Il Giornale dei Ragazzi di BookCity Milano Edizione 2017
Il Giornale dei Ragazzi di BookCity Milano | edizione 2017
Ideazione e coordinamento Isabella Di Nolfo
Redazione Marco Beretta, Camilla Buffo, Elena Carati, Chiara Casali, Benedetta Colombo, Giovanni Corrado, Gaia Faini, Alessandro Farru, Filippo Ferri, Federico Mario Follini, Mauro Fontana, Martina Lorenzon, Martina Maestroni, Elena Meneghello, Elena Montiero, Gabriele Pirri, Francesca Pochintesta, Sara Alice Scebba, Alice Vitucci, Giacomo Alister Biffi, Mattia Borgonovo, Martina Brugnetti, Elisa Coppo, Marco De Meo, Martina Guarnaccia, Teresa Iacomini, Angela Iemmolo, Maria Chiara Ieva, Marco Mazzone, Marta Pirovano, Alessandra Pulga, Giorgia Pupo, Eleonora Santori, Edoardo Tammaccaro, Anna Bedin, Davide Bergamo, Marta Bernardelli, Susanna Bertolini, Alessia D’Isanto, Federica De Iuli, Daniele Di Giorgio, Simone Ferrara, Cristian Fiandaca, Elisa Gatelli, Gaia Giacomelli, Ilaria Grecchi, Filiberto Ingrosso, Alessandro La Rocca, Federico Lavelli, Silvia Lovati, Gianluca Maderloni, Federica Mallia, Jacopo Mazziotta, Filippo Morgera, Giorgia Negri, Monica Nekhila, Sara Parmigiani, Alessia Perri, Giorgia Raineri, Deborah Re, Pietro Speranza, Lucia Barbareschi, Gloria Bareggi, Fioretta Bini Smaghi, Martina Casella, Arianna Cassano, Alice d’Alò, Beatrice de Fazio, Cecilia Diaferia, Tommaso Fadda, Cecilia Forestan, Anna Gregori, Ludovica Guidobono, Annalisa Magnani, Maria Mancin, Giulia Marassi, Gaia Moruzzo,Claudia Saviori, Beatrice Solinas, Margherita Soresina, Chiara Todisco, Greta Tuani, Elena Vigorelli
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L’inaugurazione La letteratura è felicità Non poteva che essere questo il motto di apertura di BookCity Milano 2017. 18 novembre, alla sala del teatro Dal Verme non si riesce a trovare un posto libero, sembra che tutta Milano voglia entrare: il maestro Mario Mariotti con squilli di tromba acquieta il pubblico, ancora alla ricerca di un posto dove sedersi, e accompagna l’entrata sul palco dei protagonisti della serata. Siamo in un luogo o in un non luogo? Siamo quasi sicuri di essere in un luogo, perché non siamo venuti qui per “consumare qualcosa”, ma per ascoltare. Marc Augé, antropologo francese e Daria Bignardi, conduttrice e giornalista televisiva, fanno finalmente il loro ingresso. Questa sera il sindaco Sala consegna ad Augé il sigillo della città di Milano, città che per lui è come una seconda casa. In una discussione tra la conduttrice e l’antropologo, quest’ultimo ci presenta il suo ultimo libro, “Momenti di felicità”, una riflessione a partire dalla sua vita, dalle sue esperienze e dai suoi luoghi, su come i piccoli momenti di felicità siano i “veri antidoti alla tensione e alla paura dell'epoca contemporanea”. Marc Augé ci racconta la felicità, anzi le felicità del quotidiano. Non qualcosa di dura-turo da ricercare, ma momenti speciali di cui godere, nonostante tutto. A tutti sarà capitato, anche inaspettatamente, di essere felici: nell’ascoltare una canzone, nell'in-contrare un amico, nel vedere un film, nel contemplare un paesaggio, nel fare qual-cosa per la prima volta. Nel tenere tra le mani un libro, nel leggere un racconto e nello scrivere. Attraverso la scrittura possiamo fissare la nostra felicità, riviverla, ap-profondirla e condividerla con un lettore. Proprio questo è lo scopo di BookCity: pren-dere i libri, chi li scrive e chi li legge e farli incontrare. In un’unica città. In soli tre giorni. Per rendere la felicità vera in quanto condivisa e dare vita alla cultura, alla let-teratura e alla bellezza. di Mattia Borgonovo, Benedetta Colombo Alessandro Farru, Teresa Iacomini, Martina Maestroni
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17 novembre 6| 7| 8| 9| 10| 12| 13| 14| 15| 16| 17| 18| 20| 21| 22| 23|
Senza barriere Duska Kovacevic ci insegna come vivere l’amore
Crittografia: sicurezza della nostra privacy Didascalie: tra arte e letteratura Il mondo attraverso un libro Alla scoperta dei libri tattili
Togliersi i pesi dal cuore Suggerimenti energetici per abbandonare ciò che ci frena nella vita
Milano’s got star È tutta una questione di molecole
Una ragionevole demenza Etica ed estetica all’epoca di Breaking Bad Incontro con Daniela Cardini, Massimo Di Giuseppe, Paolo Giovannuti
Una stanza per sé Emancipazione culturale e sociale delle donne
Si cade, l’importante è rialzarsi Come il cadere può insegnarti ad affrontare la vita
We just need to think to change the world Pensieri nuovi per un mondo nuovo La psichiatria è giunta ad una rinascita: Andreoli ne propone una
Maometto 2.017 Chi è Maometto? Quali sono le radici dell’Islam? ma soprattutto: che cos’è l’Islam?
Sbalzi d’umore Etienne Delessert per la prima volta in una galleria privata
Oratori: più essere meno sapere Nando Pagnoncelli propone un’ interessante analisi del ruolo degli oratori nella società italiana
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I ragazzi del liceo Casiraghi vincono la sfida tra i libri La poesia è il mio fumo Tu smetti di fumare io smetto di scrivere
Astronauti e rockstar: due mondi non così lontani Ettore Perozzi racconta come la scienza influenza la musica
Napoletana alla Pietà di Michelangelo Tra globalizzazione ed individualismo Il narcisismo di massa De niù latinorum Cultura versus letteratura L’uomo colto (Silvano Petrosino) e l’uomo che cerca di elevarsi (Giacomo Poretti) dialogano sulla differenza tra cultura e letteratura
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Atletico BookCity
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Senza barriere Duska Kovacevic ci insegna come vivere l’amore Duska Kovacevic, scrittrice e attrice croata intrattiene i suoi spettatori con la lettura di alcune poesie presenti nella sua raccolta “Tu chiamaci perfetti sconosciuti se hai il coraggio”. La poesia è instabile, irrazionale, lascia dei segni al lettore che deve mostrarsi empatico,
immedesimandosi
in
essa,
sentendola sua. “Chi scrive poesia deve essere malato di poesia”, così afferma l’editore di Duska, Attilio Fortini, aggiungendo che lo scrittore deve essere caratterizzato da un qual-
damentale, il contatto fisico, è certamen-
cosa di diverso, un particolare e unico
te destinato a non durare.
che lo contraddistingue da tutti gli altri.
Perché la scelta del pronome “tu” nel ti-
La stessa autrice espone cosa sia per lei
tolo del libro e non “voi”, usato solita-
la poesia: “Il modo migliore di seguire e
mente per rivolgersi ai lettori? Questa è
sentir vivere le proprie emozioni”. Questo
la domanda che l’editore rivolge all’autri-
suo pensiero viene confermato dalla sua
ce. Lei risponde che con la seconda per-
personale interpretazione dei versi. Ac-
sona singolare “si pone l’obiettivo di in-
compagnata da un sottofondo di musica
staurare un rapporto di intimità con chi
classica, l’autrice percorre lentamente la
legge; come io posso essere il suo spec-
stanza da una parte all’altra recitando i
chio, allo stesso modo lui può esserlo per
propri componimenti: ad ogni poesia cor-
me”.
risponde un’intonazione, un movimento, un’espressione specifica.
di Gaia Faini e Francesca Pochintesta
Il tema trattato principalmente è l’amore: vero, senza barriere né finzioni quando non vincolato dalla rete virtuale. Al giorno d’oggi però, il più delle volte, “le relazioni nascono e si sviluppano dietro ad uno schermo; gli amanti non si toccano mai veramente, non si è mai sé stessi fino in fondo, c’è una barriera che li divide”, così afferma Duska. Questo sentimento oltre a mancare di un aspetto fon-
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Crittografia: sicurezza della nostra privacy All’evento di BookCity tenutosi venerdì 17 novembre presso l’Università Bicocca, è stato affrontato il tema della sicurezza e della privacy nel mondo del web. Come ha illustrato il professor Alberto Leporati, nel corso della storia, la privacy e l’anonimato sono stati messi a rischio. Infatti negli ultimi due secoli, a causa dello sviluppo di nuove tecnologie, come la macchina fotografica e la diffusione della stampa giornalistica, i dati privati sono stati spesso divulgati. Nella nostra epoca, invece, la principale invenzione che mette a rischio la nostra privacy è senza dubbio internet. Internet negli ultimi decenni è diventato il primo mezzo di comunicazione e attraverso di esso circolano un vasto quantitativo di informazioni e dati, la cui riservatezza non sarà mai del tutto garantita. Per questo motivo è stata sviluppata una sicurezza informatica, per far si che le informazioni private restino tali e la base di essa è la crittografia. Ma che cos’è la crittografia? Come ha spiegato il professore, la crittografia è un mezzo di comunicazione, proprio come la scrittura e le lingue. È sempre presente qualcuno che manda (codifica) un messaggio e qualcun altro che lo riceve e lo traduce per comprenderlo (decodifica). Nel caso della crittografia, però, per permettere di decifrare il messaggio è necessario che il mittente consegni al destinatario anche le chiavi, perché senza di esse a quest’ultimo sarebbe impossibile completare la decodifica. C’è però la possibilità che le chiavi vengano scoperte; quindi la crittografia è sì una “segreta” comunicazione di dati, però non è inaccessibile. Infatti, nell’ambito informatico, dove le scoperte e le innovazioni sono in continuo aumento e sempre più rapide, è importante che le chiavi vengano modificate molto spesso, così da evitare che vengano scoperte attraverso nuove tecnologie o algoritmi. Quindi, la crittografia potrebbe essere una valida modalità per proteggere i dati personali, però è anche importante essere consapevoli che la condivisione e la pubblicazione dei nostri dati possono essere pericolose per la nostra privacy. di Giorgia Pupo
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Didascalie: tra arte e letteratura Il Giornale dei Ragazzi ha incontrato il direttore della Pinacoteca di Brera James Brandburne. È così che abbiamo scoperto l’importanza della didascalia all’interno
Perché sono importanti le didascalie? Perché non si tratta solo di cartellini con qualche informazione, esse sottintendono e propongono un modo di guardare, di raccontare quello che un'opera d'arte suscita dentro di noi. Una trama sottile lega tutte le descrizioni, come le pagine di un libro che si svelano sotto i nostri occhi. La didascalia dunque, è la miglior rappresentazione del rapporto tra arte e letteratura. Molti musei sostengono che tale uso sia superfluo, avendo il quadro la capacità di comunicare direttamente all’osservatore, senza il bisogno della mediazione di un pannello esplicativo. Brandburne non è di tale avviso: l’opera non parla sempre da sé poiché spesso la volontà espressiva dell’autore non è intuitiva. E, paradossalmente, le grandi annotazioni sono meno invasive di quelle piccole: anche se entrambe sono finalizzate a spiegare il quadro, minore è il carattere maggiore sarà la quantità di persone attorno alla legenda. Ci sono diversi tipi di didascalie: del curatore o di un esperto d'arte, per famiglie (che serve a suscitare maggiore interesse nei bambini) e di un grande autore, esclusiva di Brera. Brandburne definisce quest'ultima come un vero e proprio campo di battaglia, dove gli scrittori si contendono il primato della descrizione. In ultimo, ancora in via sperimentale ma presente alla Pinacoteca di Brera, è la dicitura tattile atta a ricordare l'esperienza vissuta guardando il quadro ed essere accessibile a fruitori ciechi o ipovedenti. Il Giornale dei Ragazzi suggerisce la visita alla Pinacoteca di Brera e osservare come la didascalia si intrecci perfettamente con le opere d'arte. di Martina Lorenzon e Mauro Fontana
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Il mondo attraverso un libro Alla scoperta dei libri tattili
“Sono libri semplici perché in realtà quelli complessi siamo noi adulti”. Così si apre la presentazione dei libri tattili per bambini non vedenti svoltasi presso l’Istituto dei Ciechi di Milano: ”Ombre” di Michela Tonelli e Antonella Veracchi, e “Foglie” di Francesca Pirrone. Si tratta di strumenti di integrazione interiori che permettono al bambino di conoscere con mano figure e immagini essendo veri e propri “contenitori di pezzi di mondo, piccole finestre aperte su ciò che ci circonda”, come afferma il direttore tecnico dell’Istituto dei Ciechi Franco Lisi. Essi rappresentano uno stimolo emozionale poiché favoriscono una sana forma di dialogo e scambio, creando, in questo modo, una dimensione empatica.
di Elena Carati, Chiara Casali e Elena Meneghello
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Togliersi i pesi dal cuore Suggerimenti energetici per abbandonare ciò che ci frena nella vita Presso la sala studio del circolo filologico di Milano, il 17 novembre si è tenuto un incontro con la scrittrice Rossella Panigatti e la giornalista Alessandra Appiano. La sala, che alle pareti presentava una grandissima libreria, era al completo, con un pubblico in maggioranza femminile. L'autrice del libro "L'arte di lasciare andare" ha raccontato l'approccio con cui aiuta le persone a ritrovare se stesse e a liberarsi dai pesi per vivere con più leggerezza. Ha raccontato poi di come abbia intrapreso questa strada dopo 28 anni di ricerca nel campo energetico. Durante l'incontro, l'ospite ha fatto sperimentare ai presenti un esercizio di meditazione invitando a chiudere gli occhi e a pensare a una situazione della vita, focalizzando l'energia in un punto e cercando di vedere un cerchio colorato. Aperti gli occhi alcuni hanno descritto una tensione in una determinata parte del corpo e, a seconda di dove essa fosse e del colore del cerchio immaginato, l'autrice ha dato una spiegazione. Probabilmente per chi non ha mai sperimentato questa tecnica potrebbe risultare un po’ strano, ma nonostante ciò, la meditazione non deve essere considerata come qualcosa di straordinario. Anzi, essa permette di connetterci con chi siamo ed è necessaria per togliere qualunque male. In particolare per modificare ciò che non ci piace del mondo esterno bisogna trasformare qualcosa che è dentro di noi. Per cambiare è necessario essere consapevoli di ciò che ci fa male, capendone la motivazione; e vivere la cosiddetta “vita dei cavalli" i quali non hanno né passato né futuro, né rancori né paure, per vivere con più leggerezza. di Arianna Cassano e Alice d’Alò
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Milano’s got star I Milanesi, che persone caotiche e fretto-
avesse fallito, sarebbe
lose!
stato il “figlio scemo
Eppure anche loro ogni tanto si fermano
del grande genio”, se
a fissare le stelle. Proprio per questo nel
avesse avuto successo
1930è stato aperto il Civico Planetario
invece sarebbe stato
Ulrico Hoepli, una piccola cupola di 20
“tutto merito del pa-
metri di diametro dove è possibile ammi-
dre”. Da qui la deci-
rare il cielo notturno così come lo vedeva
sione di fare di testa
Copernico, e prima ancora Tolomeo e pri-
sua,
interessandosi
ma ancora di lui Aristotele. Nel cielo
però costantemente agli studi del padre.
neanche l’ombra dello smog. Solo pianeti
Le rivoluzioni dell’universo analizza il co-
e stelle, che ci vengono raccontati con
smo a partire dal momento in cui è nato,
entusiasmo da Fabio Peri, conservatore
poco più di 13 miliardi e mezzo di anni
(così viene chiamato il direttore) del Pla-
fa, e illustra una teoria sulla sua fine. An-
netario.
ziché un resoconto dettagliato e scientifico, il figlio di Nanni Bignami ci ha raccontato aneddoti sulla vita del grande astrofisico, padre e uomo, con voce composta ma vibrante di stima, affetto e nostalgia. Scopriamo così la completezza di quest’uomo, che dopo una formazione classica si è dedicato all’astrofisica, mantenendo però sempre uno sguardo d’insieme sulla cultura e sulla necessità di renderla più accessibile. Per questo motivo, alla stella da lui scoperta non ha dato un nome alfanumerico, né mitologico, né tan-
Dopo di lui a parlare è l’ingegnere am-
tomeno straniero; ha scelto infatti di bat-
bientale Daniele Bignami, figlio dell’astro-
tezzarla Geminga, dall’espressione del
fisico italiano Giovanni Bignami, autore
dialetto meneghino “gh’è minga”, cosic-
del libro
ché anche i Milanesi avessero una loro
Le
rivoluzioni
dell’universo,
uscito a pochi mesi dalla prematura
stella.
