale è in crisi completa perché il marito e il figlio sono stati arrestati per violenza sulla ragazzina. La donna è in stato confusionale e invita Rosa a denunciare Rocco dicendole che così potrà vedere la figlia come ha fatto lei dichiarando che sapeva. In realtà ha mentito al procuratore e Rosa non ha nessuna intenzione di accusare il marito. Capisce invece che Tiziana ha inventato delle situazioni che non erano per nulla vere. La psicologa continua a far disegnare Arianna e le chiede di rappresentare la sua paura e lei disegna un fantasma che è legato alla storia che raccontava il

padre. La Soldani deduce invece che ci sia un chiaro riferimento sessuale al quale neppure la suora che assiste a questa sua deduzione crede. Rosa dice al marito di essersi recata dalla madre di Tiziana e forse di credere che sia vero che il marito e il figlio di lei abbiamo violentato la ragazza. A questo punto Rocco dice che allora può dubitare anche di lui. Rosa cerca di sottrarsi ma poi alla fine gli urla di pensare che anche lui abbia fatto del male alla figlia. Dopo cerca di recuperare ma Il problema rimane Su mandato della psicologa Tiziana va a parlare con Arianna e le dice praticamente che se vuol rivedere la sua mamma dovrà fare di sì con la testa quando la psicologa le chiederà delle brutte cose che le ha fatto il padre. La psicologa, in un interrogatorio con vetro a specchio, chiede ad Arianna se c’è un segreto fra suo papà e lei. Arianna risponde: io volevo sposarlo ma non si può. Cosa sentita nella sequenza iniziale dove Rocco le aveva detto che non poteva sposare i genitori. Le viene chiesto se papà le ha fatto delle brutte cose e lei annuisce. Arianna subito dopo chiede alla psicologa se può tornare a casa dalla mamma dopo quello che aveva detto Tiziana e lei dice no per il suo bene. La bambina scappa via dandole della bugiarda e della cattiva. Gennaio 1996. Un mattino i carabinieri si presentano per arrestare Rocco. Macaluso viene messo in cella e disprezzato dagli altri detenuti (tranne uno dei tre) che sono nella sua stessa situazione di carcerati perché i delitti nei confronti dei bambini vengono considerati infami. Intanto il procuratore cerca di invitare Rosa a dire quella che lui ritiene essere la verità, cioè quello che il marito avrebbe fatto. Anche l’avvocato dice che l’interrogatorio 57

della bambina ha fatto emergere prove schiaccianti contro di lui e gli suggerisce una parziale confessione degli addebiti. Dinanzi a questa richiesta Macaluso lo ricusa. Rosa è tormentata dal dubbio ed è anche tentata, per un istante, di denunciare il marito; quando però poi si presenterà al procuratore gli dirà che anche se non può vedere la figlia alla quale tiene (e che farà di tutto per riabbracciare) non può denunciare il marito. Il procuratore manifesta la sua delusione. Intanto il figlio Ivan vorrebbe vedere il padre e gli viene impedito: non può andare in carcere. All’incontro in parlatorio con la moglie Rocco dice che forse è meglio così perché non vuole che il figlio lo veda in quelle condizioni. Lei gli spiega quello che il procuratore voleva che dichiarasse e gli dice che non ha potuto mentire perché lui è una persona onesta. Nel frattempo ci sono anche problemi nell’azienda perché Macaluso è assente e il lavoro non sta andando benissimo. Rosa va a chiedere solidarietà agli operai e, tranne uno che se ne va, gli altri decidono di rimanere fino alla sentenza e di dare una mano facendo dei sacrifici. In Casa Famiglia Arianna ha un’amica la quale solidarizza con lei. Le due si mettono a correre, anche se è vietato, in modo da essere punite


e poter stare insieme e diventare così amiche per sempre. Rosa incontra anche l’avvocato di Pietro il quale dice che il Pubblico Ministero è uno che è convinto delle accuse ma lei assolutamente sostiene suo marito. Lui le replica che come avvocato di Rocco deve sapere tutto. Lei risponde che non c’è assolutamente nulla da sapere. La conclusione è che bisogna andare presto al processo e raccogliere tutta la documentazione che dimostri che lui è un padre amorevole e non un genitore che abusa della figlia. L’amica dice ad Arianna che una loro compagna che sta andando via non va con i genitori ma con quelli che l’hanno adottata perché anche loro dovranno andare in adozione. Arianna non vuole assolutamente separarsi dai genitori ma l’altra replica: “Guarda che va bene, ti fanno i regali. Io non vedo l’ora di essere adottata.” Maggio 1996. Tribunale penale, processo di primo grado. Le cose si mettono subito male perché il Pubblico Ministero chiede che venga messo agli atti l’intervento registrato di Tiziana. L’ avvocato di Rocco si oppone ma il giudice lo ritiene utilizzabile. Nella dichiarazione Tiziana dice che è stata abusata dal fratello e dal padre e di aver voluto bene a Rocco fino a quando le ha detto che anche lui era come loro. A questo punto Rocco si ribella in aula e il giudice lo invita a sedersi e a tacere. Tutto questo accade in presenza della

psicoterapeuta che ha chiesto il trasferimento in Casa Famiglia della bambina. Rosa la segue per le scale e le dice che non è vero niente e che ha dato ascolto a bugie. La dottoressa Soldani invece le replica che tutto quello che sta facendo è per il bene della figlia aggiungendo che sono tante le donne che non vogliono aver visto quello che in realtà è successo veramente. Di fronte alla richiesta urlata da Rosa di sapere dove è stata portata Arianna, la psicoterapeuta se ne va. Il Pubblico Ministero aggiunge che la madre di Tiziana dice di essere stata aggredita da Rosa quando è andata a trovarla. Rosa ovviamente smentisce. La madre di Tiziana dice di essere sicura che Rocco sia un abusatore. In precedenza Rosa aveva detto che pensava che Tiziana fosse in qualche modo spinta dal desiderio di vendetta nei confronti di Rocco perché non si era accorto di quello che avveniva in casa loro. C’è uno scontro forte tra le due donne che il giudice interviene a sedare. L’avvocato Smiraglia, difensore di Rocco, dice che i bambini dovrebbero essere tenuti isolati dagli altri e invece la Soldani ha fatto incontrare Arianna con Tiziana prima di fare l’interrogatorio. L’avvocato mette alle strette la psicoterapeuta dicendole che la bambina si è limitata ad annuire con la testa, oltre al fatto che Tiziana poteva averla suggestionata e che non si è mai andati ad approfondire che cosa davvero era successo chiedendo dettagli. La Soldani dice di non averlo ritenuto necessario e di aver seguito più di 40 casi gran parte dei quali si è dimostrata poi fondata. L’avvocato Smiraglia chiede che il video dell’interrogatorio della bambina non venga messo agli atti perché realizzato in maniera scorretta e poi perché la Casa Famiglia in cui si trova Arianna non è un luogo 58

isolato dato che c’era anche Tiziana che lei poteva incontrare. Il Pubblico Ministero si oppone ma il giudice acconsente alla richiesta della Difesa. A scuola Ivan viene preso in giro dai compagni che gli dicono che il padre è carcerato. Va a portare un regalo al compleanno della sua migliore amica, che è quasi una fidanzatina, ma la madre dice che è meglio che sia lui che Rosa non entrino alla festa perché gli altri genitori non sono d’accordo e tutti ci rimangono male, ivi compresa la bambina. Nella Casa Famiglia intanto l’amica di Arianna, che era stata data in prova di adozione, torna perché la famiglia adottiva non l’ha voluta perché, lei dice, “Sono cattiva”. Intanto in carcere Rocco non riesce a non reagire alle provocazioni di un compagno di cella che continua a chiedergli che cosa ha fatto alla figlia e lo aggredisce. Gli altri due compagni li dividono. Rosa lo incontra in parlatorio e lo vede ferito alla mano e gli chiede di non reagire più così perché complica la situazione. Lo informa che l’avvocato ha proposto che Ivan vada a deporre. Rocco inizialmente è restio poi dice che se è uno dei pochi modi per riuscire a venirne fuori va bene. Ivan va a deporre e il giudice cerca di essere gentile con lui però pian piano ci si avvicina ai temi scottanti. Gli viene chiesto se la sorella aveva paura la notte, se lui sentiva qualcosa. Ivan decide di non parlare più con il giudice e corre verso il padre gridando: “Ridatemi mio padre. Liberatelo”. Rocco dice che il bambino non doveva essere portato lì. Arriva il Natale e Ivan aiuta la mamma a fare l’albero ma poi dice che non ha senso perché non ci sono suo padre e sua sorella e vuole abbandonare tutto. Rosa lo invita a continuare a lottare e lui torna ad aiutarla. Al processo al tribunale di Frascati le arringhe dell’accusa e

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dell’avvocato difensore vengono proposte in alternanza. Ovviamente ognuno rimane sulla propria posizione e l’accusa chiede più di 15 anni di condanna perché il reato sussiste, a differenza di quello che sostiene la difesa. Arianna scrive la letterina a Babbo Natale dove chiede come unico regalo di poter tornare a casa, così sarebbe il suo Natale migliore e fa una serie di buoni propositi. Nella sua stanza c’è anche l’amica Silvia, quella che è tornata dall’adozione. Marzo 1997 Rocco Macaluso viene condannato a 13 anni in quanto colpevole dei reati ascrittigli. Lui lascia l’aula urlando la propria innocenza e affermando che se avesse fatto ciò di cui lo accusano meriterebbe di essere gasato. Rosa, all’uscita con i giornalisti, conferma ancora la sua convinzione dell’innocenza del marito poi, in compagnia di un amico di famiglia, raggiunge la Casa Famiglia e, nascosta, cerca di vedere la bambina. Le suore appena se ne accorgono la fanno andare via con l’assistente e con la Soldani e i due la vedono passare in macchina davanti a loro, trasferita in un altro luogo. SECONDO EPISODIO Rosa va in ditta e un altro operaio sta abbandonando la Macaluso. Lei parla col fratello ma c’è il problema dei pagamenti dovuto al fatto che l’avvocato Smiraglia presenta parcelle enormi ma Rosa dice che bisogna resistere fino all’appello. Nella Casa Famiglia intanto c’è una coppia disposta ad adottare Arianna la quale dice che lei un papà e una mamma ce li ha già. Intanto Smiraglia dà al suo aiuto Mariani, a cui propone poi di diventare socio, una causa da seguire che riguarda una clinica che ha fatto delle truffe sulle protesi chiedendogli in pratica di abbandonare il caso Macaluso. Mariani si ribella affermando che Rocco è innocen-

te e che loro lo sanno ma Smiraglia gli replica che è una causa persa e che pertanto rimarranno a Rosa soltanto le parcelle da pagare. Mariani lascia il posto di lavoro. Gennaio 1998. Dal Tribunale dei minori viene dichiarata l’adottabilità di Arianna perché la famiglia biologica non è adeguata. Rosa si ribella gridando ma non serve a nulla. Mentre Ivan, all’insaputa di tutti, si reca in carcere per vedere il padre, Rosa ricusa l’avvocato Smiraglia dicendogli che l’aveva assunto per difenderla ma in realtà si accorge che non ha preso a cuore la causa. Poi raggiunge il carcere e trova lì il bambino il quale non può essere ammesso a parlare con il padre. Arianna una notte, con indosso nuovamente il vestito della recita, tenta la fuga dalla Casa Famiglia. La trova poi una commessa, Rita, che è quella che le è più affezionata, nascosta in uno sgabuzzino e le assicura che la aiuterà. Dirà che l’ha trovata in bagno che faceva pipì; l’affetto tra le due è evidente. Colloquio tra Rosa e Rocco che è sfiduciato. Lei dice che però non è ancora stata tenuta la seduta del Tribunale dei minori. Lui capisce che lei sta mentendo e le chiede di dire la verità ed entra ancora di più in stato di depressione. Teme di non poter uscire più dal carcere e poi lo sconvolge l’idea che Arianna possa essere data in adozione a un’altra famiglia. Lei cerca di fargli coraggio. Aprile 1998. Tribunale penale processo d’appello. Il Pubblico Ministero in sede di dibattimento porta dalla sua parte una serie di motivazioni. Dice che Rocco dovrebbe essere un uomo pacifico ma che in realtà ha avuto uno scontro in carcere. Aggiunge che si occupava anche di lavare le parti intime dei figli. Rosa replica che non c’è nulla di straordinario 59

