Gennaio 2011

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Accadde il...

Ponsacco e la “Grande Guerra” Il 12 dicembre 1915 il periodico“La Valdera”, che veniva pubblicato a Peccioli, annunciava sotto il titolo “Onore al merito” che “un encomio solenne, con speciale onorificenza, è stato rivolto al consigliere provinciale e comunale Marchese ing. Lorenzo Niccolini andato volontario al fronte ove si distinse per aver costruito nuove strade in luoghi difficilissimi presso Tolmino”… L’Italia aveva dichiarato guerra all’Austria da appena sette mesi e già si contavano i primi Caduti ponsacchini fra i quali, nel 1916, ci sarà anche il fratello del Marchese Lorenzo, il Tenente dei Dragoni Lapo Niccolini, caduto a Monfalcone. “In recenti combattimenti rimasero feriti più o meno gravemente i giovani Masini ed Iacopini già reduci dai campi di Libia” … scrive il giornale, che sembra dedicare più spazio alle vicende ponsacchine che a quelle pecciolesi. Ricordiamo questi eventi richiamando l’attuale ricorrenza del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, perché a ben vedere, anche la guerra 1915-18, può considerarsi nel contesto della storia risorgimentale, sia pure come coda dei conflitti, piccoli e grandi, che caratterizzarono gli anni della seconda metà dell’Ottocento. Sempre la stesso giornale pecciolese, a firma di Colombo Cursi, redattore ponsacchino, pubblica un trafiletto a proposito della “Casa del Soldato” allestita a cura della Misericordia. Due i fautori: Alfredo Pellegrini, membro del Magistrato e l’Arciprete Ranieri Barnini. “A gennaio la Misericordia apre la “Casa del Soldato” in due stanze in piazza S. Giovanni”, scrive il Cursi che però, diplomaticamente, evita di dire che l’iniziativa della Misericordia scaturiva dalla necessità di offrire ai seicento soldati acquartierati a Ponsacco, un ambiente attrezzato con tavoli e sedie, nonché calamai e carta da lettere, penne e pennini dove poter trascorrere qualche ora di ricreazione. L’urgenza era dovuta agli screzi che si erano

verificati fra i militari e qualche ponsacchino che non tollerava le loro attenzioni, spesso un po’ troppo salaci, verso le belle ragazze del paese. Così il Comandante del Reggimento Artiglieri che ogni venti giorni si avvicendavano a Ponsacco alloggiati nelle scuole elementari, per poi partire per il fronte con i loro muli, carriaggi e cannoni, vietò ai soldati di frequentare i tre“Caffè”del paese e di attenersi alle più elementari norme dell’educazione civile. A Ponsacco fu costituito anche un comitato per diverse attività assistenziali. Scrive ancora Colombo Cursi su “La Valdera”. “Il Comitato di Mobilitazione Civile, sorto ad iniziativa delle Signore e Signorine del paese in unione poi alla quasi totalità dei cittadini, ha già iniziato la proficua opera sua: distribuzione dei sussidi, notizie ai militari e alle loro famigliei, accoglienza dei figli dei richiamati fuori dell’orario scolastico onde possano avere quell’educazione ricreativa di cui abbisognano. Il Comitato ha per Patronessa la Signorina Isolina Valli (sorella del Magg. Rodolfo Valli caduto ad Adua nel 1896 n.d.r.) e per Presidenti Onorari l’Avv. Carlo Boni Sindaco e la Signorina Mimy Toscanelli. Sono Presidenti effettivi il Cav. Torello Salutini e la Signorina M. Ida Lapucci, la instancabile suffragetta che sempre è la geniale iniziatrice di opere buone”. Infine, sempre grazie allo scrupoloso cronista, sappiamo che nel 1915, a Ponsacco, funzionava perfino un’avveniristica attrezzatura per la proiezione di immagini a colori. Il 15 luglio 1915 Cursi scrive che avranno luogo “Conferenze del sacerdote Professore Raffaello Stiattesi nel Teatro di Angiolo Corsi in via Carducci a beneficio del Comitato di Mobilitazione Civile; titolo L’Italia si è desta con 150 proiezioni a colori”. F.P.

Storia di una bestemmia I ponsacchini nominano Dio e la Madonna spesso e invano, ma di solito a mo’ di innocente intercalare. Sul finire dell’Ottocento, il Guardasigilli Ministro Segretario di Stato per gli affari di Grazia e Giustizia e dei Culti tutto ciò non lo sapeva, ma dovette intuirlo. L’occasione gliela offrì il caso di Mazzei Giovanni, condannato dal pretore del mandamento di Ponsacco a 30 giorni di carcere “per bestemmie”. La vicenda è testimoniata da un decreto firmato da Re Vittorio Emanuele II e datato 26 maggio 1875. La ricerca storica non consente di appurare quali furono le bestemmie galeotte né quale scherzo del destino fece sì che finissero sulla scrivania di un giudice. Ma allo studioso che intenda ipotizzare le blasfeme parole che costarono a Mazzei Giovanni cotanto castigo tutt’oggi può venire in aiuto l’ascolto della conversazione fra gli avventori di un qualsiasi bar ponsacchino – luogo in cui la bestemmia si fa arte - che si stiano cimentando in una partita di boccine o di briscola. La premessa è, appunto, che il ponsacchino usa l’imprecazione anche come intercalare, per

imprimere forza a un concetto o per terminare in maniera colorita un discorso che sennò rimarrebbe appeso. Due le caratteristiche tipo della bestemmia ponsacchina: il ricorso alle parentele e il richiamo. Del primo insieme fanno parte quelle in cui, dopo aver accostato il nome del santo - chessò - a un animale (sia esso domestico, selvatico o da cortile), si fa pure esplicito riferimento ai legami familiari della figura biblica chiamata in causa. Per cui se si cita la Madonna non si dimenticherà di tirare in ballo anche il figlio Gesù e, talvolta, Giuseppe (quando butta proprio male). All’altro insieme appartengono quelle per cui se alla seconda mano di briscola le carte sono più brutte che alla prima, si bestemmia riallacciandosi all’imprecazione precedente e aggiungendovi dettagli e sfumature: a fine partita si sarà creata una sorta di storiella di senso compiuto. Comunque, attenendosi ai dati documentali, si ricava che il decreto reale recapitato a Mazzei Giovanni conteneva una buona notizia: “Sulla proposizione del Guardasigilli Ministro Segretario di Stato per gli Affari di Grazia e Giustizia e

dei Culti -scriveva il Re - abbiamo conceduto e concediamo a Mazzei Giovanni la commutazione nella somma di lire dieci della pena di 30 giorni di carcere inflittagli dal pretore del mandamento di Ponsacco con sentenza 12 novembre 1872 per bestemmie”. Pare che, appresa la notizia, nonostante il sollievo per aver scampato la galera, Mazzei Giovanni mal digerì l’idea di dover comunque pagare 10 lire, che all’epoca non eran poca cosa. Così, quando i gendarmi andarono a consegnargli il decreto, Mazzei Giovanni prima li ringraziò e offrì loro un Cordiale, e poi, dopo averli congedati, nella solitudine delle mura domestiche inanellò una sequenza tale di moccoli che se fossero venuti all’orecchio del Guardasigilli Ministro Segretario di Stato per gli Affari di Grazia e Giustizia e dei Culti, Mazzei Giovanni avrebbe rischiato l’ergastolo. Ps. Tuttora, in base all’articolo 724 del codice penale “chiunque pubblicamente bestemmia, con invettive o parole oltraggiose contro la Divinità, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 51 euro a 309 euro”. Giampaolo Grassi

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