scomparsa di quest’ultimo. Come mai è un ingegnere a presentare
di Alice Vitucci
un libro di astrofisica? con una certa dose di ironia, Bignami ci racconta che inizialmente aveva preso in considerazione l’idea di seguire le orme del padre, ma, se
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È tutta una questione di molecole <<La vita è figlia delle molecole, presenti nel nostro corpo in un numero esorbitante. Le molecole sono infatti responsabili della nostra salute e anche del nostro invecchiamento>> in questo modo Edoardo Boncinelli, noto genetista, cattura l’attenzione della platea dell’università Bicocca. Tra le fondamentali molecole troviamo le proteine,
che
svolgono
la
maggior parte dei compiti, ne è un esempio l’emoglobina che, situata sui globuli rossi, permette il trasporto di ossigeno. La sintesi di proteine è una delle numerose funzioni del DNA, presente in ogni nostra cellula. Un’altra particolarità del DNA è la possibilità di poter essere “tagliato” e “rincollato”, esattamente come un lavoro di editing. Questo processo viene utilizzato per sostituire un gene che non funziona correttamente. Mediante questa terapia genetica spesso però non si ottiene il risultato sperato poiché il gene sostituito viene considerato come estraneo e quindi “rifiutato” dalla cellula. L’insieme di tutti i geni è poi chiamato genoma. Spesso si sente affermare che esso sia per il 98% uguale a quello degli scimpanzé. Boncinelli contesta questa tesi, sostenendo che sia solo in parte corretta. Scienziati e ricercatori infatti sono a conoscenza del 30% circa delle funzioni del genoma umano, mentre il restante, rimane ancora sconosciuto. Solo una minima parte del nostro patrimonio genetico può essere dunque comparata con quella del primate. <<La biologia è ormai parte integrante del futuro della nostra civiltà>> conclude Boncinelli, con la certezza che questa scienza riuscirà a compiere altri grandi passi in avanti. di Federica De Iuli
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Una ragionevole demenza Speranza è la parola chiave di questo incontro: speranza di recuperare una vita quasi normale, speranza di credere nel futuro e speranza di credere nelle proprie capacità anche quando si hanno delle difficoltà. Da qui scaturisce una domanda: quali orizzonti per delineare l’Alzheimer? Il libro “Riconsiderare la demenza” di Kitwood (presentato nell’edizione italiana il 19 novembre all’Università Statale di Milano da Silvana Botassis, Maria Luisa Ranieri e Stefano Forlani) espone delle prospettive significative e alternative a riguardo. Una contrapposizione tra una visione di disgrazia e di trascuratezza e un desiderio di riconsiderazione ottimistica riguardo alla malattia. Chi soffre di questo tipo di demenza mentale, come espone l’autore del libro, è privato di una concezione globale e chiara dell’ambiente che lo circonda e del tempo che scorre. Ma quali sono le cause? Molteplici sono i fattori che determinano l’insorgere e la permanenza della malattia: cause legate all’individualità e altre all’interazione con l’ambiente e le persone. La demenza è sì un disturbo della psiche legato allo scorretto funzionamento della mente, ma è al contempo fortemente dipendente dalla società in cui il soggetto si trova e con la quale interagisce: le risorse ricevute dall’ambiente determinano infatti la possibile permanenza o, al contrario, il probabile miglioramento di un soggetto malato di Alzheimer. L’ autore sostiene, tramite una tecnica chiamata Person Positive Work, che è possibile far star meglio il malato, consentendogli di esprimere le proprie capacità, responsabilizzandolo, trasmettendogli positività e sicurezza nei rapporti sociali. Perché le persone affette da demenza non vengono distrutte dalla malattia, ma vengono distrutte nel momento in cui spariscono le interazioni sociali, non si dà loro spazio di esprimersi o una speranza di recuperare un ragionevole benessere. Ci si è chiesti: questo tipo di malato “è un individuo che non sa camminare o la sua città preimpostata è disposta unicamente per coloro che hanno la capacità di camminare?” Un lavoro positivo può essere attuato al fine di migliorare la condizione del malato, basata su dei punti cardine: la dignità personale, il senso di sicurezza nei rapporti e un assetto di speranza, inteso propriamente come un’apertura fiduciosa al futuro. di Gaia Moruzzo e Claudia Saviori
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Etica ed estetica all’ epoca di Breaking Bad Incontro con Daniela Cardini, Massimo Di Giuseppe, Paolo Giovanetti Fin da piccoli ci è sempre
stato
raccontato
che i buoni vincono sui cattivi. Nelle favole infatti l’antagonista è un personaggio temuto e odiato, in quanto portatore di valori sbagliati, e alla fine della storia è destinato a perdere. Con la nascita di nuove forme di intrattenimento quali cinema e televisione, però, le cose sono cambiate: il cattivo assume un nuovo ruolo nella storia e, paradossalmente, inizia a piacerci. Tale fenomeno è diventato così frequente da far coniare un nuovo termine per questi personaggi: antieroi. Uno degli esempi più noti è quello di Walter White, protagonista di Breaking Bad. Un mite professore di chimica scopre di essere malato di cancro e per lasciare abbastanza denaro alla propria famiglia si trasforma in uno spietato narcotrafficante. La domanda sorge spontanea: come può piacere un personaggio simile? La verità è che il classico eroe bello e buono difficilmente costituisce un personaggio con cui potersi identificare. L’antieroe invece, con tutti i suoi difetti e vizi, incarna un modello molto più umano: sentiamo nostra la sua immoralità e ci riesce più facile prendere le sue parti. Tuttavia il rischio è, soprattutto per i più giovani, di costruirsi un’immagine distorta della realtà. È importante tenere a mente che opere come Breaking Bad, sebbene spesso e volentieri mostrino aspetti del mondo verosimili, sono pure forme di intrattenimento e devono rimanere tali: i valori da seguire sono altri, sono altre le realtà a cui dobbiamo ispirarci per vivere bene e in pace. di Marco Mazzone
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Una stanza per sé Emancipazione culturale e sociale delle donne Partendo dal celebre romanzo di Virginia Woolf, “Una stanza tutta per sé”, si ripercorre la difficoltà per una donna nei secoli nel ritagliarsi uno spazio per la propria riflessione, in quanto sempre legata ai doveri quotidiani. Grazia Livi, con il suo romanzo “Da una stanza all’altra”, ci introduce alla vita di altre famose scrittrici, tra cui Jane Austen, Emily Dickinson, Caterina
Percotto,
Katherine
Mansfield,
Anais Nin: donne che hanno avuto il coraggio di liberarsi da questi limiti per ritagliarsi uno spazio per loro stesse, in cui poter riflettere e ritrovare la propria identità. Maria Rosa del Buono ha trattato principalmente la storia di Virginia Woolf; una scrittrice, vissuta negli anni ‘20 del 1900, che per prima ha parlato della sua “stanza per se”; la sua stanza per se era una poltrona consumata dal tempo. “La stanza per se è un guscio che ci avvolge e che ci stacca da quei legami dei doveri quotidiani.” dice Maria Rosa. L’incontro è stato molto dinamico tra le partecipanti, le quali grazie ai vari interventi hanno reso la conferenza ancora più interessante. È avvenuto nel caffè letterario della Casa delle Arti nello Spazio Alda Merini, in una sala che per vari elementi ha richiamato le caratteristiche della stanza per se: una stanza molto semplice con qualche sedia, un tavolo ed un pianoforte. L’importanza di avere una stanza per se sta nel ritagliarsi del tempo in cui poter trovare la propria identità, riscoprire se stessi, aver del tempo in cui poter pensare solo a se stessi, senza preoccupazioni. di Martina Casella
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Si cade, l’importante è rialzarsi Come il cadere può insegnarti ad affrontare la vita Venerdì 17 novembre 2017 Andrea di Bari è stato intervistato da Roberto Mantovani nell'aula Magna del Museo di Storia Naturale. Durante questa intervista ha presentato a un numeroso pubblico il suo libro intitolato "Il fuoco dell'anima". Il climber ha raccontato la sua giovinezza travagliata, vissuta a Roma negli anni ‘60, in un quartiere che lui stesso definisce come "carico di violenza giovanile", che l'ha spinto a ricercare la felicità in qualcosa di più, rispetto alle amicizie del paese. Il libro è un racconto biografico, di cui l’io narrante mette in risalto l’autenticità. Proprio questo aspetto fa sì che l’opera sia molto conosciuta nei circoli di arrampicata e di alpinismo. Uno dei valori fondamentali su cui l'autore si basa, sia nel libro che nella sua vita, è la capacità di imparare a cavarsela da solo anche nelle semplici esperienze quotidiane, le quali lo hanno aiutato a crescere e ad affrontare le problematiche in autonomia. Alla fine, alla domanda "che cos'è per te l'arrampicata?", di Bari l'ha definita una tecnica per parlare di se stesso, “passionale come un fuoco accesso: la mia strada". di Elena Vigorelli
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We just need to think to change the world “We don't think about society changes. When we look at modern inventions, we have to know that they are built on some previous ones”. That's how Tim Harford, economist and writer, introduced himself at Bookcity Milan. Harford,whose book presented is “50 inventions that shaped the modern economy”, criticises the fact that we don't give the right importance to inventions that have changed the way we relate, communicate and also trade with other people and he has made some examples. The most hilarious, common and less considered invention is the toilet paper. Such a simple, cheap and useful invention like the toilet paper has changed the way how people used to clean themselves. In fact Harford underlined two steps that an invention has to engage in order to become useful and to be used everyday. The first one is to change the way people do things and he made the examples of electricity in factories: it made the job of the workers faster and easier and it also increased the production. The second one is that a remarkable invention has to be cheap: here Harford mentioned the invention of the press by gutemberg and therefore the first papermaker Fabriano. He analyzes how the press changed the way of communicating and spreading information and also the fact that it was possible due to the spread of the paper by Fabriano: “paper is cheap enough to change the world”. The economist ended the event by sayingwhat is the question that we have to ask ourselves to improve something already existing or to invent something new: “what's the problem with this stuff?”. Infact this question will allow us to invent something that in the future will change the world. di Filippo Morgera, Filiberto Ingrosso
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Pensieri nuovi per un mondo nuovo La psichiatria è giunta ad una rinascita: Andreoli ne propone una nuova visione Venerdì 17 novembre 2017 lo psichiatra Vittorino Andreoli ha tenuto una presentazione del suo ultimo libro (I principi della nuova psichiatria) presso la Sala
Viscontea
del
Castello
Sforzesco. Durante l’incontro, lo psichiatra ha illustrato i principi di quella
che
oggi
definiamo
“psichiatria scientifica”, confrontandoli con la precedente concezione di psichiatria. Attraverso i contenuti esplicativi del suo libro, Andreoli ha cercato di prendere in considerazione l’evoluzione di questa scienza e i processi che l’hanno portata ad essere come la conosciamo oggi. Il libro è stato scritto basandosi sul genere letterario del “compendio”, nonché una raccolta riassuntiva di informazioni a fini pratici, utilizzato precedentemente da altri studiosi del settore, tra cui Freud. Il tutto è stato trattato tenendo sempre a mente il valore di tutti gli esseri umani: “questi miei matti, oggi, possono essere trattati con strumenti scientifici, ma soprattutto come esseri umani”, ha infatti affermato Andreoli con entusiasmo. In conclusione ha aggiunto che, ora che i grandi disturbi mentali possono essere affrontati, c’è bisogno di istituire una nuova disciplina in grado di aiutare chi è afflitto da insoddisfazione, perché “l’esistenza umana sta diventando faticosa: non so come si cambia una società, ma sono certo che ogni singolo può cambiare anche rapidamente e trasformare la fragilità in forza”. Anche se tutto ciò può sembrare impossibile, nei momenti di crisi bisogna sempre volare alto e non badare alle utopie. di Annalisa Magnani
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Maometto 2.017 Chi è Maometto? Quali sono le radici dell’Islam? Ma soprattutto: che cos’è l’Islam? Il giornalista egiziano naturalizzato italiano Magdi Allam nei primi anni della sua vita è stato di fede musulmana fino a quando, nel 2008, si è ufficialmente convertito al cattolicesimo e ha ricevuto il battesimo da Papa Benedetto XVI. Nel suo ultimo saggio Maometto e il suo Allah lo scrittore analizza la figura del Profeta islamico, sia dal punto di vista storico sia dal punto di vista religioso, e le immagini che emergono sono spesso in netto contrasto fra loro. Come tiene a precisare, la figura di Maometto è una questione da sempre spinosa, tanto da essere stata ed essere tuttora oggetto di dibattito fra i teologi. Ne propone quindi una biografia diversa da quella “tradizionale”: non si limita a fornire una serie di dati cronologici e a esporre fatti ormai noti, ma tenta di rivisitare la sua vicenda, analizzandola da un piano più umano che spirituale e cercando di conciliare realtà storica e tradizione religiosa. Nel saggio inoltre è presente un grande approfondimento sul Corano e sui suoi punti fondamentali, sia dal punto di vista linguistico che puramente concettuale. Ma l'idea principale che anima Allam e che egli vuole trasmettere è che ci deve essere un equilibrio fra religione e società. Tradizione e precetti devono conciliarsi con diritti e norme civili. E questa conciliazione, tanto bramata quanto difficilmente raggiungibile, purtroppo viene spesso dimenticata dall'uomo d’oggi che in nome di Dio fa guerra alla civiltà e in nome della civiltà fa guerre a Dio. di Federico Mario Follini e Alice Vitucci
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Sbalzi d’umore Etienne Delessert per la prima volta in una galleria privata La mostra “Sbalzi d’umore”, allestita dall’8 novembre al 9 dicembre nella galleria Nuages di Milano, raccoglie settanta opere di Etienne Delessert, illustratore e artista svizzero residente negli Stati Uniti, noto per aver illustrato più di ottanta libri, di cui molti tradotti in quattordici lingue. Di formazione autodidatta, è considerato uno dei padri della moderna illustrazione di libri per l’infanzia, tra i quali la serie “Yok Yok”, come testimonia la duplice vittoria del “Premio Grafico” ricevuto alla Fiera del Libro per Ragazzi di Bologna, una delle più antiche e longeve d’Italia. Dopo numerose retrospettive ospitate nelle più prestigiose sedi internazionali, tra le quali il Louvre e la Biblioteca del Congresso di Washington, le sue creazioni sono per la prima volta esposte in una galleria privata. Le opere in mostra, realizzate ad acrilico o acquerello su supporti differenti quali carta, metallo e legno, si distinguono per l’utilizzo di colori opposti che enfatizzano l’intento dell’artista di voler far credere all’osservatore che durante la realizzazione dei quadri sia stato soggetto ad un alternarsi continuo di emozioni. Nelle sue creature immaginarie e nei paesaggi, la normalità si fonde con elementi fantastici a creare universi paralleli e atemporali. Il filo conduttore è proprio la continua contrapposizione tra serenità e inquietudine, normalità e deformità, mediata dall’uso della linea sinuosa e del colore. Ciò traspare sia nei paesaggi, che nelle rappresentazioni simboliche di giudizi sulla politica contemporanea e nei ritratti di famosi personaggi francesi, tra cui Jean Piaget. Ma la mostra non si esaurisce con le opere esposte durante i giorni di Book City, infatti parte di esse saranno sostituite da famose illustrazioni realizzate per l’infanzia, arricchendo l’esposizione e regalandoci nuove emozioni. di Margherita Soresina
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Oratori: più essere men0 sapere Nando Pagnoncelli propone un’ interessante analisi del ruolo degli oratori nella società italiana Gli oratori italiani, analizzati e studiati a fondo dal sondaggista Nando Pagnoncelli, sono il tema di questo incontro al Castello Sforzesco con il pubblico di BookCity. L’indagine condotta da Pagnoncelli nel libro “Un pomeriggio all’oratorio” (con la testimonianza di Giacomo Poretti) non è solo di tipo quantitativo. Degli oltre ottomila oratori italiani (di cui un terzo nella sola Lombardia) il sondaggista intende mettere in luce in particolare l’evoluzione, in un’ampia escursione che abbraccia ben 450 anni di Storia, e, con essa,
anche
il
dell’atteggiamento
cambiamento degli
italiani
nei loro confronti. La parola d’ordine dello spazio oratoriale è da sempre “accoglienza”: lo dimostra la costante apertura quotidiana e il ricevere ragazzi di qualunque fede e nazionalità. Accanto alla formazione spirituale vengono curate varie attività ricreative (sport, teatro, volontariato, campus estivi). La peculiarità è proprio l’attenzione data all’”essere” piuttosto che al “saper fare”. L’oratorio è innanzitutto un luogo di convivenza, di relazioni tra pari, in cui manca una figura di “docente” che trasmetta un sapere e sono invece lo stare insieme, il divertimento, il confronto con altri e le esperienze vissute insieme a garantire il risvolto formativo. Pagnoncelli in ultimo come il rapporto oratorio – genitori si sta modificando negli ultimi anni: se un tempo era totale la fiducia di una mamma e un papà nell’affidare il proprio figlio ad un centro parrocchiale, adesso si ha qualche difficoltà in più a concedere la delega educativa a questa istituzione. Complice magari la dimensione spirituale che sta sempre più scemando nelle famiglie italiane, o proprio l’unicità di un luogo non volto direttamente all’apprendimento di un’abilità specifica ma ad una formazione umana più che tecnica. di Gaia Faini e Gabriele Pirri
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I ragazzi del liceo Casiraghi vincono la sfida tra i libri Dopo la serata di apertura, ieri nelle librerie, BookCity continua nella libreria Feltrinelli di Piazza Piemonte con Fuori-classe: Sfida per i libri. Nella mattinata di venerdì 17 novembre la squadra del Liceo Casiraghi (tra cui alcuni nostri colleghi del Giornale dei Ragazzi) si è sfidata sul libro “Mattatoio n5” di Kurt Vonnegut contro l'ITS Achille Mapelli di Monza. Le due scuole hanno dovuto gareggiare su quaranta domande sia specifiche sia di cultura generale riguardanti l'opera oggetto di gara. Essa è una testimonianza fredda e distaccata della prigionia in Germania di Vonnegut e del bombardamento di Dresda durante la seconda guerra mondiale. Il Liceo Casiraghi è riuscito a farsi valere, domanda dopo domanda, e ad avere la meglio per 6 punti sull'ITS Mapelli. Dopo la gara siamo riusciti a scambiare due parole con i protagonisti della sfida: Federica M. del Liceo Casiraghi: “È stata un'esperienza molto positiva perché si è creato un gruppo molto coeso e pronto a collaborare. Mi è piaciuto molto anche perché non c'era uno spirito di competizione pesante, tipico delle gare.” Susanna B. del Liceo Casiraghi: “Penso che questa iniziativa sia stata molto bella poiché ha permesso di far conoscere studenti di età e scuole diverse tramite la lettura di un libro". Alla luce di tutto ciò, credo che un'attività del genere all'interno della kermesse di BookCity possa incentivare il lettore a leggere più dettagliatamente un libro e allo stesso tempo a creare momenti di riflessione ed amicizia tra ragazzi. di Marta Bernardelli
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La poesia è il mio fumo Tu smetti di fumare io smetto di scrivere “Sigarette. 20 poesie per smettere domani.” É con questa provocazione che il poeta Matteo Rusconi, in arte Roskaccio ci presenta l'analogia tra sigarette e poesie. “C'è una sottile linea che unisce una poesia e una sigaretta ovvero svelare chi, oppure cosa, dall'altra parte si cela. Ogni sigaretta racconta la storia del momento in cui viene fumata e, in egual modo ogni poesia racconta dell'istante in cui è stata scritta” afferma nel libro l'autore come premessa alle sue poesie. Per Roskaccio la poesia è infatti un vizio proprio come il fumo che scandisce le giornate come un rito. per questo il poeta ha deciso di suddividere il suo libro in tre capitoli che riassumessero i rito del fumo: le prime boccate, i segnali di fumo e infine i mozziconi. Per rendere immediata la comprensione di questa analogia così forte il poeta ha deciso di sorprendere il pubblico con una messa in scena dove, invece di una semplice lettura, ha interpretato le sue poesie recitandole assieme a Barbara Tonon e Federica Toti, due sue collaboratrici, riuscendo a coinvolgere gli ascoltatori. La spontaneità della sua recitazione lo ha reso molto umano: non sembrava un attore ma se stesso, fumatore in astinenza che cerca disperatamente anche un solo tiro di sigaretta per placare il tremolio e l'ansia. Durante la recitazione lo spettatore-fumatore si sentiva coinvolto perché rivedeva in Rusconi la propria esperienza, riconoscendosi in lui sin dall'ingresso in sala. I pacchetti di sigarette che ricoprivano il pavimento catturavano lo sguardo attento dei fumatori, che erano spinti a controllarli attentamente, nella speranza che uno di essi fosse pieno, cosa che lo stesso autore ha voluto rappresentare estremizzando i gesti per mettere in evidenza lo spasmodica necessità di fumare. Durante l'interpretazione l'autore ci propone le sue poesie come rimedio, ribadendo la provocazione iniziale “se le mie poesie funzionano smettete di fumare domani, e se non funzionano smetto io di scrivere poesie”. di Maria Mancin
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Astronauti e rockstar: due mondi non così lontani Ettore Perozzi racconta come la scienza influenza la musica Cosa viene in mente quando si parla di anni ’60 e ’70? I Beatles, i Pink Floyd, gli stadi pieni per i concerti,… e poi? E poi i primi lanci nello spazio, lo sbarco sulla Luna e l’entusiasmo di andare dove nessuno era mai stato. Ma cosa c’entrano le esplorazioni spaziali con il rock, due mondi a prima vista tanto distanti quanto capaci di rapire e trascinare lontano? È quello che ha voluto raccontare Ettore Perozzi, autore di libri di divulgazione scientifica e appassionato di musica rock, con Simonetta Cheli, direttrice del Programma di Osservazione della Terra presso l’Esa (Agenzia Spaziale Europea) e Luca Parmitano, astronauta dell’Esa che, trovandosi a Houston per prepararsi a missioni future, ha partecipato con videomessaggi. Negli anni in cui la Nasa portava l’uomo sulla Luna dunque, la possibilità di esplorare il cosmo faceva sognare le rockstar, che in quegli anni scrissero canzoni con testi indimenticabili che ascoltiamo ancora a distanza di decenni. Elthon John in “Rocket man” racconta di un uomo che fa il pendolare per lavorare su Marte, mentre i Beatles in “Across the universe” immaginano parole che scorrono nell’universo in un flusso senza fine, come uno di quei messaggi che oggi inviamo verso il cosmo nella speranza che vengano captati da qualche creatura extraterrestre. Nell’album “The dark side of the Moon” invece i Pink Floyd parlano di alcuni aspetti della vita che sfuggono al controllo razionale, il ‘dark side’ è dunque tutto ciò che ancora non si conosce, e, come fa notare Luca Parmitano, anche nella scienza c’è ancora tanto da esplorare. Ma anche se cerchiamo di raggiungere posti sempre più lontani, abbiamo un pianeta a cui fare ritorno e su cui viviamo ogni giorno. A tal proposito Luca Parmitano ci ha lasciato
con
questo
bellissimo
messaggio: “Siamo tutti equipaggio dell’astronave Terra e dobbiamo occuparci della sua manutenzione”. di Marta Pirovano
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Napoletana alla Pietà di Michelangelo Il progetto BookCity Milano ci ha permesso di conoscere molte personalità dello spettacolo. La più interessante proposta è stata proprio quella di Ernst Knam. Molto interessante per i suoi dolci! L’incontro era volto a pubblicizzare il suo nuovo ricettario in cui i dolci sono associati alle sculture dei grandi artisti rinascimentali scolpite però nel cioccolato bianco. Incredibile è il numero di pagine che ha questo ricettario, e ancor più incredibile è il numero di ricette che neanche noi italiani conosciamo (certo, serviva un maestro pasticcere austriaco per farcene rendere conto). Pastiera, Cannoli, Strudel e torta Millefoglie rivisitati per offrire sapori diversi e nuovi: la Tradizione Gastronomica italiana si rinnova e si apre anche ad apporti extraeuropei. Milano sta diventando proprio una città Multietnica, dove si possono stravolgere e ricostruire le culture. La Pasticceria di Knam appena aperta in corso Vittorio Emanuele II infatti è un'ottima dimostrazione per questa tesi. di Jacopo Mazziotta
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Tra globalizzazione ed individualismo La filosofa e docente all’Università di Firenze Elena Pulcini, all’incontro
con Renato Boccali e Laura Scarabelli tenutosi nell’Università degli studi di Milano ha presentato il proprio libro “La paura del mondo come cura per il mondo”, con questo ha deciso di affrontare l’anamnesi, la diagnosi e la cura del presente. In particolare con il termine cura specifica di intendere il significato dall’inglese di “care” cioè del “prendersi cura di” che viene utilizzato come parola rivoluzionaria perché affronta e sottolinea il rapporto e i problemi a livello sia globale che locale. La globalizzazione non si riscontra solo in ambito economico, ma anche sociale e culturale. C’è un’interdipendenza tra gli eventi che avvengono in ogni parte del mondo, e ciò comporta anche reazioni locali di regressione e frammentazione. Si evidenzia un noi stretto ed esclusivo (si pensi alle spinte separatiste) vi è ora quindi la coesistenza tra unificazione globale e frammentazione locale e individualistica che definisce in altre parole con una tendenza alla valorizzazione del locale che si oppone alle derive del globale. L’affermazione del Noi avviene solo opponendosi al Loro, considerato quasi come un nemico. Si è spesso incapaci però nell’affrontare queste nuove sfide e quindi si negano. Non le rimuoviamo, non le seppelliamo ma le neghiamo, anche se non possiamo fingere di non sapere. Secondo la filosofa la devastazione del pianeta è già in atto. Noi dobbiamo riconoscere le nostre responsabilità e renderci conto di quello che abbiamo provocato. Parla poi di “responsabilità per” o “cura per” l’autrice afferma, inoltre, che dobbiamo trovare questa responsabilità nel e per il mondo riconoscendo anche la dimensione del pericolo e del rischio. La paura che ne può derivare viene vista dall’autrice in senso positivo e produttivo, l’avvertire il pericolo permette di mobilitarsi e di reagire. L’autrice crede in un’etica emotivamente fondata proprio sulla paura: la paura per il mondo che, a sue parole, “sta andando a ramengo”, come cura del mondo come capacità di prendersi cura di esso sentendosi quindi responsabile per esso. L’autrice crede in una nuova etica della responsabilità fondata emotivamente su una paura che diventi costruttiva. Conclude dicendo che la globalizzazione comporta sfide immense che l’uomo deve affrontare subito perché vi sono già profondi segnali di malessere globale. di Elisa Gatelli e Monica Nekhila
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Il narcisismo di massa Nel libro intitolato “Metti via quel cellulare” il giornalista Aldo Cazzullo, riproduce il dialogo serrato avuto con i suoi figli, Rossana e Francesco, in merito alla nuova rivoluzione digitale e agli effetti che ha nella nostra vita. Sicuramente il cellulare e la rete sono i protagonisti incontrastati della nostra vita. Ore e ore scorrono passate immobili davanti a quegli schermi che sono dopotutto degli specchi, e come dice Cazzullo ai figli “L’immagine riflessa su cui siete sempre chini è sempre la vostra”, persino Narciso per specchiarsi doveva andare fino al lago. Rossana e Francesco sostengono che il web è un mezzo portentoso che consente di vivere una vita più ricca, permette di trovare nuove amicizie, di ritrovare vecchi contatti e mette a disposizione quanto di meglio gli artisti e pensatori hanno realizzato: musica, teatro, libri, articoli di giornale. Un mezzo che consente il confronto e la condivisione di idee. Cazzullo replica ai figli che passare molto tempo davanti al cellulare e non rapportarsi istantaneamente con una persona andando a teatro, al cinema, al parco o ai dibattiti culturali “è un atto di solitudine, altro che social”. É un’epoca narcisistica, far sapere agli altri cosa pensiamo o facciamo ci fa sentire importanti ma nel momento in cui ci si rende conto che a nessuno importa nulla, per ottenere attenzione, ci si insulta. Per ottenere visibilità si arriva persino a postare fotografie di tutti i generi. Però la rete viaggia più velocemente delle chiacchiere in un paese di provincia e per la Polizia Postale è arduo riuscire a bloccare la loro diffusione. La rete conosce tutto di noi; è l’opposto di un amico fedele. In rete sembra tutto gratis, ma il prodotto siamo noi. Siamo la sua ricchezza, a volte raccoglie e analizza le informazioni acquisite per accrescere il suo mercato. Sa tutto di noi, i nostri desideri, le nostre preferenze, i nostri interessi ma noi non ce ne accorgiamo. Mentre nell’epoca delle mondine il padrone era ben identificabile dalle “braghe bianche” ed era il “cattivo”, i padroni della rete sono invisibili e considerati i “buoni”.