in questo. Il Pubblico Ministero aggiunge che Ivan è scappato da casa (in realtà voleva andare al carcere a trovare il padre) e ipotizza anche il fatto che possa essere tolta anche la sua patria potestà, non solo quella di Arianna. Rosa esplode di rabbia contro di lui e la seduta viene sospesa. Rocco in cella disegna una famiglia di conigli: padre madre e due figli. In parlatorio chiede a Rosa di denunciarlo perché pensa sia l’unico modo perché lei possa riavere Arianna ma Rosa si rifiuta assolutamente in quanto sa che lui non ha fatto nulla. Lui le passa il disegno che ha completato e le dice di darlo ad Arianna e alla fine la saluta dicendole: “Perdonami”. Giunta a casa Rosa aggiunge il disegno agli altri che il padre avevo fatto per illustrare le sue storie per Arianna. Quella stessa notte Rocco in carcere tenta il suicidio e Rosa sospetta che stia succedendo qualcosa perché si accorge che sul disegno che le ha dato e che lei ha appeso al muro c’è scritta la parola Fine. Allerta il carcere e Rocco viene salvato. Arianna lascia per qualche giorno la Casa Famiglia per un primo approccio con la famiglia che potrebbe adottarla e che ha già due bambini (di cui uno adottato) e la portano al mare. L’assistente Rita parla con la dottoressa Soldani e le dice che secondo lei il posto migliore per la bambina e stare col padre e la madre. La Soldani replica: “Beh, allora dovresti sapere che cosa ha fatto il padre” mantenendo le pro-


prie convinzioni. Arianna, approfittando della distrazione della famiglia adottante, scappa dalla spiaggia e raggiunge una cabina telefonica dove si fa aiutare da una signora per telefonare alla mamma. Però non ricorda più il numero, sbaglia pertanto la telefonata e la madre della famiglia adottante riesce a raggiungerla tutta preoccupata perché non la trovavano più. Lei le dice che vuole tornare in istituto. Mentre la banca rifiuta un fido all’azienda Mariani, che è diventato il loro avvocato, dice a Rosa che ormai la situazione è così grave che bisogna minare la credibilità dei testimoni dell’accusa, cioè di Tiziana e di sua madre. Rosa inizialmente si rifiuta perché dice che l’una è piena di problemi e l’altra è stata la sua migliore amica però l’avvocato le dice che sono stati loro che hanno gettato del fango sulla sua famiglia e quindi deve reagire. Allora a questo punto Rosa ricorda che qualcosa potrebbe raccontargli. Al processo pertanto Mariani fa emergere il fatto che il padre di Tiziana si sentisse perseguitato e che avesse chiesto la separazione dalla moglie, che lei fosse andata in depressione e facesse uso di psicofarmaci. Pertanto fa emergere una sua instabilità e la donna quasi piange per queste accuse che il Pubblico Ministero cerca di bloccare ma che il giudice consente. All’uscita dal dibattimento Rosa cerca di parlare con lei ma la donna la manda via insultandola e dicendole: “Vuoi rovinare me e mia figlia

perché non emerga quello che ha fatto tuo marito.” La dottoressa Soldani dà il permesso a Stefania di incontrare la figlia Tiziana e subito dopo vediamo Tiziana andare, su sua richiesta, a testimoniare in tribunale. Tiziana dice che lei stava bene in casa Macaluso perché a casa sua suo padre e sua madre litigavano, che suo padre li ha abbandonati e poi aggiunge che non è vero che Arianna le ha detto che il padre faceva delle brutte cose. È stata lei che ha cercato di convincerla per permettere poi di ritornare a casa, così come non è vero che il padre la violentava; era solo il fratello ad averlo fatto. Chiede poi perdono a Rocco il quale glielo concede. Dicembre 1999. Sentenza del processo d’appello: Macaluso è assolto e ritorna a casa e Rosa gli dice che finalmente possono riprendersi la loro vita e glielo dice proprio nella camera di Arianna. Intanto Arianna però è stata data in adozione. L’assistente Rita considera che il padre è stato assolto ma la condanna la sconta lei. In ditta Macaluso trova l’accoglienza degli operai ma anche i problemi - mancati appalti - però nel complesso l’atmosfera è positiva e lui e Rosa pensano di potersi riprendere Arianna che adesso si trova a casa in casa signorile con tanto di istitutrice madrelingua inglese e con la sorellina che è la figlia naturale della coppia adottiva che la tratta come una sorella. Però lei comunque ha sempre la nostalgia dei suoi. Settembre 2001, Tribunale dei minori. La giudice dice che ormai Arianna è stata adottata perché il percorso dell’adozione è separato da quello da quello della sentenza del tribunale, che comunque la famiglia è stata valutata come idonea anche in seguito a tutto quello che è avvenuto per l’iter processuale e quindi la bambina 60

non è più riassegnabile alla famiglia. L’avvocato Mariani dice che ricorreranno alla Corte di Strasburgo e i genitori sono disperati. Rocco ed Ivan sono in un parco e parlano della solitudine che Rocco provava in carcere. Quando invita il figlio ad andare a giocare al pallone con altri ragazzini questi vengono portati via dai genitori. Rocco accetta un’intervista mentre Rosa ascolta dietro la porta e sente tutta la sua amarezza perché sta recuperando pian piano il lavoro, ha trovato amici che lo aiutano ma non può riavere Arianna. È con qualcun altro che la bambina adesso potrà ridere e scherzare, con qualcun altro che però non sono i suoi genitori e si chiede quale sia la ragione visto che è stato assolto. Intanto nella notte Arianna ha fatto il trolley e sta cercando di uscire dalla Villa. La madre adottiva se ne accorge, la avvicina e lei le chiede: “Ma perché mi hai preso?” e lei le dice: ”Perché volevo darti amore…volevo che anche tu avessi dei genitori”. Lei replica che i genitori ce li ha. La madre adottiva è molto tenera e molto comprensiva. Arriva anche il padre e tutti e due non la rimproverano, la accompagnano in camera. Lei è vestita sempre con l’abito della recita del giorno in cui è stata portata via. I genitori la presentano al parroco e la mamma gli dice che Dio che fa tante cose speciali bellissime ha permesso loro di incontrarsi. L’intervista a Rocco esce ma senza alcun rilievo sul giornale perché è morta Lady Diana mentre avevano promesso di dargli la copertina. Rocco pensa che nessuno la leggerà invece un uomo la legge e si presenta all’azienda dicendo di conoscere una persona che sa da chi è stata adottata Arianna. È un ex guardia giurata e non può però presentare direttamente la persona. Rocco reagisce invitandolo ad andarsene perché non si fida men-

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n t c e d q R p T c c n m c m m R i c r r a i n m h t r s S p c b b t V p n b c P l m


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tre Rosa, che si appiglia a qualsiasi possibilità, vorrebbe che invece lui si fidasse. L’uomo lascia il biglietto da visita e, una volta che se n’è andato, i due litigano Perché Rocco dice che loro dovranno riavere la figlia per le vie legali dopo il ricorso che hanno presentato mentre invece Rosa vorrebbe comunque tentare anche quella strada. È il giorno del nono compleanno di Arianna che viene festeggiata nella nuova famiglia; le viene chiesto di spegnere le candeline esprimendo un desiderio il desiderio che esprime mentalmente è quello di tornare dai suoi genitori. Rosa sta vedendo il video del compleanno in cui era presente anche Tiziana ma Rocco a un certo punto chiede di spegnere perché afferma che devono continuare a mantenere la fiducia anche se Rosa comincia ad avere paura man mano che il tempo passa. Francesca, la mamma adottiva di Arianna comincia ad avere dei dubbi. Sa che Rocco è innocente ma il parroco invece li invita a proseguire perché in realtà se loro rinunciassero all’adozione la bambina tornerebbe in Istituto e non verrebbe affidata alla famiglia. Oltretutto il marito la informa che il padre naturale è sull’orlo del fallimento mentre con loro invece la bambina ha un futuro. Il ricorso presentato dalla famiglia Macaluso viene respinto. Non resta che appellarsi al Tribunale dei diritti umani a Strasburgo ma Rosa ormai non ha più fiducia, firma ma senza senza crederci; ormai secondo lei la bambina è persa, però va a ricercare il biglietto da visita che le era stato lasciato dalla guardia giurata, Vincenzo Casagrande. Rosa va a parlare con Vincenzo e con la donna che dice di avere visto la bambina: dice di averla vista in una chiesa e che si chiama Arianna. Però in pratica le chiedono 10 milioni per dare l’informazione. Rosa mette insieme quanto possiede lei

e quanto riesce a darle il fratello e consegna 9 milioni alla coppia che le dà l’indirizzo di una chiesa ad Albano dove Arianna dovrebbe andare a messa tutte le domeniche alle 10. Mentre l’avocato sta scrivendo un appello al Presidente della Repubblica, Rosa si reca ad Albano alla chiesa del Sacro Cuore. Arianna a quell’ora è messa in un’altra chiesa dove il parroco sta raccontando che l’episodio delle due madri e di Re Salomone. Rocco poi a casa scopre una valigia pronta con dentro anche dei biglietti per andare via e quando la moglie ritorna, ovviamente delusa, le dice che loro non possono rapire la loro figlia. Rosa reagisce dicendo che la figlia è stata rapita dalla famiglia che l’ha adottata ma lui mette in chiaro che potrebbero subire un arresto e vedersi portare via anche Ivan. Rosa si incatena davanti al Tribunale dei Minori. Lei e Rocco chiedono di poter riavere la figlia. TERZO EPISODIO Dieci anni dopo Il figlio parte per l’università mentre Rocco, sul lavoro ormai diventato un dipendente, dimostra un’esperienza che il nuovo proprietario non ha. Viene chiesto il risarcimento del pagamento per le ospitalità di Arianna negli Istituti: 60.000 euro. Rosa con il permesso del custode (l’edificio è ormai in degrado) entra nella Cittadella (Istituto in cui è stata Arianna) e trova un registro e in cui c’è il suo nome. Arianna intanto va col suo ragazzo a fotografare la prima cabina da cui aveva tentato di far telefonare a casa non ricordando più il numero cercando di sfuggire dalla spiaggia ai genitori adottivi. Lui le dice che andrà a Londra ma ci vuole andare con lei e lei reagisce in modo repentino dicendo: “Sei come tutti gli altri. Vai, vai pure” e va a prendere il treno invece di rientrare con lui. Nel frattempo lei ha detto anche 61

di fare fatica a ricordare i propri genitori e un ragazzo le fa notare che non ha mai parlato di suo fratello. Intanto a casa Rocco dice a Rosa che potrebbero vendere la casa e prenderne una più piccola ormai quella è grande per loro dato che Ivan è andato via e Arianna non c’è. Invece per Rosa è la casa dei ricordi, anche dei ricordi belli e poi dice che, se un giorno Arianna dovesse tornare, non troverebbe più niente. Rocco le fa notare che hanno un debito col Comune e che la vendita della casa permetterebbe di ripagarlo. Intanto a scuola Arianna sta andando male e parla con la sorella alla quale è restia a confidare che si è lasciata con il ragazzo perché va a fare uno stage a Londra. La sorella cerca di consolarla dicendole: “Andiamo in vacanza adesso e magari trovi qualcuno di migliore”. Nel frattempo Rosa ha preso uno dei registri del personale della Casa Famiglia e dopo innumerevoli ricerche trova il nome della inserviente che si era affezionata ad Arianna e riesce ad incontrarla. La donna dice che non sa nulla della famiglia adottiva però dal colloquio emerge che riceve ogni anno una cartolina d’estate da Sabaudia dove la famiglia adottiva con lei va a villeggiare. Rosa torna a casa mentre un’agenzia immobiliare sta facendo vedere l’edificio per una possibile vendita. Rocco sembra avere deciso anche quando lei gli dice che la donna le ha riferito che Arianna pensava di essere stato abbandonata ma che ora c’è una traccia che sarebbe a Sabaudia. Rosa si dichiara pronta per partire mentre Rocco


dice che questa è una follia: come faranno a riconoscerla? Rosa replica che basterà guardarla negli occhi e lui dice: “Sì, guarderemo negli occhi tutte le ragazze della spiaggia... È assurdo” e pertanto si rifiuta di partire. Rosa parte da sola. Dopo una giornata di ricerche il risultato è nullo e intanto a casa Rocco riceve una chiamata dell’agenzia immobiliare che gli comunica che un cliente è interessato all’acquisto. Lui dice di essere ancora interessato a vendere e che si farà vivo. Cerca Rosa che però non gli risponde. Intanto Ivan incontra Emma, la ragazza del suo migliore amico che era quella bambina di cui era innamorato da piccolo ma la cui famiglia poi lo aveva allontanato perché c’era il problema del processo al padre. Rosa continua le ricerche e si trova davanti al fratello e alla sorella adottivi della famiglia di Arianna ma lei non c’è. Ivan cerca di coprire l’amico impedendo alla ragazza, che è sempre la sua compagna di scuola dell’epoca di andare nel bagno dove lui sta avendo un rapporto sessuale con una modella che ha fotografato, la ragazza però ci va lo stesso. La situazione degenera e l’amico lo accusa di aver fatto la spia e gli dice anche che con un padre del genere non poteva aspettarsi di meglio. Poco prima la ragazza gli aveva detto che lei ai suoi non

aveva detto di averlo incontrato perché i pregiudizi della mamma non erano cambiati. Ora Rocco raggiunge Rosa sulla spiaggia per aiutarla nella ricerca. Arianna è pronta per gli esami di riparazione e quindi può tornare in spiaggia con gli amici. Intanto Rocco sente di dover dire a Rosa che la ama e che non la ascerà mai. I due fanno l’amore in una cabina approfittando di un acquazzone e lui comunica anche che ha deciso di non vendere la casa. Ivan intanto cerca la ragazza per telefono per comunicarle che il suo ex ha lasciato l’appartamento e potrebbero rivedersi. Lei però non risponde al cellulare. Arianna va in spiaggia per l’ultimo bagno di stagione. Rocco e Rosa stanno ancora cercando sulla spiaggia ma lei è stanca e si ferma; lui decide di proseguire e la vede e riconosce al primo sguardo. Rosa vorrebbe correrle incontro, poterle parlare ma lui la blocca perché dice che potrebbero incorrere in gravi guai; è necessario prima parlarne con l’avvocato Mariani e poi decidere che cosa fare. Sentono anche Arianna che chiama la madre adottiva mamma e Rosa ne soffre. Rocco però poi ha un’idea va a vedere la staccionata che separa la proprietà della famiglia adottiva dalla spiaggia così riesce a sapere il loro cognome. Emma va a cercare Ivan non l’ex e in quel momento arriva il messaggio da Rocco e Rosa che è stata ritrovata Arianna. Ivan ed Emma si abbracciano e si baciano così possono dimostrarsi l’amore che provano l’uno per l’altra. I Macaluso parlano con l’avvocato Mariani il quale dice loro che loro non possono avvicinare Arianna perché impediti da un’ordinanza del Tribunale. Ivan però riflette sul fatto che lui non è compreso in quell’ordinanza. All’uscita dagli esami di riparazione che Arianna ha superato 62

