Tiziano Arrigoni
il giardiniere di napoleone Vita e avventure di Claude Hollard
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el 1854 il giovane Henri Drummond Wolff (1830-1908), destinato ad una brillante carriera nella diplomazia britannica, fino a divenire uno dei maggiori esperti nelle questioni riguardanti il Medio Oriente1, sbarcava all’isola d’Elba, mettendosi sulle tracce di Napoleone. Wolff era arrivato sull’isola con il vapore “Giglio”, partito da Livorno: essendo stato colpito da una malattia agli occhi, un medico livornese gli aveva consigliato di curarsi con le acque ferruginose dell’isola. Quale occasione migliore per visitare l’Elba: tutto ciò che riguardava l’imperatore era per lui interessante, persino il “gossip”. Come scriveva “The New York Times” nel 1908: «he relates in detail some of the gossip about the lady who visited Napoleon,and who by many of the islanders was supposed have been Marie Louise. Wolff leaves her identity in doubt, though it was been well established by Paul Gruyer among others, Henri Drummond Wolf (da “Vanity Fair “1874). that the lady in question was not the Empress, but the Countess Walewska, who had been Napoleon’s mistress since 1807»2.
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Il Piroscafo “Giglio”.
Drummond nel 1885 condusse la missione britannica a Costantinopoli ed in Egitto, di cui divenne alto commissario per la Gran Bretagna dal 1885 al 1887. Fu poi ambasciatore a Teheran (1887-1890) e a Madrid (1892-1900). Sulla sua attività diplomatica in Egitto ed in Medio Oriente, A. COLVIN, The Making of Modern Egypt, London, Nelson s. d, pp. 143-158; A. MILNER, England in Egypt, Piscataway, N. J., Gorgias Press 2002, pp. 117-124. 2 Recollections of Sir H. Wolff, in “The New York Times”, February 29, 1908. L’articolo fa riferimento al testo di Paul Gruyer, Napoleon, King of Elba, London-Philadelphia, Heinemann and Lippicot 1906.
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Proprio in un angolo appartato dell’isola, in una casa di campagna vicina a Portoferraio, Wolff doveva trovare quella che considerava la testimonianza vivente dell’imperatore all’Elba1. La strada ventosa, che portava alla casa, era ornata da piante di giglio e aiuole di gerani rossi, che testimoniavano la cura verso gli spazi verdi. La casa si trovava su un declivio di fronte al mare, dal quale era separata da un giardino terrazzato, ornato da ombrosi boschetti di quercia nana 2. Un tempo, l’abitazione era appartenuta al signor Lapi, uno dei notabili dell’isola, poi era stata venduta alla famiglia inglese dei Knapp, adesso era di proprietà del potente principe Anatoli Demidoff. Nel giardino c’era anche un antico geranio, che era cresciuto smisuratamente, con il tronco simile a quello di un alberello. Un vecchissimo geranio che doveva avere l’età dell’abitante della casa: Claude Hollard, il giardiniere di Napoleone. Nel 1854, quando incontrò Wolff, Claude Hollard aveva ottantuno anni e lavorava ancora come giardiniere. Era nato, infatti, il 1 agosto del lontano 1773 a Metz, nella parrocchia di Saint George dove fu battezzato, come risulta dai registri parrocchiali: «l’an mil sept cent septante trois, le premier août est né et a été baptisé, Claude, fils légitime de François Hollard garçon drappier, et de Catherine Michel son épouse; il a eu pour parain Claude Rousselle, masson qui a signé avec nous, et pour maraine Barbe Dubraut son ayuele maternelle, qui a déclarée ne savoir écrire»3. Claude rimase per pochi anni nella città di Metz, poiché la sua famiglia si trasferì ben presto a Lussemburgo (allora appartenente all’Impero Austriaco). Poco sappiamo di questo primo periodo, se non che, nel 1788 (ad appena quindici anni) si arruolò nel 9° reggimento imperiale del maresciallo François Sebastien Charles Joseph de Croix, conte di Clerfayt (1733-1798). Claude Hollard. Non a caso il 1788 segnò l’inizio della guerra austro-turca che durò fino al 1791: l’Austria, alleata della Russia, cercò di fermare l’avanzata dei Turchi nel Banato e fu proprio l’armata di Clerfayt ad avere un ruolo preminente, sconfiggendo 1
La descrizione della casa si trova in H. DRUMMOND WOLFF, The Island Empire or The Scenes of the First Exile of the Emperor Napoleon I, Philadelphia, Parry and M’Millan 1855, pp. 41- 42. Il testo contiene un ritratto completo di Claude Hollard, pp. 44-64. 2 Si tratta di Villa Bigeschi alle Grotte come riportato anche in Pagine elbane, a cura di S. Foresi, Portoferraio, Tipografie Popolare 1932, pp. 17-22 (con un breve profilo di C. Hollard). 3 Archives Municipales, Ville de Metz, Paroisse Saint George (registri parrocchiali, alla data 1 agosto 1773). Indicazione fornitami da Victor Benz, Archives Municipales.
