iMagazine n. 37 9-11

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AZIENDA PER I SERVIZI SANITARI Nº 2 “ISONTINA” BERTOLI: “LA CENTRALITÀ DELLA PERSONA” Intervista con il neo direttore generale della ASS2 Dallo scorso 2 gennaio Marco Bertoli (foto), già direttore sanitario aziendale, è il nuovo direttore generale dell’ASS 2. A lui abbiamo fatto alcune domande sulla fase che stiamo attraversando e sulle prospettive della sanità isontina. Da dove ricominciamo, direttore Bertoli? “Ricominciamo dall’augurio non rituale di un buon 2012 a tutta la nostra gente. Ci attende un anno di cambiamenti e io auguro a tutti di saperli vivere senza apprensioni e con spirito positivo. Per il resto è cambiato il direttore, non l’ASS2 Isontina, né la sua visione dei servizi sanitari che abbiamo portato avanti in questi ultimi due anni, a riprova del buon lavoro fatto in ASS 2 da Gianni Cortiula”. Non è facile, le riforme annunciate mettono un po’ di ansia a tutti. “Non nego che la cornice istituzionale e gli assetti organizzativi hanno la loro importanza nella gestione dei servizi, ma non vedo come questi fattori possano determinare i nostri comportamenti, le nostre scelte organizzative, la nostra strategia di intervento. Quindi si va avanti lungo la strada segnata negli ultimi due anni, che dobbiamo imparare tutti a percorrere con coerenza”. Per sintetizzarla in poche parole? “Dobbiamo realizzare dei servizi sempre più in linea con i bisogni di salute reali delle comunità che ci sono affidate. Dico comunità e non individui, perché una pratica fondata solo sul diritto individuale alla salute sancito dalla Costituzione, ci fa perdere di vista due concetti essenziali: a) che la solitudine e l’isolamento delle persone è una delle cause determinanti della malattia; b) che, per converso, le stesse comunità possiedono risorse determinanti ai fini della salute. Risorse che noi non possediamo e che dobbiamo avere la capacità di mettere in campo, chiamando a raccolta i Comuni, le istituzioni decentrate, le associazioni di volontariato e di tutela dei diritti dei cittadini per costruire la rete della salute, come diciamo nel nostro progetto di welfare comunitario Pactis”. Come cambia la nostra organizzazione? “La diversificazione dei bisogni di salute ha messo in crisi il modello che concentra le risorse sanitarie nelle “torri” ospedaliere. I tassi di ospedalizzazione relativamente elevati del nostro territorio sono la conseguenza di questa concentrazione. Gli utenti si rivolgono ai servizi di cui si possono fidare. Essendo le nostre migliori competenze chiuse nella torre, gli utenti non hanno altra scelta che quella di espugnarla. Noi dobbiamo procedere lungo il percorso di riallocazione di risorse sanitarie dall’ospedale al territorio, razionalizzando l’offerta ospedaliera e potenziando l’offerta territoriale”. Come ci siamo mossi in questi ultimi due anni? “Ci siamo mossi con coerenza e abbiamo fatto molto in questa direzione. Non solo abbiamo incominciato davvero a spostare risorse nel territorio, vedi la pneumologia e la dermatologia, l’istituzione dell’infermiere di équipe territoriale, l’impegno dell’azienda sui fondi sociosanitari, l’avvio del progetto Pactis, la definizione del nuovo percorso nascita, e recentemente anche l’avvio sperimentale di una funzione territoriale di specialità ospedaliere come la neurologia e la cardiologia. Ma voglio an-

che aggiungere che lo abbiamo fatto migliorando i servizi ospedalieri, confermando le eccellenze che ci venivano già riconosciute e incrementando le capacità di servizi come l’oculistica, la chirurgia generale, il pronto soccorso, aumentando l’attrazione e diminuendo la fuga”. Come si collega questa linea alle trasformazioni in atto? “Qui c’è una differenza. Qualsiasi potrà essere il nuovo servizio sanitario regionale, una cosa mi pare certa: sia a livello nazionale che regionale, il servizio sanitario è chiamato a realizzare risparmi significativi nella spesa, a partire dal 2012 e anche negli anni successivi. In altre parole non c’è più tempo e occorre accelerare un processo di trasformazione che faccia dei problemi che dobbiamo affrontare un’occasione per migliorare noi stessi e le cose che facciamo. Alla fine avremo qualche cattedrale in meno e servizi più efficaci, che fanno del bene alla gente”. Possiamo essere più precisi? “A seguito della chiusura del nostro centro di medicina nucleare nessun utente si è lamentato ritenedolo non più in linea con gli standard di sicurezza. Secondo me gli utenti non se ne sono neppure accorti. Questo significa che noi avevamo delle risorse bloccate in un servizio di scarsa utilità e che le abbiamo liberate impiegandole in servizi di maggiore utilità come l’infermiere di equipe territoriale (IET)”. Ma che cos’è questo IET? “L’infermiere di équipe territoriale è il nodo essenziale di una rete di servizi sociali e sanitari, di persone, di volontari, di cooperazione sociale capace di una effettiva presa in carico delle persone. Si tratta di una innovazione organizzativa che punta ad andare oltre la logica della vecchia ADI (assistenza domiciliare integrata) e a mettere in rete non solo le risorse che possediamo (che spesso funzionano ancora a compartimenti stagni), ma anche quelle che non possediamo e che esistono nelle comunità che assistiamo”. Cos’altro aggiungere, direttore? “C’è un altro aspetto sul quale la nostra attenzione deve rimanere sempre viva ed è quello che in modo semplice abbiamo definito la centralità della persona. Credo che abbiamo fatto molto anche in questa direzione. Mi hanno colpito i risultati dell’indice della qualità percepita della nostra unità di nefrologia e dialisi: dai dati è facile vedere come in quel reparto non c’è solo sapienza clinica e competenza operativa, ma anche una grande attenzione alla persona, all’accoglienza, all’urgenza che dobbiamo saper avvertire tutti di costruire relazioni autentiche con gli utenti”. Direttore, qual è il segno che vorrebbe lasciare in quest’Azienda? “Vorrei che si facesse qualcosa per modificare il clima che si vive in molte unità operative e tra le unità operative. Ho saputo che ci sono unità operative in cui non si fanno riunioni da anni. Passiamo gran parte della nostra giornata dentro quest’azienda, dobbiamo fare di tutto per trascorrerle in un clima sereno, di collaborazione, di aiuto reciproco. Bisogna moltiplicare le occasioni di incontro e di condivisione. Non possiamo pretendere che i nostri collaboratori si facciano carico delle responsabilità, senza fare nulla per alleviare il peso dei loro compiti. Diventiamo sempre più bravi a muoverci nella gestione di risorse economiche e tecnologiche. Spesso però dimentichiamo che la risorsa più preziosa che ci viene affidata è data dalle persone, dalla loro creatività, dalla passione che mettono nelle cose che fanno. È qui il vero valore aggiunto delle nostre prestazioni. Dobbiamo fare un grande sforzo in questa direzione”.


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