C14 Journal 10

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N10

A NEWSPAPER ABOUT OUR WORK ON DESIGN_ARCHITECTURE_EXHIBITION_LIGHT_RETAIL_STORIES_LIFE_ATTITUDE_STUFF_SUGGESTIONS

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H O M E W W W.G RU PPOC14.COM VIA MORIMONDO 26 20143 MIL ANO T +39 02 4 8 958 49 4 F +39 02 89 078553

C L I E N T S L O V E U S ACCADEMIA DEL PROFUMO AEM - MILANO AMDL APRILIA ASTI SPUMANTE AUTOGRILL ASICS BALLANTYNE CASHMERE BANCA SELLA BARABAS B E AU T E PR E S T I G E I N T E R N AT I O N A L B E N E L L I - B E R E T TA BRUNI GLASS CANALI C APGEMINI ER NST-YOU NG C AT E R P I L L A R CAUDALIE CIELO VENEZIA CITROEN CM COIMA COMUNE DI MILANO CO M U N I TÀ E U RO PE A CO N SO R ZI O VA LT EL L I N A COREPLA DEDAR DELOITTE DEUTSCHE BANK DPR DUPONT ENEL ENIT EXYTUS EYEPETIZER FEDERMOBILI FERRERO FINANZA E FUTURO FRAU FRESCOBALDI G A Z ZE T TA D E L LO S P O RT GENERALI PROPERTIES GEOSPIRIT GILERA GRUPPO OBI GQ-CONDÈ NAST GUZZI HAIER HINES H3G-(TRE) HOTEL CHIAR AVALLE HOTELPLAN I L LY I N A A SS I TA L I A INDA INFOSTRADA-IOL INTEL I TAC A IT’S COOL IULM JEAN PAUL GAUTIER JOB PILOT KITON KODAK LANCASTER LA RISTOSALUMERIA LEGA CALCIO LEVI’S LG ELECTRONICS LOGAN LOROPIANA L’ O R E A L

W E L O V E

C L I E N T S

ALEXANDER BELLMAN LUNGARNO LUXOTTICA M AT T E O N O B I L I MALIPARMI ALESSANDRA LEMARANGI MARNI FLORIANA CESCON MARTINI 6 ELISA ARINI MINISTERO DEI TRASPORTI F E D E R I CO M O N TAG N A MONDADORI OSC A R V I TA L E MOTOROLA GIULIA CELSI MT LIGHTS CHIARA CORSINI NESTLÈ MARINA APROVITOLA NIELSEN ROSSANA MARCIANÒ NIKON ALESSANDRA SASSONE NOKIA R I TA N I G RO O M - F I AT ALINE LOBO ORLANDINOTTI S AV E R I A VA L E N T I N A DO N ATO O R S I N G H E R O RT U AV VO C AT I MARCO BOTTERO PAOL A D’ARC ANO D O M E N I CO TA L I A N O PARTESA K AT E M I TC H E L L PEUTEREY C A M I L L A G UA I TA PHARD PIAGGIO PIRELLI PISA OROLOGERIA PLANTRONICS P L AY T E A M POLIEDRO P O M E L L ATO POSTCARD PROGETTO CMR PUBLICONTROL R A D I O E V I D E O I TA L I A S M I RAGNO RECALO REGIONE LOMBARDIA REPI SAFILO SAMSONITE EDITOR IN CHIEF SAMSUNG ALEXANDER BELLMAN SARA ASSICURAZIONI MANAGING EDITOR SARAS PETROLI MARINA APROVITOLA SHELL CONTRIBUTORS TO THE ISSUE SIEMENS FLORIANA CESCON SKY TV COPY EDITOR S TA LTO P S C A M I L L A G UA I TA ST MICROELECTRONICS T R A N S L AT I O N SWAROVSKI K AT E M I TC H E L L S WATC H G RO U P GRAPHIC DESIGNERS SWISS & GLOBAL ALEXANDER BELLMAN TELECOM MARINA APROVITOLA TESTORI VIDEO TIMBERLAND E N D R I T M U H A M E TA J TISCALI TOD’S TOSHIBA TO U R I N G C LU B I TA L I A N O TRENORD TRUNK&CO UNESCO UNICREDIT UNILEVER UVET AMERICAN EXPRESS VAC H E RO N CO N S TA N T I N VA LT U R V E L A SCO V I TA L I VIRGILIO VIRGIN VODAFONE WESTONE WHIRPOOL ZAF ZHEJIANG FOR D HOME FURNITURE

