A mia moglie Agata
GUGLIELMO SPOTORNO Le città e l’altrove a cura di Nicoletta Pallini
Museo della Permanente Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente Via Filippo Turati 34 - 20121 Milano Tel. 02 6599803-6551445
Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente Presidente Giulio Gallera
Consiglieri Giovanni Bozzola Maurizio Cucchi Federico Curti Pino Di Gennaro Pietro Gasperini Alberto Saravalle Annamaria Testa Grazia Varisco
Commissione artistica annuale Mariangela De Maria Roberto Plevano Stefano Soddu Collegio dei Revisori Rossana Arioli Ernesto Carella Carola Colombo Marco Manzoli Ugo Marco Pollice
Relazioni esterne Donatella Oggioni
Conservatore del Museo Luca Cavallini Ufficio stampa Francesca D’Avola Cristina Moretti
Segreteria organizzativa Elena Rancati Archivio storico Elisabetta Staudacher
Realizzazione allestimenti Michele Lo Surdo Museo della Permanente Gianfranco Struzzi Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente Via Filippo Turati 34 - 20121 Milano Tel. 02 6599803-6551445
Guglielmo Spotorno Le città e l’altrove 19 novembre / 19 dicembre 2015
Museo della Permanente Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente Via Filippo Turati 34 - 20121 Milano Tel. 02 6599803-6551445
Fotografie: Architetto Cristina Simoncelli Si ringrazia per la preziosa collaborazione: Elena Pontiggia, Mauro Garascia e Cristina Simoncelli. © 2015 agli autori Ediprima srl, Piacenza Progetto grafico: mL PRINTED IN ITALY
Con il patrocinio di
SOMMARIO
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GUGLIELMO SPOTORNO. L’UOMO E L’ARTISTA Nicoletta Pallini
11 IL MARE, LE CITTÀ, L’UOMO E LA POESIA. LA PITTURA DI GUGLIELMO SPOTORNO Lorella Giudici 17
GUGLIELMO SPOTORNO. THE MAN AND THE ARTIST Nicoletta Pallini
21 THE SEA, THE CITY, THE MAN AND POETRY THE PAINTING OF GUGLIELMO SPOTORNO Lorella Giudici 27 OPERE POESIE PER AGATA di Guglielmo Spotorno 35 Matrimonio 47 La moglie 65 Codici d’amore 75 Senza Vento 87 BIOGRAFIA
New York 2013, tecnica mista su tela, cm 100x100
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GUGLIELMO SPOTORNO. L’UOMO E L’ARTISTA Nicoletta Pallini Frammenti Ho fame di scrivere piccole cose, frammenti di persone, fogli unici a quadretti. Vivo passato e futuro, e perdo l’attimo di rubare il frutto alla pianta. Guglielmo Spotorno da La linea della notte
L’arte di Guglielmo è una polaroid della vita: frammenti a volte abbozzati, spesso ultimati di getto nel lampo dell’insonnia. Nell’ultimo ciclo di opere, Autoritratto, i primi tre quadri formano un trittico in cui il nero, così elegante e persistente, sembra quasi essere l’indizio di una notte senza sogni, tutta buia. Il nero , come il blu, sono fra i colori più difficili da esprimere. E Spotorno ci riesce. Un po’ come fa Pierre Soulages, quando nel nero ritrova anche se stesso. Vedendo per la prima volta le opere di Spotorno mi sono immaginata l’artista nel suo studio mentre lavora. Qualche volta di notte, alla ricerca di una quiete che solo la sua casa di campagna gli sa donare. La sua è una casa rigattiera, dove si confonde l’arte e l’ufficio, i suoi quadri e quelli di altri artisti. Caparbio e romantico come le sue poesie e i suoi dipinti, Guglielmo Spotorno è un ligure e questo non è un caso, se si pensa alla sua pittura e alla sua poesia come a un unico slancio espressivo. Il colore dei dipinti si specchia nelle parole delle poesie. Una persona come lui non ha vissuto solo in Liguria, ma anche in quella Milano che negli anni ’60 dava vita all’arte d’avanguardia. Sua madre Enrica, che è stata anche scultrice, aveva aperto in quegli anni la Galleria Spotorno, dove tenne a battesimo artisti che sarebbero diventati famosi. Questa è stata la formazione del giovanissimo Guglielmo. Da questo si può capire come già a dodici anni passasse molte ore a disegnare. E in modo così originale da vincere un premio alla “Mostra Artistica Internazionale della Scuola” rivelando fantasia e talento. Sede dell’esposizione fu Palazzo 7
