LA PERLA DELLA SAGGEZZA
Sydney Banks
Sydney Banks
Il seguito del libro Una seconda possibilità attira e af-
fascina il lettore, conducendolo in un indimenticabile viaggio di scoperta. Invita ad entrare in un paesaggio di grande bellezza e di sensazioni intense, accompagnando un uomo durante il suo ritorno sull’isola di Maui per cercare la “Perla della Saggezza”. Il primo romanzo, Una seconda possibilità, racconta di come Richard Sullivan, recentemente rimasto vedovo e malato di cancro in stadio terminale, da New York sia andato alle Hawai e una volta lì si sia ritrovato in una situazione che inspiegabilmente lo ha condotto alla completa scomparsa della sua malattia. Ha avuto l’opportunità di intravedere una realtà più profonda che ha sconvolto la sua mente e cambiato la sua vita.
In questo libro torna a Maui dalle due persone che avevano condiviso con lui la loro conoscenza mistica, la loro amicizia e il loro Aloha: Jonathan, un gentile burlone, che si diletta nel mostrare come, a volte, non si sa ciò che si pensa di sapere, e sfida il lettore ad andare verso una dimensione più profonda del pensiero; e Mamma Lila, una bellissima anziana signora hawaiana, piena di amore, saggezza profonda e compassione, le cui parole enigmatiche custodiscono il segreto della Saggezza dei secoli... per coloro che sono pronti ad Ascoltare. 7
Questo è un libro che ti affascinerà mentre viaggerai attraverso l’isola di Maui in un’esperienza che supererà i tuoi sogni più primordiali. Per coloro che si sono chiesti se c’è di più nella vita di quanto sembri, questo è il libro che fa per voi.
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Ritorno a Maui
Dopo essere stato informato dal mio medico che
le cellule tumorali avevano miracolosamente abbandonato il mio corpo, provai un tale sollievo e una tale felicità che stentavo a contenere le mie emozioni per la salute che mi era stata regalata. Il giorno seguente telefonai a Jonathan per dirglielo. Fu molto felice di sentire che tutto era andato così bene per me. – A proposito, potresti per favore salutarmi con affetto Mamma Lila e darle la buona notizia? – Certamente, sarà un piacere – disse – so che sarà felice di sapere della tua buona fortuna. Ci salutammo e quando riagganciai il telefono, sapevo nel profondo del mio cuore che un giorno sarei tornato alle Hawaii. Circa quattordici mesi dopo, arrivò il momento opportuno quando la società per cui lavoravo decise di chiudere per un mese per eseguire importanti riparazioni sull’attrezzatura. Appena saputo della chiusura, telefonai alla mia agenzia viaggi. Due mesi dopo avrei lasciato New York e sarei tornato alle Hawaii via Los Angeles. I due mesi volarono. Un paio di miei buoni amici, Tom e Barbara London, si erano offerti di accompagnarmi all’aeroporto Kennedy. Arrivati in orario, dovemmo farci strada tra orde di viaggiatori 9
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che cercavano di trovare le proprie compagnie aeree. Dopo la coda e il controllo bagagli, gli annunci dell’aeroporto segnalarono che il volo 261 per Los Angeles era pronto per l’imbarco. Barbara, facendo un passo avanti per abbracciarmi, mi augurò Bon Voyage. Tom mi afferrò la mano e disse: – Ti auguriamo tutto il meglio. Stai attento e divertiti. – Dopo un ultimo abbraccio, li lasciai per salire a bordo del mio volo. Il viaggio verso Los Angeles fu rapido, impegnato com’ero a completare alcuni documenti, così, prima che me ne rendessi conto, attraversammo il continente fino in California. Ci fu una mezz’ora di attesa per il cambio di equipaggio e passeggeri prima della nostra partenza per le Isole. Fu solo quando un adorabile assistente di volo polinesiano apparve al mio fianco a servire da bere che mi resi davvero conto che stavo tornando a Maui. Sorvolando il Pacifico, non potevo fare a meno di ripensare alla mia ultima visita alle Hawaii. Le bellissime scene e i momenti magici che avevo già trascorso in quel luogo mi tornavano alla mente, dai cantanti del lu’au sull’isola di Kaua’i, alle tranquille spiagge dove avevo passeggiato al mattino, al tramonto sulla riva del mare nella vecchia Lahaina – dove avevo incontrato Jonathan Davies per la prima volta. All’inizio avevo visto Jonathan per quel che era: un uomo di circa 50 anni, di media altezza, corporatura longilinea, con capelli neri e penetranti occhi blu. 10
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Con la sua voce vellutata, di rara gentilezza, dava l’impressione di essere totalmente rilassato. Tuttavia, col passare del tempo, avevo imparato che c’era in quell’uomo molto di più di quanto sembrasse. Era una persona eccezionale che parlava in modo così mistico, che tutt’ora non l’ho ancora capito del tutto. Avevo riversato la mia storia di dolore e confusione su di lui e mi aveva parlato di speranza e di una risposta al mio dilemma. Mi era sembrato impossibile allora, ma in qualche modo, durante le poche settimane del mio soggiorno alle Hawaii, ho scoperto una parte di quella risposta. Mi era successo qualcosa che era al contempo mistico e intrigante, e avevo un disperato bisogno di scoprire di cosa si trattasse. Ero davvero impaziente di incontrare di nuovo Jonathan. Potevo solo sperare di vedere ancora una volta la bella e misteriosa donna hawaiana che mi aveva fatto conoscere. Mamma Lila era diversa da chiunque avessi mai conosciuto. Era la persona più unica e affettuosa che io avessi mai incontrato, una minuta signora hawaiana con bei capelli folti e grigi, che portava legati indietro in una crocchia. La sua età era molto difficile da indovinare. Era una di quelle persone che sono spesso descritte senza età, anche se la sua storia mi faceva credere che fosse a metà o alla fine dell’ottantina. Lei, come Jonathan, possedeva un sapere mistico e la circondava un’aria carismatica che non avevo mai visto 11