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Durante la nostra intervista Cazzullo ha espresso a pieno il ruolo che ha il web nelle nostre vite: “La rete si innesta nell’epoca dell’individualismo che spesso degenera in narcisismo, quindi la rete può essere uno strumento di partecipazione ma spesso viene messo al servizio del nostro ego arroventato che spesso non viene ascoltato e per questo genera frustrazione.” Quando però la rete intercetta una partecipazione positiva può essere uno strumento che guida la rivolta contro le dittature oppure permette la solidarietà tra i ragazzi in un momento di bisogno ad esempio come è successo a Manchester dopo l’attentato al concerto di Ariana Grande oppure quando ragazzi con problemi condividono con altri il proprio sentire, capendo che non sono soli. di Ilaria Grecchi
Lettura del libro da parte dell’attore Simone Tangolo
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De nìu latinorum Siamo oramai abituati ad avere a che fare con un inglese storpiato, fuori luogo e superfluo in tutti gli ambiti del quotidiano: dalla pubblicità (o meglio advertàising) alla politica, dal lavoro alla scuola. Inglese che, tra l’altro, non conosciamo: siamo il paese che lo studia di più e che lo parla di meno, posizionandoci al penultimo posto tra i paesi europei. L’avanzamento della proposta di trasformare la tesi di laurea magistrale in lingua inglese ha provocato la risposta imme-
mente inserite nel tessuto linguistico, ma
diata di numerosi professori del Politecni-
anche quelle accessorie e superflue, per
co di Milano e non, che hanno fatto ricor-
le quali si potrebbe ricorrere all’italiano?
so in tribunale.
Siamo davvero disposti a rinunciare alla
Da questo spunto si è partiti, venerdì 17
nostra “lingua degli angeli”, come la de-
novembre alla “Civica Scuola Interpreti e
scriveva Thomas Mann, farla diventare
Traduttori Altiero Spinelli”, per insistere
una sorta di dialetto, per una che non ci
sull’importanza di tutelare l’italiano: pre-
appartiene?
senti quattro relatori d’eccezione: la docente in UniMi Maria Agostina Cabiddu,
di Alessandro Farru
che ha presentato il suo libro ”L'italiano alla prova dell'Internazionalizzazione”, i due accademici della Crusca Luca Seranni e Maria Luisa Villa (quest’ultima anche rinomata immunologa) e la comunicatrice Annamaria Testa che nel 2015 ha portato avanti la petizione #dilloinitaliano. Essere anglofoni e l’utilizzo di una lingua (anche scientifica) franca sta diventando per tanti aspetti irrinunciabile, ma bisogna ricordarsi che, prima che per comunicare, usiamo la lingua per pensare: come potrebbe continuare ad esistere l’italiano se dilagasse l’uso di parole straniere, non solo (come quelle legate ad alcuni ambiti specifici) quelle oramai salda-
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Cultura versus letteratura L’uomo colto (Silvano Petrosino) e l’uomo che cerca di elevarsi (Giacomo Poretti) dialogano sulla differenza tra cultura e letteratura Il professor Petrosino inizia l’incontro sottolineando la superiorità della letteratura sulla cultura. O meglio, rispetto a quello che è riconosciuto universalmente come cultura. Infatti, anche in questo ambito, si corre il rischio di cadere nei tranelli della fama e della moda: tantissima gente legge gli stessi due libri, le code per le mostre di Caravaggio e Van Gogh si vedono dallo spazio tipo muraglia cinese, mentre quelle per mostre di artisti meno commercializzati sono inesistenti. Giacomo Poretti (eccelso comico e scrittore, celebre per il ”mattone polacco minimalista di autore morto suicida giovanissimo, copie vendute: due”) ammette di essere un fruitore di cultura “da bar” e chiede di che strumenti ci dobbiamo munire per scampare a questa apocalisse di cultura. La risposta parte dalla nostra incapacità, o meglio dalla nostra capacità di sottrarci all’inganno in cui rischiamo di cadere quando quotidianamente certe cose ci vengono spacciate per cultura. Il segreto è “dotarsi di maestri” e trovare nella letteratura una cultura che sia tale per me e non per tutti. Perché noi saremo veramente colti quando, “essendo seri con noi stessi, troveremo in ciò che amiamo una verità”. di Marco Beretta
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Luci e ombre Tre domande a Fabio Genovesi Uomini giusti prima che eroi Quattro libri raccontano le storie più umane, i racconti più intimi di Pio la Torre, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e i loro autori ce ne parlano.
Le tre “A” del futuro Agricoltura, Alimentazione, Ambiente
Due vite opposte: Lucrezia Borgia e Isabella D’Este La storia di due donne, due visioni diverse della propria epoca e del loro rapporto raccontate nel nuovo libro di Carla Maria Russo
Il sorriso… un’ottima arma di difesa Ho ballato con uno sconosciuto - Carolyn Smith
Faccia a faccia coi desideri Il boom del Graphic Novel Incontro con gli autori di “Nuvole d’autore.Volti e risvolti del graphic novel”
La favola blu “Blu, un’altra storia di Barbablù”con Violetta Rocks, 689
Sorelle del cuore Sicuri che un atleta è solo muscoli e talento? Formare l’atleta: le neuroscienze e il lavoro dell’allenatore. Alberto Cairoli e Luca Rinaldi
Quando tutto inizia I grandi enigmi della storia Pablo Ayo e Sabrina Pieragostini presentano il loro ultimo libro ”Inchiesta UFO”
Psicanalisi in letteratura Presentato alla “Società d’Incoraggiamento delle Arti” l’ultimo libro di Daniela Marcherschi
I piedi per terra la testa in cielo Incontro con Beatrice Vendramin
Il colore rappresenta la società
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La nonviolenza e l’importanza delle fiabe L’uomo dalle ottomila amache La Divina Commedia parla di me L’interpretazione vincente Note di un cattolico a a margine dell’incontro “La gabbia delle fedi e le vie della spiritualità”
Il drago verde Scarlett Thomas presenta il suo primo romanzo per ragazzi
Milan l’è on grand Milan Le verità nascoste di Salaì I retroscena della vita del grande Leonardo Da Vinci
Fino a che punto Giganti che parlano di Giganti
Narcotrafficanti il nuovo fronte in cui combattere Il calcio come opportunità Il lato diverso del calcio
Immersione nel rumore del silenzio Quanta e quale libertà sappiamo tollerare? Viaggio all’interno del mondo rosa di Shakespeare
Il Giornale dei Ragazzi su Facebook I post del 18 novembre
Il Giornale dei Ragazzi su Instagram I post del 18 novembre
Backstage
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Luci e ombre BookCity Milano è stato l’Evento che ha mostrato quanto si possa scrivere e quanto si possa ragionare e riflettere sul patrimonio artistico e culturale italiano. Un ottimo esempio è stata la presentazione, tenutasi sabato 18 novembre nella sala conferenze del Museo del Novecento, del libro di Dino Falconio intitolato: “UN MISTERO NASCOSTO PER SECOLI: CARAVAGGIO TRA LUCI E OMBRE”. Dino Falconio è nato a Napoli e ad oggi lavora ancora come notaio nella sua città natale. L’ispirazione per libro è arrivata grazie all’analisi della psicologia di Caravaggio che viveva costantemente sotto l’ansia che qualcuno potesse entrare in casa sua per ucciderlo e proprio per questa fobia teneva sempre delle armi sotto al letto. Durante la presentazione l’autore ha dato anche molte informazioni su come comprendere al meglio tutte le opere di Caravaggio, una di queste è proprio riuscire davanti ad ognuna di esse a comprendere lo stato d’animo del pittore da ogni singolo dettaglio, soprattutto attraverso la grande innovazione da lui creata, quella del chiaro scuro. Tecnica che ancora oggi nessuno è riuscito a riportare su una tela. Il saggio di Falconio tratta gli ultimi anni della vita di Michelangelo Merisi. È stata una presentazione molto accattivante e precisa, è stata anche divertente grazie alla presenza di Riccardo Rossi, il quale, grazie alla sua spigliatezza, ha intrattenuto il pubblico con scenette comiche tratte dalla vita di Caravaggio. Rossi ha creato uno sketch riguardante la vicenda accaduta a Caravaggio quando venne chiamato presso la Chiesa di San Luigi dei Francesi a Roma per dipingere un quadro di San Matteo per la cappella della chiesa; il pittore non dava importanza agli aspetti religiosi e quindi considerava San Matteo come qualsiasi altro soggetto; dopo una serata di grandi bevute, porta ai frati un quadro raffigurante San Matteo che non sembrava un santo, ma lo definisce un meccanico; Caravaggio, ad ogni critica che gli viene rivolta dai frati, si altera e ogni volta cambia il quadro ma mantiene sempre il suo stile. Caravaggio faceva sempre quello che voleva, a prescindere dalle richieste dei suoi datori di lavoro; è diventato famoso anche per il suo caratteraccio, bizzarro ed impulsivo. di Simone Ferrara
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Tre domande a Fabio Genovesi Di nuovo nelle librerie con “Il mare dove non si tocca”, lo scrittore ci parla di sé e di come racconta naggi e chi l’ha scritta, quando è scritta con il cuore.” Da dove parte il suo processo creativo? “Mi vengono in mente dei personaggi che non conosco nemmeno io e passo un po’ di tempo a scrivere di loro. Creo relazioni, invento cosa fanno, chi sono… scopro
scrivendo! Capisco che magari
Come ha iniziato a scrivere e perché?
due sono fratelli, che questo è innamora-
“Ho cominciato da ragazzo, perché ado-
to di quella e inizio a farli muovere assie-
ravo ascoltare le storie degli altri e mi
me. Scrivere un romanzo è come andare
dispiaceva che quelle storie le sentissi
a una festa dove non conosci nessuno.
solo io. Mi piaceva molto l’idea di scrive-
Vedi quali persone potrebbero esserti più
re, perché portava delle storie personali
simpatiche e dici “Voglio conoscerle me-
a tutti; si sta meglio quando si ascoltano
glio”, allora ci fai due chiacchiere, capisci
delle belle storie, anche se non ci riguar-
di chi sono amiche… e poi fai accadere
dano, e poi interessarsi alle storie degli
delle cose. Non scrivo mai un romanzo
altri aiuta a essere più altruisti. Per tanti
sapendo cosa scriverò, perché è brutto. È
anni ho scritto per piacere, poi è uscito
più bello stupirti.
un mio romanzo per una piccola casa di Mattia Borgonovo e Teresa Iacomini
editrice che si chiamava Transeuropa. Mondadori l’ha letto e mi ha cercato.” Quali sono le storie che la colpiscono di più? “Le storie di vita vera, però con dentro qualcosa che sembra quasi surreale. Le storie che forzano la realtà, che è sempre un po’ più surreale di noi. Le storie dove davvero succede qualcosa, non quelle fini a se stesse, che sono solo esercizi di stile. Mi piace quando una storia ti mette voglia di conoscere i perso-
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Uomini giusti prima che eroi Quattro libri raccontano le storie più umane, i racconti più intimi di Pio la Torre, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e i loro autori ce ne parlano
Per la prima volta dopo tanti anni ci vengono presentati uomini da sempre definiti "eroi" non tanto nella loro dimensione pubblica quanto nel loro aspetto più umano e privato: il sindacalista Pio la Torre e il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, uccisi entrambi per mano mafiosa nel 1982, il giudice Giovanni Falcone e il magistrato Paolo Borsellino, uccisi per la stessa causa nel 1992. Dietro questi nomi ci sono uomini che hanno dedicato la loro vita alla lotta contro la criminalità organizzata. Uomini in cui era completamente radicato il dovere morale, l'onestà, il senso della giustizia e della verità. "Mio padre si identificava completamente con le sue battaglie. Lui era le sue battaglie". Con queste parole infatti Franco la Torre, figlio di Pio la Torre e autore del libro "Ecco chi sei" descrive la figura del padre; un uomo che si impegnò attivamente per creare una società più equa, cercando di eliminare lo stato di povertà e sottomissione a cui erano sottoposte le grandi masse di contadini in Sicilia. I figli di Carlo Alberto Dalla Chiesa, Simona, Rita e Nando raccontano che quando il padre dopo il lavoro tornava a casa e si toglieva la divisa, questa gli restava sempre cucita addosso come regola e valore da applicare anche alla vita quotidiana. Gli impegni, le lotte, i valori che lui riversava per la giustizia erano infatti gli stessi che impiegava quotidianamente nell'ambito familiare. Proprio da questo trae spunto il titolo del loro libro "Carlo Alberto Dalla Chiesa. Un papà con gli alamari". Lavoro ed etica sono quindi due aspetti inscindibili che contraddistinguono questi uomini. Uomini che si fanno emblema di valori ed idee. "Idee che restano nel tempo, che vivono e crescono nei giovani che credono nella giustizia". Queste sono le parole di Maria Falcone, sorella del giudice, autrice del libro "Giovanni Falcone. Le idee restano". Così come Alessandra Turrisi, autrice del libro "Paolo Borsellino. l'uomo giusto" ha fatto emergere le idee e i ricordi privati del magistrato attraverso testimonianze di familiari, colleghi ed amici che in tanti anni lo hanno conosciuto profondamente. "Bisogna restituire la memoria di queste persone, proiettarla come esempio nel nostro presente e fornire così una dimensione di futuro." (Rita Dalla Chiesa). di Eleonora Santori
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Le tre “A” del futuro Agricoltura, Alimentazione, Ambiente
“Chi predica in questo Paese il ritorno di dazi, barriere e dogane fa un danno incalcolabile.” Questo è il messaggio forte e chiaro che il ministro delle politiche agrarie Martina, il sindaco di Milano Sala e lo chef pluristellato Carlo Cracco
hanno
voluto
diffondere
all’evento
di
#BCM17. “Un allevatore della provincia di Reggio Emilia tutti i giorni munge il suo latte lo porta alla cooperativa della provincia che poi conferisce al consorzio del parmigiano reggiano del territorio. Se si segue il percorso del produttore che fa una fatica incredibile a tenere in equilibrio i costi e i ricavi si capisce perché per un paese come il nostro non c’è altro destino che cercare di lavorare sempre di più con mercati aperti e regole giuste.” Con queste affermazioni il ministro Martina ha sottolineato l’importanza di non dover soffermarsi al pensiero individualista e di cercare di guardare al futuro che ci attende con ottimismo ma con i piedi per terra, partendo da basi solide ed efficaci. Successivamente Carlo Cracco ha espresso il suo punto di vista indubbiamente legato alla cucina gastronomica. Lo chef ha ribadito quanto il mondo dell’alimentazione stia subendo un cambiamento repentino e si tende sempre di più a valorizzare pietanze extra europee. Ancor più di prima, in questo momento di evoluzione, è necessario valorizzare i prodotti delle nostre terre e limitare gli sprechi. Infine il sindaco Beppe Sala ha concluso l’evento di BookCity facendo un appello a tutti i giovani evidenziando quanto sia importante al giorno d’oggi essere a contatto con più culture e cooperare tutti insieme. “L’Italia vive anche grazie a voi giovani che siete il futuro, dateci una mano e noi valorizzeremo il vostro grande impegno”. di Gianluca Maderloni
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Due vite opposte: Lucrezia Borgia e Isabella D’Este La storia di due donne, due visioni diverse della propria epoca e del loro rapporto raccontate nel nuovo libro di Carla Maria Russo Tra gli altri libri presentati a BookCity 2017 troviamo anche l’ultimo romanzo della scrittrice Carla Maria Russo, intitolato “Le nemiche”. In questo romanzo ci vengono presentate due delle donne più influenti del Rinascimento italiano: Lucrezia Borgia, figlia del papa Alessandro VI Borgia e sorella del Duca Valentino, e la cognata Isabella D’Este, sorella del terzo marito di Lucrezia, Alfonso d’Este. Questo romanzo si presenta completamente diverso da tutti i libri della Russo dal punto di vista della psicologia dei personaggi: se nei romanzi storici precedenti è sempre presente il concetto della solidarietà femminile, ora ci sono presentate due donne completamente diverse e il loro conflittuale rapporto. Isabella ci appare come una colta nobildonna, con uno smodato gusto per la bellezza e per l’arte, una donna forte e determinata, ma anche molto viziata e amata dalla propria famiglia: viene assecondata nel suo interesse per l’arte e le viene addirittura data l’ultima parola riguardo al suo matrimonio. Lucrezia invece affronta una vita più difficile: viene fatta sposare tre volte, costretta ad abbandonare il suo primo marito, mentre il secondo verrà ucciso da Cesare Borgia davanti agli occhi della sorella. È una donna più fragile ed insicura, che fa di tutto per essere all’altezza della corte estense, ma che sente anche la superiorità della propria rivale; è temuta solo a causa del nome della sua famiglia, e l’unica cosa su cui può contare è l’esibizione dei suoi mezzi economici. In questo libro non troviamo però solo il conflitto tra due donne, ma anche quello tra due epoche: la mentalità di Lucrezia è quella di una donna prettamente medievale, influenzata anche dalla sua famiglia e dalla sua infanzia: cresce infatti con la concezione della chiesa che il padre rappresenta, corrotta e del tutto indifferente ai precetti religiosi, mentre Isabella è una donna con un’istruzione e che talvolta occupa una posizione di potere anche all’interno della sua famiglia. Un libro che mette in luce la vita delle corti italiane del Rinascimento, gli intrighi e le alleanze, ma soprattutto la competizione, e talvolta la spietatezza, di cui solo le donne possono essere capaci. di Alessandra Pulga
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Il sorriso… un’ottima arma di difesa Ho ballato con uno sconosciuto- Carolyn Smith "Il sorriso è la nostra migliore arma di difesa" - con queste parole la ballerina nonché
autrice del libro "Ho ballato con uno sconosciuto",
Carolyn Smith, ha tenuto una conferenza presso l'istituto dei ciechi, nella quale ha regalato al pubblico presente la testimonianza del periodo in cui ha sconfitto il tumore al seno. Il suo sorriso e la sua voglia di vivere le hanno permesso di affrontare la malattia nei migliori dei modi, così da poter attribuire al tumore il nome di intruso. Carolyn durante la testimonianza ha affermato: "Ringrazio Dio di essere una ballerina, perché le ballerine non possono
lamentarsi e
durante la terapia sono riuscita a sopportare il dolore malgrado fosse insopportabile ". Queste parole hanno dato l'opportunità al pubblico di riflettere sul fatto che la dedizione e la passione per le cose che si amano, aiutano ad affrontare i periodi più bui della vita spronando a lottare fino alla fine. In questo periodo così difficile, importante è stata la vicinanza del marito Tino, punto fondamentale di rifermento che le ha permesso di sentirsi protetta e al sicuro. Con le lettere del suo cognome la ballerina ha creato un acronimo che rispecchia i cinque cardini che sono diventati parte della sua vita nel corso della malattia: SMITH= SORRISO-MALATTIAINTRUSO-TINO-HUMOR. di Beatrice Solinas
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Faccia a faccia coi desideri
Milano è una città di desideri, che ha tut-
pubblicità) vuole che desideriamo, per-
to e tutto permette, soprattutto in perio-
dendo così la nostra identità e rischiando
do prenatalizio, e durante BookCity è sta-
che i nostri desideri non dicano più nien-
to riservato uno spazio a questi desideri,
te di noi perché sono desideri falsi.
unendo la narrativa alla psicologia e alla
Bisogna riprendere a sognare i nostri so-
filosofia.
gni, e vivere i desideri soddisfatti come
Da un lato infatti, è stata presentata al
conquiste personali.
