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DISPERSIONE DEGLI INSEDIAMENTI E MOBILITÀ TERRITORIALE

nomica ma anche sociale. I risultati delle ricerche realizzate nelle città europee sono conformi nel dire che non sono i centri metropolitani ma le aree periurbane ad essere più interessate dall’uso dell’auto privata (vedi fig. 5, Colleoni, 2009). Tempo medio spostam. (min.)

Lunghezza media spostamenti (km.)

Uso di auto (%)

Numero medio spostam.

Centrale

36

18

38

2,6

Semi-centrale

51

22

45

3,5

Sub-urbana

72

28

59

4,5

Barcellona

45

28

3,2

Bologna

52

40

3,7

Lione

59

51

3,7

Vienna

48

36

3,7

Tipo di area urbana

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ma la percentuale di spostamenti per motivi di lavoro e di studio in direzione di comuni diversi da quello di residenza è, infatti, aumentata passando dal 32% al 36% (Istat, 2001). L’aumento degli spostamenti intercomunali non si è verificato in modo casuale ma soprattutto lungo gli assi di collegamento delle aree caratterizzate da elevati interazioni di tipo funzionale. È il caso dei macro sistemi urbani dell’area padano-veneta, ma anche di quelli, per quanto più contenuti, delle aree che fanno riferimento a Roma, Napoli e alle principali metropoli del sud Italia (vedi fig. 6).

Fig. 5. Indicatori di mobilità in alcune città europee. Fonte: Colleoni 2009 su dati Mo.Ve.

Vivere nelle aree connotate da dispersione urbana porta, soprattutto, ad avere profili di mobilità più frammentari, ovvero caratterizzati dalla tendenza a ripetere più volte spostamenti di durata e di lunghezza, complessivamente, superiori (Hochschild, 1997). Studi più specifici dedicati al tema hanno inoltre messo in evidenza il fatto che la frammentarietà della mobilità è più elevata nei contesti urbani più poveri di servizi e di alternative nelle scelte modali (Orfeuil, 2002, Cass, N., Shove, E., Urry, J., 2005; Urry, 2007, Colleoni 2008). In queste aree la scelta di spostarsi con l’auto, anziché con i mezzi di trasporto pubblico o con le modalità lente (a piedi o in bicicletta), è spesso obbligata dall’impossibilità di raggiungere luoghi e servizi che, rispetto al passato, sono non solo più numerosi ma sono soprattutto più distanti gli uni dagli altri. Poiché la qualità della vita urbana non dipende tanto dalla numerosità dei servizi e degli spazi pubblici presenti ma dalla possibilità di potervi accedere (Nuvolati, 2002), la difficoltà o l’impossibilità di muoversi nei territori del peri-urbano con mezzi diversi dall’auto diventa sempre più un indicatore di inaccessibilità e di esclusione urbana e sociale. La dipendenza dall’auto non ha solo modificato gli stili di vita delle persone ma anche la morfologia delle aree urbane. La dispersione degli insediamenti e, di conseguenza, delle attività ha avuto l’esito di aumentare il livello di interconnessione tra i comuni, trasformandone gli spazi pubblici sempre più in spazi di transito. Nel 2001 rispetto a dieci anni pri-

Fig. 6. Flussi di mobilità per motivi di lavoro e studio in Italia (2001). Fonte: elaborazione GisLab - Università di Milano Bicocca su dati Istat 2001.

L’analisi dei flussi di mobilità mette in evidenza la presenza di estese meta-città, sistemi urbani lineari che, letteralmente, sono andati al di là della classica morfologia fisica della metropoli di prima generazione che ha dominato il XX secolo, al di là del controllo amministrativo tradizionale degli enti locali sul territorio e al di là del prevalente riferimento sociologico agli abitanti, con lo sviluppo delle metropoli di seconda e di terza generazione sempre più dipendenti dalle popolazioni non residenti (Martinotti, 1999). In conclusione, nonostante da diversi anni si dedichi attenzione alla priorità di gestire lo sviluppo


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