Venezia a Roma, dove Federico Fellini mostrò interesse proprio per il disegno di Guglielmo e per quel titolo Incubo. Nell’analizzare la sua pittura si capisce che l’artista ha vissuto molte emozioni nella sua esistenza. Artista, dunque, e poeta, ma anche imprenditore, giornalista e soprattutto studioso di filosofia. Cambi di rotta mai definitivi: soste momentanee, giusto per rientrare d’impeto nel “ventre della pittura”, come un ritorno a casa. E sarà proprio la filosofia a ricondurlo all’arte, ma in modo diverso. La pittura, come la sua poesia, segue circuiti ellittici. Accanto alle passioni intellettuali, vive gli affetti familiari. Per la moglie Agata, come per Camila l’ultima arrivata, una bambina di 4 anni che gli rivolge domande sulla vita e sui colori. E Guglielmo è sempre attento a questi frammenti. Se non li porta sulla tela, li raccoglie sui suoi fogli a quadretti. Artista, artigiano, forse anche un po’ mago e alchimista come i protagonisti del tempo antico, Spotorno è legato anche all’attualità. Si vedano, ad esempio, le tecniche miste Isis Execution e Poliziotto antisommossa: opere in cui il linguaggio, pur esprimendosi con cadenze astratte e informali, non dimentica i problemi dell’oggi. Guardiamo il dipinto dedicato a Lampedusa, dove gli annegati giacciono a pelo d’acqua come meduse. La sua è un’arte che non ha paura di esprimersi anche controcorrente, un’arte personale e profonda. Si può parlare, allora, di un andamento poetico nei suoi lavori pittorici. Spotorno “fa” poesia come “fa” un quadro: lo rende reale e doloroso, come appunto Il mare di Lampedusa del 2014, oppure brutale come Migranti a XX Miglia. Tra i suoi maestri si possono ritrovare alcuni grandi protagonisti della seconda metà del Novecento, dal ‘surrealismo’ di Sutherland all’espressionismo del Gruppo Cobra. Nell’ultima serie degli Autoritratti si avverte anche l’eco di Pierre Soulages, (1919). Quelle sue vetrate grigio ardesia vibranti di luce persino nell’oscurità. Forse anche Spotorno ha fatto del nero il suo epigramma. C’era molta luce nei suoi lavori del 2014, presentati lo scorso anno da Elena Pontiggia e Luciano Caprile nella mostra “Guglielmo Spotorno. Tra surreale e reale. Opere dagli anni ‘70” e nella successiva rassegna all’ Università Bocconi. E di luce ce n’è molta anche qui, perché l’occhio attento sa vedere la stessa luce nelle Trasparenze marine e negli Autoritratti. A costo di ripetermi, gli Autoritratti sono lavori poetici e musicali al tempo stesso, di respiro lungo e intenso. E, poi, c’è un senso di smarrimento nella contemplazione del vuoto e del pieno, dello spazio e del tempo. Lui stesso dice: “Se dovessi scegliere un’opera che riassuma questo intrigo di dubbio e sofferenza, è Il diavolo. Un dipinto che non lascia indifferenti. Anche nella ricerca del titolo: è veramente un Diavolo, un’Ictus o Intrigo del divenire?” 8
Le città hanno problemi e tragedie così vicini a noi che l’artista scrive di ‘città umanizzate’. È una definizione ardita, ma Guglielmo, con le sue soluzioni pittoriche e i suoi tratti, riesce quasi a trasformare case e grattacieli in persone. Ora sono erette, ora si piegano e si spaccano. Nelle sue opere ci sono anche altre città dove l’artista cerca il silenzio del tramonto, i suoi colori e altre prospettive: Dall’alto e Le due città. Visioni liriche, dunque, ma anche visioni drammatiche. Perché Spotorno sa che l’arte non è un fatto formale, non è una ricerca di compiacimenti stilistici, ma qualcosa che deve parlare all’uomo e dell’uomo. Qualcosa che parla di cose vive. Nei Crocifissi cittadini il Cristo scende dalla Croce e partecipa alle sofferenze quotidiane degli uomini di ogni tempo in un’astrazione rigorosa costruita con segni carichi di significati fatti di carbone incenerito e tratteggi di filo spinato. Così il Crocifisso cittadino di Guglielmo appare ferito e diventa superficie calpestata dal traffico ‘pesante’ del peccato.