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l’avversario a Mehadia (Ungheria) e a Kalafat (Romania) 1. L’episodio più noto della guerra fu la riconquista di Belgrado da parte del generale Laudon nel 1789, ma malgrado tali esiti positivi, la guerra fu molto impopolare in Austria per gli eccessivi costi economici e sociali che comportò2. Negli scontri sanguinosi contro i turchi, Claude riuscì a guadagnarsi i gradi di sottufficiale, mentre nuove nubi si andavano addensando ad occidente con la formazione della prima coalizione, capeggiata dall’Austria, contro la Francia rivoluzionaria. Hollard si spostò con l’armata di Clerfayt nei Paesi Bassi austriaci3: si combatté a Jemappes il 6 novembre 1792 dove l’armata della coalizione, al comando del duca Alberto di Sassonia-Teschen, subì una dura sconfitta. Il duca fu sostituito dallo stesso Clerfayt al comando delle operazioni. In una di queste operazioni Claude cadde prigioniero dei francesi: non sappiamo dove, sappiamo soltanto che fu catturato dalle truppe del generale Dumouriez e quindi potrebbe trattarsi sia della battaglia di Jemappes (dove alcune centinaia di militari austriaci furono presi prigionieri) o di quella di Neerwinden del 18 marzo 1793, dove tuttavia le truppe di Dumouriez furono sconfitte da Clerfayt4. Tale cattura fu per Hollard l’occasione per lasciare definitivamente l’esercito austriaco, proprio ora che si trovava in Medaglia della battaglia di Belgrado in onore del Generale Laudon. territori a lui familiari, tanto da chiedere ed ottenere dai francesi di poter tornare nella natia Metz, dove ancora abitava la nonna materna. Per oltre dieci anni successivi Hollard si mosse in un territorio già conosciuto, dalla Francia settentrionale all’Hainaut fino alle Fiandre, mettendo a frutto le sue esperienze, prima fra tutte quella che aveva acquisito in cose militari per aver servito nell’esercito austriaco per almeno cinque anni. 1
Su Clerfayt, la breve nota in D. HOLLINS, Austrian Commanders of the Napoleonic Wars 1792-1815, Oxford, Osprey 2004, p. 63. Sull’Infanterie Regiment di Clerfayt esiste anche un vecchio volume (peraltro di difficile reperimento) che mi limito a segnalare, A.VON SYPNIERSKI (e altri), Geschichte des K.und K. Infanterie-regiments Feldmarshal Carl Joseph Graf Clerfayt de Croix, Jaroslau, Verlag K. u. K. Infanterie Regimentes n.9 1894. 2 W. MILLER, Europe and the Ottoman Power before the Nineteenth Century, in “The English Historical Review”, XVI, 63, 1901, pp. 452-471. 3 Con il termine di Paesi Bassi austriaci si intendevano quei territori passati all’Impero austriaco dopo il trattato di Utrecht e che comprendevano i quattro ducati di Brabante, Limburgo, Lussemburgo e Gueldre; le tre contee di Fiandre, Hainaut e Namur; le due signorie di Malines e Tournai. 4 Sulla battaglia di Jemappes, si veda il vecchio, ma ancor valido testo di A. M. CHUQUET, Jemappes et la conquete de la Belgique, Paris, Cerf 1890. In generale sulla politica militare della Francia, J. A. LYNN, The Bayonets of the Republic. Motivation and Tactic of the Army of Revolutionary France. 1791-1794, Chicago, University of Illinois Press 1984.
