Il Periodico News - FEBBRAIO 2017 N°114

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Fabio Lodigiani: "Cerco sempre di acquistare da coltivatori locali" di

Valentina Villani

Quello del panificatore è un mestiere molto antico. Infatti, le prime testimonianze scritte, raccontano che già l'homo erectus preparava il pane macinando i cereali tra due pietre e, una volta impastato con acqua, lo cuoceva su pietre roventi. In seguito, intorno al 3500 a.c., gli Egizi, già eccellenti agricoltori e cuochi, ben presto scoprirono come impiegare i prodotti delle loro terre e, oltre alla trasformazione del grano, individuarono come attuare il processo di fermentazione, lasciando l'impasto all'aria aperta e, cotto l'indomani, il pane, considerato come fonte di ricchezza, era pronto per finire sulle tavole. Successivamente, con il passare degli anni, questo antico mestiere subì diverse evoluzioni ed oggi, purtroppo, anche e soprattutto a causa dell'avvento della grande industria e distribuzione, i veri panificatori sono rimasti ancora pochi. Nelle nostre terre, rispetto alle più grandi realtà cittadine, diciamo che non ci possiamo lamentare, perché il prestinè è un mestiere ancora in voga, tuttavia sono in molti ad aver adottato metodi più innovativi e, in un certo senso, comodi , perché se la domanda ogni giorno aumenta per restare al passo è necessario produrre più velocemente. Fabio Lodigiani invece è un caso a parte, la sua è una passione prima che una professione, infatti, dopo aver intrapreso studi legati al settore della panificazione, ha lavorato diversi anni per un team internazionale operante nel settore di prodotti da forno come tecnologo della panificazione. Tuttavia, stufo delle pressioni causate dal suo lavoro trentennale e dalla vita in cui non si riconosceva più, perché come racconta, si è sempre sentito più panettiere tecnologo, abbandona il lavoro di una vita per dedicarsi a 360 gradi al mondo del pane e nel vero senso della parola. Infatti, Lodigiani, è si un panificatore ma la sua professione ha un valore aggiunto: è un ricercatore di grani antichi che acquista e macina in maniera diretta, proprio come si faceva una volta. "Sono un pioniere in controtendenza – dice – i punti cardine della mia professione si basano su salute e territorio. Credo fortemente nei valori salutistici, sono convinto che alimentarsi bene sia sinonimo di stare bene. Al giorno d'oggi, purtroppo, non è ancora chiaro cosa sia positivo o negativo per il nostro organismo ma, quel che è certo, è che i derivati industriali non sono proprio ottimali per un corpo in salute, ecco

Fabio Lodigiani perché il mio lavoro è fondato principalmente sulla lavorazione manuale, come una volta, sulla ricerca del prodotto di qualità, puntando in modo particolare sul km0 e la territorialità, anche se, tuttavia, questo non mi è sempre possibile purtroppo, ma ci sto lavorando". Cosa significa ci sto lavorando? Ha progetti particolari in cantiere legati al territorio? "Quello della territorialità per me è un discorso molto importante. Infatti, cerco sempre di acquistare da coltivatori locali, perché autocertifico le materie prime grazie a un’informazione diretta tra me e il coltivatore. Se vogliamo, più che un progetto è un sogno nel cassetto quello di rifornirmi solo da contadini locali, biologici certificati ma, come dicevo, ci sto lavorando, tuttavia non nego che potrebbe realizzarsi a breve, se dovesse andare bene, già con la fine di questo anno". Prima diceva che si rifornisce per la maggiore da coltivatori locali, dove esattamente? "Robecco Pavese, Corana, Castelletto di Branduzzo e al mulino di Voghera. Nella maggior parte dei casi acquisto il grano, tassativamente integrale, che macino direttamente". Lei è un grande estimatore di grani antichi. Su quali tipologie cadono le sue scelte per la realizzazione dei suoi prodotti? "Per i miei prodotti scelgo sempre grani antichi e integrali, come il senatore cappelli, ad esempio, il grano di Saragolla, il Khorasan (meglio conosciuto

TORRICELLA VERZATE

PROFESSIONE PANIFICATORE: "scelgo sempre grani antichi"

FEBBRAIO 2017

come kamut) e il farro". Lei che è un grande esperto, può raccontarci qualche aneddoto su questi grani? "Sono tutti grani molto antichi. Il senatore cappelli è un grano duro, in passato molto conosciuto, apprezzato e utilizzato ma, nell’epoca post bellica scomparve. Si tratta di un prodotto poco sensibile ai fertilizzanti e, in quei tempi, in Italia, le fabbriche di armi furono convertite a fabbriche di fertilizzanti: ecco perché il senatore cappelli scomparve, lasciando posto a grani più facili da trattare. Il più datato è sicuramente il farro, infatti, già nell’epoca romana era conosciuto e considerato il più pregiato. È un grano che non ha mai subito incroci e la sua macinatura avviene attraverso un procedimento particolare, e anche quella che preferisco: la macinatura a Martelli". Di cosa si tratta? "La macinatura a martelli dal mio punto di vista è la migliore. E’ considerato un metodo grossolano ed è anche il più difficoltoso ma, da un punto di vista salutistico, è il più ottimale. Per il buon funzionamento del nostro organismo è fondamentale che il grano che assumiamo sia integrale, perché è il nostro intestino che lo richiede e, questa macinatura, è l’unica che mantiene il chicco il più integro possibile". Sta lavorando a qualche altro progetto di cui può già accennarci qualcosa? "Un altro progetto in cantiere a cui sto lavorando è legato al lievito. Diciamo pure un'evoluzione del lievito madre, più precisamente una via di mezzo tra lievito di birra e lievito madre. L’utilizzo del lievito di birra è molto più semplice, ma quello madre è più salutare, anche se di lavorazione molto più difficile; per questa ragione, oggi, per un panificatore è impossibile utilizzare il lievito madre. Quello che sto creando è una sorta di incrocio tra lievito madre lievito di birra, anzi diciamo pure che esiste già, ma ancora in via di perfezionamento".


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