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PechiNo 2014, tecnica mista su tela, cm 100x100
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IL MARE, LE CITTÀ, L’UOMO E LA POESIA LA PITTURA DI GUGLIELMO SPOTORNO Lorella Giudici “Trovo che sia estremamente affascinante… avere a che fare con persone che hanno portato sulle spalle il peso delle responsabilità, o che hanno avuto la tempra necessaria per dirigere grandi imprese.” Graham Sutherland1 In una lunga e piacevole chiacchierata, Guglielmo Spotorno mi ha regalato una sintesi di alcuni dei tanti preziosi momenti che hanno costellato la sua vita: a cominciare dal visionario disegno (Incubo) che a dodici anni aveva mandato a Palazzo Venezia per la “Mostra Artistica Internazionale della Scuola a Roma” e che era stato notato nientemeno che dal grande Federico Fellini; per passare poi ai meravigliosi ricordi di tutte le giornate trascorse a sentir parlare di arte, prima nella casa di via Andrea Doria, diventata “piccola e confusa «accademia»” dove lui, “sul tappeto cinese a gambe incrociate”, ascoltava e assorbiva “tutto come una «spugna»”, e poi nella galleria di mamma Enrica, in via Moscova, nel cuore della Milano della fine degli anni cinquanta e della prima metà del decennio successivo, uno spazio dove i giovani di Brera potevano raccogliere consigli e suggestioni dalle belle mostre che vi venivano organizzate (lì, ad esempio, Casorati aveva esposto per la prima volta le sue grafiche). Gugi, come lo chiamano gli amici, mi ha parlato anche della sua meravigliosa collezione di grafiche e di opere dei grandi maestri dell’arte del novecento: de Chirico, Funi, Arturo Martini, Carrà, Sironi… nomi che farebbero impallidire qualsiasi museo del mondo. Tutte cose che più volte sono state scritte nei saggi usciti in questi anni sull’artista (perché tutte imprescindibili e incredibilmente vere), ma ascoltarle dalla sua voce e sentire l’emozione e l’entusiasmo che vi mette fa comprendere quanto siano vitali e profonde le sue motivazioni e le sue passioni. Non si smetterebbe mai di ascoltarlo, tanti sono gli aneddoti, i ricordi e i pensieri che colorano il suo racconto, ma un nome, tra quelli che ha citato, mi ha colpito e mi ha fatto decidere di cominciare da lì la mia riflessione sulle sue opere: Graham Sutherland. Ho preso dallo scaffale del mio studio una delle monografie su Sutherland e il caso ha voluto che si aprisse proprio alla pagina che riportava la citazione che qui ho
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incubo 1950, penna su carta
messo come incipit. Sembrano parole scritte per Spotorno. Non solo perché lui è proprio uno di quelli che di tempra ne ha da vendere (nella vita, nel lavoro di manager, nella ricerca di artista, nella tenacia e nell’impegno che mette in ogni cosa), ma anche perché Sutherland (con Jorn, il gruppo Cobra e Matta) è stato uno di quegli artisti che fin da giovane ha ammirato, riconoscendosi istintivamente in quella sua vena onirica e surreale (e per certi versi eretica), ma anche in quel mistero delle forme e nella ricerca di una sottile inquietudine che, lui come Sutherland, non ha mai smesso di testimoniare. E, nello stesso modo in cui il londinese è più volte tornato sul medesimo motivo “per imprigionare l’essenza” del luogo, Spotorno reitera alcuni temi per racchiudervi tutti i possibili significati ontologici, persuaso che la realtà è carica d’insidie e di dolore, di sorprese e di sottile ironia, perché, come ha scritto Sutherland, “L’ignoto è reale quanto la cosa nota, e bisogna quindi cercare di rappresentarlo come tale: voglio che le mie forme modificate dalle emozioni abbiano l’aspetto delle cose reali”. Per Spotorno dipingere non è evadere dal mondo, al contrario, è scavare nel reale per mostrare tutte le dissonanze, le insidie e le lotte che lo muovono. È testimoniare il proprio tempo attraverso le vertigini e le paure (“Forse posso sparare/ al tempo che fugge,/ a quel tempo presente/ che non è mai presente?”). È soddisfare quel bisogno di conoscenza che nel 1971 lo ha spinto a laurearsi in filosofia teoretica. È guardare la natura non come immagine del divino, ma attraverso l’uomo, le sue ansie e i suoi sogni inevitabilmente infranti davanti all’infinito: “Se almeno fosse dolore/ sapremmo dove fuggire./ Ma questa paura/ lega le mani/ con fili d’acqua”, recita una sua poesia.
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Graham Sutherland Standing Forms ii 1952, olio su tela, 180x141 (Tate, Londra)
Lo si evince anche nelle opere scelte per questa mostra, quasi tutte raggruppabili in tre grandi categorie: il mare, la città e l’uomo. Il mare. Non solo è un’immagine che lo accompagna fin dalla tenera età (perché Spotorno vive sulla costa ligure), è una voce che ha dentro (ritrovandosi nell’affascinante teoria di Anassimandro per il quale l’uomo deriva dai pesci), una forza che lo affascina e lo commuove ogni giorno. È innanzitutto un mistero che lo intriga, perché per lui il mare è quel grande spazio che sta sotto il pelo dell’acqua, giù fino agli abissi, dove si consumano le lotte dei grandi predatori e dove le reti di nylon sottile si squarciano. Il mare appartiene alla storia della sua famiglia da sempre, a partire da nonno Domenico, il “Gambadura”, salpato da Cardiff sul brigantino “Fortuna” nel 1874 per doppiare più volte Capo Horn. E, quello del mare, è