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Si arruolò, infatti, come ufficiale, a Metz nella Guardia Nazionale, la milizia cittadina che nacque in molte città francesi su modello di quella parigina, e che aveva soprattutto compiti di ordine pubblico, ma che con il tempo, quando l’attacco della coalizione antifrancese si fece più deciso, divenne una riserva di uomini da impiegare nell’esercito 1. Molti cittadini, spinti dalle idee rivoluzionarie, si arruolarono spontaneamente e chissà se Hollard ebbe l’occasione di conoscere rabbi Aaron Worms di Metz che si tagliò la sua rispettabile barba rabbinica per arruolarsi nella Guardia 2. Fra l’altro abbiamo una testimonianza del 1793 sulle molteplici incombenze della Guardia di Metz: «arrivant à Metz pour me rendre a Pont-àMousson. Je vis dans cette ville une garde nationale chargée de presque tout le service (la garnison est tant fort peu nombreuse) et s’en acquittant avec zèle, une grande surveillance sur les étrangères et sur les personnes qui essayent de troubler l’ordre publique, enfin un véritable esprit public et une parfaite tranquillité»3. Questa tranquillità doveva durare poco perché la guerra premeva alle frontiere: la Guardia di Metz fu assorbita dalla 132 “demi-brigade” 4, aggregata a sua volta nell’Armée des Ardennes, impiegata sul fronte delle Fiandre.
Il generale Jean Baptiste Jourdan. (ritratto, fine secolo XVIII).
Al comando dell’Armée des Ardennes (dal giugno del ’94 de Sambre-et-Meuse) fu chiamato nel 1793 il generale Jean Baptiste Jourdan (1762-1833)5 che condusse l’offensiva dei francesi contro gli austriaci nelle Fiandre: Hollard si trovava ora in questa armata (prima come granatiere, poi come artigliere) e viveva momenti difficili. La repubblica giacobina voleva concludere definitivamente la partita con gli austriaci sul fronte settentrionale: i soldati francesi dell’armata vivevano di stenti, il cibo non era sufficiente (dodici once di pane ed un oncia di riso al giorno 6, ma non sempre) e spesso i soldati erano costretti a compiere ruberie nei vicini campi di patate. Gli austriaci lo sapevano e li deridevano: li chiamavano “carmagnoles” (dal celebre canto rivoluzionario), morti di fame e promettevano loro che «bientot nous vous feront danser la carmagnole». Avvenne esattamente il contrario: il 26 giugno del ’94 l’armata francese sconfisse gli austriaci a Fleurus, un’importante vittoria che aprì alla Francia la conquista delle Fiandre. La battaglia fu sanguinosa: i francesi ebbero 5.000 perdite fra morti e feriti, fra questi ultimi anche Hollard.
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Sulla Guardia Nazionale, si veda G. CARROT, La Garde National (1789-1871). Une force publique ambigue, Paris, L’Harmattan 2001. Il fatto è segnalato da Z. SZAIKOVSKI, Jews and French Revolutions of 1789, 1830 and 1848, New York, Ktava Publications House 1970, p. 561. 3 Rapporto di Boileau a Paré, ministre dell’Interieur, da Metz, 20 aout 1793 in Rapport des agents du Ministre de l’Interieur dans les départements. 1792. An 2, Paris, Imprimerie Nationale 1913, p. 95. 4 Notizie della 132 “demi-brigade” in www.napoleon-series.org. 5 Su Jourdan, la breve scheda in R. P. DUNN-PATTISON, Napoleon’s Marshals, London, Janus Publishing Company 2001, pp. 208-212. 6 L’oncia francese, in uso fino al 1794, era pari a grammi 30,5. 2
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Battaglia di Jemmapes di Henry Scheffer. Olio su tela 296x678 cm.