Ivan le si avvicina e le consegna una busta dicendole di aprirla solo dopo che lui se ne sarà andato. In quella busta ci sono le foto di famiglia e una breve lettera in cui Ivan le scrive che lui è suo fratello. Lei deve sapere come sono andate le cose e poi può decidere liberamente. Le lascia il numero di telefono. Arriva la madre adottiva che invece vuole festeggiare e non capisce perché lei abbia anche una lacrima negli occhi. Nella notte Arianna ha un incubo in cui il fratello le chiede di muoversi e di andare verso di lui ma lei non ci riesce. Al mattino dovrebbe andare coi fratelli e i genitori adottivi a una visita al Museo della Tecnica ma dice di sentirsi male e una volta che la sorella è andata via dicendole che la coprirà decide di telefonare. Poi ci ripensa. Intanto a casa Macaluso tutti aspettano la telefonata. Alla fine Arianna decide di farsi viva; parla con Ivan e gli dà appuntamento a un bar a Villa Borghese, chiede però che vada solo la mamma. Rocco ci rimane male ma cerca di dissimulare il suo dispiacere. Sarà Ivan ad accompagnare Rosa all’incontro. Rosa arriva in anticipo ma intanto a casa Arianna è tormentata perché non sa se andare all’incontro. Alla fine ci andrà osservando la madre a distanza prima di prendere il coraggio di avvicinarla. Quel coraggio non arriva ma arriva invece Ivan che dice alla mamma che è ora di andare perché il bar sta chiudendo. Rosa cerca di rimanere ancora ma Ivan la invita ad andare via. Ivan va a scuola per rimproverare Arianna di non essersi fatta viva e lei risponde che sua madre l’aveva abbandonata, l’ha lasciata lungo tempo in Casa Famiglia senza occuparsi di lei. Ivan le mette in mano un piccolo foglio dicendole: “Qui dentro c’è la nostra storia. Leggila se hai il coraggio di farlo”. La sorella di Arianna si accorge e

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lei dice che semplicemente si tratta di una lettera di questo ragazzo che le ha scritto per scusarsi. Rosa a casa parla con Rocco e dice: “Io ho sentito che chiamava mamma quella donna e ho capito che ormai per lei io non ci sono più. Quella donna ha vissuto i suoi momenti migliori e peggiori al suo fianco. Io non c’ero” ragione per cui Rosa dà ragione al marito decidendo di lasciar perdere perché lei non tornerà più. In questo caso è Rocco a dire che ci vorrà del tempo ma, quando Arianna sarà adulta rifletterà sulla situazione e forse si farà viva. Arianna guarda i video delle proteste dei suoi genitori all’epoca così come glieli ha segnalati, insieme agli articoli, Ivan. La sorella di adozione le chiede cosa sta facendo perché pensa che Ivan sia il suo nuovo ragazzo. Lei le rivela che è il fratello e le chiede di non dire niente a nessuno. Le due si abbracciano. Mentre Arianna sembra essersi rimessa con l’ex fidanzato Matteo, la madre adottiva del tutto casualmente scopre sul suo computer portatile le immagini che lei stava vedendo delle proteste dei suoi genitori all’epoca. A casa i genitori a questo punto chiedono alla figlia di dire dove è andata secondo lei Arianna e lei è costretta a raccontare tutto e a dire che è stata contattata dal fratello. Intanto Arianna si sta dirigendo in macchina con la macchina guidata da Matteo in un luogo che a lui non dice quale sia. Il luogo è la scuola elementare che Arianna frequentava da bambina e che ora vuole fotografare Intanto i genitori adottivi hanno contattato i carabinieri. Rosa torna a casa parlando col telefono a Rocco e dicendogli che è tutta contenta perché Ivan si è fidanzato. Nel frattempo Arianna si fa portare a quella che era casa sua. Nel passare il cancello si rivede bambina insieme all’amica che

avevano denunciato Rocco. Ora Rosa e Arianna si possono riabbracciare ma l’abbraccio è breve perché arrivano i carabinieri che portano via con sé Arianna perché dicono che è minorenne e c’è un dispositivo del tribunale che vieta alla madre naturale di avvicinarla. A casa Arianna parla con la sorella la quale insiste che loro sono la sua nuova famiglia ma lei dice: “No, i miei genitori sono gli altri. Ho passato anni a chiedermi perché ero stata abbandonata, che cosa avevo che mancava, e adesso che so qual è la verità la situazione è cambiata”. Rosa si presenta per parlare con la madre adottiva la quale però alza immediatamente un muro e ancora di più lo alza il padre non appena sopraggiunge Arianna che assisteva alla scena ed è disperata perché parlano di lei come se non ci fosse. Così va via col motorino e il padre la segue in auto. Alla stazione dei Carabinieri le due madri possono in qualche misura parlarsi però è stata fatta la denuncia di scomparsa e non si può fare molto di più. Arianna raggiunge Ivan a casa sua mentre lui si trova con Emma. Arianna torna dai genitori adottivi. Nel maggio 2006 saranno loro a portare Arianna a casa di Rocco e Rosa non senza lacrime. La didascalia finale: 18 ottobre 2008. La Corte europea dei diritti dell’uomo condanna lo Stato Italiano a risarcire Arianna i suoi genitori e suo fratello. Si ribadisce che la serie è liberamente ispirata a “Rapita dalla Giustizia” di Angela L. con Maurizio Tortorella e Caterina Guarneri, libro Edito da Rizzoli. La miniserie è ispirata a quanto accaduto ad Angela Lucanto e alla sua famiglia. Partita con poco più del 15% di share, durante le 3 puntate la serie ha incrementato i suoi ascolti fino a

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superare i 4,3 milioni di telespettatori e il 19,3% di share nella puntata finale, raggiungendo picchi di 4,6 milioni di telespettatori e il 27% di share. Questi dati mostrano il crescente interesse per una tematica delicata come è quella dell’adozione e sulle storture che la stessa macchina giudiziaria può contribuire a creare. Al fine di meglio valutare quanto esposto nella fiction ho chiesto un parere a una psicoterapeuta che esercita la propria professione proprio in questo campo. Mi è stato chiarito che non può essere una psicologa da sola ad occuparsi della valutazione sull’allontanamento dalla famiglia e dell’audizione protetta. Già qui si evidenziano delle omissioni da parte delle autorità preposte. Normalmente sono i Servizi Sociali ad allontanare il minore con la collaborazione dei carabinieri. Per quanto riguarda poi l’audizione protetta essa deve avvenire in luogo neutro e le domande debbono seguire un protocollo che le impone come aperte e non suggestive e la persona che fa l’audizione non deve essere nota al minore. Se poi c’è un testimone non deve incontrare la presunta vittima prima dell’audizione stessa. Il fratello poi non può essere sentito in aula di fronte al padre accusato. Si tratta infatti di un incidente probatorio in cui il giudice, le parti e l’imputato sono


collocati dietro lo specchio unidirezionale. Al limite può esserci il giudice ma non deve indossare la toga. Le valutazioni dei disegni debbono essere accompagnate dalle verbalizzazioni del minore. Tutti questi elementi mostrano quanto fosse viziata sin dall’inizio la procedura anche qualora si fossero omesse alcune presenze per esigenze di narrazione. Va

aggiunto che Sabrina Ferilli ed Enzo Decaro sono perfettamente a loro agio nei rispettivi ruoli riuscendo ad offrire l’immagine dell’abisso in cui sprofonda una coppia di genitori quando emerge un’accusa così infamante. La sofferenza dei sue coniugi emerge con una sottigliezza che i due attori sanno come rendere in particolare dopo l’assoluzione di Rocco. È da

di Giacomo Campiotti

lì che l’assurdità dell’iter giudiziario si fa ancor più evidente grazie a due percorsi paralleli di cui l’uno non tiene conto delle deliberazioni dell’altro. Da notare che il co-regista Tognazzi si riserva uno dei ruoli più ‘antipatici’: quello dell’avvocato di grido avido e fondamentalmente cinico. Giancarlo Zappoli

OGNUNO È PERFETTO

Origine: Italia 2019 Produzione: Rai Fiction - Viola Film Regia: Giacomo Campiotti Soggetto e Sceneggiatura: Fabio Bonifacci con libero adattamento tratto dalla serie televisiva belga del 2017, “Tytgat Chocolat” diretta da Marc Bryssinck e Filip Lenaerts. Interpreti: Cristiana Capotondi (Miriam); Edoardo Leo (Ivan); Nicole Grimaudo (Alessia); Piera Degli Esposti (Emma); Raffaele Vannoli (Cristian); Gabriele Di Bello (Rick); Alice De Carlo (Tina) Aldo Arturo Pavesi (Cedrin)i; Valentina Venturis (Giulia); Matteo Dell’Armi (Django); Daniele Verrini (Sandro). Distribuzione: RAIUNO Durata: 3 puntate - 6 episodi - 50 minuti a episodio Uscita: dal 16 dicembre al 23 dicembre 2019

PRIMA PUNTATA PRIMO EPISODIO Riccardo è un ragazzo di ventiquattro anni con la sindrome di Down che passa da un tirocinio ad un altro, sempre più inu-

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tile, e vorrebbe invece avere un lavoro vero. Non è lavoro e non è nemmeno tirocinio, quello che infatti Rick è portato a fare. Il ragazzo viene lasciato in uno stanzino di un ufficio a tagliare con le forbici dei fogli di carta quando invece potrebbe usare la macchina distruggi documenti e fare molto altro. Questo accade poiché nessun impiegato dell’ufficio lo considera abile ad eseguire compiti normali e persino banali. Nessuno vuole prendersi alcuna responsabilità, al contrario tutti vedono la disabilità come un problema da gestire e il disabile come un soggetto incapace a svolgere qualsiasi mansione in autonomia. Ma Rick non ci sta più e si oppone a questa situazione. Di sua iniziativa, lascia l’ufficio e l’ennesimo tirocinio fasullo e torna a casa dove però si chiude nella solitudine non avendo nessuna prospettiva di vita che lo porti fuori dalla sua camera. A casa c’è il padre Ivan che si prende cura di lui. Per continuare a seguirlo, i suoi genitori hanno da poco cambiato le loro abitudini di vita: Ivan ha deciso di vendere l’attività e restare a casa per dedicarsi al figlio e concedere alla madre Alessia di tornare al lavoro. 64

Il padre vede il disagio del figlio e pensa che basti essere meno indulgente e meno in ansia della madre per farlo uscire dalla crisi ma poi capisce che il problema è più profondo e che Rick è pervaso da un sentimento di inutilità che lo paralizza nella volontà di agire. A causa di questo vuoto sociale, Riccardo si sente triste e frustrato e cade spesso in crisi e in depressione: gli manca la voglia di alzarsi dal letto ed uscire per affrontare una giornata dove sa di non aver nulla da fare. Fortunatamente Rick trova un alleato nel padre Ivan che decide di aiutarlo a preparare un curriculum vitae e successivamente lo accompagna per le vie della città di Torino a cercare lavoro. La ricerca del lavoro è un primo passo verso l’autonomia e la rinascita di Rick ed è un primo tassello nel percorso spirituale che avvicinerà il padre al figlio. Purtroppo però il desiderio di cambiamento e l’entusiasmo che inizialmente li accompagnano si scontrano con il muro arido della burocrazia: il sistema offre infatti a Rick solo piccole indennità e tirocini inutili che non lo aiutano ad inserirsi nella società come individuo e immobilizzano i parenti