un tema presente nella produzione di Spotorno fin dalla metà degli anni settanta, ma, come qualcuno ha scritto, senza “estetismo”. Non c’è compiacimento in quegli splendidi azzurri, nell’impasto di una materia che scansa le onde e, come una colata di cera, immobilizza le trasparenze per palesare famiglie di forme e di linee che sembrano solo attendere qualche sprovveduto natante. È il mare di Ulisse, perché dalle sue acque è nato il sapere e la filosofia, ma è anche il mare titanico e fantasioso di Melville, quello epico e imbattibile di Hamingway e, anzitutto, è il teatro di tanti dolorosi naufragi. Attraversarlo è affanno, avventura, lotta e periglio, per fortuna qua e là galleggiano dei piccoli e salvifici gavitelli: “Nuoto/ da un gavitello all’altro…/ ho sempre/ un gavitello da raggiungere”, confessa l’artista nei suoi versi. 13
La città. Berlino est, Caracas, New York, Pechino… sono solo alcuni dei grandi agglomerati di quel personale atlante topografico che Spotorno ha raccolto in un ciclo, cominciato nel 2013, che ha emblematicamente chiamato Città umanizzate. Moderne metropoli che, però, egli non legge nelle forme architettoniche, nelle intricate strutture urbanistiche o come simboli di potere, ma piuttosto le affronta perché attorno a quelle mura, lungo le strade, dentro le viscere di quelle scatole di ferro e cemento pulsa e si dibatte l’umanità tutta, in una moderna e ansante Babele. Sono città che hanno perso quasi completamente la loro identità originaria, costrette ad uniformarsi in un’aberrante globalizzazione, umana e culturale prima ancora che estetica. Luoghi che visti dall’alto o da una certa distanza hanno il fascino avventuroso di un film di fantascienza o di un acquario luminoso e colorato, ma che vissuti da dentro si trasformano in un incubo senza uscita, in uno smarrimento continuo, in nascondigli inespugnabili, in terreni di guerriglia o in set scenografici per allucinati giochi da console. Come Nel mirino, dove Spotorno ha cercato di rendere l’atmosfera di una città anonima, nella quale nulla può accadere e che, proprio per questo, qualcuno sceglie per nascondersi. Ma, affidiamoci alle sue parole per scoprire qualcosa di più: “Il cerchio a destra, così defilato rispetto alla struttura del quadro, ha proprio il significato di una individuazione elettronica. Che è necessaria per uccidere mediante droni. Per questi velivoli io non ho nessun rispetto. Si tratta di operazioni chirurgiche in cui l’operatore non rischia nulla e uccide senza neppure sporcarsi di sangue.” A queste aggiungiamo poche righe di Sutherland: “Se dalle mie forme si sprigiona una vitalità minacciosa è perché, forse, il materiale che mi ha ispirato ne era pregno”. Il rischio più grande è proprio quello di dimenticarsi che dentro e fuori quei grattacieli, nelle viscere sotterranee delle metropolitane, al di là di quell’incessante e innaturale rombare di motori brulica un formicaio fatto di uomini, donne e bambini che pensano, sognano, si emozionano e hanno nel petto un cuore che batte. E così arriviamo all’uomo che, come si è visto è, in fondo, il punto focale di tutta la sua ricerca. Un uomo che sta dentro le città, ma anche dietro ai raccapriccianti fatti di cronaca (Isis execution), vittima e carnefice, in un mondo fatto di contraddizioni e di spietate leggi di potere, per cui anche una piccola debolezza può risultare fatale. È il Poliziotto antisommossa che per dovere argina la folla riottosa; è la compagine di un Comizio della minoranza la cui voce si perde tra gli alti muri dei palazzi cittadini o è nei segni laici e duri di un Crocifisso cittadino. È l’uomo l’artefice materiale e morale dei luoghi che abita e delle forme geometriche che li strutturano (Dal triangolo alla sfera), attraverso le quali cerca di dare ordine e regole. Un procedimento che con Piero della Francesca ha funzionato alla perfezione, ma che oggi fatica a reggere la stessa platonica purezza. Ma l’uomo è anche lui, l’artista, che in una serie di Autoritratti si racconta con colori 14
e pennellate, nei quali, come lui stesso riconosce, “ha raggiunto una sintesi che non ha rapporti con altri quadri precedenti”. Lo spazio è attraversato da linee verticali di tonalità e larghezze diverse, una parte accoglie i colori scuri e un’altra il bianco e le tinte chiare. Un alternarsi di luci e di ombre, di velature o di sottili segni che, come graffi, attraversano questi campi tracciando segrete scritture. In quelle astratte composizioni, in quelle righe simbolicamente allineate come le scarpe nella sua camera,2 c’è tutto lo spirito e il pensiero di un uomo capace di godere della magica bellezza del mare, del dirompente spettacolo di un temporale, di fecondare pensieri e conoscenze, ma che, come Sutherland, non dimentica neppure che il pericolo è sempre in agguato: “Devo diventare – ha lasciato scritto il londinese - permeabile come la carta assorbente, paziente e guardingo come un gatto!”.
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Tutte le citazioni di Sutherland presenti in questo testo sono tratte da: R. Chiappini, Sutherland, catalogo della mostra, Pinacoteca Comunale Casa Rusca, Locarno, 2 aprile – 29 maggio 1988.
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Così recita una sua poesia: “La mia camera/ è una riga/ di scarpe allineate./ Nuove e vecchie…/ come se avessi/ molto camminato/ davanti a me.”