SIAM la seconda edizione della serie di racconti “Natale a Milano, città dei desi-
di Alessandro Farru
deri”, nata dal lavoro di 15 scrittori. Dall’altro, al Circolo Filologico Milanese, si è analizzato il fenomeno del desiderio dal punto di vista filosofico e psicologico con Sarantis Thanopulos, membro della Società Psicoanalitica Italiana e collaboratore de «Il Manifesto», Romano Madera, filosofo e psicoanalista, Claudia Baracchi, professoressa di Filosofia Morale all'Università di Milano Bicocca, che hanno presentato
i
loro
libri,
rispettivamente:
"Desiderio e legge", "Carl Gustav Jung" e "Amicizia". In questa nuova epoca consumista è comune desiderare cose che non ci servono, e che spesso non vogliamo veramente: sogniamo i sogni degli altri e desideriamo ciò che qualcuno (per esempio la
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Il Boom del Graphic Novel Incontro con gli autori di “Nuvole d’autore. Volti e risvolti del graphic novel”
Il 18 novembre all’interno degli incontri organizzati per la sesta edizione di Book City è stato presentato, presso Base Milano situata all’interno dell’area una volta occupata dallo stabilimento Ansaldo, il libro “Nuvole d’autore. Volti e risvolti del graphic novel”. Il libro prodotto dagli studenti del Master di primo livello in “Professioni e prodotti dell’editoria” organizzato dal Collegio Universitario Santa Caterina da Siena in collaborazione con l’Università di Pavia, è stato presentato e raccontato durante l’incontro “Il Boom del Graphic Novel” tenuto da Matteo Stefanelli, uno dei massimi esperti di fumetti in Italia, Michele Foschini, co-fondatore e direttore editoriale di Bao Publishing, Francesco Savini, sceneggiatore ed editor, e dagli studenti-autori stessi. Il libro raccoglie venticinque saggi che organizzati in cinque capitoli, dedicati ai mestieri, agli editori, ai linguaggi, ai casi editoriali e alla storia, raccontano il mondo in evoluzione di questo genere che, nonostante le sue origini siano antiche, sembra un mezzo di comunicazione più giovane e nuovo dei social network. Il graphic novel ha conosciuto un vero e proprio boom nel 2017, contribuendo a sdoganare il fumetto e facendolo diventare un genere letterario a pieno titolo. Il disegno, che lo caratterizza, è un asset unico in grado di trasmettere non solo spettacolarità e calore materiale, ma soprattutto calore umano, dato dal tratto della mano dell’artista, aspetto che, a causa della digitalizzazione, si rischia di perdere. L’incontro di immagine e testo, in una narrazione che a differenza di quella del fumetto è autoconclusiva, avvicina ai libri anche i lettori più scettici, intercettando un nuovo pubblico e rendendo il genere sempre meno di nicchia. di Margherita Soresina
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La favola blu “Blu, un’altra storia di Barbablù” con Violetta Rocks, 689 In occasione di Bookcity 2017, la YouTuber
Violetta
Rocks
racconta
“Blu, un’altra storia di Barbablù” di Beatrice Masini al museo della scienza e della tecnologia Leonardo Da Vinci. Presente in sala anche l’illustratrice Virginia Mori. Durante il dibattito si affrontano temi di attualità come la parità di genere e il contrasto tra amore e violenza. La conferenza ha inizio con una breve presentazione del libro e la lettura di poche pagine, utile per capire meglio di cosa stiamo parlando e come viene trattato l’argomento. La tematica viene affrontata tramite una versione alternativa della favola di Barbablù, uomo misterioso che eredita il castello e i terreni annessi in un lontano paesino. Durante la storia si innamora di Blu, la conquista e la sposa ma la relazione non procede nel migliore dei modi… Il finale è diverso da quello originale, come si può immaginare. Infatti, Violetta Rocks presenta i personaggi con un’accezione moderna, “Blu è una ragazza in cui penso che tante di noi si possono identificare”; inoltre lei è in grado di sconvolgere il mondo di Barbablù. Questi sembrava non essere mai stato bambino, è una figura che mette tutti in soggezione ma ama veramente la ragazza. “I rapporti tra uomini e donne sono molto sottili e questo è molto chiaro nel libro”. Purtroppo, Blu è ingenua, essendo il suo primo amore, si illude di essere innamorata, “vede le donne che le stanno intorno arrendersi e diventare oggetto di qualcuno” per questo ubbidisce. “I gesti di Barbablù parlano la lingua della violenza”, usa le parole e la calma per obbligarla a rispettarlo contro la sua volontà: non è aggressivo ma subdolo. Infine, l’apice della violenza viene raggiunto quando Blu capisce che le mogli precedenti sono state uccise da Barbablù, episodio che scatena nella ragazza reazioni decisive. di Alessia Perri
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Sorelle del cuore Esperienza e fantasia delle donne: da
Teodora Trevisan narra la storia di quat-
questi due aspetti nasce il libro "Come
tro amiche al tempo dell'università che
sorelle", antologia composta da quindici
condividono l'appartamento. Queste si
racconti selezionati dalla casa editrice
conoscono da tempo e hanno vissuto
Neos Edizioni per il premio "Scrivere don-
precedentemente
na". Parliamo di sorellanza: un legame
matica, insieme. Rinasce una grande em-
che non è per forza di sangue, ma che
patia tra le giovani, ma le loro strade si
nasce da progetti in comune, riflessioni,
divideranno. Dopo tempo Areti, una delle
rapporti in vari ambiti e luoghi che solo
quattro, é convinta che, nonostante la
fra donne riesce a crearsi. Si parla di
lontananza, siano legate tutte da un filo
amicizia intima e sincera, di maternità, di
rosso che dunque le tiene ancora insie-
razzismo di genere, di lavoro, di donne
me, simbolo di una grande amicizia che
della terza età e di comportamenti esi-
va al di là di una condivisa stanza d'ap-
stenziali legati a una cultura antropocen-
partamento.
trica. All'evento di BookCity "Sorelle del
Franca Rizzi Martini parla di due sorelle di
cuore" sono cinque le autrici che sono
sangue che non hanno nulla in comune,
venute a presentare il loro racconto che
"una è una margherita e l'altra è un pa-
fa parte di questa antologia.
pavero" dice l'autrice. Con l'aiuto della
La prima, Anna Ferrari Scott, parla di una
maggiore, la più piccola, dopo qualche
donna di settant'anni e del suo legame
tempo, riesce a spiccare il volo. La prima
con l'amica del cuore, Viola. Decide di
viene a mancare, ma la sorella la sente
ripensare a quello che le due erano da
sempre vicina. Questa è la grande forza
piccole ripercorrendo un po' le esperienze
del rapporto fra le donne e, in particola-
vissute insieme. A qualsiasi età si posso-
re, tra le sorelle. "Non è necessario somi-
no ritrovare le amiche e l'autrice parla di
gliarsi per volersi bene e il rapporto di
'ottimismo' che nasce dagli affetti e dalle
sorellanza va oltre la morte."
relazioni paritarie.
Ultima autrice è Fiorenza Pistocchi che
Cinzia Di Tosto ci racconta di due donne
racconta la storia di sette donne che si
accomunate da una storia simile che ini-
trovano a condividere la loro vita quoti-
ziano a scriversi delle lettere. Da questo
diana in comunità. È in corso il progetto
scambio epistolare nasce una profonda
di riabilitazione alla vita normale e da
amicizia. Due storie di vita molto pesanti,
questo progetto pilota si vede l'evolversi
ma di un tema attuale: la violenza sulle
del loro rapporto in qualcosa di più gran-
donne. Da questa le due riescono a ri-
de. Dunque un rapporto che parte dal di-
scattarsi, ma solo grazie alla presenza,
sagio per sfociare in approvazione, soli-
alla comprensione e al sostegno
darietà e stima di ciascuna verso le altre.
dell'altra.
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un'esperienza
dram-
Le donne sono sempre state anche rap-
Ramasso, responsabile della casa editrice
presentate nell'arte, sia antica che mo-
Neos Edizioni, ma oggi, per fortuna, vi-
derna, dalle Muse alle Grazie, dalle Moire
viamo in un'epoca in cui queste possono
alle Esperidi. Rita Margaira ci ha mostra-
rivendicare la loro libertĂ raccontando le
to come le sorelle erano rappresentate
loro storie di vita tramite una penna, una
nelle opere artistiche di grandi pittori e
pagina e un libro.
scultori. In queste veniva esaltata la bellezza e l'eleganza, ma anche la spontaneitĂ dei gesti e spesso la maternitĂ . "Prima del '63 le donne non potevano fare nemmeno il magistrato" dice Silvia
di Sara Parmigiani
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Sicuri che un atleta è solo muscoli e talento? Formare l’atleta: le neuroscienze e il lavoro dell’allenatore. Alberto Cairoli e Luca Rinaldi Siamo proprio sicuri che ciò che contraddistingue il livello di un atleta sia soltanto il suo talento coniugato alla forma fisico-atletica? La risposta è no. Oltre a queste due caratteristiche, oltre all’allenamento, oltre alla passione, oltre alla costanza, oltre alla mentalità, c’è una parte dell’organismo che è fondamentale per qualsiasi tipo di sport situazionale. Il sistema nervoso. Sembra banale ma non lo è affatto e spesso questo aspetto viene trascurato anche troppo. Come spiega l’allenatore di calcio e scrittore Alberto Cairoli, al giorno d’oggi in molti tipi di sport di situazione come il calcio non basta più allenare la parte atletica, tecnica e tattica di un calciatore, ma bisogna sviluppare la parte nervosa dell’organismo. Ciò vuol dire lavorare su tutta la parte psicologica ed emotiva del ragazzo, sul gestire le sensazioni di ansia, paura, concentrazione, stress, trans agonistica, ma occorre anche lavorare sulla parte involontaria del sistema come i normalissimi riflessi o i “neuroni specchio”. Come spiega infatti il relatore i neuroni specchio sono un tipo di neuroni senso-motori, ovvero che lavorano dunque sul rapporto mentecorpo, e si basano sul concetto di esperienza visiva. In pratica l’atleta sviluppa e allena questa parte neurologica tramite il continuo vedere e provare le varie situazioni di gioco. Così facendo egli immagazzina una specie di “ricordo” che durante il corso di una gara, di una partita, di una prestazione, gli permette di prevedere inconsciamente ciò che succederà, consentendogli di anticipare la mossa dell’avversario. Queste sinapsi aiutano dunque la velocità di lettura di una situazione. Non solo l'allenamento nel corpo, ma anche e soprattutto nella mente! di Federico Lavelli
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Quando tutto inizia “Quando tutto inizia” è il titolo del nuovo romanzo di Fabio Volo, incontrato nell’evento di BookCity 2017 al teatro Elfo Puccini. L’autore afferma di aver voluto scrivere una storia diversa, che avesse a che fare con il mondo del lavoro. “Sentivo la necessità di raccontare la mia generazione, ho 45 anni e sono schiacciato tra due generazioni: quelli di 60 anni che, oggettivamente, sono ancora giovani e dunque io sono invecchiato senza mai arrivare ad essere in prima linea, e quella dei ventenni che con un telefono conquistano il mondo mentre io non riesco a trovare interesse nel fare tutti i giorni una foto a quello che mangio per tener vivo il mio social. Per me la differenza tra pubblico e privato ha ancora importanza, non vivo con le tende ma con la porta e prima di andare a dormire controllo tre volte se l’ho chiusa. Era un tema che mi interessava questo rapporto generazionale ma siccome c’era un po’ di rabbia in me non volevo uscisse un libro fastidioso e ho pensato di aggiungere una breve storia d’amore per alleggerire questi momenti ma mentre scrivevo la storia questa mi ha preso, mi sono affezionato ai personaggi e ne è uscito un intero romanzo.” Hai mai provato a rileggere un tuo libro? “No, tutto dall’inizio alla fine no. Leggo a volte dei passaggi per vedere se la penso ancora nello stesso modo”. Come mai riproponi un intero capitolo? “All’inizio della storia il lettore non conosce i personaggi ma alla fine del libro, quando ritorna questo capitolo, c’è una rilettura completamente diversa.” Così, con allegria e leggerezza, ma anche con un pizzico di orgoglio, l’autore ha presentato il suo libro, che ha già riscosso un enorme successo. di Deborah Re
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I grandi enigmi della storia Pablo Ayo e Sabrina Pieragostini presentano il loro ultimo libro “Inchiesta UFO” La ricerca di Ayo e Pieragostini nasce da “tanti pessimi scritti”, alcuni troppo tecnici, altri “deliranti” in quanto assumono un’inclinazione religiosa risultando poco credibili dal punto di vista giornalistico. Gli autori hanno deciso di dividere il volume in quattro macro argomenti: politici, religiosi, militari e cosmici procedendo anche ad una scrematura di false notizie molto presenti su Internet. Il testo racconta le storie più veritiere, con documenti ufficiali e riconosciuti dalla comunità parascientifica. Vengono presentate molte interviste nelle quali alcuni piloti (e/o altri testimoni) affermano di avere assistito in prima persona a fenomeni paranormali, omettendolo durante la carriera anche per il silenzio vincolato dallo stato. Solo al termine di questa
osservarci.
qualcuno si sente libero di raccontare le
Il Giornale dei Ragazzi ha trovato inte-
proprie esperienze; nonostante ciò, le
ressante come una giornalista e uno stu-
informazioni da essi fornite sono ritenute
dioso di misteri si siano confrontati sui
poco attendibili a causa della loro anzia-
grandi enigmi della storia indagando tra
na età.
verità ufficiali e verità possibili.
Ayo e Pieragostini mostrano come i governatori statunitensi si rivelino restii nel
di Mauro Fontana e Martina Lorenzon
discutere questi argomenti, lasciandosi a volte
sfuggire
informazioni
a
favore
dell'esistenza aliena. Gli ideatori del libro danno notizia di come gli alieni debbano essere temuti in quanto potrebbero avere il controllo sulle nostre tecnologie, comprese quelle militari. Ritengono inoltre che alcune specie extraterrestri abbiano sembianze umanoidi, e che vivano in mezzo a noi per
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Psicoanalisi in letteratura Presentato alla “Società d’Incoraggiamento delle Arti” l’ultimo libro di Daniela Marcheschi Ci sono stati legami tra letteratura e psicoanalisi, in particolare in Italia? Hanno risposto attraverso la presentazione del libro “Debiti e intersezioni tra letteratura e psicoanalisi” la dottoressa Daniela Marcheschi, autrice del saggio, la vicepresidente del Centro Internazionale di Studi sulle Letterature Europee Sara Calderoni, la dottoressa Stefania Sias Orsini e il dottor Amedeo Anelli. Anzitutto le intersezioni tra i due ambiti sono piuttosto recenti, poiché la psicoanalisi è nata verso la fine dell’Ottocento. Dunque si comprende come molti autori, rimasti affascinati dalla materia, abbiano deciso di studiarla in maniera approfondita, a partire dal suo linguaggio nuovo e sconosciuto.
ciazione è stata spesso osteggiata, ma
I relatori si sono concentrati in particola-
Dino Terra, nonostante tutto, è riuscito
re sul corpus di Dino Terra, romanziere e
attraverso un linguaggio e tematiche
commediografo romano, di cui hanno ri-
“nuove”, a impressionare chi lo leggeva,
cordato “L’arrivo dell’angelo” e “Profonda
e a creare un forte legame tra le due di-
notte”, in quanto è lo scrittore che più di
scipline.
tutti ha portato in Italia la psicoanalisi attraverso i suoi lavori.
di Edoardo Tammaccaro
Terra è sempre stato animato da un forte ideale antifascista, da cui scaturiva il desiderio di evasione dalla realtà che traspare dalle sue opere e proprio per questo il suo lavoro non venne apprezzato non venne apprezzato. La psicoanalisi diventa la bestia nera della politica provocando una drastica scissione del binomio psicoanalisi-letteratura per molto tempo. In Italia di conseguenza dall’inizio del Novecento questa asso-
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I piedi per terra la testa in cielo Incontro con Beatrice Vendramin Attualità? Nuove generazioni? Pensieri innovativi, rivoluzionari? Sogni futuri? Chi meglio di Beatrice Vendramin può rispondere a tutte queste domande? Beatrice, 17, una giovane ragazza ormai diventata attrice, scrittrice e anche modella si racconta nel suo primo libro “I piedi per terra la testa nel cielo”. Una protagonista della generazione Z, generazione anche chiamata Centennials di cui si parla tanto, e a volte, si sparla anche; i membri di questa generazione sono considerati avvezzi all’uso della tecnologia e dei social media, che incidono per una parte significativa nel loro processo di socializzazione. Beatrice testimonia proprio questo, è lei in primis a postare 24 su 24 ogni sua attività su Instagram, da trucco e parrucco
avventura, ogni suo viaggio, la sua fami-
nei cast a scherzi ai sui colleghi profes-
glia, i suoi amici e tutto il mondo che la
sionisti dietro le quinte delle sue serie
circonda.
tv...
Ma qual è il suo sogno?
Il suo debutto è sicuramente arrivato
Sicuramente il suo obiettivo è quello di
molto presto e forse anche inaspettata-
continuare a lavorare nel cinema e ma-
mente a seguito della nota serie Alex &
gari riuscire a recitare per una serie tv su
Co su Disney Channel. Beatrice fu poi
Netflix rimanendo a lavorare come mo-
scelta come attrice per un film che ha ri-
della nel campo della moda!
scontrato migliaia di views “come diven-
Beatrice? Una ragazza più avanti delle
tare grande nonostante i genitori”; sicu-
altre? Una ragazza con troppi sogni? Una
ramente tutte queste sue avventure così
ragazza più fortunata? No, semplicemen-
premature l’hanno aiutata a crescere più
te una diciassettenne con tanti desideri e
veloce dei suoi coetanei.
tanta voglia di raggiungerli.
Oggi quando parliamo di Beatrice non
Ma se le chiediamo “chi è realmente Bea-
dobbiamo pensare soltanto ad un’attrice
trice?” Lei ci risponde di non essere nien-
ma anche ad una scrittrice, infatti è ap-
te di più di nessun altro, di essere una
pena uscito il suo primo libro e già le co-
ragazza “normale”.
pie sono quasi tutte esaurite, è lei in prima persona a raccontare ogni sua singola
di Beatrice de Fazio
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Il colore rappresenta la società Tutte le società hanno costruito sistemi simbolici in cui il colore aveva un ruolo centrale: pensiamo al nero del lutto, al rosso del comunismo o all'azzurro del manto della Madonna. Ciò che di straordinario è accaduto nel mondo moderno è che la tecnologia e il mercato hanno cambiato il modo in cui guardiamo le cose, abituandoci a nuove percezioni. Chi ha cercato di spiegare l’evoluzione del colore all’interno della società contemporanea è stato Riccardo Falcinelli, che intrecciando storie su storie, e con l'aiuto di 400 illustrazioni, narra come si è formato lo sguardo moderno nel suo libro “Cromorama”. Falcinelli fin da subito sapeva l’argomento che avrebbe voluto trattare nel suo testo, ma come ogni autore, si è trovato davanti alla domanda “Che pubblico ho di fronte?”, quindi, “Chi voglio che legga questo libro?”. Oggi i lettori sono troppo vari per potersi concentrare su un’unica fascia, quindi il designer ha cercato di renderlo il più comprensibile possibile, in modo che molte persone fossero in grado di leggerlo. Interessante come, durante l’incontro di presentazione, si sia spiegato come il colore sia non tanto un simbolo, ma un’aspettativa delle persone. Un semplice e divertente esperimento ha dimostrato ciò: in un ufficio sono stati proposti due tipi di matite, una laccata di giallo e l’altra di verde. Dopo un po’ di tempo è stato chiesto agli impiegati quale delle due preferissero e tutti hanno risposto la gialla, poiché la verde aveva la mina troppo fragile e non si temperava bene. Le matite erano uguali, cambiava solo il colore. La risposta è stata influenzata dal fatto che la prima matita laccata era gialla e, data la sua ottima qualità, il colore giallo è rimasto associato alla buona fattura di una matita. Il tempo e le consuetudini hanno standardizzano la percezione e il colore comincia a parlare da solo, al punto da sembrare un fatto naturale. di Anna Gregori
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La nonviolenza e l’importanza della fiaba Operante in favore di problematiche femminili e familiari, L'Associazione Donna & Madre Onlus, sede dell’evento, accoglie donne che hanno subito violenze. Queste vengono affidate e accudite dai tre mesi ai sei anni, portandole a una indipendenza psicologica e fisica. La sala, che si presentava molto bella, era al completo. La presenza di uomini è stata fin da subito messa in rilievo e gradita giacché la violenza si combatte con la conoscenza e la cultura, anche da parte degli uomini. All’incontro è stata spiegata l’importanza di partire dai bambini per migliorare il mondo trasmettendo loro la nonviolenza, la quale viene spesso confusa con la pace, che riguarda il disarmo. Essa invece va oltre: è uno stile di vita. L'azione nonviolenta viene messa in atto ogniqualvolta in cui si mette al centro l'essere umano. La violenza si può trovare in ogni ambito, ma quando ci si rende conto di esserci dentro bisogna fondare comunità educative per combatterla. Altro intervento significativo quello di una scrittrice di fiabe, che ha spiegato il significato della fiaba: questa aiuta il bambino a decodificare il suo inconscio, in quanto ancora non ne è in grado e si trova disorientato e spaventato davanti ad esso. Le peripezie fanno capire che nella vita bisogna faticare e che affrontare difficoltà ma che sarà in grado di superare. Le fiabe sono anche per adulti: descrivono quei dissidi interiori non superati per i quali possono esser state prese scelte sbagliate. Le fiabe sono giunte fino a noi, grazie anche a figure come i fratelli Grimm che ne intuirono il valore morale e decisero di tramandarlo. Sono un dono d'amore perché i primitivi hanno tramandato la modalità di superamento delle difficoltà. “Non sottraete il vostro bambino dalle difficoltà” dice la scrittrice. Attraverso il rito d’iniziazione, dove i bambini venivano lasciati nel bosco e affrontavano difficoltà per tornare vivi, gli sciamani raccontarono fiabe che hanno aiutato generazioni e generazioni. di Arianna Cassano
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L’uomo dalle ottomila amache Un recordman: è così che Michele Serra si definisce alla luce dei 25 anni della sua rubrica “L'amaca”. Quest'anno il “record” coincide con la kermesse di BookCity. In questa occasione Serra, con il sostegno dello scrittore Maurizio Maggiani e dell'amico vignettista Francesco Tullio Altan, ha presentato alla Fondazione Feltrinelli i suoi due libri più recenti, “Il grande libro delle amache” e “La sinistra ed altre parole strane”. Nel primo vengono raccolte le amache più celebri a partire dalla prima, pubblicata il 7 giugno 1992, mentre nel secondo, da lui definito “scialuppa di salvataggio”, viene raccontato come si è avvicinato a questo tipo di scrittura e come ci convive. Dopo l'incontro siamo riuscite a scambiare due parole con lui: Buongiorno, stavamo pensando che è molto difficile sapersi muovere tra lo stile di scrittura del romanzo e quello presentato invece nelle Amache. Qual è il suo segreto? Sicuramente il fatto di provarci. Si tratta sempre di scrittura, nonostante siano stili diversi. Il modo migliore è sapersi adeguare al ritmo, perché la vera differenza sta proprio in esso. In un'Amaca il ritmo è breve, mentre quando scrivi un romanzo hai degli spazi maggiori. Sempre parlando di ritmi e spazi diversi, è più difficile trovare un’idea al giorno per l'Amaca o un'idea più articolata per un romanzo? Forse un'idea per un romanzo, perché è una struttura che deve tenere insieme molte cose; quindi, se non sai esattamente cosa vuoi dire, ti perdi. Dall'altra parte, in un corsivo puoi usare anche un particolare che ti ha colpito e lavorare su quello. Per trovare le idee per un romanzo parte da episodi autobiografici? La narrativa è sempre finzione e imbroglio, però non c'è dubbio che i materiali messi dentro spesso siano autobiografici. Ad esempio ne “Gli Sdraiati” ho messo in forma differente e contraffatta sentimenti che mi sono appartenuti. Penso però che i grandissimi romanzieri siano capaci di entrare in profondità in teste altrui e raccontare vicende che sono anche lontanissime dalla dimensione autobiografica.