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in un’assistenza avvilente e senza prospettive. Tutto appare ad Ivan tragicamente fermo e solo un gesto di rifiuto verso questo sistema assistenziale sembra essere la via per provare a fare qualcosa di diverso. Durante una gita organizzata dall’associazione disabili, Rick parla di lavoro con l’amico Cedrini, anch’esso Down, e, dopo aver manifestato molto sinceramente la sua volontà di trovare un lavoro vero, ottiene dall’amico un primo appuntamento nell’azienda dove quest’ultimo lavora, ovvero al reparto packaging dell’Antica Cioccolateria Abrate. Rick ne è entusiasta: ha finalmente trovato una vera occasione per lavorare. Quando comunica ai genitori la notizia, si accorge però che loro hanno altro per la testa e sembrano non prenderlo sul serio. Se da un lato Rick comunica in modo diretto tutte le emozioni e i desideri senza nascondere nulla a nessuno, dall’altro proprio i suoi genitori “normodotati” vivono nell’incomunicabilità. Infatti, Ivan legge per sbaglio un messaggio ricevuto sul cellulare di Alessia e scopre che la moglie lo tradisce con il capo; il loro matrimonio è ormai arrivato al capolinea. Nonostante la difficile situazione familiare, Rick non si ferma, vuole assolutamente lavorare ed essere autonomo. Così, si reca da solo al colloquio presso la Cioccolateria, dove lo attende Miriam, la direttrice del reparto. Però, a causa di un guasto alla bici, Rick arriva in ritardo e l’appuntamento viene cancellato: tutte le speranze sembrano per lui nuovamente sfumare. In preda alla più grande delusione, Rick si avvia di nuovo verso casa, ma appena uscito dell’edificio vede per caso, oltre una vetrata, una anziana signora in sedie a rotelle e così si ferma a parlare con

lei per condividere il sentimento di profonda tristezza che sicuramente li accomuna. L’anziana signora è Emma, madre di Miriam e proprietaria insieme a lei della Cioccolateria, è invalida, non parla più con nessuno ma sa ascoltare e comprende nel profondo l’animo di Rick così come lui comprende lei. Miriam assiste stupita all’incontro e convoca nuovamente Rick nel suo ufficio per dargli una seconda possibilità e dopo qualche scambio di battute, proprio grazie alla forza di volontà dimostrata dal ragazzo, decide di assumerlo. Da questo momento tra Rick, Emma e Miriam nasce una comunione di spiriti e di intenti che va oltre le disabilità e che li accompagnerà per tutta la storia. Finalmente Rick comincia a lavorare in reparto, il gruppo di lavoro è composto esclusivamente da ragazzi disabili. L’incredulità e le ansie dei familiari che non hanno il controllo della situazione, non fermano Miriam e il reparto. Il lavoro infatti è importante per tutti e al reparto tutto procede bene, l’ambiente è attivo e nulla si ferma a causa delle disabilità. Per Miriam i risultati sono importanti ma ciò che conta maggiormente è la missione del reparto che riesce a dare autonomia ai ragazzi e nello stesso tempo tiene viva in lei la memoria della figlia, anch’essa Down, morta tempo prima. Mentre Rick vive con entusiasmo questa nuova esperienza lavorativa e di vita, i suoi genitori affrontano sempre più in profondità la loro crisi di coppia: si confessano reciproci tradimenti e incomprensioni e maturano l’idea di una separazione. Nuovamente, Rick non si lascia turbare dalla situazione familiare e prosegue nelle sue esperienze di vita alla Cioccolateria dove, ol65

tre al lavoro, trova l’amicizia con il gruppo di ragazzi e in più scopre l’amore per Tina, una ragazza Down. La gioia di Rick è immensa e anche in questo momento sente la necessità di doverla condividere con la signora Emma che in silenzio ascolta e riflette facendo però presagire allo spettatore le future minacce che a breve tutti dovranno affrontare. Infatti, il futuro della Cioccolateria è in pericolo perché Achille, il fratello della signora Emma, assieme al giovane nipote ambizioso, vuole far entrare in affari un socio straniero che porterà molti investimenti e guadagni ma a condizione che venga smantellato proprio il reparto packaging che verrà totalmente automatizzato all’estero. Durante il consiglio d’amministrazione, in cui sono riuniti tutti i soci di famiglia per affrontare la questione, Miriam esprime il suo sconcerto e il suo dissenso poiché non vuole rinunciare assolutamente al reparto e a quello che significa per lei e per i ragazzi che ci lavorano. Ma nessuna decisione viene presa e l’episodio si chiude lasciando la questione in sospeso. SECONDO EPISODIO Durante una cena a bordo di un tram che attraversa la città di Torino, Ivan e Alessia affrontano con Rick il tema della loro separazione; il ragazzo dichiara loro di non voler essere di peso nella loro situazione e non vuole che stiano insieme solo per assisterlo.


Agli occhi dei genitori Rick è sicuramente cresciuto molto nell’ultimo periodo grazie al lavoro ottenuto alla Cioccolateria. Ormai ha ventiquattro anni e si sta muovendo per essere autonomo. È arrivato il momento che anche la madre si stacchi da lui e così Alessia si allontana per un breve periodo e parte per lavoro. Nel mentre, in azienda, Miriam fa capire ai soci di famiglia che la Cioccolateria non è solo una questione di investimenti e guadagni ma è soprattutto la storia di nonna Alice che ha creduto in grandi valori e oggi è la storia del reparto di packaging con i suoi ragazzi. Ma non tutti vengono convinti dalle sue parole e il futuro dell’azienda sembra essere sempre più incerto. Ad alleggerire l’atmosfera, arriva lo spettacolo di karaoke durante il quale tutti i ragazzi del reparto salgono sul palco per esibirsi. Ed è proprio in chiusura dello spettacolo, che Tina e Rick, sulle note di “Roma-Bangkok”, dichiarano il loro amore baciandosi in pubblico. Dopo lo spettacolo, i due ragazzi si fidanzano e vivono l’amore affrontando la loro diversità con molta normalità. Infatti, cenano a casa con Ivan e poi passano la notte insieme. Ivan capisce che i ragazzi hanno un loro modo di stare insieme, fatto di tenerezze, e così lascia che ogni esperienza tra loro evolva pian piano e nello stesso tempo cerca di gestire al meglio ogni sua ansia genitoriale. Ivan e Rick sembrano cavarsela alla grande, quando tutto sembra andare bene, arriva però impietosa la seconda grande minaccia

preannunciata da Emma. Un giorno, Rick e Tina spariscono, Ivan e Miriam pensano che possa essere una fuga d’amore tra fidanzati ma Katerina, la mamma di Tina, teme ben altro. Infatti i due ragazzi vengono fatti salire in auto da due loschi tizi che si spacciano per amici di Katerina ma che in realtà vogliono minacciare la donna a causa del passato. Katerina e Tina sono di origine albanese e devono rientrare nel loro paese; la situazione per loro diventa insostenibile e il giorno seguente la polizia le porta via dalla Cioccolateria, lasciando tutti nello sconcerto e Rick nel panico. SECONDA PUNTATA EPISODIO 3 Rick non si dà per vinto e fa di tutto per vedere Tina: raggiunge da solo il centro espulsioni in città, infrange le procedure di sicurezza e la trova. Ma per loro non ci sono possibilità, Tina non può restare in Italia e viene rimpatriata con la madre; per ragione di sicurezza, le due donne non possono più tornare e non possono mettersi in contatto con nessuno. Rick allora cade nuovamente in crisi, non si alza dal letto, non si presenta al lavoro e non sembra più interessato a reagire. Fino a quando un giorno, gli amici lo vanno a trovare e nasce l’idea di raggiungere Tina, celebrare il matrimonio con Rick per poi farla rientrare in Italia. In segreto, i ragazzi organizzano la fuga verso l’Albania, fingono con i parenti di partire per una gita in montagna con il solito gruppo Scout e invece prendono prima un treno, poi un pullman e arrivano a Zara. Avventura dopo avventura, i ragazzi scoprono il mondo per la prima volta senza la presenza dei genitori; insieme si fanno coraggio e si sentono pronti per vivere qual66

siasi situazione benché tutto per loro sia incredibilmente nuovo. Dopo aver vissuto diverse esperienze, i ragazzi conoscono dei motociclisti che si offrono di accompagnarli fino in Albania. Intanto i genitori capiscono che la gita in montagna era una montatura e così Ivan e Miriam partono in camper per cercarli, per orientarsi nella ricerca seguono le tracce lasciate dalla posizione del cellulare di Cedrini e i prelievi fatti dai ragazzi con il bancomat di Ivan. EPISODIO 4 Ivan e Miriam hanno quasi raggiunto i ragazzi ma poi perdono le tracce e decidono di continuare ugualmente andando verso Fiume. Nel mentre i ragazzi si preparano a vivere un nuovo capitolo del loro viaggio, salgono sulle moto dei nuovi amici e partono per raggiungere l’Albania. Ad un tratto, i motociclisti si fermano per fare visita ad un amico che a sorpresa si scopre essere un ex capo della polizia che ora vive isolato dal mondo a causa di una disabilità fisica che lo costringe su una sedia a rotelle. I ragazzi e Rick prima si sentono intimiditi e tentano di fuggire, successivamente raccontano la storia della loro impresa per raggiungere Tina. L’uomo è talmente colpito dalla storia che decide di aiutarli e per evitare loro troppi rischi li fa accompagnare dalla polizia fino al confine con il Montenegro da dove poi dovranno proseguire da soli con un altro pullman. I ragazzi arrivano ad un villaggio e anche qui, nell’attesa del pullman, conoscono nuove persone; tra queste però ci sono alcuni furfanti che con l’intenzione di derubarli li traggono con l’inganno lontano dal villaggio. Ma i ragazzi hanno la meglio, si salvano dai banditi e fuggono.

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Questa volta però i problemi non sono tutti risolti perché nella fuga Django si rompe una gamba e Cristian rimane senza insulina. Allora, i ragazzi sono costretti ad interrompere il viaggio per raggiungere il più vicino ospedale. Qui Rick appare sconsolato e comincia a pensare che non arriverà più da Tina. Nello stesso tempo, anche Ivan pensa che non ritroverà più i ragazzi. Ma un nuovo prelievo del bancomat li riporta sulle loro tracce e così Ivan e Miriam raggiungono l’ospedale. Nonostante le pressioni del padre, Rick non vuole tornare a casa perché vuole andare a tutti i costi da Tina e pensa che il padre non lo voglia appoggiare. Ivan inizialmente continua a ripetere a Rick che loro in quanto “disabili” non possono fare certe cose, certe esperienze, certi viaggi, invece Rick e gli amici gli dimostrano che se sono arrivati fino a lì significa che possono farcela. Arrivati a tal punto, anche Ivan cede e decide di accompagnare Rick da Tina mentre Miriam riporterà a casa gli altri ragazzi. L’episodio si chiude con padre e figlio che ripartono in camper per andare a prendere la ragazza. TERZA PUNTATA

si dirigono verso Pristina. Ad un tratto però vengono fermati dalla polizia ed essendo senza documenti vengono arrestati. Agli occhi di Ivan, la situazione è drammatica; con una telefonata l’uomo prova a chiedere soccorso a Miriam che prontamente interviene e li porta fuori dalla prigione. Ivan e Rick sono liberi ma hanno solo quattro giorni a disposizione per trovare Tina, poi devono assolutamente rientrare in Italia. Allora tutti si adoperano in ogni modo per trovare la ragazza, chiedono ovunque e alla fine la trovano. Con immensa felicità, Rick riabbraccia Tina e le svela le sue intenzioni di matrimonio che vengono chiaramente ricambiate con gioia. In questa incredibile avventura Ivan e Rick imparano a conoscersi nel profondo, ora è il figlio che insegna al padre ad aprire gli occhi sui grandi temi quali l’amore e la vita. Così Ivan confessa a Miriam di amarla ma lei non vuole impegnarsi con lui in nessun modo perché il suo cuore soffre ancora troppo per la morte della figlia. L’episodio si chiude con la partenza di Miriam per l’Italia per affrontare la difficile situazione aziendale lasciando i sentimenti d’amore di Ivan senza speranze.