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LibeLLuLe 1985, tecnica mista su carta, cm. 70x85
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GUGLIELMO SPOTORNO. THE MAN AND THE ARTIST Nicoletta Pallini Fragments I am hungry of writing fragments of People, unique squared sheets. I live in the past and in the future, and I lose the moment to stealing the fruit from the plant. (Guglielmo Spotorno from “La linea della notte”)
The art of Guglielmo is a polaroid of life fragments sometimes sketchy, often completed jet in the lightning of insomnia. In the last cycle of works, Autoritratto, the first three paintings form a triptych in which the black, so elegant and persistent, it seems to be the sign of a night without dreams, completely dark. Black, like blue, are among the most difficult colors to express. And Spotorno succeeds. A little how does Pierre Soulages, when in black also found Himself. Seeing for the first time the works of Spotorno I figured the artist in his studio while working. Sometimes during the night, looking for a quiet that only his country house can give him. His home is “rigattiera”, where art is merging with office, as his paintings blended with those of other artists. Stubborn and romantic as his poems and his paintings, Guglielmo Spotorno is a Ligurian and this is not a case, if you think of his painting and his poetry as a unique expressive momentum. A person like him has not only lived in Liguria, but also in a 60s Milan which gave life to the Vanguard art. His mother Enrica, who was also a sculptor, had opened in those years the Gallery Spotorno, where gave baptism artists who would become famous. This has been the formation of the young Guglielmo. From this we can understand why early as twelve years old He spent many hours drawing. And in such an original way to win a prize at the “Mostra artistica internazionale della Scuola” revealing imagination and talent. The venue of the exhibition was Palazzo Venezia in Rome, where Federico Fellini showed his interest for the 17
Guglielmo’s drawing and for that title Incubo. In analyzing his painting we can understand that the Artist has lived so many emotions in his life. Artist, then, and poet, but also businessmen, journalists and especially student of philosophy. Changes of direction never definitive: momentary stops, just to fit in a rush in the “belly of the painting”, as a homecoming. And it will be the philosophy to bring him back to the art, but in a different way. His painting, like his poetry, follows elliptical circuits. Alongside the intellectual passions, he lives the family affection. To his wife Agatha, as to Camila the latest daughter, a 4 year old girl who asked questions about life and colors. And Guglielmo is always attentive to these fragments. If He doesn’t take them on the canvas, he picks them up on his squared papers. Artist, craftsman, maybe even a little magician and alchemist as the protagonists of the old days, Spotorno is also linked to current events. See, for example, the mixed Isis Execution and Poliziotto antisommossa: works in which the language, while speaking with cadences abstract and informal, do not forget the problems of today. Watching the Lampedusa Painting, we notice the drowned lie on the water like jellyfish. His Art is not afraid to express itself even countercurrent, an art personal and profound. We can define, then, a poetic trend in his pictorial works. Spotorno writes poetry in same way as painting and he makes it real and painful, just as Il mare di Lampedusa in 2014, or brutal as Migranti a XX Miglia. Among his teachers you can find some major players in the second half of the twentieth century, from the Sutherland’s ‘surrealism’ to the expressionism of the Cobra Group. In the last series of Autoritratti we can also heard the echo of Pierre Soulages, (1919). Those his stained glass slate gray vibrant light even in the darkness. Maybe Spotorno made of black his epigram as well. There was plenty of light in his work of 2014 too, presented last year by Elena Pontiggia and Luciano Caprile in the exhibition “Guglielmo Spotorno. Between real and surreal. Works from the 70’s “and the subsequent exposition to Bocconi University. And there is much light also here, because the eye is able to see the same light in the Trasparenze marine as in the Autoritratti. Taking the risk of repeating myself, the selfportraits are works of poetry and music at the same time, long and intense breathing. And, then, there is a sense of loss in the contemplation of the empty and a full sense of the space and the time. He himself says: “If I had to choose a work that sums up this plot of doubt and suffering, is Il diavolo. A painting that does not go unnoticed. Also in search of the title it is really a Diavolo, an Ictus or an Intrigo del divenire?”. The Cities have problems and tragedies so close to us that the artist writes of ‘city 18
humanized’. It’s a daring definition, but Guglielmo, with his pictorial solutions and its features, can almost transform homes and skyscrapers in people. Sometimes they are erected, sometimes bent and broke. In his works there are other cities where the artist seeks the silence of the sunset, its colors and other perspectives: Dall’alto, and Le due città. Visions lyrics, then, but also dramatic visions. Because Spotorno knows that art is not a formal fact, not a search of stylistic self-satisfaction, but something that has to speak to man and about man. Something that speaks of living things. In Corcifissi cittadini Christ descends from the cross and participate in the daily suffering of the people of all times in strict abstraction built with signs full of significance made of coal ashes and hatches of barbed wire. They remind me of William Congdon (1912-1998) who did not paint the crucifix, but Cristo crocefisso nella mia carne, or Tom Phillips, who tied the Christ with barbed wire. So the Crocifisso cittadino William becomes an area trampled as if the traffic ‘heavy’ of sin there was passed over.