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Piombino, particolare catasto granducale del 1821 disegnato da Antonio Piccioli, dove si vede chiaramente la zona destinata a “Giardino” da Elisa Baciocchi. Archivio Storico, Città di Piombino
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Nel 1807 iniziarono le acquisizioni dei terreni necessari per il secondo giardino ed i lavori per una prima sistemazione, lavori per i quali furono utilizzati i forzati della locale prigione; l’incarico di seguire tali lavori fu affidato nel 1808, come ho già detto, a De Bousies, coadiuvato da Hollard. L’area scelta per la costruzione del parco imperiale era quella denominata Canaletto, oggi area completamente urbanizzata, ma che fino agli anni Cinquanta del Novecento era ancora zona di orti, data l’abbondante presenza di acqua. Come si può vedere ancora in alcune fotografie dei primi del Novecento il Canaletto era un’area verde con vigne ed orti, detta così per i “canaletti” o fossi che la solcavano per avere sbocco al mare (come il Fosso di San Rocco, ancora parzialmente visibile a monte) e per l’acqua di una sorgente perenne (in parte ancora visibile sulla costa sotto l’attuale viale Amendola, prima dei lavori che hanno irreparabilmente modificato la riva) che alimentava un mulino detto, appunto, dei Canaletti1. Piombino-Canaletto, cartolina inzio secolo XX.
Molino dei Canaletti e Sorgente nella Carta del 1821, particolare.
Nella carta catastale del 1821 è ancora segnato il toponimo “Giardino” per indicare l’area agricola esterna alle mura, che confinava con la strada che usciva da Piombino (la cosiddetta via del Desco) e con quella che portava a Salivoli e Populonia (attuale via Matteotti). All’interno dell’area si vede il “Podere il Giardino” (che doveva corrispondere alla casa del “giardiniere”) e un sistema di viali ortogonali che fanno pensare ad una sistemazione attenta del terreno: un’area di dimensioni notevoli che sembra configurare un intervento di dimensioni tali da modificare l’assetto del territorio e del paesaggio nei pressi della città murata, sicuramente, almeno secondo il progetto, il più grande intervento compiuto dai principi Baciocchi nella città di Piombino2.
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Immagini dell’area prima della definitiva urbanizzazione si possono vedere in Archivio Storico della Città di Piombino, Collezione Guerrieri: Piombino-Canaletto (A05/026), Piombino-Canaletto (A03/161); Piombino “Il Desco” (A02/049); Piombino- Il Desco (Chiesina). Una foto della Casa Colonica del Canaletto in aperta campagna in V. GUERRIERI, Ricordo di Piombino 1899-1940, Firenze, GE9 1988, p.102, foto n. 228. 2 Archivio Storico della Città di Piombino, Catasto del 1821, Comunità di Piombino-Sezione B del contorno della Città Pian dell’Asca Montegemoli.