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in nessun altro essere umano. Mi aveva raccontato di una realtà più profonda di quella che conoscevo. Nel suo modo saggio e gentile, mi ha aiutato a intravedere la sua visione ispiratrice che aveva del mondo. Avevo sentito e letto molti concetti, teorie e filosofie sulla felicità e sul significato della vita, ma Mamma Lila è stata la prima persona che abbia mai incontrato che fosse davvero colma di quella pace e felicità. Ogni sua parola, ogni sorriso, ogni respiro era espressione di quella pace e felicità. Mentre ero seduto al mio posto, pensavo alla serata che avevamo trascorso insieme, osservando il luminoso tramonto mentre gli alisei soffiavano tra le palme. Sapevo che stavo tornando per cercare di scoprire da solo il segreto della perla della saggezza di cui aveva parlato. Sorvolammo lunghe spiagge mentre ci avvicinavamo e presto arrivammo in direzione del terminal. Con mia sorpresa, quando varcai il gate 10, vidi tra la folla un vecchio cappello di paglia che mi era familiare. Di sicuro era Jonathan. Venne verso di me sorridendo e mi strinse la mano, salutandomi calorosamente. – Aloha, Richard! Bentornato a Maui. Camminammo insieme verso l’area bagagli. Il saluto amichevole e informale di Jonathan mi fece sentire come se non avessi mai lasciato l’isola. Eravamo tornati l’uno nella vita dell’altro senza alcuna interruzione nella nostra amicizia. Un pensiero nella mia 12
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testa non vedeva l’ora di ricevere una risposta. Chiesi a Jonathan se avesse visto Mamma Lila di recente. – In effetti sì. Solo ieri sera ho cenato con lei. È qui a Lahaina in visita da alcuni suoi amici. Penso che tu li abbia incontrati l’ultima volta che eri a Kaua’i; Mr. and Mrs. Makua. – Sì, non dimenticherò mai il picnic che facemmo lì. Per quanto tempo Mamma Lila starà qui a Maui? – Non ne sono sicuro, ma probabilmente per alcune settimane. – Mi piacerebbe incontrarla di nuovo. Jonathan mi assicurò che anche Mamma Lila non vedeva l’ora di rincontrarmi. Dopo aver ritirato i miei bagagli, ci mettemmo in viaggio. Volevo stare più vicino a Lahaina di quanto non lo fossi l’ultima volta, quindi avevo prenotato una stanza al Lahaina Shores Hotel. Il viaggio dall’aeroporto durò circa quarantacinque minuti. Venendo da una città congestionata come New York, la vastità di fronte a me era travolgente, con i campi ondulati di canna da zucchero che si estendevano fino al mare. Inoltre, avevo dimenticato la bellezza delle montagne occidentali di Maui, il modo in cui riempiono i sensi con i loro colori pastello morbidi in continua evoluzione, portando una sensazione di tranquillità. Jonathan guidava lentamente, apprezzando anche lo splendido scenario davanti a noi. Dopo un piacevole tragitto lungo la tortuosa strada co13
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stiera, svoltammo in una strada contrassegnata da un cartello con la scritta Front Street. A lato della strada si susseguivano una grande varietà di piante e fiori tropicali. Quasi nascoste dietro di loro c’erano casette pittoresche che si affacciavano sull’oceano. Jonathan disse che l’hotel si trovava in fondo alla strada e, mentre alzavo lo sguardo, notai una grande bandiera che fluttuava pigramente al soffio degli alisei, in cima ad un alto tetto di tegole rosse. L’hotel che apparve alla vista con mia sorpresa aveva uno stile di architettura da piantagione coloniale. Molte file di colonne bianche, ricoperte da travi leggermente incurvate, erano unite da diversi piani di ringhiere bianche della veranda esterna. Parcheggiamo presso la rotonda dell’hotel ed entrammo in una hall vecchio stile, che si affacciava sulla spiaggia. Notai diversi piccoli gruppi di persone, ovviamente alcuni erano nuclei famigliari, che si godevano le vacanze in piscina. L’hotel aveva un’atmosfera accogliente ed ero contento che un amico me lo avesse consigliato. Un bellissimo bouquet di anthurium e altri fiori esotici attirarono la mia attenzione mentre mi avvicinavo alla deliziosa e giovane donna hawaiana dietro il banco della reception. Mi presentai. – Aloha, signor Sullivan – disse – benvenuto al Lahaina Shores. La sua stanza la aspetta; sono sicura che le piacerà la vista sull’oceano. Mentre completava la scheda di registrazione per 14
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la mia stanza, alzai un attimo lo sguardo verso l’acqua mentre il sole tramontava dietro la vicina isola di Lana’i. Non potevo fare a meno di pensare al modo di dire secondo cui il richiamo delle Isole riesca a inebriare molti visitatori, facendo loro credere al detto locale ‘Maui no ka oi’ (Maui è il meglio). In quel momento non c’erano dubbi nella mia mente: Maui no ka oi.
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