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Questo significa che io non sono ancora un grandissimo romanziere, perché per ora ho elaborato solo materiali che riguardavano la mia vita. Lei ha detto che nelle sue Amache vorrebbe parlare di più della natura, e ne “Gli Sdraiati” padre e figlio si riavvicinano proprio in una gita in montagna. Cos'è per lei la natura, ed in particolare la montagna? Anche ne “La Sinistra e altre parole strane” dico che la natura è quello che c'era prima di noi e ciò che ci sarà dopo di noi. Essa viene prima del logos e ci sarà dopo il logos, anche nel caso in cui noi uomini dovessimo scomparire. Della natura mi piace il fatto che non ha bisogno di parlare, è già eloquente da sola e proprio per questo mi piacerebbe parlarne di più. Il rischio però è usare la natura come via di fuga ad una politica così confusa e penosa. All'interno dell'Amaca si parla molto di politica e società. La scrittura secondo lei è un buon modo per affrontare e sensibilizzare le persone rispetto ai problemi sociali? Da giovane ero pieno di speranze e pensavo che parlare in pubblico potesse cambiare nel profondo le cose; ora sono un po' meno fiducioso, poiché in fondo i lettori in Italia sono pochi. Nonostante ciò, la scrittura è importante per chi la scrive e per chi la legge perché si consuma un ragionamento che può essere accolto ed interpretato dal lettore. In conclusione, questa kermesse di BookCity può incentivare la lettura in una città frenetica e digitale come Milano? Anche per noi giovani? Certo che può! Io non penso che il digitale sia un ostacolo; in fondo le cose si sovrappongono e non si cancellano necessariamente. La lettura esisterà sempre poiché anche con lo smartphone si può leggere e scrivere. BookCity è importante perché è una manifestazione che fa incontrare lettori e scrittori facendo sentire comunità persone radunate intorno alla lettura e all'editoria. Tutto ciò ci rende meno soli, perché scrivere e leggere sono due cose che si fanno in solitudine. di Marta Bernardelli e Susanna Bertolini
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La Divina Commedia parla di me
“Amor mi mosse che mi fa parlare”. Così l’autore Antonio Socci risponde alla domanda sulle motivazioni che l’hanno spinto a scrivere il suo ultimo libro “Amor perduto. L’inferno di Dante per contemporanei”. È per il forte legame che lo lega al figlio e il timore che a scuola non si accorgesse di che tesoro sia la Divina Commedia. In terza liceo, la odiava. In quarta liceo, dopo l’incontro con alcuni amici, ha iniziato a scoprire passo per passo Dante, imparando a conoscerlo. “Il mio rapporto con Dante non è stato scolastico ma esistenziale” afferma l’autore. Non esiste poema migliore che racconti la vita. Per questo motivo è sempre contemporaneo, già dalle prime terzine: sentirsi soli, abbandonati, nel trambusto del mondo, tremando di paura. Spesso ragionando sulla vita ci mettiamo dalla parte di chi giudica, ma la nostra vera condizione è la stessa di Dante: “Miserere di me” urla perché è un uomo alla continua ricerca del senso della vita, che inevitabilmente si scontra con i propri limiti: le fiere. Lo scrittore confessa “più andavo avanti a leggere più capivo che Dante parlava di me, mi capitava proprio la stessa cosa, e ne rimanevo sempre più affascinato”. Lo scrittore ci racconta di come sia stato “salvato” da una catena umana come Dante: la Madonna, Santa Lucia, Beatrice, Virgilio.
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È il cristianesimo, ci dice: Dio che attraverso dei segni viene a tirarti fuori dalla selva oscura. Ed è grazie a questi compagni di strada che possiamo cogliere la bellezza del messaggio di Dio, proprio come Dante lo aveva colto nel volto di Beatrice. “A te convien tenere altro viaggio” questo è il cammino cristiano che Dante propone a ogni fedele che vuole raggiungere la felicità: seguire un Altro. Parlando di contemporaneità, Socci conclude dicendo che l'inferno è garanzia che noi siamo amati da Dio, perché i nostri atti hanno importanza infinita davanti a Dio. L’onnipotenza di Dio governa ogni cosa. Davanti a una cosa l'onnipotenza di Dio si è fermata: la libertà di noi esseri piccolissimi. Vuole essere amato da esseri liberi. L'inferno è la rappresentazione del dramma di dire no a Dio. Lì quello che sembrava così seducente sulla terra è scartato, e rimane il dramma dell’eternità del peccato. Di fronte all’eterno ogni gesto è importante: Dio è innamorato di noi.
di Cecilia Forestan
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L’interpretazione vincente Note di un cattolico a margine dell’incontro “La gabbia delle fedi e le vie della spiritualità”
Le religioni dall’alba dei tempi hanno il
terpretazione rigida di un testo sacro
compito di collegare l’uomo con l’invisibi-
porta una religione a essere semplice-
le e l’intangibile. Il professor Francesco
mente un insieme di proibizioni che di-
Cavalli Sforza ha parlato, da un punto di
venta una vera e propria gabbia per gli
vista evolutivo e antropologico, di come
atei o gli agnostici.
le religioni siano una prigione per l’anima
Un’interpretazione dei testi che, invece,
e di come la spiritualità possa essere la
dimostri che un libro scritto millenni fa
chiave
incontro
parla ancora adesso alle coscienze e che
spiazza come minimo un credente come
una fede è soprattutto gioia e comunità,
me che passa quasi tutta la sua vita in
farà capire anche ai non credenti che la
oratorio. Infatti il relatore, estremamente
religione non è una prigione, ma una
colto e informato in diversi campi, ha for-
strada.
per
liberarsi.
Questo
nito diversi dati storici e filologici, relativi a diversi testi sacri di varie religioni, che
di Marco Beretta
lui ha interpretato come una prova che tutte le religioni organizzate, forti di obblighi e divieti consacrati, siano solo potenti mezzi di controllo delle masse. Ma quindi la Bibbia, il Corano o i Vangeli e le religioni che si ispirano a essi sono solo un inganno? Una buona via di mezzo tra la mia opinione che è ovviamente quella del credente, e la sua è che tutto dipenda dall’interpretazione. Infatti un’in-
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Il Drago Verde Scarlett Thomas presenta il suo primo romanzo per ragazzi
Sabato 18 novembre, in occasione dell’evento di BookCity Milano 2017, la scrittrice Scarlett Thomas ha presentato il suo libro “Il Drago Verde” all’interno di una delle sale del castello Sforzesco e ha risposto ad alcune domande dei presenti in sala. Il Drago Verde è un libro diverso dagli altri per Scarlett, perché rappresenta il primo per ragazzi che lei abbia mai composto ed ha una storia del tutto particolare. Infatti l’autrice ha dichiarato che la prima volta che ha pensato di scrivere il romanzo è stata durante un viaggio in auto, in cui una volta fermatasi in un paese chiamato Dragon’s Green, in Gran Bretagna, pensò che le sarebbe piaciuto ambientare uno dei suoi libri lì, e quando il suo compagno le chiese se le sarebbe piaciuto scrivere qualcosa che fosse per ragazzi un giorno, (sebbene lei all’inizio fosse contraria) l’idea iniziò a farsi rapidamente strada nella sua mente e il romanzo cominciò a scriversi da solo, inconsapevolmente. Inoltre il libro, definito da molti entusiasmante, originale e molto coinvolgente, viene spesso paragonato alla celebre saga di Harry Potter a causa degli elementi tematici in comune (in particolare la scelta di una giovane maga, Effie, come protagonista) ma bisogna stare attenti a non lasciarsi condizionare troppo da questo genere di giudizi e a guardare il romanzo per ciò che è, senza pensare ad altri libri e concentrandosi sul suo stile unico e distintivo. Infatti dentro “Il Drago Verde” l’autrice ha costruito un mondo magico del tutto originale chiamato l’Altrove, caratterizzato con estro e fantasia, in cui i lettori, specialmente quelli più sognatori, possono trovare un luogo dove rifugiarsi e godere della compagnia di giovani maghi, principesse e ogni sorta di personaggio fantastico. di Marco De Meo
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Milan l’è on grand Milan Nell’ambito di BookCity Milano 2017, ab-
c’ero in quella Milano, ma grazie al web,
biamo l’opportunità di intervistare Fabri-
oggi trovi tutto e, questo mi ha aiutato
zio Carcano nella Libreria Esoterica.
molto per conoscere la società di quel tempo. Intanto ho scritto per la prima volta utilizzando il presente e non il passato remoto. Il romanzo è infatti ambientato negli anni ’60, perché volevo che la storia avesse una velocità di racconto che il presente mi dava.” “Scriverai altri libri che trattano di storie realmente accadute a Milano?” “In tutti i miei libri, comunque, c’è un po’ di Milano. Ad esempio “Mala tempora” racconta del-
“Come è nata la passione di scrivere
la mannaia di Antonio Boggia, vissuto nel
gialli?”
1849.
“È stato tutto casuale ed inatteso.
“L’ erba cattiva” è ambientato durante
Ho lavorato con il padre di uno delle Be-
l’Expo e, quindi, si ispira ad un evento
stie di Satana, un gruppo di serial killer
che ha realmente coinvolto la città.
della provincia di Varese colpevoli di in-
Nel
duzione al suicidio e di diversi omicidi di
“Memento mori”, ci saranno fatti ambien-
formazione satanista, e volevo saperne di
tati nel 2017, cosicché nel 2035, quando
più riguardo questa vicenda.
i vostri figli lo leggeranno, troveranno i
Inoltre per puro caso mi sono imbattuto
fatti veri del 2017.
nel dipinto “La pala dei tre arcangeli” in
Nei miei libri mi piace far vivere la mia
Brera, l’ho studiato e da qui è scoccata la
città, cioè Milano, per far scoprire ai let-
scintilla per scrivere questo primo giallo
tori luoghi e personaggi inediti.”
nuovo
libro
che
sto
scrivendo,
esoterico alla Dan Brown, che non pensavo neppure di portare a termine.”
di Gaia Giacomelli
“Nel tuo ultimo libro, “Il mostro di Milano”, è stato difficile dover ambientare la storia in un tempo a te “sconosciuto”?” “Sì, perché io sono del ’73 e, quindi, non
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Le verità nascoste di Salaì I retroscena della vita del grande Leonardo da Vinci Oggi, come cinquecento anni fa, la figura del Salaì è ancora avvolta dal mistero. Semplice garzone presso la bottega di Leonardo o allievo favorito? Figlio adottivo, discepolo o compagno di vita? Sono poche le risposte che abbiamo relativamente a questi interrogativi, ma lo scrittore Michele Mauri è riuscito a raggrupparle perfettamente nel suo scritto “Salaì. L’altra metà di Leonardo” e ad esporle chiaramente durante l’incontro tenutosi presso la “Sala Bertarelli” del Castello Sforzesco il 18 novembre 2017. Figura enigmatica, ha giocato senza alcun dubbio un ruolo fondamentale sia nella vita del “genio del Rinascimento” che nell’ereditarietà ai posteri. L’autore del libro ha infatti sostenuto che Leonardo nel suo testamento ha destinato un considerevole numero di opere al “suo discepolo”, che quindi ha deciso in autonomia se donarle o tenerle per la sua collezione privata. La vita di questo personaggio è dunque costellata di misteri ancora da chiarire, ancora da scoprire, magari anche grazie al contributo di Michele Mauri. di Annalisa Magnani
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Amare? Fino a che punto? Fino a dove sei capace di spingerti per le persone che ami: così è stato intitolato l’incontro tenutosi nella sala della Balla del Castello Sforzesco. Lo scrittore Matteo Ferrario ci racconta che il suo libro “Dammi tutto il tuo male” è incentrato proprio su questa tematica. Il romanzo tratta le vicende di un padre che un giorno decide di diventare assassino per amore e arriva a delle estreme conseguenze. I romanzi di Matteo sono incentrati sul tema della famiglia. Afferma che diventare grandi vuol dire mettere su famiglia, però spesso con il disfacimento di essa si fa credere che allora non tutti siamo in grado di diventare grandi, almeno in quel momento. “Tutte le famiglie felici sono simili tra loro e le famiglie infelici sono felici a modo loro” dice Matteo. Nel libro i protagonisti scelgono di diventare genitori, hanno un desiderio di scoprirsi, infatti lei rimane incinta per una scelta volontaria: quella di trovare cose nuove l’uno nell’altro. Un figlio cui la motivazione è la costruzione di un amore, il risultato di due persone che si amano, è un buon punto di partenza, secondo Matteo. Lo scenario del romanzo è un po’ un equivalente italiano dei sobborghi americani, un’urbanistica e società un po’ rarefatta scollegata dal mondo esterno, che nasconde le cose che non vanno. È presente una sorta di ambivalenza in cui prevalgono sia la quiete sia una mancanza di tessuto sociale che porta ad alcuni problemi in diverse famiglie e in alcuni individui. di Ludovica Guidobono
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Backstage
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Giganti che parlano di Giganti In occasione del ritorno nelle edicole di Giganti del Basket, prestigiosa rivista degli anni 60, si è tenuto nella filiale di Intesa Sanpaolo di piazza Cordusio un incontro con le leggende a cui sono dedicate le prime uscite del periodico: Dan Peterson, storico coach dell’Olimpia Milano, Andrea Meneghin, figlio di Dino Meneghin, e Carlo “Charlie” Recalcati, allenatore della nazionale che nel 2004 conquistò l’argento olimpico ad Atene. “Per i Giganti sei sempre stato di casa” esordisce Giulia Arturi, mediatrice dell’evento, rivolgendosi proprio a Recalcati. Charlie, che vanta una brillante carriera da giocatore e poi da allenatore, è infatti il protagonista del primo numero non solo di questa nuova edizione della rivista, ma anche della precedente. Le vittorie, in entrambi i ruoli, non gli sono certo mancate. Ciò che cambia, però, è il modo in cui le ha vissute. “La carriera da giocatore è stata puro divertimento. Da allenatore è stato tutto diverso” spiega Recalcati “C’era sempre un fondo di divertimento, perché senza quello non riesci a far bene niente, però le responsabilità aumentavano. Quindi, quando raggiungi un successo dal punto di vista dell’allenatore, la soddisfazione è molto superiore rispetto a quella che hai da giocatore”. Tra ricordi belli e brutti (quella finale di coppa delle coppe del 1978…“Sì Charlie, mi brucia ancora!” scherza coach
Dan), aneddoti e flash-
back, si trova anche il tempo di parlare della situazione attuale del basket in Italia. Andrea Meneghin, attuale responsabile del settore giovanile di Varese, ci parla di grande impegno, voglia e passione per quanto riguarda la formazione dei giovani cestisti. Aggiunge anche, però, che il sistema di reclutamento è cambiato e il numero di stranieri che giocano nelle squadre italiane è molto aumentato. “Sono contrario all’idea di nazionalizzare stranieri per risolvere il problema della nazionale” dice Peterson “ma non c’è educazione fisica nelle scuole italiane. I ragazzi mancano di coordinazione di base”. Se è vero che giocatori del calibro di Recalcati e Meneghin non si vedono più in Italia, è vero anche che la qualità degli allenatori è piuttosto alta. Uno su tutti: Ettore Messina, vice allenatore dei San Antonio Spurs. Il più grande riconoscimento che gli va fatto, secondo Charlie, è l’aver contribuito a migliorare tutta la categoria degli allenatori italiani. Dan Peterson, che lo consigliò a Porelli come nuovo allenatore per la Virtus Bologna nel 1983, lo definisce “una spugna, uno che sta lì per prendere tutto, senza lasciare niente”. Sarà proprio Messina il protagonista del prossimo numero della rivista. di Martina Brugnetti
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Narcotrafficanti: nuovo fronte in cui combattere Nell’ambito di BookCity 2017, si è tenuto l’evento riguardante i narcotrafficanti. In Messico questi, i cosiddetti “narcos”, oramai comandano le strade, le città e anche il confine con gli Stati Uniti. Questi hanno acquisito potere grazie all’alternanza politica avvenuta nel 2000 dopo 70 anni. I narcos producono droga e si dividono in cartelli che competono tra di loro. Ora i cartelli presenti in Messico sono 10, ma negli anni passati se ne sono sciolti molti perché, dopo la morte o l’arresto del capo, i componenti di uno stesso cartello entravano in guerra tra di loro con il fine di aggiudicarsi il comando. Queste guerre interne hanno provocati molti morti; ma questi non erano solo membri dei cartelli, erano anche cittadini comuni che si rifiutavano di pagare. Dal 2007 ad oggi, in Messico ci sono stati più di 200000 vittime che sono state gettate nelle fosse comuni cercate inutilmente dai familiari e dalla polizia. I giornalisti e gli scrittori sono le vittime più frequenti dei narcos perché indagano su di loro. La vittima più significativa è stato lo scrittore Javier Valdes Cardenas. Il mercato americano chiede droga ai narcos che tramite i coyotas, cioè coloro che portano i clandestini al confine, trasportano la droga dal Messico agli Stati Uniti in cambio di armi. I cartelli sono in grado di produrre e trasportare qualsiasi cosa, come droga, clandestini, benzina e medicinali. Nascondono la droga ovunque per far si che non venga trovata, c’è stato anche un caso in cui l’hanno nascosta nello stomaco di un cane. I cartelli sono appoggiati da molti governatori corrotti, per esempio Fox, il primo governatore dopo l’alternanza politica che ha fatto un patto con i narcos per conservare i propri interessi. Appena salito al potere, il nuovo presidente Calderon ha dichiarato guerra ai cartelli dopo molti anni di violenza, ma è una guerra un po’ particolare perché un giorno ci sono le sparatorie e il giorno dopo è tutto normale, è come se non fosse successo nulla. Bisogna considerare i narcos come si considera l’ISIS perché si comportano esattamente come loro, tutti dovrebbero impegnarsi a combatterli per evitare che il numero dei morti salga sempre più. di Giorgia Negri
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Il calcio come opportunità Il lato diverso del calcio “Anche i 'matti' possono avere le stesse
I malati psichiatrici che erano stati scelti
emozioni che hanno i campioni.”
per far parte della nazionale venendo
Con questa citazione Santo Rullo ha defi-
trattati come atleti cominciavano a com-
nito l'esperienza vissuta da un gruppo di
portarsi come tali, questo fattore ha por-
ragazzi con malattie mentali che hanno
tato una grandissima crescita sia al livel-
vissuto un'esperienza calcistica straordi-
lo del gruppo che al livello individuale,
naria. Le vicende dei ragazzi sono rac-
evidenziando il potere che il calcio e lo
contare nel libro “Crazy for football” che
sport in generale hanno su queste perso-
è stato presentato da Volfango de Biasi,
ne.
Francesco Trento, Antonio Cabrini e San-
Questo libro non parla solamente di cal-
to Rullo al Museo del Tennis Italia. Tutto
cio, ma è soprattutto una storia umana
è cominciato con la realizzazione di un
d'amore che rende visibile come spesso il
documentario uscito nel 2004 dal titolo “I
concetto comune di “matto” sia erroneo e
matti del calcio” che racconta le incredi-
come sia importante lottare per i desideri
bili vicende di una squadra di calcio for-
di queste persone che vengono spesso
mata interamente da “matti”. Andando
socialmente emarginate per la sola colpa
oltre ogni aspettativa il documentario ha
di essere diversi.
auto un incredibile successo, fino ad arri-
di Lucia Barbareschi
vare in Giappone. In questo paese, successivamente alla visione dell'elaborato cinematografico, è stata presa la decisione di assemblare ben seicento squadre per creare un mondiale di calcio a 5, interamente dedicato a malati psichiatrici. Il libro è un testo autobiografico che narra di come in quarantacinque giorni gli autori siano riusciti a realizzare il sogno di mettere insieme una squadra che sarebbe stata la nazionale italiana. Straordinaria la passione con cui gli autori hanno raccontato tutto il lavoro che è stato fatto per il compimento di questo sogno, come la ricerca di fondi, di un allenatore e di un preparatore atletico, inserendo, intanto, divertenti aneddoti.
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Immersione nel rumore del silenzio La parola d’ordine era Silenzio e, varcati i cancelli del Cimitero Monumentale, i rumori della città sono scomparsi. Avvolti da un cielo insolitamente azzurro per il mese di novembre, abbiamo passeggiato per i viali accompagnati dai volontari dell’Associazione Amici del Monumentale che da anni è impegnata nella tutela dell’immenso patrimonio storico artistico di questo cimitero, a pieno titolo considerato un Museo a cielo aperto. Lungo il nostro percorso alla scoperta dei capolavori qui conservati siamo stati accompagnati dal suono struggente del mandolino e della chitarra che evocavano la musica dei funerali militari, il TAPS ossia quel solitario squillo di tromba che chiama al silenzio. Si narra che la tradizione di suonare il silenzio durante i funerali militari abbia avuto origine durante la guerra civile quando in Virginia sul campo di battaglia si fronteggiavano i soldati dell’Unione Nordista e quelli dell’esercito Confederato Sudista. Nella notte il capitano Nordista sentì i gemiti di un soldato ferito e senza sapere se fosse uno dei suoi uomini o un suo nemico, decise di rischiare la vita per aiutarlo. Aprendosi un varco fra il fuoco nemico lo raggiunse e quando ritornò al suo accampamento scoprì che era un soldato confederato ed era già morto. Accese allora la sua lanterna per vederne il viso. Restò senza fiato. Era suo figlio. La mattina seguente pregò, con il cuore spezzato, i suoi superiori di dargli una degna sepoltura e che ci fosse la banda militare che potesse suonare al funerale. La sua richiesta fu accolta solo in parte, con la concessione di un solo musicista. Il Capitano scelse un trombettiere per suonare un brano che aveva trovato nella tasca della divisa di suo figlio. Nacque così la melodia del Taps. Con ancora le lacrime agli occhi e nel cuore un silenzio riappacificante ci siamo allontanati dal Cimitero Monumentale per ritornare nella rumorosa e tumultuosa Milano. di Cecilia Diaferia
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Quanta e quale libertà sappiamo tollerare? Il 18 novembre 2017, io ed altri ragazzi del giornale dei Ragazzi abbiamo assistito al Piccolo Teatro Grassi alla presentazione del libro Tu es libre, che in italiano significa “tu sei libero”. Scritto da Francesca Garolla, è un libro nel quale si parla di una ragazza francese di nome Hamer che decide di cambiare radicalmente vita convertendosi alla dottrina di Daesh. La storia si dipana all’interno di un continuo spostamento temporale tra presente e futuro: all’intenso racconto della vita di Hamer e del suo progressivo cambiamento si contrappone l’angoscia e l’incredulità dei genitori che, dopo la sua partenza, non riescono a comprendere le motivazioni che l’abbiano spinta a compiere un gesto di tale risonanza. Il progetto del libro, come spiegato dall’autrice, prende corpo nel 2015, quando la Francia viene colpita da due gravi attentati terroristici che sconvolgono il paese: Charlie Hebdo e il supermercato Kosher. Questi hanno sviluppato una crescente isteria di massa in tutto il paese e un sentimento di angoscia in ogni individuo, poiché tutti hanno paura della persona che gli è di fianco. “Tu es libre” è un libro che fa riflettere poiché non indaga cosa poi sia successo ad Hamer ma spiega come i parenti di lei possano reagire ad un evento di tale portata. Così Hamer, ragazza francese, libera di scegliere come ognuno, ha scelto di seguire una via nella quale la vita non è necessariamente un valore. E i parenti, seppure increduli, devono accettare questa scelta, poiché riguarda la libertà di azione dell’altro e va rispettata. In ogni caso. Si arriva perciò al tema centrale nel libro:” Quanta e quale libertà sappiamo tollerare?”. Infatti ognuno di noi deve essere in grado di pensare che la vita e la morte si muovono assieme, separate da un filo sottilissimo, e quindi è molto relativo capire quali siano i buoni e quali i cattivi. di Alessandro La Rocca
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Viaggio all’interno del mondo rosa di Shakespeare Al
Teatro
Franco
Parenti
si
è
tenuta
l'anteprima
dell'album
"Shakespeare, la donna il sogno" realizzato dai Rêverie, gruppo musicale composto da Fanny Fortunati, Alberto Sozzi e Valerio Vado che compongono brani del genere poco diffuso etno-prog. L'intrattenimento consisteva in un concerto senza effetti scenici in cui gli artisti hanno avuto la possibilità di far emergere il loro talento solamente con l'aiuto di alcuni strumenti musicali bizzarri. L'intento era quello di rielaborare alcuni sonetti shakespeariani e musiche dell'epoca elisabettiana in una piccola messa inscena recitata e cantata. La voce narrante era quella di Fanny Fortunati che interpretava Yorick, un giullare che tenta invano di ricordare il volto e il nome della donna amata. Nei ricordi di Yorick viene a galla la figura di Shakespeare, non che rivale dell'innamorato. Tormenti, ardori, impulsi di amore e follia sono le sfumature principali del rapporto d'amore descritto dai versi del Bardo di Stratford. L'illustrazione consisteva in una mescolanza di canti anglosassoni e frasi simboliche libere di essere interpretate. La finalità degli artisti era quella di attraversare l'universo rosa di Shakespeare
con
l'aiuto
della
musica del tempo e quella contemporanea.