EPISODIO 5 Rick e Ivan ricevono alcuni indizi per rintracciare le due donne. Scoprono che sono subito dopo il confine con il Kossovo ma purtroppo non hanno con loro i passaporti. Ivan non vorrebbe andare oltre nel viaggio mentre Rick vuole assolutamente proseguire ed è disposto a rischiare tutto per amore di Tina; così Ivan si lascia convincere e partono di nuovo. Attraversano clandestinamente i boschi per passare il confine, arrivano faticosamente dall’altra parte e con mezzi di fortuna, dopo essere stati nuovamente derubati,

EPISODIO 6 Miriam è partita, al fianco di Ivan ricompare Alessia venuta dall’Italia per conoscere Tina e assistere al matrimonio del figlio. I genitori di Rick sono entrambi felici per il figlio ma hanno anche in questo caso posizioni differenti: la madre continua a vedere il limiti della condizione di Rick mentre il padre vede tutto con occhi diversi. La madre di Tina Katerina è felice per i due giovani sposi e ripone molta fiducia in Ivan tanto che dopo il matrimonio lascerà partire la figlia per l’Italia. Il matrimonio dei ragazzi di67

venta una festa collettiva; ci sono tutti tranne Miriam che nel mentre, in Italia, lotta per il futuro del reparto ma purtroppo alla fine perde. E così, al ritorno dall’Albania, i ragazzi trovano il reparto chiuso e sono senza lavoro. Tre mesi dopo, Rick Tina e Ivan decidono di andare a rintracciare i ragazzi che stanno vivendo senza lavoro in situazioni di disagio e abbandono. Ivan raduna tutti a casa sua e propone a Miriam di mettersi in società per permettere ai ragazzi di lavorare. Così con i risparmi di Ivan, aprono un ristorante. Inizialmente, il ristorante si rivolge ad una clientela esclusiva ma da subito emergono notevoli difficoltà di gestione e il progetto sembra destinato a naufragare. Ad un tratto però tutto prende un’altra strada. Marione, uno dei ragazzi, dona per caso degli abbracci ai passanti e così facendo riempie il locale. Allora, Ivan capisce che il futuro del ristorante è nella semplicità e nell’atmosfera familiare che sa offrire a chiunque. Ancora di più Ivan intuisce la forza della diversità e spiega a tutti che il difetto può diventare una forza, perché ognuno è perfetto e può avere un ruolo che contribui-


sce al successo di un’impresa collettiva. A conclusione dell’episodio e per un perfetto lieto fine della storia, anche Miriam e Ivan arrivano a coronare il loro amore: infatti, durante la serata del Karaciok, Miriam prende coraggio e dichiara, ancora una volta sulle note di “Roma-Bangkok”, il suo amore a Ivan. Giacomo Campiotti, regista della serie, da sempre sa aprire varchi e costruire ponti su temi molto difficili in modo per nulla superficiale e mai banale. Ognuno è perfetto è la storia di una fuga da una visione soffocante della disabilità e un inno alla libertà e alla dignità di ogni essere umano. In generale, la dignità nasce dalla possibilità di essere consapevoli del proprio valore e, all’interno della società, può essere espressa con il lavoro e con la libertà di azione. Inoltre, il concetto di vivere è traducibile nel partecipare alla vita che ci circonda, nell’avere relazioni con gli altri e molto altro. Bisogna vedere però se queste premesse valgono anche in caso di disabilità. Purtroppo, il sistema offre ai disabili un’assistenza inadeguata e non funzionale all’integrazione nella società e questo provoca vuoto, disagio e isolamento. Le famiglie sono il più delle volte abbandonate a loro stesse e il ruolo dei genitori nell’educazione dei figli, in presenza di una disabilità, diventa ancora più complesso. Educare alla vita è un viaggio

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che tutti i genitori compiono con i propri figli a partire dalle piccole scelte quotidiane, è una sfida per dare strumenti per affrontare il mondo senza paura e per sviluppare competenze e autonomia. Ma questo compito genitoriale diventa estremamente difficile in caso di disabilità poiché spesso le condizioni ambientali non ne permettono la riuscita. Se l’adolescenza è fatta di anni non tiepidi ma pieni di emozioni, in questa serie c’è una storia vissuta a passo rapido dal punto di vista di un ragazzo di ventiquattro anni che non ha ancora potuto vivere in autonomia molte tappe della sua vita perché disabile e che, ad un certo punto, decide di vivere e rincorrere i propri sogni nonostante la disabilità. Passo dopo passo, Rick arriva all’autonomia e alla consapevolezza di sé; durante questo cammino scopre i valori fondamentali della vita: sincerità, generosità, amicizia, amore. Rick è una sorta di eroe moderno che di propria iniziativa compie uno straordinario atto di coraggio partendo per un viaggio che migliorerà se stesso e tutti quelli che lo accompagnano, primo fra tutti il padre Ivan. Ivan infatti evolve da genitore ansioso a figura che supporta il figlio e raggiunge, proprio grazie al dialogo con il ragazzo, nuove convinzioni. La signora Emma appare allo spettatore come una sorta di oracolo che ascolta, riflette e trasmette con la voce del pensiero presagi, profezie e consigli spirituali dall’alto della sua saggezza e si fa testimone di un’umanità consapevole e portatrice d’amore. Le vicende dei personaggi sono ambientate a Torino che è il set da dove parte tutto. La serie ritrae la città nella sua realtà odierna, come una città moderna con un tessuto sociale ed economico fatto di anni di storia, con imprese che 68

hanno attraversato epoche di sviluppo, declino e rinascita. Dalla fabbrica di cioccolato, creata dentro i Docks Dora, passando per la pasticceria Peyrano, il ristorante «L’Opposto», la pasticceria Abrate, si arriva all’aeroporto di Caselle e ancor più la storia si espande per più di 1600 Km, con un viaggio che da Torino arriva a Pristina e poi fa ritorno. La serie è un racconto molto ben orchestrato e una produzione senza dubbio riuscita, all’interno della quale tutti sembrano essere sintonizzati per raccontare qualcosa di vero. Tutti gli attori sono coinvolti in un unico gruppo di lavoro, in tantissimi luoghi diversi, per trasmettere un tema fragile e forte nello stesso tempo, con pulizia e umanità, senza mai cadere in sentimentalismi. La serie infatti parla in modo chiaro, non retorico e riesce ad aprire uno sguardo inedito sulle disabilità coinvolgendo direttamente lo spettatore. Le disabilità vanno seriamente integrate nella vita collettiva e ancor di più possono diventare punti di forza che aprono nuovi orizzonti. Da un lato Rick e i suoi amici comunicano in modo diretto emozioni e desideri senza nascondere nulla, dall’altro i “normodotati” scoprono di essere spesso artefici di incomunicabilità, ansie e tradimenti che portano al deterioramento delle relazioni. La salvezza per tutti risiede nella riscoperta dell’amore che ha come scopo più alto il bene altrui per arrivare ad una società veramente inclusiva. Un messaggio molto significativo e aperto a molteplici spunti di riflessione che il regista Campiotti sa intavolare con perfetta maestria. La serie ha avuto 4.489.000 spettatori ed ha ottenuto il 20.2% di share. Chiara Bastia

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di Cinzia TH. Torrini

VIVI E LASCIA VIVERE EPISODIO 1 - IL RITORNO

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Laura Ruggero ha tre figli molto diversi tra loro: Giada, ambiziosa studentessa universitaria aspira a frequentare un master in America, ma le precarie condizioni economiche della famiglia rendono la realizzazione del suo sogno impossibile; Giovanni, timido e riservato, gioca a pallanuoto più per far contento il padre, ma appare molto più interessato a una disciplina come quella del nuoto sincronizzato; Nina, eccentrica e determinata, ama le emozioni forti tanto da rendersi spesso protagonista di furti in piccoli negozietti. Proprio quest’ultima, durante uno dei suoi furti, entra in possesso di una borsa che contiene un diario pieno di informazioni molto personali, scritto da una ragazza molto ricca che vive una villa borghese della cittadina. Al rientro da un viaggio a Tenerife, Laura comunica ai suoi tre figli la triste notizia dell’inaspettata morte di loro padre. In mancanza dell’uomo, i quattro dovranno trovare il modo e le forze per andare avanti da soli. In realtà, attraverso delle ellissi temporali e i repentini pensieri di Laura, facciamo dei continui salti temporali nel tempo, per scoprire come gli eventi del passato siano legati a quelli presenti. Troviamo così una Laura stressata e sotto pressione, messa a dura prova dalle continue discussioni con i figli, dall’assenza del marito, scomparso nel nulla da un giorno all’altro, dalle preoccupazioni economiche e dai debiti che proprio l’uomo le ha lasciato in eredità. La donna invita la figlia Giada a rinunciare al suo desiderio di frequentare un corso di studi in America perché troppo costoso e comincia a indagare sulla scom-

parsa del marito, scoprendo così che l’uomo si trova in realtà a Tenerife e che non può fare ritorno in Italia per via di alcuni conti in sospeso con un gruppo di strozzini. Decisa ad andare a fondo delle questioni, Laura ruba dei soldi dal ristorante dove lavora e parte per Tenerife. Tornati alla realtà presente Laura riceve la visita dell’amica Rosa e del marito Saverio, uomo nei confronti del quale non riscuote molta simpatia, e di sua cognata Marilù, sorella del marito Renato, scomparsa nel nulla dopo un litigio con l’uomo. Giada, in perenne contrasto con sua madre e ben intenzionata a raggiungere i suoi obiettivi, risponde all’annuncio di lavoro di un night club che cerca ballerine, ma viene scartata subito dopo aver sostenuto il provino perché troppo algida nei movimenti e poco sensuale. Disperata, la ragazza implora il proprietario del locale a concederle una possibilità e l’uomo la invita a provare per tre giorni. Nina inizia a leggere i testi contenuti nel diario rubato, mentre Giovanni cerca di trovare un suo modo di reagire alla scoperta della morte del padre. Lo scenario si complica quando Laura viene licenziata dalla direttrice del ristorante presso il quale lavora proprio a causa del furto e, sull’orlo di una crisi e in preda alla disperazione del momento, tenta persino il suicidio, ma viene soccorsa per tempo dall’amica Rosa e dalla cognata Marilù. Quest’ultima le consiglia di recarsi presso un centro di supporto a donne in difficoltà per affrontare insieme ad altre donne questo momento complesso della sua vita. La donna, inizialmente titubante, si reca all’incontro e si ferma ad ascoltare. Il grosso segreto che nasconde le sta togliendo il sonno e le sta 69

Origine: Italia 2020 Produzione: Bibi Film TV, Rai Fiction Soggetto: Giulia Calenda, Pappi Corsicato, Monica Rametta, Valia Santella Sceneggiatura: Giulia Calenda, Monica Rametta, Valia Santella e con Pappi Corsicato Interpreti: Elena Sofia Ricci (Laura Ruggero), Massimo Ghini (Toni Romani), Antonio Gerardi (Renato Ruggero), Silvia Mazzieri (Giada Ruggero), Carlotta Antonelli: (Nina Ruggero), Giampiero De Concilio (Giovanni Ruggero), Iaia Forte (Marilù Ruggero), Bianca Nappi: (Rosa). Teresa Saponangelo (Daniela “Bonetti” Sonnino), Riccardo Maria Manera (Nicola), Giulio Beranek (Luciano) Durata: 12 episodi da 50’ Uscita: dal 23 aprile 2020 al 28 maggio 2020 su RaiUno

creando non pochi sensi di colpa. Durante il suo viaggio a Tenerife, difatti, Laura ha scoperto una triste verità: suo marito Renato, ha preso in gestione un piccolo localino chiamato “El Hermano” e si è rifatto una vita insieme a una giovanissima donna, dalla quale ha avuto persino un bambino. L’uomo non è morto come tutti credono, ma ha abbandonato tutti, moglie e figli, per rifarsi una vita. Laura, in preda ad astio e risentimento, cerca nuovi modi per ricominciare e chiede all’amica Rosa di affidarle il catering della prima comunione della piccola Lola. Rosa non può che accettare. Nina, sempre più coinvolta dalle vicende narrate nel diario, propone alla sue amiche di organizzare un furto proprio presso la villa di cui si parla in quelle misteriose pagine.


