G. Sasso, Dante. L'imperatore e Aristotele

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GENNARO SASSO

si trova e non ha giustificazione: il suo spegnersi « dopo » essersi acceso, il suo accendersi « dopo » essersi spento. Le ragioni alle quali questa forte sfasatura logica può e deve essere fatta risalire si rendono di volta in volta visibili nelle varie conseguenze a cui danno luogo; e qualche saggio, andando al di là dell’esplicita consapevolezza dantesca, e cercando di pervenire alla radice, qui su ne è stato dato. La ragione di queste ragioni è tuttavia da ritrovare, forse, e da indicare nell’allegoria stessa della « donna gentile »; che, per un verso, è la stessa intelligenza umana, coincide con la sua essenza, e, sebbene vi stia « perfettissima », appartiene non di meno alla umana generazione, che riflette infatti in sé questo suo carattere (la perfezione) senza, per altro, potervisi trasferire e risolvervi la sua limitazione. Per un altro verso, e nello stesso giro di pagine, le predicazioni che tuttavia essa riceve sono tali, e producono una tale intensificazione della sua essenza, che della sua natura si parla come di cosa che direttamente sia stata « beneficata » da Dio 44. E, per esempio, Dante scrisse che « ragionevolmente si puote credere che, sì come ciascuno maestro ama la sua opera ottima più che l’altre, così Dio ama più la persona umana ottima che tutte l’altre; e però che la sua larghezza non si stringe da necessitade d’alcuno termine, non ha riguardo lo suo amore al debito di colui che riceve, ma soperchia quello in dono e in beneficio di virtù e di grazia. Onde dico qui che esso Dio, che dà l’essere a costei, per caritade della sua perfezione infonde in essa della sua bontade oltre li termini del debito della nostra natura » 45. E questo è sul serio un passaggio singolare, degno di molta attenzione. La « donna gentile » è per sé stessa « ottima »; e poiché il suo esser tale accende l’amore di Dio, la cui « larghezza » non subisce restringimento da necessità che gli sia estranea, ecco che il suo amore va oltre il limite « della nostra natura » e di ciò che, nel quadro di questa, può esser definito « ottimo ». Il superlativo umano ottiene così, per la bontà di Dio, per la sua virtù e la sua grazia, un’intensificazione che, quaggiù, sarebbe impensabile. Ma la « donna gentile » appartiene tuttavia all’umana generazione. Ed è bensì « perfettissima ». Ma in questa, e nel suo ambito. Ed ecco, dunque, che per un verso sul serio le appar44 Conv. III VI 9-10: « ... non solamente questa donna è perfettissima nella umana generazione, ma più che perfettissima, in quanto riceve dalla divina bontade oltre lo debito umano ». 45 III VI 10.

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09/11/2009, 14.59


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