La
sala
conteneva circa 50 posti occupati da un pubblico di tutte le età. Questo piccolo spettacolo è stato un'occasione per far conoscere ai più grandi un nuovo genere musicale, invece per i più piccini è stato un'opportunità per immedesimarsi nel mondo shakespeariano pieno di avventure. Inoltre l'ambiente piacevole e la calda atmosfera del teatro, hanno esaltato la bellezza dello spettacolo. di Alice d’Alò
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19 novembre 74| 75| 76| 77| 78| 79| 80| 81| 82| 84| 85| 86| 87| 88| 89| 90|
Le contraddizioni del presente, la forza della memoria Genitori, figli, divorzio Maria Rita Parsi a Boockcity definisce il divorzio come un punto di partenza
Il cielo stellato sopra di noi A cosa serve l’Europa? A teatro con Pennac Pennac porta in scena il suo ultimo romanzo
E se anche gli scrittori mentissero? Il ritorno di Malaussène
Altezza in bianco e nero Affacciarsi alla montagna in due modi differenti
La suspance è donna 5000 sfumature di Mr. Darcy Tre domande a Licia Troisi Intervista alla regina del fantasy italiano
Tre domande a Roberto Recchioni Intervista alla rockstar del fumetto italiano
Il mondo delle passioni Alla scoperta di E. Ferrari e delle sue creazioni E se anche Harry Potter fosse un classico Un classico è solo un gigantesco tomo che deve essere letto, studiato, memorizzato, oppure qualcosa di più che un incubo per gli studenti?
Lunavulcano Amicizia, amore e maternità nell’era di internet
Ogni bambino è il mio bambino Insieme per una nuova libertà, un futuro migliore: quello dei bambini
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Milano esoterica: il lato oscuro della città Fin dall’antichità la magia e l’occultismo si sono diffusi in cenacoli esoterici, hanno visto l’influenza di alchimisti, streghe ed esorcisti e hanno caratterizzato la storia della città di Milano, velandola di un lato oscuro e misterioso
E buonanotte, storia del ragazzo senza sonno Non esistono maestri di vita Famiglia , ieri e oggi Eva Cantarella, una delle più importanti specialiste dell’antichità e del diritto antico presenta il suo ultimo libro “Come uccidere il padre”
Quello che le donne non dicono Clara Sanchez presenta il suo ultimo libro “La forza imprevedibile delle parole” ,la storia di Natalia, la storia di molte donne, che sulla strada dell’amore hanno incontrato l’inganno e la manipolazione
Cuore di replicante Leggere non è mai una perdita di tempo Una giustizia giusta La Russia di Putin Corsi e ricorsi
Il nostro liquido amniotico è la montagna Queste sono le parole di Mauro Corona, scrittore friulano di grande successo che a Bookcity ha presentato il suo ultimo libro “Quasi Niente”, scritto con il cantautore e amico Luigi Maieron
Le emozioni animano la vita Giornalisti versus potenti
Il Giornale dei Ragazzi su Facebook I post del 19 novembre
Il Giornale dei Ragazzi su Instagram I post del 19 novembre
Lettere a BookCity
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Le contraddizioni del presente, la forza della memoria Walter Veltroni politico, giornalista, scrittore e regista, ha presentato il suo nuovo romanzo “Quando” il 19 novembre a Milano nella Sala Viscontea del Castello Sforzesco; presenti anche Massimo Gramellini e Claudio Bisio. Protagonista della storia è Giovanni, un uomo rimasto in coma per 33 anni: “Deve imparare che cos’è la vita perché si risveglia in un mondo completamente diverso dal punto di vista politico, economico, sociale e culturale”. “Il mondo non finisce mai di cambiare quindi c’è il desiderio di una società giusta anche se è sparito quel senso di comunità; non si riesce più ad avere un rapporto vero con le persone”. Con questa frase l’autore sottolinea che non si tratta di un libro nostalgico perché viene raccontata una realtà cambiata e migliorata rispetto ai suoi tempi ma che bisogna tornare a provare delle passioni vere. Dunque in Veltroni emerge l’ottimismo nel futuro dell’Italia: “il futuro non è da considerare come una minaccia, perché è creato da noi stessi. Se si fa prevalere la paura sulla speranza si ha un futuro cupo.” Inoltre nel libro, pervaso anche da riflessioni politiche, sono presenti molte metafore. Simbolica è infatti la data dell’incidente del protagonista: 13 giugno 1984 giorno in cui si sono tenuti i funerali di Enrico Berlinguer, allora segretario del Partito Comunista. Essendo stato un militante, questo avvenimento per lui rappresenta l’inizio di una nuova vita. Un altro personaggio importante della storia è la suora, che ha curato Giovanni durante il periodo di coma facendone il suo confessore. “Lui sbuca da 33 anni di sonno da solo, avvolto nel tempo, senza riferimenti, è un neonato di 53 anni che deve scoprire il mondo avendo vissuto 20 anni in un altro tempo della storia”. Proprio per questo senso di smarrimento le persone intorno a lui, tra cui Giulia, lo aiutano ad inserirsi in questa nuova realtà. Tra i due, inoltre, si è creato un legame speciale perché condividono lo stesso pensiero politico. Infine si può quindi capire che Veltroni, con questo libro, cerca di trasmettere la sua consapevolezza del passato e una grande curiosità per il futuro: solo così si può vivere bene il presente. di Alessia D’Isanto
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Genitori, figli, divorzio Maria Rita Parsi a BoockCity definisce il divorzio come un punto di partenza Maria Rita Parsi, autrice del libro “Se non
un nucleo famigliare è sparito.
ti amo più”, ha voluto offrire a BookCity
Parsi conclude la sua conferenza ricor-
la sua visone dell’amore.
dando che con la separazione si smette
Ma cosa intende con questa parola?
di essere una coppia ma non si smette di
Per spiegarlo fa riferimento all'Iliade, de-
essere genitori.
finita da lei stessa come "la più grande
Il fallimento del progetto di famiglia coin-
opera dell'antichità, che narra la storia di
volge anche una terza parte innocente,
un amore tradito, pretesto per la conqui-
figli e parenti. E’ proprio per questo che
sta di una città".
gli ex coniugi dovrebbero essere in grado
E d'altra parte anche l'Odissea mostra un
di rendere la nuova situazione una risor-
uomo naufrago che, pur cercando di tor-
sa per tutti.
nare a casa dalla propria moglie Penelope, cede alle seduzioni di Circe e di Calip-
di Martina Guarnaccia e Elisa Coppo
so. Questi personaggi antichi sono esempio dei comportamenti dell'uomo e della donna di oggi, tuttavia la concezione dell'amore è cambiata, anche grazie ad una novità: il divorzio. L'autrice considera questo atto come punto di partenza per una crescita personale, e non per una considerazione fallimentare della singola persona. Dopo un divorzio non si deve "fare il funerale nella propria mente del ex marito, ma considerare la storia appena conclusa come un passaggio fondamentale della propria
vita".
Quindi lasciarsi “bene” deve essere una fonte di riflessione, rinascita e di crescita terapeutica. Al contrario i figli porteranno nel loro bagaglio questo trauma per tutta la vita, indipendentemente da come risulta successivamente al divorzio il rapporto tra i genitori. Sono proprio i figli a diventare l’oggetto dell’ “amore per sempre” che in
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Il cielo stellato sopra di noi Domenica 19 novembre si è tenuto un incontro dal titolo “Il cielo stellato sopra di noi e la coscienza morale”. Questo convegno è iniziato con l’utilizzo del planetario, infatti il responsabile del Planetario ha mostrato al pubblico come sarebbe il cielo di Milano senza le luci della città. Successivamente un relatore ha presentato il libro di Marco Bersanelli “Il grande spettacolo del cielo”. Quest’ultimo è stato trattato in modo estremamente scientifico collegando ad ogni capitolo un teorema che riguarda esso. L’incontro è proseguito con un cambio di tema infatti si è iniziato a trattare di filosofia e psicologia morale in modo scientifico. Inoltre è stato presentato il libro di Marco Ceruti e Gianluca Bocchi dal titolo “La sfida della complessità”. Durante questa presentazione è mancata la presenza di uno dei relatori principali, nonché scrittore di uno dei libri: Marco Bersanelli. di Tommaso Fadda
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A cosa serve l’Europa?
Dibattito fra due grandi costituzionalisti e politologi come Valerio Onida e Gianfranco Pasquino riguardo la situazione attuale dell’Europa e dei problemi interni ad essa. Temi trattati nel libro presentato da Giovanni Pasquino “L’Europa in trenta lezioni”. Si è partiti analizzando dei dati che riflettono un progressivo allontanamento dall’Europa di varie nazioni, una sorta di percorso inverso, così definito da Onida, rispetto a ciò che è stato costruito nel secolo precedente. Questa concezione però, fa notare Pasquino, non è presente nei giovani, i quali si sentono sempre più europei, quanto nella classe dirigente e politica attuale. Si è inoltre evidenziato come i paesi dell’est siano i più riluttanti ad una visione europea. Scarsa capacità di comunicazione, è questa secondo il politologo Pasquino una delle più grandi falle dell’Unione Europea, ne è un esempio lo scarso spazio riservato alla politica estera nelle varie testate giornalistiche. Ma non è questo l’unico problema, secondo i due ci vorrebbe anche una maggiore europeizzazione sia a livello economico sia a livello culturale. Cosa manca all’Europa per risolvere questi problemi? La risposta data da entrambi è stata che manca la politica, mancano i partiti europei, servono dei partiti transnazionali, diversi dai partiti nazionali attuali che guardano l’Europa con un occhio vecchio che affibbiano ad ogni problema la solita frase “ce lo chiede l’Europa”. Movimenti con visioni simili sono già presenti, i Verdi in primis, ma il problema di questi secondo Onida è che manca una leadership forte. l’evento si è concluso con una discussione riguardo al ruolo importantissimo dell’Italia nell’Unione Europea e di quanto poco questo venga sfruttato. di Daniele Di Giorgio
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A teatro con Pennac Pennac porta in scena il suo ultimo romanzo Domenica 19 Novembre, alle ore 15.30, presso il teatro Strehler, il famoso scrittore francese, Daniel Pennac, ha presentato il suo ultimo libro “Il caso Malausséne”, recitando con altri due attori alcuni capitoli del romanzo. Pennac ha coinvolto il pubblico trasportandolo all’interno della narrazione e accompagnandolo passo dopo passo alla scoperta del protagonista del libro con entusiasmo e umorismo. Ha infatti dato prova della sua personalità esuberante interagendo con il pubblico con battute di una sottile e raffinata ironia, lasciando però trasparire la semplicità e disponibilità che lo caratterizzano. A piacevole sorpresa degli spettatori ha fatto una breve comparsa in scena il conosciutissimo comico italiano Claudio Bisio, precedentemente citato dallo scrittore. Al termine dello spettacolo Pennac si è intrattenuto con i suoi appassionati lettori con un firma-copie fuori programma. di Elena Carati, Chiara Casali, Elena Meneghello
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E se anche gli scrittori mentissero? Il ritorno di Malaussène Pennac aveva dichiarato che il personaggio Malaussène non avrebbe più preso vita nelle sue pagine, e invece eccolo di nuovo in libreria. Motivo
della
resurrezione?
È
Pennac
stesso
a
raccontarcelo:
"Un’anziana signora mi ha chiesto se avrebbe ancora sentito parlare dei Malaussène. Aveva letto i romanzi su consiglio della nipote. A sua volta, lei li aveva letti su consiglio della madre. Avevo le tre generazioni davanti agli occhi". Al teatro Strehler, per i fortunati ospiti che sono riusciti ad entrare, non ci si limita solo ad ascoltare la presentazione del libro, ma si assiste ad una vera e propria messa in scena dei capitoli principali del testo. È una rappresentazione teatrale a tutti gli effetti, parte in italiano e parte in francese. Tre attori occupano la scena per 1:30h circa: Massimiliano Barbini, Pako Ioffredo e lo stesso Daniel Pennac. Con la rappresentazione in carne ed ossa di Malaussène, un personaggio che per la prima volta prende vita non solo nella fantasia del lettore, ci si interroga sul simbolo del “capo espiatorio” nelle nostre vite. Benjamin Malaussène è il capo espiatorio per eccellenza, è sempre lui il colpevole. Chi è il nostro capo espiatorio? Ancora una volta Pennac ci stupisce: i suoi romanzi non sono solo storie, ma vere e proprie riflessioni sulla nostra società, attraverso gli occhi di uno sfortunato ragazzo che appare quasi ridicolo. di Martina Maestroni
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Altezza in bianco e nero Affacciarsi alla montagna in due modi differenti Il 19 novembre 2017 presso la libreria Hellisbook si è tenuta la mostra fotografica “Dalle Alpi all’Himalaya”. Le foto sono state interamente realizzate da Marco Bianchi, sportivo praticante alpinismo estremo che alla fine degli anni Novanta, dopo aver scalato Everest e K2, ha deciso di dedicarsi alla fotografia di montagna. Con una fotocamera che utilizza pellicole piane, ha fotografato a colori le Alpi per tre anni ed il suo prodotto è stato poi raccolto nel libro “Omaggio alle Alpi” (edito Mondadori). Negli anni seguenti, entrando a contatto con l’artista John Sexton, ha deciso di realizzare un secondo percorso fotografico interamente in bianco e nero, allargandolo inoltre al mondo dell’Himalaya e ai suoi Ottomila. Nella mostra sono presenti 10 foto delle Alpi e dell’Himalaya, tutte realizzate in camera oscura. Bianchi è l’esempio di come una passione possa spingerci a realizzare qualcosa di sorprendente, qualcosa di originale, che possa permettere a tutti coloro che non scalano le montagne di godere di viste mozzafiato, con cui Marco si è potuto cimentare per ben due volte: una da alpinista, l’altra da fotografo. di Giulia Marassi
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La suspance è donna Il 19 novembre l’autrice de “La ragazza del treno” Paula Hawkins ha presentato nell’ambito di BookCity, al teatro Elfo Puccini di Milano, il suo nuovo libro “Dentro l’acqua”. Sul palco era presente anche Matteo Strukul, autore de “I Medici”, che ha posto alcune domande all’autrice. “Sono affascinata dal concetto dei ricordi e della memoria, da quanto possano essere fonte di insidie e trucchi. Noi tendiamo a fidarci dei ricordi ma talvolta la nostra memoria può sbagliarsi. Più raccontiamo la storia a noi stessi più spostiamo la verità dal ricordo”. Con questa frase l’autrice spiega l’importanza dei ricordi presenti in questo libro. Ciò che cambia il corso della storia si identifica nel modo in cui alcuni personaggi ricordano il passato. Nel romanzo è l’acqua l’elemento che fa da sfondo a tutte le vicende. Il fiume della città di Beckford rappresenta il luogo in cui alcuni personaggi sono giunti alla fine della loro vita, ma è anche dove molti altri si recano per pensare e ricordare, infatti Paula Hawkins descrive tutte le sue sfumature: “L’acqua è un elemento che collega i vari personaggi tra passato e presente, che lega il luogo alla sua storia. L’acqua è vita, certo, ma può essere anche oscura o a volte comunque non totalmente trasparente. È un vero e proprio personaggio della storia”. ” Ho visto che ogni persona nella comunità aveva un suo segreto, grande o piccolo. Era necessario far raccontare ad ognuno la propria parte di storia. Nessuno è innocente. Ognuno nel bene o nel male ha dovuto scendere a compromessi, ha qualche grado di colpevolezza nelle vicende. Così l’autrice ha deciso di mettere in campo tanti personaggi, ognuno dei quali ha bisogno di esprimere il suo punto di vista, i suoi ricordi e soprattutto i suoi pensieri, che agli occhi di altri possono essere nascosti e anche inimmaginabili. di Giorgia Raineri
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5000 sfumature di Mr. Darcy All’incontro tenutosi il 19 novembre u.s. alle ore 17:30 in una saletta messa a disposizione dalla catena Starhotels, vicino alla Stazione Centrale di Milano, è stata a lungo discussa l’importanza dell’inventiva narrativa della famosissima scrittrice inglese Jane Austen e di come i suoi personaggi maschili abbiano tutt’oggi un ruolo fondamentale nella creazione dei nuovi. A questo evento, organizzato in collaborazione con il blog “Sognando tra le righe”, hanno partecipato molte scrittrici italiane di rilievo, tra cui Virginia Bramati, Ledra, S.M.May e Raffaella V. Poggi. Tutte hanno parlato dei loro libri e di come le figure maschili siano fortemente ispirate a personaggi della cultura classica; sono stati infatti ripetutamente nominati Mr. Darcy, da “Orgoglio e pregiudizio”, e Heathcliff, da “Cime tempestose”. Ciononostante l’incontro ha avuto principalmente lo scopo di analizzare la figura maschile che al giorno d’oggi ha fatto scatenare moltissime fans: stiamo parlando di Mr. Grey. Le scrittrici, infatti, guidate da Agostina Costa, fondatrice del blog “Sognando tra le righe”, si sono lanciate in un acceso dibattito che aveva come oggetto le somiglianze tra Mr. Darcy e Mr. Grey e il motivo per il quale quest’ultimo abbia avuto un tale successo nella nostra società. Per quanto possa sembrare bizzarro, le somiglianze tra i due sono più di quanto ci si potrebbe aspettare da due personaggi che sono apparentemente così distanti per epoca e per stile letterario. Le autrici si sono poi buttate a capofitto sulle similitudini: Virginia ha affermato, oltre al fatto di ispirarsi a Mr. Darcy per ogni suo personaggio maschile, che entrambe queste figure (quella di mr. D . e mr. G.) sono uomini attivi, “uomini del fare” che compiono delle azioni (grandi o piccole, palesi o nascoste) per conquistare le donne di cui si sono infatuati. Raffaella si è soffermata invece sull’importanza dei protagonisti, in quanto attivi da un altro punto di vista: aiutano le protagoniste a risolvere i problemi cui si trovano di fronte. L’argomento della conversazione è poi tornato sulla grandezza di Jane Austen, la quale ha anticipato di secoli tutti gli altri scrittori, creando delle figure maschili non perfette, ma anzi che rispecchiano un “antieroe” e che poi subiscono una trasformazione nel corso del testo. di Gloria Bareggi
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Tre domande a Licia Troisi Intervista alla regina del fantasy italiano Quando
capisce
che
una
storia deve essere raccontata e come inizia a farlo? “È difficile da spiegare, è una sensazione. Mi viene un’idea e se questa è abbastanza buona da essere raccontata allora inizio a lavorarci: scrivo dei pezzi in testa che potrebbero essere l’inizio come la fine della vicenda e questi vanno a costituire la base della storia. Per un po’ accumulo idee attorno ad essa e quando mi accorgo di aver fatto chiarezza nella mia testa mi siedo alla scrivania e inizio a prendere appunti: scrivo tutto quello a cui ho pensato, se ho costruito un mondo elaboro un vademecum con i luoghi, gli abitanti, le lingue, le religioni. A questo punto scrivo la storia, prima della saga complessiva e poi di un primo libro, e decido, capitolo per capitolo, cosa raccontare. Solo allora inizio a scrivere.” Ha mai riscontrato difficoltà nel processo di world building? “Non sono tanto le difficoltà quanto il fatto che ho molta voglia di iniziare a scrivere e costruire il mondo frena questo momento. È una cosa assolutamente necessaria per potersi sentire abbastanza sicuri nel momento in cui si va a raccontare la storia, ma che io ritengo secondaria rispetto alla narrazione. Lo faccio un po’ a forza, ma è un male necessario per poter raccontare in libertà.” Qual è il suo rapporto con le sue storie? “C’è tanto amore. È bello sentire la storia che in qualche modo ti sta alle costole, sta sempre nel retro della tua testa, è come vivere contemporaneamente in più posti ed è bello sapere di avere un luogo in cui potersi rifugiare e mettere così tanto di sé. La cosa forse più bella è poter condividere con altri una storia che ti ha ossessionato per tanto tempo e sapere che magari li ossessionerà così come ha fatto con te. È l’ambizione massima per uno scrittore.”
di Mattia Borgonovo
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Tre domande a Roberto Recchioni Intervista alla rockstar del fumetto italiano Le parole vengono meno quando devi intervistare Roberto Recchioni, che più che con le parole lavora con le immagini, grazie alle quali è diventato uno dei più importanti fumettisti a livello nazionale. Ed è proprio da qui che comincia il suo lavoro, come lui stesso ci racconta. Come si svolge il suo processo creativo? “Io parto sempre da un’immagine. Questa contiene gli elementi della narrazione e più essa è potente più la storia funziona. Poi la vicenda si complica, dalla storia principale ne nascono altre cento, ma il mio punto di partenza è sempre un’unica immagine.” Spesso lei condivide queste immagini con altri autori, collaborando con loro o affidando loro suoi soggetti. Non è geloso delle sue storie? “Dipende dal patto iniziale. Ci sono storie mie, personali, che non affiderei mai perché non sarei poi disposto a fare quello che bisogna fare quando si affida una storia ad altri, ossia fare un passo indietro e accettare che questi la interpretino secondo la propria visione e sensibilità. È giusto essere gelosi delle storie che si vogliono portare avanti da sé ma anche lasciare andare le storie che si consegnano nelle mani di altri autori.” È interessante osservare come Recchioni sia ormai polivalente sul fronte “storie”: disegna fumetti, scrive romanzi e soggetti per il cinema, rivelando
un’inventiva
illimitata.