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LaNdScaPe iN the Sea 1975, tecnica mista su carta, cm 68x58
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THE SEA, THE CITY, THE MAN AND POETRY THE PAINTING OF GUGLIELMO SPOTORNO Lorella Giudici "I find it extremely fascinating... having to deal with people who have carried on their shoulders the weight of responsibilities, or who have had the mettle necessary to direct large enterprises." Graham Sutherland1 In a long and pleasant conversation, Guglielmo Spotorno gave me a summary of some of the many precious moments that have marked his life: beginning with the visionary drawing (Incubo) which, twelve years old, He sent to Palazzo Venezia for the “Mostra Artistica Internazionale della Scuola” in Rome and was noted by none other than the great Federico Fellini; then moving to all the wonderful memories of days spent in hearing about art, first in the Via Andrea Doria house which become“ a small and confused academy“, ”where He,” cross-legged on the Chinese carpet,” listened and absorbed “all as a sponge”, and then in the mother Erica’s gallery, at Moscova in the heart of a late fifties Milan and the first half of the next decade, a space where youth of Brera Academy could collect tips and suggestions from beautiful exhibitions organized (there, for example, Casorati had exposed for the first time his graphic arts). Gugi, so called from his friends, also mentioned his wonderful collection of graphic arts and works of the great masters of the twentieth century: De Chirico, Ropes, Arturo Martini, Carrà, Sironi ... names that would defuse any museum in the world. All subjects which have been written several times in essays published in these years about the Artist (because are all essential and incredibly true), but hearing his voice and feeling the excitement and enthusiasm that He puts on, makes you understand how vital and deep is his motives and his passions. You would never stop listening to anecdotes, memories and thoughts which color his story, but a name, among those mentioned, hit me and made me decide to start there my reflection on his work: Graham Sutherland. I took off the shelf in my study one of the monographs of Sutherland and the case wanted me to open the page which reported the quote that I have put here as opening sentences. Those seem words written for Spotorno. Not only because He is just one of those with plenty of hardening (in life, in work as 21
incubo 1950, pencil on paper
a manager, in his research as artist, the tenacity and commitment that puts in everything), but also because Sutherland (with Jorn , the group Cobra and Matta) was one of those artists who, as a young man, he admired, recognizing himself instinctively in his dreamlike and surreal vein (and somewhat heretical), but also in the forms mystery and in the search for a thin concern which, He as Sutherland, has never ceased to testify. And, in the same way the Londoner repeatedly insisted on the equal topic “capturing the essence” of the place, Spotorno repeats some themes to enclose all the possible ontological meanings, convinced that reality is full of pitfalls and pain, surprises and thin irony, because, as Sutherland wrote, “The unknown is real as the known, so you need to try to represent this as it is: I want that my forms modified by emotions have the appearance of real things.” Painting for Spotorno is not escaping from the world, on the opposite, it is digging into the reality and showing all the dissonances, the pitfalls and struggles that move it. Testify his time through the dizziness and fears (“Maybe I can shoot / the escaping time / that present time/which is never present?”). Meeting the need for knowledge that in 1971 prompted him to graduate in theoretical philosophy. Is watching the nature not as a divine image, but through man, his anxieties and dreams inevitably broken facing the infinite: “If only it were pain / we knew where to escape. / But this fear / ties the hands / with threads of water”, recites one of his poems. It is also evident in the works chosen for this exhibition, most of them are grouped in three broad categories: the sea, the city and the man. 22
Graham Sutherland Standing Forms ii 1952, oil on canvas, 180x141 (Tate, London)
The sea. Is not only an image that accompanies him from an early age, (because Spotorno lives on the Ligurian coast), but is a voice that He has inside (finding himself in the fascinating theory of Anaximander for whom man comes from fishes), a force that fascinates and moves him every day. First, it is a mystery that intrigues, because for him the sea is the great space that is under the water, down in the abyss, where fights of large predators are taking place and where thin nylon nets rip open. The sea has been always belonging to the history of his family, from grandfather Domenico, “Gambadura” who sailed from Cardiff on the brigantine “Fortuna” in 1874 for rounding Cape Horn several times. The sea is a present theme in Spotorno production since the middle of seventies, but, as someone wrote, without “aestheticism”. There is no complacency in those beautiful blue, in the mixture of a substance dodging waves and as a stream of wax, immobilizes the transparencies to reveal families of shapes and lines that seem to just wait a few unwary vessel. It is the sea of Ulysses, because from its waters were born the knowledge and philosophy, but also the titanic and imaginative Melville sea as well as the epic and unbeatable one of Hemingway, and, above all, is the scene of many painful shipwrecks. Crossing it means trouble, adventure, danger and struggle, fortunately, here and there, He can found small and saving floating buoys. “I swim / from one buoy to another ... / I have always / a buoy to reach,” confess the artist in his verses. The city. Berlino Est, Caracas, New York, Pechino ... are just some of the great agglomerations of that personal topographical atlas that Spotorno has collected in a cycle, begun in 2013, which symbolically called Città umanizzate. Modern metropolis which, 23
