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il Domani Mercoledì 2 Settembre 2009 9
Costume
Orphan’s Dream Foundation, da 20 anni per la cura delle patologie rare
La musica non dimentica le “malattie orfane” NARNI - La musica può far avverare i sogni. Ascoltando o scaricando una traccia, tutti possono entrare a far parte di un progetto di solidarietà e sostenerlo. E’ il caso della onlus fondata da Pat Girondi, la Orphan’s Dream Foundation, associazione con sede ad Altamura che lavora per la ricerca sulle malattie rare. In inglese si chiamano Orphan Diseases, “malattie orfane”, perché abbandonate da case farmaceutiche e governi a causa della loro rarità. Il regolamento europeo classifica una patologia come rara se colpisce meno di una persona su 2000. Solo in Europa, si registrano 30 milioni di casi, il 7 % della popolazione. Nonostante i numeri, le malattie orfane non sono oggetto di ricerca da parte dei colossi farmaceutici, che preferiscono investire su patologie più comuni e che garantiscono maggiori entrate finanziarie. La Orphan Dream Foundation tenta da due decenni di coprire questo gap, attraverso la musica e la condivisione. L’associazione finanzia studi medici in
Sostegno al malato, fondi alla ricerca, eventi per informare e creare connessioni
Italia e negli Stati Uniti e fornisce sostegno ad ogni singolo malato: contattando la fondazione, è possibile avere informazioni sui progressi della ricerca su una determinata patologia, conoscere le nuove cure ed i centri specializzati che le forniscono. Accanto all’aiuto alla persona, c’è poi la fondamentale attività di informazione svolta attraverso concerti ed eventi. Le tracce di Pat G e della sua band sono acquistabili e scaricabili su oltre 40 siti web, inclusi Amazon.com e iTunes.com: solo a luglio sono stati venduti oltre 4.000 download. Negli anni la fondazione ha stretto relazioni pubbliche e private volte a raccogliere finanziamenti: una su tutti l’italiana Telethon, che ha devoluto alla causa di Pat oltre 100 mila dollari. Non solo denaro, comunque. Attraverso l’associazione sono entrati in contatto i ricercatori: luminari come Michel Sadelain di New York, Franco Locatelli di Pavia, Aurelio Maggio di Palermo. Per info: www.patgirondi.com (Chi.Cru)
Il percorso di Pat Girondi, dal quartiere italo-americano di Chicago al mare salentino Con l’amore per il blues ha riscattato un’infanzia difficile e un’adolescenza sbandata
Storiadiunexragazzoterribile 13 pezzi inediti in “Orphan’s Hope” l’ultimo album uscito quest’anno
La canzone come strumento di comunicazione e fratellanza
Chiara Cruciati
Come spiega Pat, «la musica è comunicazione, lo strumento per dare voce a gioie, dolori e speranze. Come un “concime” con cui far crescere senso di fratellanza e empatia tra persone lontane nello spazio, ma vicine nelle necessità e nei desideri». Per questo, uno dei suoi pezzi più belli sarà tradotto in spagnolo e cinese. Si tratta di “Un giorno in più”, canzone-inno della sua fondazione benefica, la Orphan’s Dream Foundation, prima onlus al mondo ad avere una sua personale band. La Orphan’s Dream Band, spina dorsale della musica di Pat G, è composta interamente da artisti italiani, di cui va particolarmente orgoglioso. Da Chicago al Salento, la sua bellissima famiglia “allargata”, fatta di amici, sostenitori ed artisti si presenta sul palco con una carica di energia tipicamente blues. Quel legame originario, che il piccolo Patrizio immaginava nei racconti di nonno Rocco e che l’adulto Pat ha riscoperto nel mare di Puglia, esplode nelle melodie gioiose e malinconiche delle sue canzoni.