Preferisce però identificare questa sua peculiarità con un'altra parola. “Ossessione.” Che rapporto ha con la sua “ossessione”? “Domina completamente la mia vita. Se non è fumetto è romanzo, se non è romanzo è serie, se non è serie è gioco, se non è gioco è film. Le storie sono la cosa più bella e più orribile della mia vita. Non potrei vivere senza.” di Mattia Borgonovo
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Il mondo delle passioni “In un libro non devi mettere tutto ciò
dalla passione che ci spinge a conoscere,
che sai, ma tutto ciò che sei”. È con que-
arriva ad un sapere di sé che lo porta ad
sta breve frase che è possibile riassume-
accecarsi;
re il pensiero di Giulio Guidorizzi, il quale
l’autore ci vuole introdurre ad un nuovo
è passato alla descrizione del suo testo.
punto di vista: non sempre le passioni
L’autore si è posto questo quesito, dal
portano al bene.
quale poi è partito per la stesura del suo
Ed è stato a partire da questa afferma-
libro:
passioni
zione che l’incontro è giunto al termine,
nell’antica Grecia?” Rispondendo a que-
ovvero lasciando lo spettatore con il mi-
sta domanda l’autore ha individuato una
stero della conoscenza: il desiderio che
distinzione in tre livelli delle passioni:
combatte contro la paura di conoscere la
l’impulso, che è un istinto innato ed è il
verità.
“come
scrivevano
le
attraverso
questo
esempio
livello più basso; l’emozione, che è un istinto che deriva dalla coscienza e si tro-
di Gloria Bareggi
va ad un livello più elevato; e la passione vera e propria che deriva da una “storia delle emozioni”. L’autore ha poi parlato della stesura della parte più pratica del testo: ha introdotto Platone e la sua idea del mondo dell’amore, eros, sottolineando la sua acuta intelligenza la quale era riuscita, fin dai tempi antichi, a cogliere la straordinaria forza ed importanza delle emozioni, tanto da arrivare a temerle. Si è poi prolungato in una riflessione sul mondo antico, marcando l’importanza della Grecia e della sua nozione la quale è più ampia di quanto non si creda. E’ stato infatti in Grecia che sono avvenute alcune delle più grandi scoperte letterarie che hanno influenzato le culture loro contemporanee fino ad arrivare ai giorni nostri. Giulio Guidorizzi all’interno di questo libro parla anche della passione come qualcosa di comune sia ai tempi antichi che moderni, sciogliendosi in moltissimi esempi tra cui quello di Edipo, il quale mosso
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Alla scoperta di E. Ferrari e delle sue creazioni L’incontro all’Archivio di Stato dedicato al settantesimo anniversario dalla nascita del Cavallino Rampante si apre con un’esposizione di Leonardo Acerbi delle più indimenticabili automobili Ferrari tratti dal suo libro “Ferrari 70, settanta vetture che hanno fatto la storia”: si inizia dalla primissima creazione della fabbrica di Maranello, ovvero la 125S del 1947, fino all’ultima uscita, la 812 Superfast del 2017; per non dimenticare le collaborazioni degli anni ’50 e ‘60 con Pininfarina, come la 250GT passo corto, la 275 o la 365 Daytona. In seguito, Gianni Cancellieri e Pino Allievi raccontano la loro esperienza e il loro rapporto con Enzo Ferrari: il primo lo conosce nel 1962 alla sede di Autosprint (di cui era il direttore), mentre il secondo ha collaborato con lui in diverse occasioni, come durante la stesura della raccolta “Ferrari racconta” insieme a Candido Cannavò, pubblicata in allegato con la Gazzetta dello Sport e di cui vendette più di 500000 copie. Dai loro racconti emerge la figura di un Enzo Ferrari controverso e imprevedibile, ma che sapeva sempre far sorridere gli altri. Per esempio, Pino Allievi ci racconta di come Ferrari litigava sempre ma faceva subito pace. Buttava giù il telefono e ti insultava ma poi non sapeva resistere alla tentazione della riconciliazione: con Ferrari non avevi mai l’esatta concezione del confine tra realtà e bugie: era sempre tutto. C’era la menzogna, c’era la verità, c’era l’anticipazione e c’era la smentita di quello che aveva detto un secondo prima. Luca Dal Monte, invece, non lo ha conosciuto di persona, ma proprio per questo dice di essere stato nella posizione migliore per scrivere la sua biografia (di ben 1168 pagine!), “Ferrari Rex”. Documentandosi attraverso le sue lettere private Dal Monte ha analizzato gli aspetti più intimi di un Ferrari che descrive come un uomo “molto buono, ma molto insicuro di se stesso e che continua a cercare la conferma negli altri, senza mai trovarla”. di Cristian Fiandaca
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E se anche Harry Potter fosse un Classico? Un classico è solo un gigantesco tomo che deve essere letto, studiato, memorizzato, oppure qualcosa di più oltre che un incubo per gli studenti? Il primo fine della letteratura è la narrazione per l’edonè, ovvero per il piacere. È quello che, citando Aristotele, afferma Simone Regazzoni, professore di Estetica all’Università di Pavia, durante uno degli ultimi incontri di BookCity. La saga di Harry Potter, di J.K. Rowling senza dubbio adempie a questo compito. Ma mentre l’autrice narra le vicende avventurose dei personaggi, nei romanzi vengono trattati importanti temi: la virtù, il male e il bene, la morte, l’amore, il destino. Gli stessi grandi temi su cui fin dall’antichità riflettono gli uomini. La storia del giovane mago ha creato un immaginario collettivo, comune e conosciuto in tutto il mondo: “Al pari dell’Iliade e dell’Odissea, ha segnato un’epoca” dice Simone Regazzoni “per questo io lo considero un vero e proprio Classico contemporaneo”. Ma come ha fatto un filosofo a ritrovarsi a leggere un fantasy? “Io mi occupo di fenomeni di cultura di massa. Ho letto questa saga nell’idea di poterla studiare e ho trovato un evento che non aveva pari nella mia esperienza di tutti questi anni. Benché molti colleghi fossero snob rispetto questo genere, ho deciso di dedicargli un saggio. Lo reputo un Classico, una delle opere più importanti degli ultimi anni. Sono stati scritti poi altri saggi, in Francia, in Italia, negli Stati Uniti, ma quando ho iniziato ero tra i pochi a occuparmene. L’idea è nata come fascinazione per il fenomeno e poi è diventata innamoramento. Infatti in questi casi si è sia un accademico, sia un fan: un accafan.” Regazzoni spera che in futuro anche i Classici contemporanei, infatti questo non è l’unico, saranno fatti studiare a scuola: “Sarebbe interessante” dice “e credo sia giusto dare ad autori come la Rowling anche un riconoscimento accademico”. di Teresa Iacomini
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Lunavulcano Amicizia, amore e maternità nell’era di internet Lunavulcano è un romanzo scritto da Isa-
ne, per esprimere il suo amore nei con-
bella Schiavone, giornalista del Tg1. Il
fronti di questi bambini, ha offerto i pro-
libro è stato presentato domenica 19 no-
venti dei diritti d’autore all’orfanotrofio.
vembre dall’autrice stessa e da Giusy
Durante la presentazione del libro all’e-
Versace a Bookcity Milano del 2017 nella
vento, si è ribadito che si possa essere
biblioteca del SIAM. L’idea dell’autrice è
mamme anche senza avere effettivamen-
nata grazie a un’app che le ha permesso
te un figlio. Insieme all’autrice, il pubbli-
di comunicare con persone che non cono-
co è arrivato infatti a concludere che non
sceva. Due donne, una giornalista sem-
tutte le donne sanno essere mamme e
pre in viaggio e senza figli e una parruc-
che, anche le donne che non possono es-
chiera con uno stile di vita stabile e dei
sere madri, hanno la possibilità di pro-
figli, si raccontano a vicenda le proprie
varlo semplicemente offrendo amore.
vite e si confrontano attraverso una chat. Le tematiche trattate sono: amicizia,
di Monica Nekhila
amore e maternità. Se per il mondo una donna diventa matura nel momento in cui ha un figlio, in questo libro le due donne pensano che un figlio possa essere anche qualcosa vissuta con impegno e amore. L’autrice ci dice di aver provato ad essere mamma grazie al suo gatto di cui ne parla nel libro raccontandoci come, con amore e pazienza, sia riuscita a trasformare una “gatta pazza” trovata per strada abbandonata, in una gatta dolcissima. In un altro capitolo Isabella Schiavone parla di un orfanotrofio in Kenya, visitato da lei varie volte, in cui ha provato il vero significato di amore, quello per cui si dà senza voler ricevere. Anche qui l’autrice ha provato ad essere mamma quando, dopo aver chiesto di chi fossero figlie alcune bambine che aveva visto nell’orfanotrofio, la risposta è stata “di chi le ama, quindi anche tue”: il suo amore verso quelle bambine le ha dato il significato di mamma. Isabella Schiavo-
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Ogni bambino è il mio bambino Insieme per una nuova libertà, un futuro migliore: quello dei bambini Every child is my child, il titolo del nuovo libro pubblicato dalla casa editrice Sormani giusto una settimana fa. Viene definito un libro innovativo e molto all’avanguardia, una “cosa” mai sentita. Circa 80 attori e artisti Italiani hanno deciso di unirsi per dire BASTA!!! Basta alle guerre in Siria, allo sfruttamento dei bambini, alla distruzione delle loro scuole, delle case, l’uccisione di centinaia di persone ogni giorno. Un appello gridato a tutta Italia, per combattere insieme ciò che sta rovinando la Siria: la guerra. Denunciano ciò attraverso un libro, che racconta la leggerezza dell’infanzia, qualche storiella che fa sorridere, che ci fa ricordare come un fiore ci possa rallegrare la giornata. Ognuno di questi grandi personaggi teatrali ha scritto un aneddoto sulla propria infanzia, componendo così un libro che ci permette di conoscere un lato diverso di personaggi che vediamo quotidianamente sugli schermi. Un libro che ci fa anche riflettere, perché noi siamo così fortunati e i bambini Siriani no? Perché noi abbiamo da mangiare e loro no? Perché abbiamo genitori, una casa, una scuola e loro no? Fa sorgere dentro ognuno di noi il desiderio di cambiare qualcosa, il desiderio ti partire e donare tutto ciò che abbiamo a coloro che non hanno mai avuto nulla. Lo scopo del libro è ricavare del denaro per costruire una scuola per bambini in Siria, attraverso il progetto “Plaster School Syria”. Nell’evento di presentazione tenuto domenica 19 novembre al teatro del Buratto erano presenti circa 30 “scrittori” del libro che, attraverso barzellette e giochi, hanno raccontato le loro piccole storie di piccoli bambini. Uno scenario divertente e alternativo, ma allo stesso tempo di grande profondità e commozione. L’evento si è concluso con la musica della cantante siriana Mirna Kassis, che ha riassunto con un canto arabo l’emozioni provate durante la serata. di Fioretta Bini Smaghi
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Milano esoterica: il lato oscuro della città Fin dall’antichità la magia e l’occultismo si sono diffusi in cenacoli esoterici, hanno visto l’influenza di alchimisti, streghe ed esorcisti e hanno caratterizzato la storia della città di Milano, velandola di un lato oscuro e misterioso La magia nella storia di Milano è da sempre oggetto di indagine da parte di studiosi e appassionati di esoterismo. Di questo ci ha parlato Andrea Pellegrino, storico dell’arte, giornalista, scrittore specializzato in storia e letteratura dell’ermetismo, durante la conferenza tenuta Il 19 novembre 2017 in Piazza Castello 1. Secondo quanto riportato dall’esperto, protagoniste indiscusse nella storia dell’esoterismo sono le streghe, donne che si ritenevano dotate di poteri soprannaturali concessi dal demonio. Malviste dalla società, le presunte streghe sono state vittime di eventi tragici: torture, estorsioni, processi e condanne capitali. A Milano un gran numero di donne sono state processate con l’accusa di stregoneria e per questo bruciate sul rogo. In particolare, il primo luogo di tale esecuzione fu Piazza Vetra, spazio abitualmente utilizzato dalla giustizia dal medioevo in poi, che fece da sfondo a centinaia di morti atroci. Le streghe nel corso del tempo aumentarono, così come i volontari disposti a dar loro la caccia, ma la tortura inizialmente non era praticata. Il documento che autorizzò definitivamente la tortura nei processi di stregoneria fu il “Summis desiderantes affectibus”, stipulato nel 1484 dal pontefice Innocenzo VIII, il quale incentivò la soppressione della stregoneria nella regione della Valle del Reno e oltre. Nel ‘500 comparve sulla scena milanese una figura importante: l’arcivescovo Carlo Borromeo. Egli fu molto influente nella caccia alle streghe: lo dimostra l’ingente numero di donne che fece bruciare sul rogo. Nel ‘600 queste vicende drammatiche non terminarono. Già a inizio secolo venne emesso un editto che obbligava i milanesi a denunciare chiunque fosse sospettato di stregoneria. Gli effetti dell’editto si videro da subito: tra il 1610 e il 1750 furono bruciate duecento donne tra la diocesi di Como e Milano. di Angela Iemmolo
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E buonanotte, storia del ragazzo senza sonno Al Teatro del Buratto, lo Youtuber Daniele Doesn't Matter presenta il suo romanzo “E buonanotte, storia del ragazzo senza sonno”, rispondendo alle domande del pubblico e a quelle di Lea, proprietaria del canale Youtube Ehi Leus, che lo affianca durante l'incontro. L'autore spiega di scrivere con un linguaggio semplice, in modo che il lettore venga facilmente coinvolto in ciò che sta leggendo, ma non vuole mai diventare semplicistico. Daniele scrive di avvenimenti frutto sia della sua esperienza, sia della sua fantasia. Infatti, nella creazione della figura del protagonista, non si ispira ad una sola persona, ma a due, cioè se stesso e il suo migliore amico, che porta lo stesso nome del personaggio, Luca. Come si capisce dal titolo, il romanzo parla di un ragazzo che perde il sonno: Luca si rende conto che le ore spese per dormire nel corso di una vita media di ottant'anni, la rendono lunga appena cinquantatré, quindi paragonabile alla vita di un uomo del Medioevo! Quante cose si potrebbero fare in queste ore "sprecate" per il sonno? Quest'idea deriva dal fatto che l'autore stesso riflette sul fatto che ha poco tempo libero da dedicare a sé, poiché è spesso impegnato con i video e tutto ciò che ha da fare durante la giornata e che, se non dovesse dormire, avrebbe molto più tempo a disposizione. Per questo, decide di dare questo "potere" a Luca, che riesce a non dormire più. Subito se ne presentano i vantaggi: ha più tempo a disposizione e acquisisce la capacità di fare molte più cose insieme, senza perdere la concentrazione. Questo aspetto, però, farà sì che il protagonista pretenda sempre di più da se stesso e dagli altri. Allora, Luca si renderà conto di dover rimediare in qualche modo e, per farlo, chiederà aiuto alla sua famiglia. Se siete curiosi di sapere la fine, leggete il romanzo, non ne rimarrete sicuramente delusi! di Federica Mallia
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Non esistono maestri di vita! Michelle
Hunziker,
all’evento
“Sembrava tutto perfetto”, tenuto al Museo dalla Scienza e della Tecnologia Leonardo Da Vinci, ha presentato, insieme a Michela Proietti, giornalista del Corriere della Sera, il suo libro “Una vita apparentemente perfetta”. La
showgirl
racconta
la
terribile
esperienza durata quattro anni, e mai raccontata prima, all’interno di una setta. Tutto ha inizio quando Michelle, poco più che ventenne, nonostante lo smagliante sorriso e autoironia che mostra sempre in televisione e nonostante la sua vita sembri apparentemente perfetta si imbatte in Clelia, una pranoterapeuta che dopo alcune sedute le suggerisce di ricucire i rapporti col padre, abbandonato da tempo perché alcolista. Così Michelle si riavvicina nuovamente a lui e prova da subito un senso di gratitudine e fiducia nei confronti di Clelia che comincia a considerare il suo punto di riferimento. Nel frattempo altre persone sono state reclutate da Clelia che dà origine ad una vera e propria setta. “Inizialmente ti accolgono calorosamente, di danno totale attenzione e ti senti importante ma nel frattempo ti allontanano da tutti i tuoi affetti, creando il vuoto attorno a te”. Michelle si ritrova completamente isolata: Clelia filtra le sue chiamate, respingendo quelle di sua madre, e nel frattempo viene anche a mancare suo padre. “Una volta che rimani solo cominciano le punizioni; la punizione peggiore è la solitudine, il vuoto interiore che provi quando sei costretta a rimanere a casa a Natale senza poter vedere la tua famiglia, aspettando che qualcuno ti chiami “.
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Solamente quando sua figlia Aurora le dice che rivuole la “sua mamma bionda e sorridente” Michelle riesce ad aprire gli occhi e ad uscire da quella trappola accorgendosi di essere stata non solo “la gallina dalle uova d’oro”, ma anche di essere stata “derubata soprattutto della dignità.” Il periodo successivo però risulta essere altrettanto complicato, “è come essere in un tunnel e ad un certo punto aprono le finestre: questa luce ti fa malissimo”: la paura di morire che le avevano inculcato si trasforma in attacchi di panico ma, con l’aiuto di frate Elia e della madre, riesce a tornare alla normalità. Oggi, senza rancori, Michelle ha deciso di raccontare questa sua esperienza per evitare che altre persone cadano nella sua stessa trappola. “Vorrei solo dire che non esistono maestri di vita se non i nostri figli e i nostri affetti”. di Silvia Lovati
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Famiglia, ieri e oggi Eva Cantarella, una delle più importanti specialiste dell’antichità e del diritto antico presenta il suo ultimo libro “Come uccidere il padre” Perché due nel bel centro di Milano e, al
Non c’è da stupirsi dunque se questi non
posto di dedicarsi allo shopping, corrono
avevano rapporti proprio idilliaci con il
al Museo Archeologico? Ma soprattutto,
padre.
perché, tra i mille compiti con cui quoti-
Nella storia di Roma l’autrice ha trovato
dianamente già combattono, lo fanno sa-
molte situazioni che evidenziano come il
pendo che entrare là dentro vorrà dire
parricidio sia “la nevrosi della civiltà ro-
ritrovarsi poi a scriverci sopra un articolo
mana”
(questo articolo, nella fattispecie)? La ri-
che per fron-
sposta a queste domande è “BookCity”,
teggiarlo sono
solo BookCity poteva ottenere tanto.
state
BookCity che, come ha affermato Eva
convocate riu-
Cantarella nell’incontro che ci ha letteral-
nioni del Sena-
mente stregato, diventa “ogni anno più
to
bella”.
pene molto du-
E tutto questo anche se il libro che la fa-
re per chi lo
mosa classicista presenta, “Come uccide-
compiva.
re il padre”, tratta di un argomento spi-
Conoscere
noso, ovvero del difficile rapporto - oggi
nostre
come ieri - tra padri e figli. L’autrice rac-
aiuta a capire
conta che l’idea di scrivere su questo ar-
il presente, an-
gomento le girava in testa già da un po’,
che se talvolta si tratta di scendere in
ma ciò che l’ha convinta a impugnare la
territori oscuri. Spinti anche da queste
penna e scriverlo è stata una frase che
riflessioni, al termine dell’incontro, abbia-
spesso ricorre nei commenti ad increscio-
mo chiesto alla professoressa perché, se-
si fatti di cronaca: “i crimini tra le mura
condo lei, sempre meno ragazzi sono in-
domestiche derivano dalla crisi della fa-
teressati alle materie umanistiche”. La
miglia”. Come se la famiglia fosse sem-
sua risposta ci ha lasciato un barlume di
pre stata un luogo ameno e privo di con-
speranza: “oramai si pensa che la scuola
trasti. La Cantarella sostiene che idealiz-
debba esser utile solo in senso pecunia-
zare la famiglia del passato e farne un
rio, serva per trovare lavoro, ma il mio
modello perfetto sia sbagliato. Per argo-
augurio è che la gente possa usare la te-
mentare la sua tesi si è soffermata ad
sta e riuscire a seguire le proprie passio-
analizzare lo schema familiare romano;
ni.”
e
tanto
spesso
istituite
le
origini
un pater familias molto autoritario, totalmente padrone del patrimonio e in grado
di Filippo Ferri e Francesca Pochintesta
persino di vendere i figli come schiavi.