EPISODIO 2 - L’INCONTRO Il lavoro al night club si presenta molto più faticoso del previsto soprattutto perché Giada mal sopporta gli sguardi lascivi e le avances dei clienti che la mettono continuamente a disagio. Mentre il proprietario del locale la invita a rinunciare, Giada trova conforto in Miriam che si offre di aiutarla e spiegarle i trucchi del mestiere. A sua madre, Giada racconta di aver trovato un lavoro come baby sitter. Il rapporto tra le due è sempre più teso e peggiora quando Giada le chiede maggiori spiegazioni sulla morte del padre. Rosa, messa alle strette dal marito Saverio, torna sui suoi passi e informa Laura di non poterle affidare il catering della prima comunione della figlia Lola. Laura, non contenta, non ci pensa due volte e si reca ad affrontare a viso aperto Saverio, scoprendo facilmente che l’uomo ha affidato il lavoro alla ditta di catering gestita dalla sua giovane amante. Irritata dallo scenario e disgustata dall’uomo, la donna se la prende anche con l’amica Rosa alla quale rimprovera le sue debolezze di donna e l’incapacità a ribellarsi a un uomo che la umilia continuamente. Nina e le sue amiche si preparano al grande furto nella villa, osservando i continui movimenti e gli spostamenti dei due proprietari. Laura continua a frequentare gli incontri del gruppo di sostegno e conosce Daniela Bonetti, figlia di un magistrato ucciso dalla camorra. Rosa, risentita dal suo comportamento, fa di nuovo un passo

indietro e affida il catering della prima comunione della figlia Laura, contrastando le decisioni del marito Saverio. La mattina successiva, Nina e le sue amiche si intrufolano nella villa dove rubano costose scarpe e borse, ma fuggono via quando si accorgono della presenza di un ragazzo di cui non avevano calcolato l’esistenza. Mentre Giovanni è in crisi perché non vuole più far parte della squadra di nuoto, Laura ha organizzato tutto il pranzo della comunione della figlia di Rosa e si prepara per la consegna quando, distratta dalla vista di una sua vecchia conoscenza, un certo Toni, ha un incidente e rompe l’asse della macchina. Per sua fortuna viene soccorsa da un gruppo di ragazzi che, a bordo di un’apecar, la aiutano a recapitare il pranzo a destinazione giusto in tempo. È proprio dopo quel curioso episodio che a Laura viene in mente di mettere in piedi un business: preparare i famosi sartù e venderli per strada, a bordo di diversi apecar. Giada, nonostante i tre giorni di prova disastrosi, viene assunta, ma Luciano, il proprietario del locale, la invita a impegnarsi di più e a trovare il modo di far suo quel lavoro. Dopo aver fatto delle ricerche su Toni, Laura si reca a un evento per incontrarlo. Toni, sorpreso, la invita prima ad aspettare e poi la incontra con calma nel suo ufficio. L’uomo è proprietario di sette alberghi e Laura sfrutta subito la situazione per chiedergli di ripagare quel vecchio debito rimasto in sospeso tra loro. Giada si confida con il suo ex fidanzato Nicola e condivide con lui i documenti da presentare per essere accettata al Master. Il ragazzo scopre del suo lavoro nel night club e si ingelosisce quando scopre i messaggi che Luciano le invia regolarmente sul telefonino. Nina scopre che una delle sue amiche ha perso il cellulare nella villa. Il telefono è nelle mani del giovane e misterioso proprietario 70

incrociato nella villa che, scorrendo i numeri in rubrica, si imbatte presto in quello di Nina. Ricordando i giorni trascorsi a Tenerife, Laura ripensa a quanto accaduto, al litigio con suo marito, al suo rifiuto di fare ritorno in Italia e a quella tragica notte quando, il locale gestito dall’uomo, è stato accidentalmente inciendiato da qualcuno. EPISODIO 3 - LA RINASCITA A incendiare il locale è stata proprio Laura che, dopo quella notte, si porta dentro un grosso peso. Ma la donna è anche determinata a ricominciare da zero. Affiancata da Rosa, comincia a lavorare al progetto di catering a bordo dell’ape. I problemi non tardano ad arrivare e le due donne si trovano ben presto in crisi quando scopropno che qualcuno ha danneggiato l’apecar che avevano a disposizione per avviare la loro attività. Laura è convinta che sia tutta opera di Saverio, ma Rosa prende le difese dela marito perché, nonostante i tanti difetti, non si sarebbe mai reso protagonista di un gesto tanto ignobile. Aiutata da Miriam, Giada comincia a sciogliersi, mentre Nina scopre di essere seguita e osservata dal giovane ragazzo incrociato nella villa, tanto da provare un certo timore. Toni offre a Laura il suo aiuto economico, ma la donna non vuole vincolarsi a un rapporto di lavoro con lui e rifiuta l’offerta. I due si sono conosciuti a Viareggio, quando Laura lavorava in un Luna Park insieme al padre, un uomo continuamente messo alle strette dagli strozzini e pieno di debiti. La prima giornata di lavoro di Laura a bordo dell’ape non va molto bene, ma Rosa corre in suo soccorso, contribuendo al successo del progetto e attirando l’attenzione dei passanti. Rosa le confessa di aver deciso di lasciare Saverio e si dice pronta ad aiutarla in questa nuova avventura professionale.

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Mentre sta rientrando a casa, Laura scorge in lontananza la cognata Marilù mentre porta a spasso un gruppo di cani. Laura prova a chiamarla, ma Marilù non si accorge della presenza della donna. Così Laura la contatta al telefono e Marilù risponde senza esitare, fingendo, però, di essere impegnata in tournée. Laura scopre così che la cognata non sta affrontando un momento felice e scopre anche che non si è mai presentata agli incontri che le ha caldamente suggerito di seguire. La sua esistenza non è altro che una menzogna. Nina prosegue con la lettura del diario e scopre dell’esistenza di un certo Andrea. I rapporti tra Giada e Laura sono sempre più tesi e le due donne non riescono a confrontarsi senza litigare. La mattina successiva, Laura si reca da Marilù e le dice di aver scoperto tutto. La donna reagisce in malo modo e la manda via. Giovanni viene sorpreso in piscina a fare nuoto sincronizzato e viene preso in giro dalla squadra di nuoto femminile, ma proprio in quell’occasione conosce Sara che si offre di aiutarlo. Nina continua ad essere perseguitata da Andrea. Il ragazzo la osserva, la segue ovunque e le manda persino dei video sul telefonino, controllando tutti i suoi spostamenti. Laura richiama Toni e accetta la sua proposta di collaborazione. EPISODIO 4 - LA FIDUCIA Nina intimorita dalla inquietante presenza di Andrea, che la segue persino a scuola, sbaglia il compito in classe e i suoi voti cominciano a peggiorare. Laura coinvolge nel progetto del catering sia Marilù, offrendole un lavoro, sia Daniela, la giovane conosciuta durante gli incontri di supporto, dando così vita a un’azienda tutta al femminile. Le donne copriranno diversi punti della città, a bordo di diversi apecar, raddoppiando così le vendite dei sartù.

Mentre il progetto di Laura prosegue, riaffiorano anche i ricordi della sua vita precedente con Toni, dei giorni trascorsi a Viareggio, del suo lavoro come cameriere in un night club per ripagare i debiti del padre, dell’affetto di Toni nei suoi confronti, che ha provato a difenderla, tenendola ben lontana da quei clienti troppo esigenti. Sara comincia a dare a Giovanni le prime lezioni di nuoto sincronizzato. Mentre sono al lavoro, in giro per la città, Laura è costretta ad allontanarsi quando viene contattata dalla sorveglianza di un centro commerciale che ha sorpreso Nina durante uno dei suoi furti; Rosa continua a subire le pressioni del marito Saverio e Daniela viene aggredita dai suoi familiari, un gruppo di delinquenti che la invita ad allontanarsi dalla zona del porto. Daniela è così costretta a rivelare a Laura tutta la verità: lei non è la figlia del magistrato ucciso, ma fa parte della famiglia mafiosa che si è macchiata del crimine, famiglia da cui cerca in tutti i modi di allontanarsi. Laura non sa cosa fare e si prende del tempo per pensare a tutta la situazione. La donna non solo deve affrontare continui ostacoli sul lavoro, ma scopre anche di non sapere assolutamente nulla dei suoi figli, a cominciare da Nina che non riesce a spiegare alla madre le ragioni dei suoi gesti. Nel frattempo i ragazzi sono invitati a cena da un misterioso uomo. Anche Laura riceve l’invito a cena da Toni che le organizza una cena a sorpresa in una location lussuosa. I ragazzi raggiungono un prestigioso albergo, si accomodano e vengono poi raggiunti dalla madre. Toni cerca di conoscere i figli di Laura e di conversare con loro. Giada, infastidita, abbandona la cena. Laura cerca di fermarla per parlare con lei e scopre un’altra verità sui suoi figli quando la ragazza le confessa di aver trovato un lavoro come cubista. A quel 71

punto anche Giovanni tira fuori le sue verità e confessa alla madre di odiare il nuoto e di voler cambiare sport. Giada, completamente ubriaca, si lascia accompagnare a casa da Luciano e prova a baciarlo, ma l’uomo, ex alcolista, la allontana e la manda a casa prima che la situazione degeneri. Toni e Laura provano a confrontarsi, ripensando al loro passato a Viareggio. Toni le dice che non tutto è da buttare via e le consegna le chiavi di un laboratorio dove potrà preparare con calma tutti i suoi prodotti prima di venderli in città. Nina, infastidita, si reca di nuovo presso la villa e affronta Andrea insieme alle sue amiche, ma il ragazzo ha una forte crisi di nervi, causando ben presto la fuga delle tre. Il giovane viene soccorso dal fratello maggiore che corre in suo suo aiuto per riportarlo in casa. Giada si reca a casa di Nicola, chiedendogli ospitalità per qualche giorno, mentre Laura, che ha deciso di far fuori Daniela perché non può fidarsi di lei, visita il laboratorio insieme a Rosa e Marilù. Tornata a casa, scopre che Giada è andata via e Nina le consiglia di lasciarla andare. Laura torna con la memoria a quella notte a Tenerife, la notte dell’incendio. Mentre lei fugge via, subito dopo aver appicato l’incendio, suo marito Renato si mette in salvo e guarda disperato tutti i suoi progetti andare in fumo. EPISODIO 5 - L’AMORE Toni incrocia Giada all’università e la coinvolge in un progetto redditizio. Dopo aver confessato a Toni il suo sogno di fare nuoto sincronizzato, Giovanni riceve dall’uomo delle casse in regalo per ascoltare


meglio la musica, mentre Nina si intrufola nella stanza di Andrea per lasciargli un messaggio, ma fugge via quando scopre i numerosi schizzi che la riguardano. Laura si reca nel locale dove lavora Giada, ma viene mandata via dalla ragazza che le confessa di non aver bisogno di lei perché Toni le ha fatto una proposta di lavoro interessante. La donna si reca da Toni e gli intima a stare lontano dai suoi figli, ma Toni la invita ad andare con lui a chiudere un affare. I due si trovano di nuovo a collaborare insieme, proprio come a Viareggio quando per tirarla fuori dal locale, Toni le aveva proposto un altro tipo di lavoro, convincendola a riscuotere soldi dai clienti per conto di un gruppo di strozzini. Laura accetta l’invito a cena di Toni e si reca con lui in un albergo ormai pieno di debiti. Toni è interessato all’acquisto del posto ma Guido, il figlio del proprietario, ritiene che la proposta economica dell’uomo sia troppo bassa. Laura lo invita a riflettere e a valutare l’opportunità e la via di uscita che Toni gli sta offrendo. Giovanni e Sara continuano ad esercitarsi con le lezioni di nuoto sincronizzato, mentre Nina affronta Andrea e viene a conoscenza del suo disturbo della personalità, dei suoi problemi personali e della sua passione per il disegno e per le cose belle. Giada litiga con Nick, geloso del suo lavoro e del suo rapporto con Luciano. La ragazza decide così di tornare a casa. A fine serata, Toni porta Laura in una splendida casa dove la donna si sente finalmente alleggerita dalle numerose tensioni e libera di poter chiudere gli occhi, abbandonando

per un attimo tutti i suoi problemi. Toni sa di doverle molto perché è grazie a Laura se non è finito in carcere. Ricordando la loro storia, i due si lasciano travolgere dal momento e trascorrono la notte insieme. Giada torna al locale e incrocia Luciano, un po’ più brillo del solito. Poi si reca in camerino per cambiarsi, ma viene raggiunta dall’uomo che prova ad abusare di lei. La ragazza riesce a fuggire e torna a casa in lacrime. Rosa e Marilù, in giro per vendere sartù, vengono minacciate dalla famiglia di mafiosi di Daniela, ma è proprio quest’ultima a prendere le difese delle due donne, intimando a sua madre di allontanarsi. Nina chiama Laura e le racconta quanto accaduto tra Luciano e Giada. Laura cerca di consolare sua figlia, sconvolta dall’accaduto, e poi si confida con Toni. Nicola manda un messaggio a Giada per scusarsi. Rosa e Marilù convincono Laura a dare una seconda opportunità a Daniela, mentre Luciano, all’uscita dal locale, viene brutalmente picchiato da un gruppo di delinquenti. Laura si scusa con Daniela e la invita a tornare a lavorare con loro. EPISODIO 6 - IL DUBBIO Nicola si reca nel night club per cercare Giada e scopre quanto accaduto con Luciano. Toni è sempre più presente nella vita dei ragazzi e si presenta persino a prenderli a casa per portarli a scuola, ricoprendo il ruolo di padre. Nina salta la scuola e va a trovare Andrea. Il ragazzo le mostra i suoi bellissimi disegni e poi la invita ad andare con lui al Planetario. Toni subisce le pressioni dei colleghi che lo intimano a capire come far girare il denaro in contante, ma l’uomo si rifiuta di farlo girare attraverso la piccola azienda di Laura e preferisce altri metodi. Nicola si reca da Giada per scusarsi con lei e le dice di aver saputo che Luciano è stato brutalmente picchiato fuori 72

dal locale, forse per un regolamento di conti. Giada, sconvolta si reca in ospedale, ma non riesce a entrare nella stanza dell’uomo e si allontana senza essere vista. Toni concede a Giovanni e Sara l’opportunità di allenarsi nella piscina del suo albergo dato che non c’è mai nessuno e potranno stare tranquilli. Nina non vuole far sapere alle sue amiche di aver conosciuto Andrea, così quando lo incrocia per strada, fa finta di non vederlo e si allontana con le ragazze per recarsi a un festa. Andrea, ferito dall’atteggiamento di Nina, torna a casa e strappa tutti i suoi disegni. Alla festa Giovanni balla con Sara, ma viene anche colpito dalla presenza di un ragazzo molto carino che incrocia per caso. Laura trascorre la serata con Toni, ma scopre una valigetta piena di soldi in contanti, che alimenta una serie di sospetti e dubbi sull’uomo e sui suoi affari. Tornata a casa, Laura confida a Giada quello che sta accadendo tra lei e Toni e per la prima volta le due donne riescono a parlarsi senza litigare. Il giorno dopo, però, Giada, dopo aver fatto richiesta di un certificato sullo stato di famiglia, scopre che suo padre non è mai stato dichiarato morto e contatta subito sua madre. La donna la tranquilizza, dicendole che deve trattarsi di un errore. Sara e Giovanni diventano sempre più intimi e trascorrono un pomeriggio insieme. Subito dopo Giovanni scopre per caso che Luca, il fratello di Sara, è il misterioso ragazzo, molto attraente, incrociato alla festa. Nina si reca da Andrea per scusarsi, ma si imbatte nel fratello maggiore del ragazzo che la invita a non farsi più vedere. A cena con i figli, Laura scopre che Luciano è stato picchiato da qualcuno e sospetta subito di Toni, abituato fin da ragazzino a regolare i suoi conti in quel modo, macchiandosi persino di un omicidio. Frugando tra gli oggetti personali di sua madre, Giada trova il

