il Borghese - 2012 - n. 03 (Marzo)

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Marzo 2012

IL BORGHESE

Con la schiavitù ritorna, quale inevitabile corollario, anche il ricatto sessuale. Una realtà frequentissima ben descritta, alcuni anni fa, da Rossella Schembri in un articolo pubblicato sul quotidiano La Sicilia. «Lavorano nelle serre per venti euro al giorno», si può leggere nell’articolo, «e per arrotondare il misero guadagno del loro lavoro sommerso, in molti casi cedono al ricatto sessuale dei titolari delle imprese agricole che gli danno occupazione in nero e un alloggio fatiscente. È un fenomeno triste, sempre più presente, soprattutto a Vittoria dove esistono vaste aree coltivate a serre, con un notevole numero di imprese serricole, dove lavorano invisibili operaie, ragazze dell’Est Europa, provenienti dall’Ucraina e dalla Polonia. I loro orari di lavoro non sono contabilizzati, è tutto fluttuante, nessun contratto, non c’è un numero di ore preciso, d’altronde di giorno lavorano in campagna, di notte fanno lo “straordinario” cedendo alle attenzioni sessuali di proprietari o di loro congiunti. Questo fenomeno è sotto gli occhi di tutti, se ne parla a Vittoria, ma sottovoce perché è una realtà scomoda. Ogni tanto quando qualcuna di queste donne scappa, perché non resiste al circolo vizioso, al ricatto indegno, allora la voce si diffonde. Se ne parla e poi tutto tace.» Siamo, insomma, ritornati all’Italietta povera e ingiusta descritta da Pansa nel suo libro. Ma la crisi economica e il conseguente ritorno alla schiavitù di fatto non riguardano soltanto le donne dell’Est o quelle del Terzo mondo. Anche se in forme diverse la logica del ricatto sessuale si manifesta anche nei confronti delle donne italiane. Qualche settimana fa, per fare un esempio, è stato arrestato, in Sardegna, il sindaco di Portoscuso Adriano Puddu. Le accuse che gravano su di lui sono quelle di corruzione, concussione sessuale, peculato, voto di scambio. Puddu avrebbe costretto alcune donne bisognose dei sussidi pubblici a far sesso a pagamento con lui e i suoi amici. Ed anche un sacerdote avrebbe usufruito di una delle prestazioni. A Firenze, invece, i carabinieri hanno posto fine ad un giro di prostituzione organizzato da tre donne: una pensionata al minimo e due disoccupate. I militari si sono appostati di fronte al garage dove le tre «esercitavano», hanno visto entrare le donne e qualche minuto dopo i primi clienti. A quel punto si sono fatti aprire anche loro e, tra l’imbarazzo dei presenti, hanno interrotto il business che durava ormai da alcuni mesi. La «tenutaria» del fondo, una fiorentina di 58 anni, pensionata da 242 euro al mese, divorziata e domiciliata in una casa popolare del Comune, un figlio iscritto all’università, è stata arrestata per sfruttamento della prostituzione. Secondo gli inquirenti, era lei, prostituta a sua volta, a «subaffittare» a due amiche, una 50enne e l’altra di 37 anni, anch’esse fiorentine, entrambe da poco disoccupate, una stanza del fondo in cambio di una tariffa di dieci euro per ogni prestazione. Episodi come questi sono comunque stati segnalati un po’ in tutta Italia. Ritornano alla mente, a questo punto, le strofe di una canzone anarchica del secolo scorso, conosciuta come La marsigliese del lavoro o anche come L’inno dei pezzenti che riportiamo qui di seguito: Triste spettacolo le nostre donne per noi primizie non hanno d’amor ancora impuberi sciolgon le gonne si danno in braccio a lor signor. Son nostre figlie le prostitute che muoion tisiche negli ospedal le disgraziate si son vendute per una cena o per un grembial. A parte l’ingenua retorica del testo ottocentesco le strofe sembrano fotografare la realtà del nostro tempo. Ah, mercato, quanti delitti si commettono in tuo nome!

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LA MORTE DI SCALFARO

«NOI NON LO rimpiangeremo» di ADALBERTO BALDONI «NOI non lo rimpiangeremo», hanno detto numerosi parlamentari del Pdl, uscendo dall’aula, quando si sono svolte le commemorazioni di Oscar Luigi Scalfaro, scomparso nella notte del 29 gennaio scorso. In effetti l’ex capo dello Stato non aveva mai nascosto il suo antifascismo, la sua avversione ai post-fascisti, alla destra, al governo Berlusconi. È sempre stato uomo di parte, anche quando si è insediato al Quirinale. I fatti - Per effetto delle inchieste della magistratura sulla corruzione dei partiti, nel gennaio 1994 si scioglie anticipatamente il Parlamento che era stato eletto soltanto due anni prima. Il 27 marzo, pertanto, si svolgono le elezioni con le nuove regole elettorali maggioritarie approvate l’anno precedente dalle Camere. Il risultato è clamoroso: drastico ridimensionamento o scomparsa dei partiti delle vecchie maggioranze, vittoria della coalizione di Silvio Berlusconi e sconfitta delle sinistre. Nel nuovo governo entrano anche esponenti di Alleanza nazionale. Scalfaro si affretta a far notare al Cavaliere che in Europa c’è allarme per l’ingresso nell’esecutivo dei «post fascisti» di Alleanza nazionale. Scalfaro, in particolare, raccomanda a Berlusconi di non affidare la Farnesina ad un post fascista, dato che «il ministro degli esteri deve assicurare piena fedeltà alle alleanze, alla politica di unità europea, alla politica di pace». Tutti sanno che agli Esteri, andò Antonio Martino di Forza Italia. Ma la nuova maggioranza viene però incrinata da un duro scontro sociale sulla questione della riforma delle pensioni e della finanziaria, oltre che dalle difficoltà legate al conflitto di interessi tra ruolo imprenditoriale e ruolo politico di Berlusconi. Il governo viene poi scosso da un avviso di garanzia per Berlusconi fatto recapitare dai giudici milanesi in relazione alla inchiesta sulle tangenti alla Finanza, mentre il Presidente del Consiglio partecipa a Napoli al vertice dell’Onu sulla criminalità. È il 22 novembre. Dopo pochi giorni, siamo al 17 dicembre, tre mozioni di sfiducia aprono la crisi di governo: una firmata dal Pds, una da Rifondazione comunista e l’altra dal Partito popolare italiano assieme alla Lega Nord. La presa di posizione della Lega costringe il Cavaliere a dimettersi. In un duro discorso alla Camera Berlusconi accusa Umberto Bossi di rapina elettorale e chiede di ritornare immediatamente alle urne. Un «golpe bianco» favorito dal Quirinale - Anche Gianfranco Fini, leader di An, parla di «golpe bianco»… (Fini, tra l’altro, nel maggio 1992, disse di Scalfaro candidato al Quirinale: «È il simbolo della conservazione, la vestale del sistema»…). Inizia, a questo punto, un acceso, virulento scontro tra Berlusconi e Scalfaro sulle elezioni anticipate. Il capo dello Stato osserva che in entrambe le Camere esiste una maggioranza contraria a un immediato ricorso alle urne

domenica 19 febbraio 2012 18.47 Colore campione Magenta Ciano Giallo Nero 1


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