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Quello che le donne (non) dicono Clara Sanchez presenta il suo ultimo libro “La forza imprevedibile delle parole” ,la storia di Natalia, la storia di molte donne, che sulla strada dell’amore hanno incontrato l’inganno e la manipolazione La protagonista è Natalia, moglie di un marito assorbito dal lavoro e donna infelice, che trascorre le sue giornate nella monotonia: non è questa la vita che aveva sognato. Un pomeriggio, però, le si presenta un’occasione per voltare pagina. Ad un aperitivo incontra l’affascinante Raul Montenegro, che tra una chiacchiera e l’altra la conquista per i suoi racconti avventurosi. I due decidono di incontrarsi nuovamente, ma all’appuntamento al posto di Raul si presenta un suo amico perché Raul - egli dice- è fuori città. Natalia intuisce che i due uomini le stanno nascondendo qualcosa, ma non può immaginare quali guai la attendono e che diventerà presto una pedina del loro stesso gioco. Destinatarie del romanzo sono le donne, che possono essere di due tipi: “buone” o “cattive”. “Cattive” sono quelle che trasgrediscono gli schemi, che mettono al primo posto sé stesse e la propria felicità, e sono loro quelle che – secondo Sanchez - vivono bene. Le “buone” invece sono le donne che vorrebbero essere cattive ma non hanno il coraggio di ribellarsi. L’autrice racconta che quando era piccola sua madre soffriva molto per il fatto di essere prigioniera della sua casa e ha sempre desiderato che lei avesse un amante. L’adulterio è per Natalia il modo per uscire dalla quotidianità. Natalia è una donna buona che vuole diventare cattiva, ma sulla sua strada incontra la manipolazione, di cui diventa vittima a causa del desiderio. Il desiderio d’amore va inseguito, ma l’amore romantico non è reale: capita nella vita di non trovare il principe azzurro, e va bene lo stesso. La nostra autostima non deve dipendere da un uomo, egli è un accessorio, non un limite. Oltre ad essere un limite a volte egli stesso supera i limiti. L’ultima parentesi che Sanchez apre è riguardante l’ abuso: ora esistono provvedimenti, spiega, ma un tempo era una normalità. Le donne sono state vittime del potere e in parte lo sono ancora, ma devono trovare la forza che hanno dentro per farsi valere, e stare attente alle parole perché non tutte le parole sono innocue e non è tutto oro quel che luccica. di Mariachiara Ieva
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Cuore di replicante Viaggi interspaziali, raggi laser, macchine
Gli uomini infatti sono ormai dimentichi
volanti. In una simile idea di futuro c’è
di ciò che li rendeva tali, troppo concen-
spazio per la spiritualità?
trati sul progresso scientifico, e l’ultimo
Questa è stata la domanda alla quale
barlume di emozione si mantiene vivo
Sergio Fanucci, Elio Franzini, Nicoletta
proprio in chi, quel barlume, non dovreb-
Vallorani e Carlo Pagetti hanno cercato di
be neanche averlo.
rispondere durante l’incontro “Androidi,
Un avvertimento, forse, quello trasmesso
replicanti e altre vite sintetiche. Da P.K.
da Blade Runner, per evitare che in futu-
Dick a Ridley Scott e Denis Villeneuve”
ro debbano essere altri a ricordarci l’uni-
tenutosi a Palazzo Greppi il diciotto No-
ca cosa che ci rende ciò che siamo: l’u-
vembre scorso. Oggetto d’analisi sono
manità.
stati il film “Blade Runner” (tratto dall’omonima opera di P.K. Dick) e il suo se-
di Giacomo Biffi
quel “Blade Runner 2049”, diretti rispettivamente da Ridley Scott e Denis Villeneuve. In queste pellicole, proiettate su uno sfondo americano-orientaleggiante, tanto luminoso dal punto di vista tecnologico quanto oscuro da quello morale, si trova l’uomo del futuro, totalmente avulso da qualunque
vincolo
etico-religioso:
Dio
non è più necessario in una società così autosufficiente. Tuttavia la dimensione spirituale non è completamente scomparsa; all’uomo infatti si affianca una nuova figura, il replicante (un essere artificiale dalle fattezze antropomorfe). Consapevole della propria esistenza, questo essere inizia a porre domande al proprio creatore, così come in un passato l’uomo interrogava Dio. Perché si muore? Si può decidere la propria fine? Cosa ci aspetta dopo? Il replicante dimostra così di possedere al di fuori di ogni previsione ciò che le persone vere hanno ormai perso.
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Leggere non è mai una perdita di tempo Rosa Teruzzi, capo redattrice del programma televisivo Quarto Grado, scrive libri da sempre e proprio l’anno scorso ha pubblicato il suo ultimo romanzo dal titolo “La fioraia del Giambellino”. La incontriamo a Palazzo Morando durante la manifestazione di BookCity 2017. Il libro fa parte di una collana di gialli che ha come protagoniste tre semplici, o quasi, donne tutte diverse tra loro, ma accomunate da un unico scopo: la ricerca della verità. Libera, infatti, è una ex libraia, che ha saputo reinventarsi diventando fioraia; con lei ad improvvisarsi detective sono la figlia Vittoria, burbera e spigolosa, diventa poliziotta per vendicare la morte del padre e la nonna Viola, insegnante di yoga. Le tre donne si buttano ogni volta a capofitto in misteri di vario genere, principalmente per cercare nei casi di altre persone una spiegazione plausibile all’assassinio del marito di Libera che, a differenza della figlia, ha saputo accettare la morte dell’amato. Alla domanda quasi scontata, sul perché nei suoi libri parlasse soprattutto di donne, l’autrice ha risposto che semplicemente rappresentano ciò che meglio conosce e per creare i personaggi del romanzo si è ispirata anche a se stessa, perché, come Libera, ama e come Vittoria spesso è scontrosa e aspra, più difficile è invece l’identificazione con la figura della nonna. Altro tema molto interessante è l’ambientazione in una Milano periferica, lontana dalle vie trafficate del centro e dal lusso che sembrano, a volte, azzerare, o meglio, nascondere, i problemi, quelli veri, che ognuno di noi, ma soprattutto noi donne, dobbiamo affrontare indipendentemente dall’età o dalla posizione occupata nella società. Infine come afferma la scrittrice:” Leggere non è mai una perdita di tempo, è la nostra felicità” e lei, proprio tramite la scrittura, pare proprio aver trovato la sua. di Anna Bedin
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Una giustizia giusta Perché i verdetti cambiano nel corso del
fine pena. E’ per questo infatti che, tal-
processo? Perché il processo ha tempisti-
volta, anche gli ergastolani, trascorso un
che così lunghe? Perché dopo dieci anni
periodo di tempo stabilito dalla legge in
dalla condanna all’ergastolo spesso i de-
trent’anni, potranno godere di libertà de-
tenuti sono liberi come prima?
finitiva.
Tutti noi ci siamo posti queste domande
Forse, la diffidenza verso giustizia è do-
di fronte ai fatti di cronaca più eclatanti e
vuta alla mancanza di consapevolezza del
il Giudice Francesco Caringella, nel suo
cittadino proprio dell’aspetto rieducativo
libro “10 lezioni sulla giustizia”, prova a
della pena scelto dall’ordinamento giuri-
darci delle risposte chiare in occasione
dico italiano.
dell’evento di BookCity avvenuto nell’Ar-
Dunque, Caringella vuole “assolvere i
chivio di Stato di Milano.
giudici” dalle accuse loro spesso rivolte e
Il Magistrato, prendendo spunto dalle do-
talvolta alimentate dai media che rendo-
mande più comuni, spiega che la fiducia
no l’opinione pubblica ancora più ostile.
del cittadino nella giustizia e nei giudici è ai minimi storici, perché l’opinione pubblica è legata a una giustizia “ingiusta” che non garantisce sicurezza e certezza della pena. Spesso inoltre questa giustizia è considerata talmente lenta da rendere il processo stesso una pena. Questo è dovuto, spiega Caringella, anche ad un eccessivo ricorso in Italia allo strumento processuale, mentre in altri ordinamenti si ricorre spesso ad un giudizio arbitrale più snello ed efficiente. Ma chi è il giudice? Caringella spiega che questa figura è, oltre che strettamente legata all’esperienza umana, delegata a “raddrizzare il legno storto”, ovvero a trovare la verità nel processo e con il processo. Infatti, un buon giudice non ha semplicemente il dovere di condannare un imputato dopo averne accertato la colpevolezza, ma anche garantirgli un percorso rieducativo che lo reintegri nella società a
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di Davide Bergamo
La Russia di Putin Corsi e ricorsi “Ci sono più eventi sull’anniversario della Rivoluzione d’Ottobre in Italia che in Russia”. Così esordisce Piero Piretto, docente di Slavistica, che insieme allo scrittore Andrea Tarabbia si interroga sulla Russia di oggi e sul suo rapporto col passato. Un passato che viene sempre più mitizzato e sempre meno indagato con un’analisi storiografica critica e rigorosa. Ed è proprio ciò che vuole Putin: non è un caso se nei testi scolastici russi attuali si trovano sempre meno i nomi “bolscevichi” e “Lenin”, se la festa del 7novembre (anniversario dell’URSS, una data rossa del calendario) è stata sostituita con quella dell’unità nazionale (che ricorda la cacciata dei Polacchi e l’inizio della dinastia dei Romanov), se il personaggio storico preferito dai russi è risultato essere Stalin. E ancora: la percentuale di antiputiniani è bassa (le Pussy Riot sono invise alla maggior parte dei russi e accusate di esibizionismo) e Gorbaciov, idolo dell’Occidente, non è apprezzato in patria, che invece nel 2016 ha inaugurato un monumento a Ivan il Terribile. Putin sta costruendo il suo potere con una strategia ineccepibile: riesuma dall’ingombrante eredità comunista solo ciò che è funzionale al suo governo e convince il suo paese a rivalutare positivamente personaggi come Stalin e Ivan il Terribile, di cui si propone come erede. La Storia spesso, anche nelle vicende più grottesche, presenta un lato comico. In questo caso potrebbe esserlo il ristorante “Zar”, il più prestigioso di San Pietroburgo: cibo di indubbia qualità accompagnato con canti e balli tipici della tradizione russa, a cui fa seguito l’inno zarista intonato dai camerieri con una mano sul cuore. E poi, tocco di classe, il gabinetto a forma del trono di Nicola II. Simbolo dell’eterno boomerang del totalitarismo. di Gabriele Pirri
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“Il nostro liquido amniotico è la montagna” Queste sono le parole di Mauro Corona, scrittore friulano di grande successo che a BookCity ha presentato il suo ultimo libro “Quasi Niente”, scritto con il cantautore e amico Luigi Maieron Questo libro ha il sapore antico delle storie narrate intorno al focolare. Storie di filosofie semplici ed essenziali. Filosofie i cui principi narrati in questi racconti sono sconfitta, fragilità, desiderio, lealtà, silenzio, amore e, soprattutto, la montagna. Come in tutti i libri di Mauro Corona, il soggetto è la montagna. Una delle domande che nella nostra lunga intervista gli abbiamo rivolto è proprio che legame ci sia tra lui e la montagna, il luogo in cui è cresciuto e ha imparato a vivere. Così ci ha risposto: “La montagna è fatica. Una volta che sei arrivato in cima, puoi solo scendere, non c’è più nulla da fare. Ma in tutto questo tempo la montagna mi ha abbracciato, con lei mi sento al sicuro. Quando sento di qualche disgrazia non do la colpa alla montagna, lei è una madre che non tradisce. La colpa è di chi va in montagna senza prendere le dovute precauzioni. Ho visto gente morire per aver calpestato la terra con troppa poesia. È una madre ma non è una balia, non si cura dei tuoi problemi. La montagna mi è stata medicina, garza, farmacia, ma solo perché sapevo come comportarmi con lei.” E allora, perché un ragazzo come noi dovrebbe spegnere il telefono e alzarsi dal divano per andare in montagna? “Perché nella natura abbiamo sempre vissuto, il nostro liquido amniotico è la montagna, non possiamo starle lontano senza soffrire almeno un poco. Facciamo parte della natura, e in cambio da lei riceviamo panorami inaspettati.” di Corrado Giovanni e Ferri Filippo
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Le emozioni animano la vita Che cosa sono le emozioni? Posso con-
personali future e dagli esercizi, per
trollarle o sono loro che governano la mia
bambini e genitori, mirati a mantenere il
vita? Sono queste le domande alle quali
controllo. A chiusura dell'incontro la pro-
la neurologa Gabriella Bottini e la psicolo-
fessoressa Barone ha dato la possibilità
ga Lavinia Barone hanno cercato di ri-
al pubblico di provare un esercizio di
spondere durante l'incontro nell'ultima
mindfulness, che permette di ampliare la
giornata di BookCity tenutosi presso la
propria consapevolezza e di mettersi in
Casa della Psicologia. La gioia, la tristez-
diretto contatto con se stessi. Inizialmen-
za, il disgusto, la paura, la rabbia e la
te per la maggior parte delle persone
sorpresa sono fenomeni complessi che
concentrarsi è stato difficile perché libe-
trovano origine nel cervello ma che coin-
rare la mente e concentrarsi su di sé non
volgono, oltre che la mente, tutte le no-
è sempre immediato ma, guidati dalla
stre funzioni. Ma se il cervello è uguale
sua voce i presenti, tra i quali molti ra-
per tutti, qualsiasi sia la cultura, l’età o il
gazzi che si sono rivelati interessati, at-
sesso, come mai queste emozioni si pre-
tenti ed attivi, sono stati in grado di
sentano e vengono controllate da ognuno
ascoltarsi riuscendo a percepire le diver-
di noi in maniera così diversa? La rispo-
se emozioni suscitate dalle parole della
sta si trova nelle relazioni che l’individuo
psicologa.
vive all’interno della famiglia durante l’infanzia e nello sviluppo del legame d’attaccamento tra madre e figlio che si crea in questo periodo. In base al tipo di pattern (schema o modello) che predominerà nella fanciullezza, si arriverà, durante l'età adulta, ad avere un tipo di controllo emotivo piuttosto che un altro. Si è visto che circa il 60% dei bambini sviluppa un rapporto stabile e sicuro, che gli permette di controllare le emozioni in modo funzionale e di esprimerle con chiarezza. Se invece questo rapporto è instabile, il piccolo sarà insicuro e mostrerà, a seconda delle situazioni, un'autonomia precoce, un attaccamento eccessivo alle figure genitoriali o un’incapacità a gestire le emozioni. Ciò nonostante esiste la possibilità di un margine di cambiamento emotivo, dato dall'influenza delle relazioni inter-
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di Chiara Todisco
Giornalisti vs potenti Il libro intitolato “Poteri forti o quasi” è stato presentato al
Teatro
Franco
Parenti
dall’autore (ex direttore del Corriere della Sera) Ferruccio De Bortoli e da due giornalisti,
Milena
giornalista Piergaetano
Gabanelli,
d’inchiesta
e
Marchetti,
in
veste di intervistatore. L’argomento cardine del libro è come un giornalista si possa muovere all’interno di una società di poteri forti. Il mestiere del giornalista al giorno d’oggi è molto difficile, sostiene De Bortoli, soprattutto quello d’inchiesta che comporta una continua lotta con avvocati che ti anticipano la citazione in tribunale per quello che verrà detto o scritto riguardo a un certo argomento. Questo più volte è successo a Milena Gabanelli che la maggior parte delle volte non si è lasciata intimorire e ha portato l’argomento in televisione. Ha avuto particolari soddisfazioni dalle inchieste in ambito alimentare perché dopo poco ha notato il cambiamento di abitudini della gente. Raramente le inchieste hanno portato alla dimissione di persone al potere ed è particolarmente frustrante quando nemmeno con atti e documenti fondati si riesca a smuoverli dalle poltrone. Secondo Ferruccio De Bortoli i giornalisti, anche se scomodi, sono molto utili alla società; infatti portano in luce lati oscuri dell’organizzazione sia pubblica che privata. Per fare giornalismo bisogna essere coraggiosi e incorruttibili davanti a minacce e offerte di lavoro migliori. Inoltre essere pronti ad eventuali aggressioni da parte dell’intervistato che si sente con le spalle al muro davanti all’evidenza dei fatti. La Gabanelli evidenzia il fatto che in Italia siamo “in un mondo di gomma” completamente diverso da quello anglosassone dove il giornalismo di inchiesta è molto più potente. Infatti in Italia il pubblico ha pregiudizi nei confronti dei programmi a seconda dell’emittente televisiva. Soprattutto se la trasmissione sta presentando problemi in ambito politico; Milena Gabanelli peraltro non si è mai schierata apertamente per nessuna parte politica e durante l’evento dice: “Sto con benevolenza sulle scatole a tutti i partiti”.
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Il giornalismo per De Bortoli è “un potere autoreferenziale, non guarda i propri difetti, non si interroga se nel raccontare all’opinione pubblica la realtà complessa di un paese illumini con luce troppo intensa una parte e con una luce troppo opaca un’altra. Ci si innamora di alcuni temi e si lasciano indietro degli altri.” Saremmo un paese migliore se i poteri forti si rendessero conto che i giornalisti fanno il loro lavoro per la società, che piaccia o meno. E la cosa migliore sarebbe non cercare sempre di insabbiare quello che viene sollevato dai giornalisti d’inchiesta ma cercare di accettare l’accusa e fare tutto il possibile per cambiare e tornare sui binari della legalità e della dignità per il bene di tutti. di Ilaria Grecchi
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Lettere a BookCity
Al giorno d’oggi è diventato molto difficile riflettere su cosa determinate esperienze ci abbiano insegnato. Siamo abituati a fermarci alla superficie, dimenticandoci che il vero significato di ogni esperienza si trova in profondità. Forse, all’apparenza, BookCity è stato un impegno che ci ha portato via un weekend e alcune delle nostre ore libere, insomma anche se non dei più grandi è stato un sacrificio. Compiendo però un’analisi più approfondita, prendiamo immediatamente coscienza del fatto che questa esperienza è stata un’opportunità per crescere. Abbiamo imparato come funziona il mondo del giornalismo, come scrivere articoli, intervistare e organizzare le nostre giornate. Abbiamo imparato a rispettare le scadenze, a collaborare con nostri coetanei o con professionisti, ad essere disponibili, ma cosa più importante a metterci in gioco. Abbiamo riscoperto il nostro territorio, la “nostra Milano”, una città che forse non valorizziamo come dovremmo. Essenzialmente è stata un’opportunità per conoscere personaggi famosi o uomini e donne comuni che hanno fatto della loro vita qualcosa di straordinario. Sono estremamente contenta di aver partecipato a questa attività, sorpresa di aver scoperto di essere abbastanza brava a scrivere, di aver riscoperto la mia città e di aver conosciuto persone, cose e mondi nuovi. A diciassette anni è difficile capire cosa fare del proprio futuro, su cosa concentrarsi e cosa far passare in secondo piano. Ma è anche grazie ad opportunità come queste che possiamo chiarirci le idee, e provare a indirizzare il nostro futuro. Ringrazio tutte le persone che hanno collaborato per la realizzazione e il buon svolgimento di questa attività. Una piccola parte di ciò che un giorno sarò è anche merito loro. di Annalisa Magnani
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Sguinzagliati per Milano Vorrei fare un appunto su quello che è stato per me il progetto Book City. In primo luogo, vorrei dire che permette di conoscere bene la geografia della città. Per raggiungere l'evento che ospitava Knam ho dovuto percorrere nella sua interezza Corso di Porta Romana. Devo dire che percorrerla mi ha permesso di notare scorci e angoli di monumenti, chiese o vie di vita comune che mai avrei notato se avessi visitato Milano senza uno scopo preciso. Orientarsi con le guglie del Duomo all'inizio di via Porta Romana per capire come muoversi per raggiungerlo è oltremodo divertente e eccitante. Entrare in Piazza Duomo per una via secondaria, quindi osservare la Splendida Cattedrale da un altro punto di vista rispetto alla fermata della Metro fa aumentare la grandezza e lo splendore della Chiesa e ci fa sentire un po’ turisti nella nostra città. di Jacopo Mazziotta
Come nascono i libri? Forse crediamo erroneamente che la nascita di un libro sia semplice e che esso colleghi in modo quasi diretto autore e lettore. Ad esempio: cosa ci vorrà mai a scrivere un romanzo? Bastano carta, penna e un po’ d’impegno, che altro? Qualcosa verrà fuori. Invece non è così. Partecipando a BookCity abbiamo scoperto che i “genitori” dei libri non sono solamente gli scrittori, ma anche tutte quelle persone che lavorano all’interno della casa editrice dalla quale il libro sarà poi pubblicato. È infatti l’editor a leggere, cercare e selezionare tra tutti i potenziali libri quali sono i migliori per il pubblico; a correggerli dove occorre, senza alterarne però senso e significato; infine, a impaginarlo nel modo giusto, con una grafica piacevole e priva di refusi o errori. Sono gli editor anche a scegliere le copertine, che devono attirare l’attenzione e rappresentare quanto si andrà poi a leggere. Addirittura talvolta sempre gli editor scelgono i titoli dei libri: quelli proposti dagli autori spesso non sono adatti. Sono loro il vero collegamento tra autore e lettore. Senza il loro lavoro il Libro, questo oggetto che tutti conosciamo così bene, non esisterebbe. Avremmo soltanto le storie, i saggi, le idee nude e crude degli autori. I libri sono frutto di un gran lavoro di squadra! di Teresa Iacomini
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Verso BookCity e oltre Alla scoperta di se stessi (e di Milano) con BookCity
Se ti dicessi che ho percorso le vie del centro di Milano quasi deserte, mi crederesti? Forse la causa era l'ora troppo vicina a quella di pranzo, ma in ogni caso non c'era anima viva. Quello stesso giorno, qualche ora dopo, ho visto tante persone che passeggiavano. Forse perché era domenica, e le persone non vanno a lavorare. Allora, e solo allora, ai milanesi è permesso non correre. Ho scoperto anche che c'è un “mezzo” per ogni destinazione. Io mi sono sempre limitata alla metro, ma esistono anche i bus, i tram e i piedi. In effetti, durante questi giorni girando per BookCity, ho cercato quasi sempre di usare il mezzo di trasporto più economico eppure il meno sfruttato ai giorni nostri: le gambe. È camminando che ho realizzato che avrei dovuto scrivere un articolo, che avrei dovuto trovare qualcosa da raccontare. Non volevo riassumere un singolo incontro: che io abbia partecipato a troppi eventi? Eppure prima di iniziare quest'avventura io mi ero ripromessa più volte di godermeli, e non di “corrergli dietro”. Ho ascoltato tanto e sì, qualche volta la stanchezza ha avuto il sopravvento su di me, facendomi distrarre. Ma tutto quello che ho fatto, che ho visto, che ho ascoltato l'ho scritto su un quaderno e impresso nella mia mente. Mi sono rispecchiata tante volte nelle parole degli adulti che parlavano: che io sia simile a loro? Che io stia forse crescendo? Ma quando è accaduto? Non me ne sono accorta, persa tra la musica nelle orecchie e lo sguardo fisso sul cellulare.
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Da sola, in silenzio, ho ritrovato me stessa, una nuova me che ora sa che piazza Cairoli è vicino al Castello Sforzesco, che esiste una linea verde della metro, che esistono ancora persone interessate ai libri al contrario di quanto dicono le statistiche, ma soprattutto che esistono tante, tante persone che scrivono perché hanno qualcosa da raccontare e perché evidentemente c'è qualcuno che li ascolta e li legge volentieri. BookCity non è stata solo una scoperta, ma anche una lezione: tutti ce la possono fare, tutti possono fare tutto, bisogna però avere coraggio. Dunque leva l'ancora e parti, affidati al respiro del tuo cuore, e arriverai sicuramente a destinazione, se solo lo desideri. di Camilla Buffo
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Grazie di cuore a Isabella Di Nolfo, ideatrice del progetto Annarita Briganti, giornalista formatrice Alessandro Zaccuri, giornalista formatore Irene Sala, tutor 4A Donatella Rana, tutor 4D Cristina Traverso, tutor 4α Laura Orlandi, tutor 4β e a tutti i professori delle classi 4A del liceo delle scienze umane dell’Istituto Maria Ausiliatrice 4D del liceo scientifico G. Casiraghi 4α e 4β del liceo classico G. Casiraghi
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Testo realizzato in simboli WLS (Widgit Literacy Symbols) utilizzati nella Comunicazione Aumentativa e nella realizzazione di inbook.
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