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biglietto del locale di Tenerife “El hermano” e comincia a fare alcune indagini. Tornato da Bruxelles, Toni si presenta a casa di Laura e organizza una cena insieme ai suoi figli, ma quando la donna rientra a casa e lo sorprende lì, lo affronta e lo manda via in malo modo, invitandolo ancora una volta a stare lontano dalla sua famiglia. In seguito, affronta Giada e le dice di aver risolto anche la questione della morte di suo padre, sostenendo la versione dell’errore causato da una mancata comunicazione tra consolati. Giada, insospettita, non si ferma e quando Nicola la chiama per rivelarle che il locale El Hermano era di proprietà di suo padre, salta la cena e prenota un viaggio per recarsi a Tenerife. EPISODIO 7 - LA SCOPERTA Giunta a Tenerife, Giada si reca subito nei pressi del locale del padre e scopre ben presto dove risiede l’uomo. È così che si trova di fronte all’amare verità già scoperta da sua madre. Giada incrocia ben presto suo padre e realizza di essere stata ingannata da sua madre. Ma scopre anche tutta la verità sulla nuova vita di suo padre, sulla sua giovane compagna e su loro figlio. Andrea riporta dei disegni a Nina e i due, dopo un iniziale scontro, iniziano a confidarsi. Nina scopre del passato di Andrea, della sua storia con Teresa, del suo tentativo di farsi del male a causa di quella ragazza e del tentato suicidio. Nina, invece, prova a spiegargli le motivazioni che stanno dietro i suoi continui furti. Giovanni continua a provare con Sara le coreografie di nuoto sincronizzato, ma quando scopre che il fratello della ragazza è gay, comincia ad avere dei dubbi sui suoi sentimenti e sulla sua sessualità. Tirelli, il proprietario dell’albergo, oggetto di interesse di Toni e dei suoi uomini, continua a subire pressioni e minacce e, in seguito all’esplosione di una bomba, si

reca da Toni per pregarlo di smetterla. Toni suggerisce all’uomo di accettare l’accordo per il bene di suo padre, della sua famiglia e degli affari. Per chiudere l’accordo, Toni suggerisce a Trelli di far interdire suo padre così da poter poi firmare l’accordo al posto dell’uomo. Nonostante Laura abbia chiesto ai suoi figli di stare lontano da Toni, Giovanni si reca a trovarlo ed entra nel suo ufficio senza bussare, interrompendo un misterioso incontro. Toni è un po’ sorpreso dalla visita ed è ancora più sorpreso quando Giovanni lo invita ad andare a vedere l’esibizione di nuoto sincronizzato. Toni è un po’ freddo ma al tempo stesso combattuto. Al rientro in ufficio, tuttavia, viene colpito da un infarto e ricoverato in ospedale. Mentre Laura, Nina e Marilù si recano a vedere l’esibizione di Giovanni, Giada litiga con suo padre e gli fa numerose pressioni, invitandolo a tornare a Napoli con lei. L’uomo rifiuta, ma poco prima della partenza della figlia, la raggiunge in aeroporto per tornare in Italia insieme a lei. Luciano manda un messaggio a Giada, chiedendole un confronto di almeno 5 minuti, mentre Andrea, spinto da Nina e dalla sua vicinanza, torna a frequentare l’università. Mentre assiste meravigliata alla performance di Giovanni, Laura viene contattata dall’assistente di Toni e corre in sopedale. Subito dopo l’esibizione, Sara, al settimo cielo, cerca di baciare Giovanni, ma il ragazzo si dimostra un po’ freddo perché intimorito dalla presenza di Luca. Tornata a Napoli, Giada contatta subito i suoi fratelli e rivela loro tutta la verità. Quando anche Laura torna a casa, scopre di dover affrontare un nuovo conflitto quando fa il suo ingresso in soggiorno e si trova davanti ai suoi figli e al suo ex marito Renato.

che con il suo atteggiamento ottuso ha portato alla luce una scomoda verità, condividendola anche con i fratelli. La mattina successiva, mentre i ragazzi si recano a lezione, Laura ha un duro scontro con il marito al quale racconta della sua nuova vita e del suo nuovo lavoro, facendogli capire di volerlo fuori da tutto. Laura si reca da Toni al quale tuttavia non riesce a raccontare del ritorno di Renato. L’uomo, però, percepisce che qualcosa non va. Marilù si reca senza preavviso da Laura e scopre la verità su Renato. L’uomo prova a parlare con la sorella, incolpando Laura dell’accaduto, ma Marilù non riesce a credergli del tutto. Nonostante tutto, però, emerge un forte risentimento nei confronti di Laura che ha mentito a tutti. Laura si reca al lavoro e scopre dalle sue colleghe di dover portare a termine un lavoro molto faticoso che prevede la preparazione di 70 coperti entro la sera stessa. La donna è contenta di doversi concentrare sul lavoro e vede tutto come un’opportunità per non pensare a quello che sta vivendo in famiglia, ma quando Marilù irrompe in laboratorio e rivela a tutti la scomoda verità, anche Rosa e Daniela reagiscono molto male, abbandonando il progetto e lasciando Laura da sola a sbrigare il lavoro. Giada si rifugia tra le braccia di Nicola a cui racconta tutto quello che ha scoperto. Quando però gli chiede se può restare a dormire da lui e se possono ricominciare, scopre una inattesa verità: Nicola ha iniziato una relazione con una delle cubiste del night club. Giada, sorpresa, decide EPISODIO 8 - L’INGANNO di andare via. Toni scopre che TirelLaura è con le spalle al muro, ma li ha finalmente deciso di accettare se la prende soprattutto con Giada la loro prposta e finalizzare la ven73


dita del locale. Rosa torna da Laura e la accusa di essere un’ipocrita, ma poiché ha bisogno del lavoro la aiuterà con la consegna. Renato prova a parlare con Giovanni e a cercare un legame con il figlio, ma con scarsi risultati. Intanto Giovanni salta la prova con Sara e non si presenta all’esibizione con la squadra, deludendo la fidanzata che, tuttavia, si dimostra molto comprensiva quando scopre le motivazioni dell’assenza del ragazzo. Laura consegna il lavoro per tempo, poi, con l’inganno, incontra Marilù e prova a parlare con lei. La donna però le fa capire di non essere in alcun modo intenzionata a perdonarla. In tarda serata, Toni si reca da Laura e scopre la verità sul ritorno di Renato e si confronta con lei per capire se prova ancora dei sentimenti nei confronti del mariti. Mentre i due parlano, Renato li osserva dalla finestra. Giada torna a trovare Luciano e i due si chiariscono su quanto accaduto. L’uomo si scusa per il suo comportamento vergognoso. Giada gli chiede ospitalità per la notte e lui le cede la stanza di suo figlio. Durante la notte, però, la ragazza si alza e si reca a dormire con lui. I due passano la notte insieme. Nina va a trovare Andrea e trascorre la notte con lui, mentre Giovanni è da Sara. Anche loro trascorrono la notte insieme, ma quando Luca rientra a casa, mentre Sara sta dormendo, Giovanni si avvicina a lui e i due si baciano. Il ragazzo però si tira indietro perché non vuole ferire sua sorella. Laura chiede il divorzio a Renato.

EPISODIO 9 - LA VERITÀ Laura e Renato hanno un’accesa discussione su divorzio e figli. Poi Renato si reca a trovare i vecchi amici che lo credevano morto e si dice intenzionato a saldare tutti i suoi debiti di gioco, consegnando a Mario un anticipo per sistemare la sua situazione con gli usurai. Laura, che ha di nuovo i suoi figli contro, torna in laboratorio e si confida con Rosa, la sola a darle un po’ di sostegno. Giovanni confida a Nina i suoi sentimenti per Luca e il suo timore di ferire Sara, mentre Nina gli racconta di essere stata insieme a un ragazzo molto problematico di nome Andrea. Mentre Renato cerca un dialogo con i suoi figli, Laura regala a Giada un cappello da indossare in occasione della sua laurea, ma la ragazza le chiede di non presentarsi alla discussione di laurea. Laura, ferita, accetta la decisione della figlia, ma quando Giada scopre che il regalo che le ha fatto sua madre è una delle sue creazioni, un cappello, scoppia in lacrime. Toni riceve forti pressioni per chiudere l’affare con Tirelli. Il rapporto tra Andrea e Nina è faticoso e i due litigano spesso, così come anche Giovanni e Sara. Il ragazzo, difatti, si ingelosisce quando vede Luca tornare a casa con un nuovo fidanzato e litiga senza motivo con Sara. Il giorno dopo, tutti si recano alla laurea di Giada tranne Laura che resta a casa per amore della figlia. La donna, tuttavia, si presenta in aula all’ultimo minuto per sentire la discussione della figlia, per poi fuggire via subito dopo la proclamazione del voto. Prima di andare, però, Laura torna sui suoi passi e si complimenta con sua figlia davanti a tutti per poi allontanarsi di nuovo. Marilù le corre dietro per consolarla. Toni incontra misteriosamente Tirelli in un cimitero e gli consegna una busta. Nina rimprovera Giovanni per il suo atteggiamento e per il modo in cui si fa condizionare dal padre, 74

e Giovanni la aggredisce dicendole cose poco carine. Nina torna da Andrea e discute con lui per via della sua gelosia o delle sue ossessioni, mentre Giovanni lascia la squadra di nuoto per disperazione e confessa tutto a suo padre. Renato si reca in un locale per saldare il suo debito di gioco, ma viene incastrato e invitato a giocare a poker. Nicola scopre che Giada è a casa di Luciano e che i due si stanno frequentando. Laura è con Toni quando l’uomo la mette in guardia su ciò che potrebbe accadere. Senza fornire molte spiegazioni, Toni le rivela che potrebbero accadere cose molto brutte, ma la invita a ricordarsi di lui come dell’uomo che l’ha amata più di tutti. Poi le dice di essere costretto a sparire per un po’ per risolvere alcune questioni sporche, ma le chiede di avere fiducia. Lei gli confida di non voler perderlo di nuovo. EPISODIO 10 - LA SEPARAZIONE Per sistemare tutte le questioni in sospeso, Toni decide di sparire per un po’ e nascondersi in un luogo sicuro, ma quando il suo vice viene trovato morto nel suo ufficio, l’uomo diviene immediatamente il primo sospettato. Laura, interrogata dalla polizia, si convince che nulle è cambiato e che l’uomo è sempre lo stesso. Giovanni, sempre più nervoso, non riesce a confidare i suoi problemi né a sua madre né a suo padre; Nina si confronta con Andrea che si scusa ancora una volta per il suo comportamento eccessivo e le propone di andare in vacanza insieme, Giada continua a farsi ospitare da Luciano. Il nervosismo di Giovanni incrina anche il suo rapporto con Sara che, confusa dall’atteggiamento del fidanzato si confida con il fratello Luca. Quest’ultimo, proprio dopo aver incrociato Giovanni, gli chiede di stare lontano da lui perché non vuole ferire sua sorella. Renato chiede a Laura di trascorre la serata insieme e la invita a cena fuori. L’uomo prova a riallacciare