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Il 24 aprile del 1807 il ministro Mariotti informava Elisa Bonaparte che il primo atto per la creazione del giardino era stato compiuto: il direttore del Demanio di Piombino Filippo Sperandio aveva identificato i terreni da destinarsi ai lavori: « j’ai l’honeur d’adresser a V.A.I. l’extimation des biens à acheter, ou echanger pour executer le project du Parc et jardin destiné au service de Son Palais. J’attendrai les ordres de S.A. pour conclure avec le propriétaire». Seguiva il documento del direttore Sperandio sui terreni “destinati per il Giardino di S.A. I.ma” ossia “I Canaletti di saccate 22, confinante 1° Strada che va a Salivoli, 2° Strada di Monte Mazzano, 3° Vigne dette del Giardino, e S. Anna, 4° Beni di Gaspero Tardò.” Le Vigne dette del Giardino, e S.Anna di saccate 20, confinanti 1° Strada di Salivoli, 2° terre dei Canaletti, 3° Gaspero Tardò, e Giovanni Sperandio, 4° Via del Desco. Un Campo fuori della Porta di saccate 3, confin.e 1° Strada del Desco, 2° Campo degli Eredi Lazzeri, 3° e 4° Strada di Salivoli, ed un campo locato al Maggi. Un Campo di saccate 8 locato a Gio. Bta. Maggi, confinante 1° Strada di Salivoli, 2° il Campo del suddetto, 3° Terre dei Canaletti, 4° Campo degli Eredi Lazzeri”1. Elisa Bonaparte, una volta acquisiti i terreni, dette subito l’ordine di iniziare i lavori per il “giardino nuovo” o “parco imperiale” ed inviò anche un agrimensore per le operazione tecniche di sistemazione del suolo; di alcune operazioni fu altresì incaricato l’ingegnere Louis Guizot che restaurò due costruzioni, una “grande maison” ed una “petite maison” a servizio del nuovo parco2. Il “parco imperiale” doveva servire sicuramente come completamento del pur modesto Palazzo di Cittadella, residenza dei principi quando venivano da Lucca in visita a Piombino, ma l’estensione e gli investimenti che vi furono fatti testimoniano come l’ambizione di Elisa fosse quella di realizzare qualcosa di ben più importante. Il grande giardino era recintato da un muro (realizzato con i sassi “ottenuti dall'abbattimento delle Mura Urbane”) 3 e vi si entrava attraverso un grande cancello in legno che si apriva su una strada “carrozzabile”, al centro si trovava una fontana a forma di conchiglia. Il giardino era delimitato anche da un fossato costeggiato da olmi. All’interno, come abbiamo visto, si trovavano due edifici, un “pavillon” e la casa del giardiniere; vi era stato costruito anche un “berceau”. Vi era stato impianta1
Archivio di Stato di Firenze, Principato di Piombino, 512, VIII: lettera di Mariotti ad Elisa Bonaparte, da Piombino le 24 Avril 1807; Nota senza data (ma: 1807) firmata “Sperandio Dirett.e”, “Terreni destinati per il Giardino di S.A.I.ma”. I proprietari iniziarono a cedere i terreni, chiedendo magari alcune contropartite come Luigi Benassi che dichiara “di essere pronto a cedere quel pezzo di Terreno della Tenuta del Canaletto ” e chiede che “li venga concessa la metà del Molino a Olio” (lettera di L. Benassi, da Piombino 6 maggio 1807, al Prefetto di Piombino). 2 Archivio di Stato di Firenze, Principato di Piombino, 512. VIII: Devis estimatif des réparations di Louis Guizot, Piombino, 29 aprile 1808; Rapport estimatif de réparations di F. Chiesi, Piombino, 18 giugno 1808. 3 Archivio di Stato di Firenze, Principato di Piombino, 507, IV, lettera dell'ingegnere Francesco Chiesi al Prefetto, 13 novembre 1809.
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to anche un agrumeto con 197 piante. Una parte era stata costruita come “giardino all’inglese” probabilmente attraversato da un piccolo fosso o da un laghetto con un ponticello. Notizie di questo giardino inglese si hanno in una lettera del maire della città, datata 28 gennaio 1813, in cui si parla della raccolta delle immondizie urbane da destinare come concime al giardino: «le immondizie provenienti dalla ripulitura delle strade della Città di Piombino sono messe alla disposizione del Direttore delle Coltivazioni per impiegarsi nel Giardino Imperiale, e al Poderetto. Io mi farò un dovere di fare avere l'intiera esecuzione a tutte le disposizioni contenute nel prefato di lei Uffizio, riguardando l'oggetto sopraddetto. Il Direttore mi ha prevenuto il luogo stabilito il deposito delle immondezze, che rimane alla sinistra della gran strada del Giardino che conduce dal Sud al Nord e precisamente a una miniera di sassi verso il cosiddetto Giardinio Inglese». Sono i forzati del carcere locale che trasportano le immondizie del paese “dietro le Porta della Città a contatto del gran' fosso del Giardino”1.