however, he does not read in the architectural forms, in intricate urban structures or as symbols of power, but rather he is facing those because around those walls, along the roads, in the bowels of those iron boxes and concrete pulsates and struggles all mankind, in a modern and panting Babel. Those Cities have almost completely lost their original identity, forced to conform in an aberrant globalization, human and cultural firstly and then in aesthetic meaning. Places that viewed from above or from a distance have the charming adventure of a science fiction movie or a bright and colorful aquarium, but if lived from inside turn into a no-exit nightmare, in a continuous bewilderment, in impregnable hiding places, in warfare land or in sets for hallucinated theatrical console games. As Nel mirino, where Spotorno tried to make the atmosphere of an anonymous city, in which nothing can happen and where, precisely for this, someone chooses to hiding in. But, let’s consider his words in order to discover something more: “The circle on the right, so somewhat slipped away from the structure of the painting, has precisely the meaning of an electronic detection. Which is required for killing by drone. For these aircraft I have no respect. It is surgery in which the operator does not risk anything and kills without even getting dirty of blood.” We add to these words few lines of Sutherland:” If my drawing forms emanates threatening vitality is because, perhaps, the material which I was inspired by it was pregnant of it. “ The biggest risk is just forgetting that in and out of those skyscrapers in the bowels of the underground subways, beyond that incessant and unnatural roar of engines there is a teeming anthill made up of men, women and Children who think, dream, get excited and have a beating heart in the chest. And so we come to the man who, as we have seen is, after all, the focal point of his entire research. A man who is inside the city, but also behind the gruesome news stories (Isis execution), victim and oppressor, in a world of contradictions and ruthless laws of power, where even a small weakness can be fatal. It is the Poliziotto antisommossa duty to curb the unruly crowd; it is the team of the Comizio della minoranza whose voice is lost between the high walls of the city buildings or in the lay and harsh signs of a Crocifisso cittadino. The man is the material and moral author of the places where he lives and of the geometric shapes that structure them (Dal triangolo alla sfera), through which he seeks to bring order and rules. A process which with Piero Della Francesca perfectly 24
worked, but now is struggling to hold the same Platonic purity. But the man is Him as well, the artist, who is told in a series of Autoritratti with colors and brush strokes, in which, as he himself acknowledges, “Has reached a synthesis that has no relationships with other previous paintings.” The space is crossed by vertical lines of different shades and widths, holding the dark colors on one side and white and light colors on the other. A play of light and shadow, of veiling or thin signs that, as scratches, are drawing secret scriptures through these fields. In those tight compositions, in those lines symbolically strung like shoes in his bedroom, (Note 2) there is the whole spirit and the thought of a man who enjoy the magical beauty of the sea, the sensational spectacle of a storm, breeding thoughts and knowledge, but who, as Sutherland, does not forget either that the danger is still there: “I have become - wrote the Londoner - as permeable as an absorbent paper, patient and cautious like a cat.”
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All Sutherland Quotes in this text are taken from: A. Chiappini, Sutherland, exhibition catalog, the Municipal Art Gallery Casa Rusca, Locarno, 2 April to 29 May 1988.
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So one of his poems recites: "My Room / is a row / of shoes aligned. / New and old ... /Like I had /walked a lot/ahead of me.”
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OPERE
traSPareNZe MariNe 2014, tecnica mista su carta cm 100x70
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traSPareNZe MariNe 2014, tecnica mista su carta cm 100x70
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iL Mare di LaMPeduSa 2014, tecnica mista su carta cm 70x50
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MatriMoNio
Tu devi ricordare il nostro modo di non stupire mai, l’inventare ogni angolo per un possibile amore. Devi ricordare che nessuna linea chiedeva maschera di buio. Ora, la camera è perfetta, studiata, ma sui corpi nascosti cade la stanchezza, la bottiglia osserva con l’occhio dell’inutile.
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LaMP iN woodS 2014, tecnica mista su carta cm 90x70
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LiGht iN woodS 2014, tecnica mista su tela cm 100x70
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VacaNZa daLLa Vita 2014, tecnica mista su tela cm 100x100
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daL triaNGoLo aLLa SFera 2010, tecnica mista su carta cm 97x68
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bLack SuN 2014, tecnica mista su tela cm 100x72
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La MoGLie
Lei conosce la casa conosce buio e respiro di figli. Cade la vestaglia e ritorna per un attimo nel suo giardino di donna. Ma nella tenue ombra del ricordo, una sigaretta disegna quel profilo che fugge nella quiete della notte.