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il rapporto con l’ex moglie, le chiede di ricominciare e le consegna un regalo, ma Laura non solo rifiuta la proposta ma resta ferma sulla posizione, chiedendo ancora una volta il divorzio. Renato, ferito, si rifugia di nuovo nel gioco, perdendo 30 mila euro, e scompare nel nulla per giorni. Contattata da Mario, Laura viene a sapere del nuovo debito del marito e decide di aiutarlo, offrendosi di pagare il suo debito a patto che l’uomo scompaia per sempre dalla sua vita e da quella dei suoi figli. La donna affronta i creditori, offre loro un anticipo di 5 mila euro e si offre poi di restituire ogni settimana 2 mila euro. Giada cerca Nicola per chiedergli le ragioni del suo allontanamento, ma il ragazzo reagisce con freddezza e la invita a risolvere una volta per tutte i problemi tra lei e sua madre per recuperare un po’ di serenità. Nina chiede ad Andrea di uscire per andare a una festa di compleanno di Sara, ma il ragazzo ha un nuovo attacco e la chiude in bagno, spaventandola. Liberata dal fratello di Andrea, Nina fugge via in lacrime. Durante la festa di Sara, Giovanni, ubriaco, si avvicina a Luca e lo bacia. Il ragazzo lo allontana ma i due sono sorpresi da Sara che assiste sconvolta e ferita a tutta la scena. Giovanni lascia di fretta la festa, ma è troppo ubriaco e barcolla. Il ragazzo viene preso di striscio da un auto in corsa e sviene per strada. EPISODIO 11 - LA MINACCIA Giovanni è in ospedale ma è fuori pericolo e riceve la visita dei suoi familiari. Toni scopre dell’incidente e chiede alla sua assistente, Alice, di verificare le condizioni di salute di Giovanni. Quest’ultimo, stanco, si confida con il padre al quale racconta non solo del suo disinteresse nei confronti del nuoto, ma anche dei suoi sentimenti per Luca. Il fratello di Andrea torna da Nina e la invita ancora una volta a stare lontana, minacciandola di rivelare alla polizia del furto nella villa. Nina, risen-

tita, ripiega su un suo compagno di classe e si allontana con lui. Toni si reca in ospedale e si fa raccontare da Giovanni ogni cosa sulla dinamica dell’incidente, poi chiede al ragazzo di non rivelare a nessuno del loro incontro. Le colleghe di Laura, dopo un iniziale rifiuto, si offrono di aiutarla a saldare i debiti di gioco del marito. Giada lascia Luciano e torna a casa dove scopre di essere stata ammessa all’università americana grazie a Nicola che ha mandato al suo posto la candidatura. La ragazza, però, reagisce male e litiga con Nicola che, tuttavia, la invita a rinunciare ai suoi sogni per restare dov’è e continuare a frequentare Luciano. Dopo aver parlato con suo padre, Giovanni si confida anche con sua madre che lo abbraccia e lo incoraggia a portare avanti le sue scelte. Subito dopo, Laura viene avvicinata da una donna elegante e misteriosa e riceve delle minacce. La donna le chiede informazioni su Toni e la costringe a collaborare con lei se non vuole che un altro dei suoi figli rischi di farsi del male. Renato confessa ai suoi figli i problemi con il gioco e rivela loro quello che Laura sta facendo per salvare la famiglia dai danni causati dai suoi sbagli, poi saluta i figli prima di partire. Laura incontra Tirelli e scopre che Toni si è tirato indietro e che sta facendo di tutto per rimediare ai suoi errori. Giada si confronta con Laura alla quale racconta dell’ammissione nell’università americana. Per la prima volta la donna la invita a partire e a realizzare i suoi sogni. Poi si reca a trovare Alice, l’assistente di Toni, per chiederle di metterla in contatto con l’uomo dato che gli strozzini continuano a farle pressioni e a minacciarla. Giovanni prova a confrontarsi con Sara, ma la ragazza reagisce molto male e lo manda via. Mentre Toni si mette in contatto con Laura per dirle dove può incontrarlo, la casa di Alice viene messa sotto sopra e la ragazza viene uccisa. 75

EPISODIO 12 - L’ADDIO I ragazzi sono sempre più tesi per via dei loro problemi personali: Nina litiga con alcuni suoi compagni di scuola, Sara litiga con suo fratello per colpa di Giovanni e Giada sembra la sola ad aver cominciato a trovare un certo equilibrio. Ma le cose si complicano quando Laura scopre che casa sua è stata messa a soqquadro da qualcuno. Sconvolta, si reca dalla misteriosa donna che continua a minacciarla e le consegna l’indirizzo di Toni. Ma la donna, non contenta, la costringe a recarsi all’appuntamento per tendere una trappola all’uomo. La donna non ha scelta. Prima di recarsi sul luogo dell’appuntamento, Laura parla con i suoi figli e racconta loro del suo passato a Viareggio, della storia con Toni e di quanto accaduto. Giada realizza di essere ancora innamorata di Nicola quando ritrova una loro foto tra le sue cose personali e invia un messaggio al ragazzo,. Poi decide di preparare tutto e partire per New York. Nina confessa a sua madre dei suoi furti, dei problemi a scuola e di tutto quello che sta passando a causa di Andrea. Nicola, sorpreso dal messaggio, la raggiunge in aeroporto e la bacia prima di lasciarla partire. Nina incrocia Andrea e scopre che il ragazzo si sta recando in un centro per imparare a convivere con la sua malattia, una malattia dalla quale non si può guarire. Nina si offre di stargli accanto, promettendo di camminare insieme a lui, tenendo il suo passo. Sara raggiunge Giovanni in piscina e inizia a fare nuoto sincronizzato insieme a lui, deponendo l’ascia di guerra. Le colleghe e amiche di Lau-


ra decidono di mettere in piedi una cooperativa e di diventare le proprietaria del laboratorio per aiutare Laura a sistemare tutti i problemi. Laura si prepara per andare all’incontro e Toni, armato, fa lo stesso. I due si ritrovano nel vecchio Luna Park dove si sono conosciuti. Laura, sorvegliata a vista dalla misteriosa donna e dai suoi strozzini, si avvicina a Toni, ma gli dice di scappare via. Prima che l’uomo possa fare qualunque cosa, viene colpito e cade per terra. La polizia irrompe nel caseggiato e arresta tutti gli usurai che stavano minacciando Laura. Toni, protetto da un giubotto antiproiettile, spiega a Laura di aver deciso di collaborare con le autorità competenti per denunciare i principali responsabili del suo losco giro d’affari, ma è costretto ad andare via per sempre perché deve cambiare vita e identità. Dopo aver ricevuto un invito da Sara, Giovanni si reca sul luogo dell’appuntamento dove incontra però Luca. I due capiscono di essere stati perdonati e decidono di cominciare a frequentarsi. Con un salto temporale, ritroviamo le nostre ragazze alle prese con un’attività ormai ben avviata e funzionante. Tutti si ritrovano intorno a un tavolo per festeggiare insieme il Natale, mentre Toni osserva la scena da lontano, con la speranza di poter un giorno unirsi a tutti loro. Mini serie in 12 puntate diretta da Pappi Corsicato e ambientata a Napoli, Vivi e lascia vivere racconta una storia di cambiamento tutta al femminile. La narrazione poggia principalmente sul personaggio di Laura, una donna ferita,

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abbandonata da un marito egoista e immaturo, alle prese con due figli adolescenti, quasi due sconosciuti, e la primogenita con la quale ha un rapporto conflittuale e faticoso. Di fronte all’assenza del marito, Laura ha due possibilità, quella di lasciarsi sopraffare dalla difficoltà o quella di reagire per provare a dare una svolta alla sua vita. E quando il caso irrompe nella sua vita, riportando sul suo sentieri il misterioso Toni, quella stessa vita sembra concederle una seconda opportunità di riscatto, Laura si rialza con tenacia, forza e determinazione, provando a dare una direzione nuova alla sua esistenza, coinvolgendo anche altre donne: Rosa, incastrata in un matrimonio infelice; Marilù, delusa dai sogni e dalla vita; Daniela, in fuga da una famiglia di camorristi. Sono queste le altre donne co-protagoniste della serie, in cerca di un cambiamento che restituisca loro dignità e serenità. A completare il quadro ci sono i figli di Laura, tutti alle prese con problematiche e difficoltà differenti e tutti in cerca di un loro posto nel mondo. Giovanni alle prese con i timori legati alla sua identità sessuale cerca il coraggio di cambiare la sua vita, imparando a fare delle scelte che siano solo sue e non si reggano sul desiderio di far felice qualcun altro; Nina, studentessa modello, bella e intelligente, prova a riempire il vuoto della sua esistenza ricercando il brivido in situazioni che la spingono a superare il limite della legalità pur di provare forti emozioni; Giada cerca di allontanarsi da quella casa opprimente e dal legame con la madre, attraverso la fuga in America, ma per le ragioni sbagliate. Alla componente drammatica e family della serie, tutta tesa a indagare i rapporti tra madre e figli e tutti gli altri legami che vi ruotano intorno, si aggiunge poi una linea narrativa dalle tinte gialle, che sfocia nel crime e coinvolge Laura, il suo passato e il legame, mai risolto, con un misterioso e ricco uomo d’affari di 76

nome Toni che conduce affari molto loschi. La serie rivolta a un audience generalista, prova a coinvolgere i pubblici di diverse età, attraverso i personaggi. Le donne sono chiamate a identificarsi con il personaggio di Laura, con i suoi problemi, con la fatica di dover ricoprire il ruolo di donna, madre, professionista per far fronte ai problemi quotidiani che la vita ti impone di superare. Il personaggio emerge in tutta la sua determinazione e tenacia ma anche in tutte le sue debolezze di madre distratta o troppo sopraffatta dal lavoro tanto da non rendersi conto delle evidenti difficoltà dei suoi figli. I più giovani, invece, sono invitati a condividere i dilemmi dei giovani protagonisti che cercano, a modo loro, di dare un senso alla loro vita, affrontando le loro personali difficoltà legate alla crescita. La narrazione, però, appare incorniciata all’interno di un quadro che si fa troppo scontato, che nel tentativo di farsi avvincente e moderno, inserisce in uno calderone troppi ingredienti senza mai riuscire ad approfondire nulla e che poggia su scelte stilistiche e registiche faticose, che rischiano di confondere lo spettatore, soprattutto quello non troppo abituato ai continui salti temporali e che, con ogni probabilità, avrebbe preferito beneficiare di una storia più semplice e meno confusionaria. I personaggi, sia quelli interpretati dalle donne che quelli dei ragazzi, appaiono come troppo macchinosi e stereotipati, un po’ troppo studiati nelle loro principali caratteristiche personali da essere facilmente identificati attraverso etichette precostituite che ne sminuiscono senso e profondità. Il risultato è una mini-serie scontata che si lascia sicuramente vedere, con l’ambizione di raccontare la vita, la famiglia e le donne, ma sprovvista della forma narrativa per raccontare qualcosa che sia davvero interessante. Marianna Ninni


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Cannes, Nyon, Vienna, Cracovia

I Vitelloni Le notti di Cabiria 8 ½, Mr. Klein

Il Ragazzo Selvaggio Pubblicato a cura del Centro Studi Cinematografici è un bimestrale di cinema, televisione e linguaggi multimediali nella scuola con più di trent’anni di vita. Si rivolge agli insegnanti, agli animatori culturali e a tutte le persone interessate al cinema. Ogni numero contiene saggi su temi attuali, schede critiche su film adatti alle diverse fasce di età, esperienze e percorsi connessi con la fruizione di film (serie televisive, immagini in genere), recensioni di libri, dvd e proposte veicolate da internet. Il costo dell’abbonamento annuale è di euro 35.00 Per abbonamenti: Centro Studi Cinematografici Via Gregorio VII, 6 - 00165 Roma Tel. 06.6382605 - email: info@cscinema.org

Speciale Centenario Cinema e Grande Guerra Il 24 maggio 2015 abbiamo ricordato l’entrata dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale. Gli anniversari sono sempre fonte di rivisitazione e di stimolo verso più meditati giudizi su quanto è avvenuto. Lo Speciale propone un saggio e una raccolta di schede che fanno riferimento alla Prima Guerra Mondiale. Pur nella loro diversità tutti gli articoli possiedono un fil rouge che li unisce e che passa attraverso due diverse chiavi interpretative: il rapporto tra Cinema e Storia e il Cinema come elemento che contribuisce esso stesso a creare la Storia. Disponibile la versione digitale (PDF) gratuita scaricabile da www.cscinema.org


Giuseppe Gariazzo, Giancarlo Zappoli Gli schermi e l’Islam 400 film Centro Studi Cinematografici, Roma 2016 pp. 204, euro 10.00 Un libro per conoscere senza pregiudizi i mille volti dell’Islam raccontati tanto dai musulmani quanto dagli occidentali. Scheda 400 film, ognuno comprendente cast e credits, un’ampia sinossi e l’indicazione della distribuzione italiana o estera per la reperibilità delle copie. L’intenzione è, prima di tutto, divulgativa. Il lavoro è stato infatti concepito come strumento utile non solo per gli addetti ai lavori, ma per insegnanti, educatori, associazioni al fine di comprendere in modo chiaro ed essenziale un argomento di estrema e complessa attualità.

L’invisibile nel cinema Falsopiano/Centro Studi Cinematografici Alessandria 2017 pp.206, euro 10.00 Il cinema che produce pensiero non è quello che mostra ma quello che occulta, che suggerisce, che interpella sull’oltre dell’immagine. Il cinema che invita a vedere, fra gli interstizi della narrazione per immagini, nelle ellissi, nei falsi raccordi di montaggio, nel fuori campo, nella sospensione del racconto. Il volume aggiunge voci diverse e diverse sensibilità di studiosi ai non pochi contributi usciti in questi ultimi anni su questo stimolante argomento.

Anno XXVI (nuova serie) - Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento postale 70% - DCB - Roma

Flavio Vergerio (a cura di)

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