Ginestra di Spagna.
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Pesco dai fiori doppi, Prunus Persica.
Archivio Storico, Città di Piombino, 62, c. 485: lettera del Maire al Suddelegato, Piombino 28 gennaio 1813.
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Mandorlo.
In questi anni si registra, inoltre, l’arrivo a Piombino di migliaia di piante, in gran parte destinate al giardino stesso: il numero e la qualità degli arrivi sottolineano ancora una volta l’importanza di tale intervento. Piante autoctone ad uso ornamentale (lecci, corbezzoli, mirti, lentischi, ecc.) e “piccoli castagni” arrivavano dai boschi vicini 1. Gli alberi da frutto arrivavano dalla Corsica, da Pisa (peri, meli, susini, mandorli, peschi, cotogni, gelsi), da Lucca arrivavano invece gli agrumi (limoni e aranci della varietà massese, coltivata nell’area collinare di Massa2) ed altre specie3, da Marsiglia invece i maglioli di vite4. La ricchezza del giardino non si esauriva nelle piante da frutto: vi furono messe a dimora anche “arbres d’agrement”, piante ornamentali, spesso esotiche, portate in Europa nel secolo precedente, periodo in cui la botanica e l’istituzione di giardini ebbero grande sviluppo. A Piombino furono importate così, per la prima volta, piante esotiche che non erano mai comparse in questo territorio e che si dovevano quindi acclimatare; sono in buona parte le stesse piante consigliate dal celebre JacquesHenri Bernardin de Saint Pierre nei suoi Etudes sur la Nature (1784) per un ipotetico giardino che voleva costruire sulle rive della Senna, di fronte al mare: «on y sèmerait toutes les plantes exotiques déjà naturalisée dans notre climat, ou celles qui peuvent l’être (…). On y planterait, en différents groupes, les arbres et les arbrisseaux étrangers qui ont résisté dans nos jardins à notre dernier hiver, les acacias, les thuyas, les arbres de Judée et de Sainte Lucie, les sumachs, les sorbiers, les ptéléas, les lilas, les andromedas, les liquidambars, les cyprès, les ébéniers, les amé lanchiers, les tulipiers de Virginie, les cèdres du Liban, les peupliers d’Italie e de Hollande, les platanes d’Asie et d’Amerique, etc.»5
Cedro del Libano. .
Pioppo.
Tulipifero.
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Archivio di Stato di Firenze, Principato di Piombino, 512.VII: lettera del capitano Berti, Scarlino, 24 dicembre 1807. Frutti e ortaggi d’Italia, Milano, Touring Club Italiano 2005, p. 45. 3 Archivio di Stato di Firenze, Principato di Piombino, 511. 1,2: Note des arbres qui ont été plantés dans le Jardin de S.A.I. 4 G.BIAGIOLI, Le vigne di Elisa, in I segni di Elisa, cit., pp. 77-81. 5 BERNARDIN DE SAINT PIERRE, Etudes de la Nature, Bale, Chez Tourneizen 1797, tome V, pp. 188-189. 2
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Albero di Giuda.
Acacia rosa
Acer Negundo.
Fico piombinese.
Sambuco.
Magnolia.
Erica- concinna.
Clerodendrum.
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Leon von Klenze, Napoleone in Portoferraio, Hermitage Museum.
Villa dei Mulini a Portoferraio.
Giardini di Napoleone a Portoferraio, stampa ottocentesca.
Portoferraio Villa dei Mulini, il giardino oggi.
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Portoferraio nel 1841. Rielaborazione editoriale.
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Indice
pag. 5 Claude Hollard “
49 Note su alcuni giardini
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