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berLiNo eSt 2015, tecnica mista su tela cm 100x100
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NeL MiriNo 2015, tecnica mista su tela cm 100x100
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citta’ aSSediata 2015, tecnica mista su tela cm 100x100
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caracaS 2015, tecnica mista su tela cm 100x100
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Le due citta’ 2014, tecnica mista su tela cm 100x100
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daLL’aLto 2014, tecnica mista su tela cm 100x100
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coMiZio deLLa MiNoraNZa 2015, tecnica mista su tela cm 100x80
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iSiS eXecutioN 2015, tecnica mista su tela cm 100x100
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codici d’aMore
Quando gli sguardi tornano a incontrarsi, e la schiena s’inarca amorosa, l’orgasmo ritorna primizia di un tempo. In un mattino il brivido ci riannoda e i codici d’amore si riaprono, pagina dopo pagina carezza dopo carezza.
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autoritratto 2015, tecnica mista su tela cm 100x70
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autoritratto 2015, tecnica mista su tela cm 100x70
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autoritratto 2015, tecnica mista su tela cm 100x70
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autoritratto 2015, tecnica mista su tela cm 100x100
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SeNZa VeNto
Quando eravamo sposi bambini, usciti dall'affanno di un abbraccio, aprivamo con timore la finestra del tiglio. …e buttando la foglia si guardava dove tirava il vento. Ora l'Io che conosce le malizie non spia più le sorprese del vento, perché la noia è immobile e saccente.
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diaVoLo 2015, tecnica mista su tela cm 80x100
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crociFiSSo cittadiNo 2013, tecnica mista su carta cm 100x70
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crociFiSSo cittadiNo 2015, tecnica mista su carta cm 100x70
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crociFiSSo cittadiNo 2015, tecnica mista su tela cm 100x100
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PoLiZiotto aNtiSoMMoSSa 2015, tecnica mista su tela cm 100x80
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BIOGRAFIA
Guglielmo Spotorno nasce a Milano nel 1938. Inizia giovanissimo a disegnare. A 12 anni vince un premio alla ‘Mostra artistica internazionale della scuola’. Il regista Federico Fellini, in visita ad una rassegna così importante a Palazzo Venezia (1.300 ragazzi provenienti da 33 diversi Paesi), di fronte al disegno di Spotorno ‘Incubo 2’ dimostra attenzione e curiosità: “Vorrei conoscere questo ragazzo che ha sogni così vicini alla nostra realtà”. Nello stesso anno vince il Premio Nazionale Società Motta Alemagna, con il disegno ‘Incubo 3’. Negli anni ’60 la madre Enrica inaugura a Milano la Galleria d’Arte Spotorno, in veste di ‘fondazione’. Enrica Spotorno alterna esposizioni di grandi Maestri, tra cui Arturo Martini, Casorati e Corsi a giovani artisti come Vaglieri, Guerreschi, Forgioli e Ghinzani. In quel periodo la Galleria ha un grande successo. Diviene sede del premio nazionale Diomira. Guglielmo incontra artisti e critici così importanti e frequenta gli studi degli artisti più giovani. Nel ’63 si sposa e pubblica il suo primo libro di poesie ‘Via Sant’Antonio’. L’anno successivo si laurea in Scienze Politiche. Inizia a lavorare, diventa giornalista e pubblica articoli sul ‘Guerin Sportivo’ e ‘La Notte’. I suoi direttori sono Gianni Brera e Nino Nutrizio. Viene subito apprezzato e può scrivere in assoluta libertà. Nel ’71 non lascia i suoi impegni di lavoro e si laurea in Filosofia. La tesi è in Estetica Metafisica. Questa seconda laurea è importante per il suo ritorno all’arte. Prende uno studio, dipinge e disegna con continuità. Un giorno presenta 120 lavori su carta alla critica della madre, che ne straccia più di 100. Guglielmo diventa allora più severo con se stesso e alla fine di quegli anni dipinge le ‘Profondità marine’, già presenti nelle ultime antologiche. In seguito modifica i soggetti ritornando ai suoi saggi sul ‘Globale’, dove conferma quella capacità di prevedere di cui aveva parlato Fellini. Con queste opere, nel 1982 vince il premio di pittura ‘Città di Milano’. Nello stesso anno i premi Farmitalia, Carlo Erba e altri concorsi minori. Il 1989 è un anno importante. Guglielmo è uno degli artisti premiati al concorso di pittura Dino Buzzati, con l’opera ‘Presenze nello spazio’. La giuria è molto qualificata. Ne fa parte Alberico Sala, che dà un giudizio positivo non solo dei dipinti, ma anche delle sue poesie. Saranno pubblicate molto più tardi con il titolo ‘La linea della notte’ in occasione della mostra alla Fondazione Stelline di Milano. L’artista ha sempre unito in modo spontaneo questi due percorsi. Guglielmo Spotorno oggi, nonostante gli impegni artistici, è Presidente del Consiglio di Amministrazione della Spotorno Car, concessionaria Toyota Lexus, e di 3 società immobiliari. A chi gli domanda come riesce a conciliare attività così diverse, la risposta è sempre la stessa: “L’artista, oggi, deve vivere il suo tempo”. Di recente le opere di Spotorno sono state esposte in due importanti mostre personali: 2014, Fondazione Stelline di Milano; 2015, Università Bocconi di Milano. 89
Finito di stampare nel mese di novembre 2015 presso Ediprima srl, Piacenza