NARNI - Incontrare Pat Girondi è come entrare in una favola moderna. Una favola che, sulle note di una melodia blues, parte dall’Illinois e arriva fino ad Altamura. Il ragazzino terribile che scorrazzava per le vie del South Side di Chicago ha trovato la sua strada e l’ha messa in musica. La sua storia parte da lontano, negli anni Trenta, quando il nonno Rocco Girondi lascia la Puglia ed emigra negli Stati Uniti. Ma il sogno americano non si avvera e Rocco e i suoi cinque figli non fanno la fortuna sperata. Patrizio nasce nel quartiere italo-americano di Bridgefort, sud di Chicago: «Nella tradizionale fratellanza paesana - racconta Patrizio - ho cullato il mio sogno italiano». La vita non è facile per il piccolo Pat, abbandonato dal padre irlandese a soli cinque anni. A scuola va quando può e ad otto anni lavora come lustrascarpe tra le vie del suo quartiere. Trascorre le sue giornate tra i vicoli poveri di Bridgefort, tra una scazzottata e un furto, insieme alla sua banda di ragazzi di strada. Ma arrivano le prime condanne e la pena da scontare in un riformatorio per giovani disattati. Una volta fuori, entra nell’esercito per assolvere i doveri di leva. A 19 anni, inizia a lavorare come autista di camion, finché il suo capo gli propone di diventare il portatore d’ordini alla borsa della città, la Chicago Board of Trade. Entrato per la porta di servizio nel mondo degli affari dell’Illinois, in brevissimo tempo diviene il più talentuoso broker della borsa cerealicola. In qualche anno accumula una fortuna da milionario, riscattando un’infanzia di povertà e un’adolescenza sbandata. Ma a salvarlo davvero è la musica. «Il mio piccolo quartiere nel South Side non era soltanto il borgo degli emigrati italiani, ma la culla della tradizione blues e jazz della città ricorda Pat - Da ragazzo, improvvisavo alla batteria, poi l’ho lasciata per cantare e scrivere i miei pezzi». Scopre la goia di esibirsi di fronte alla sua gente organizzando ogni anno con gli amici le feste di Natale. Ed arriva la svolta. Nel 2001 allesti-
Pat Girondi durante il concerto di lunedì 24 agosto al Teatro Comunale di Narni, in occasione del Rosso Bastardo Live
sce la kermesse di Telethon negli Stati Uniti, dove suonano anche i Pooh: «Proprio loro quattro, dopo aver ascoltato “Quattro ore in paradiso”, mi esortarono a gettarmi a
tempo pieno nella mia passione». L’anno successivo, la casa discografica indipendente statunitense Street Factory Music gli propone la pubblicazione di un album ed esce “Or-
phan’s Soul”. Seguiranno “Orphan’s Journey” e, nel 2009, “Orphan’s Hope”, raccolta di tredici pezzi inediti, di cui tre in italiano, presentati lunedì 24 agosto durante
il festival “Rosso Bastardo Live” al Teatro Comunale di Narni. E’ ora in preparazione il quarto album, “Orphan’s Cure”, uscita prevista nella primavera del 2010.
I cittadini americani di origine italiana sono quasi 18 milioni. Ma i passaporti del Bel Paese negli States solo 70 mila
Goodbye Little Italy, il borgo non c’è più Siamo il sesto gruppo etnico, ma i quartieri dei primi emigranti sono stati abbandonati o hanno perso usi e costumi PERUGIA - La comunità italiana negli Stati Uniti sta scomparendo. Le Little Italy, catturate dai film di Coppola e Scorsese, hanno perso la loro peculiarità di borghi del primo Novecento. O almeno si sta estinguendo l’antica solidarietà dei primi emigrati che avevano ricreato il loro paesino ed i loro usi in piena Manhattan. I loro nipoti parlano un perfetto inglese, non certo il dialetto originario. Sono, invece, sempre più numerosi i discendenti di quei viaggiatori che lasciavano l’Italia in nave sperando di fare fortuna e che poi non avevano i soldi per pagarsi il biglietto di ritorno. Il censimento ufficiale
Il quartiere di North Beach nella città di San Francisco, dove sono concentrati ristoranti e locali gestiti dai pochi italo-americani rimasti
del 2006 della U.S. Census Bureau contava 17,8 milioni di cittadini americani di origini italiane, il 6 % dell’intera popolazione, sesto gruppo etnico in terra statunitense. Sono per lo più concentrati nel Nord Est (New York e Illinois), a Ovest (California) e a Sud
(Florida). Ma si tratta dei figli e dei nipoti di coloro che fondarono le piccole Italie, ovvero di persone che stanno dimenticando usi e costumi della comunità dei primi decenni del secolo scorso. I laureati abbandonano i vecchi quartieri per muoversi verso zone
più ricche, mentre gli anziani decidono spesso di trascorrere la vecchiaia in Italia. É il caso della comunità di San Francisco, in passato una delle più consistenti, concentrata nel quartiere collinoso di North Beach: gli italiani non arrivano nemmeno a mille unità e molti hanno mantenuto il vecchio passaporto. Racconta Pat Girondi: «Durante la campagna elettrale per Obama, contammo solo 70 mila passaporti italiani in tutta l’America. Quando in Italia, quelli statunitensi sono 120 mila». Le Little Italy, borghi di fratellanza e sostegno dalla miseria dei primi emigrati, non ci sono più. (Chi.Cru)