W E P U B L I S H


DI ALEXANDER BELLMAN

Oggi, alle ore 17 di venerdì 17, siamo finalmente in chiusura dellÊunico numero di C14 Journal dellÊanno 2017. Mi scuso formalmente con Voi, nostri affezionati lettori e fan, giustamente delusi e arrabbiati. ˚ vero, non siamo usciti nei tempi previsti e non abbiamo neanche risposto alle migliaia di mail e di lettere che ci avete inviato in preda al panico e in crisi di astinenza. Vi comprendo perfettamente, ma Vi assicuro che sia io che tutta la redazione abbiamo lavorato al progetto indefessamente, giorno dopo giorno, desiderosi di giungere a una fine, di atterrare dopo mesi di ardua navigazione sulla terra promessa. Purtroppo forze arcane e venti avversi ci hanno contrastato in ogni modo, insinuando nella mente di ognuno di noi terribili dubbi e orrende paure e rendendo lÊimprevisto la nostra unica fede, per non parlare poi della devastante invasione di cavallette (per citare John Belushi nei Blues Brothers). Però ce lÊabbiamo fatta e contrariamente a ogni superstizione chiudiamo oggi con un numero veramente speciale e sperimentale, dedicato a 5 degli amici più cari di C14: Anna Maria Conticelli, Velasco Vitali, Mauro Compagnoni, Lucio Nigro e il mitico Tony Lu. Abbiamo cercato di catturare la loro anima, intervistandoli, riprendendoli e disegnandoli. La novità assoluta è che, se seguirete diligentemente link o QR code, potrete visionare i talk che seguono direttamente sul web, anche se ritengo che il piacere della carta stampata sia unico e quindi, mi raccomando, non rinunciateci!

Enjoy,

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V G Q H L U I U X R K W L Z N O D W $


Anna Maria Conticelli interior consultant “Loropiana”

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A TALK WITH//

ANNA MARIA CONTICELLI I N T E R I O R CO NSU LTAN T “ Lor o pia na”

Alexander Bellman: Lavoriamo insieme da tanti anni. Per

AM.: Ho trovato in voi una sorta di completamento della mia

noi sei interior designer, interior consultant, organizzatrice

persona, della mia professionalità, cui manca la capacità di

di eventi, definisci il gusto, definisci la moda: in quale

„ingegnerizzare‰ i progetti. Ma cÊè anche un aspetto legato

espressione ti riconosci di più?

allÊempatia: non avrei potuto lavorare con voi se non avessi

Anna Maria Conticelli: Mi piace pensare che definisco

provato questo sentimento, in primis con te Alexander, e poi

il gusto, ma non solo. Il mio lavoro è basato sul pathos, su

con tutto lo studio.

equilibri estetici che intuisci emotivamente, ma che non

Oltre a una grandissima professionalità e al „professionismo

sempre „tocchi con mano‰ o vedi con gli occhi, che „annusi‰

di soluzioni‰, ho trovato unÊaffinità con voi, la capacità di

e che trasmettono una sensazione di leggiadria e benessere.

comprendere e quella di ascoltare in tutti i tuoi collaboratori.

Il mio lavoro è fatto anche di intuizione e istinto oltre che di

In te, Alexander, ho trovato anche eleganza, dote rara dalla

ricerca e soprattutto per me di grande eleganza e bellezza. Voi

quale io sono sempre sedotta.

ovviamente rivestite un ruolo fondamentale legato a tutta la

A.: Il tuo gusto non viene mai meno: sai difendere le tue idee

parte progettuale, nella quale siete dei maghi, abili interpreti

con grande classe ma con incrollabile determinazione.

del mio pensiero.

AM.: Devo dire che voi in questo mi avete sempre supportata:

A.: Infatti noi ti dobbiamo molto per quello che ci hai

cÊè stata fra noi, in tutti i progetti seguiti insieme, una forte

insegnato proprio sulla definizione del gusto: C14 è uno

complicità. Il mio punto di vista è stato sostenuto anche in

studio di architetti e ha preso da te una serie di aspetti meno

mia assenza, anche quelle volte in cui io non ero fisicamente

tecnici ma più legati alle sfumature, di consapevolezza nella

presente: con voi bastano due parole, o una parola in meno, per

scelta della materia, delle finiture, degli accostamenti. Quello

capirci. Io mi sento assolutamente parte di Gruppo C14: cÊè

che sappiamo fare, sotto questo punto di vista, deriva da te. E

grande completezza nei lavori realizzati con voi perché si va

da parte tua? Pregi e difetti di C14.

sempre a fondo, cÊè spazio per la matematica del rendering ma



“Ho trovato in voi una sorta di completamento della mia persona, della mia professionalitĂ â€?


anche per lÊinserimento del disegno fatto a mano, lÊacquerello, la macchia di colore che sono per me elementi imprescindibili del progetto, e dei moodboard che caratterizzano molto il mio lavoro. A.: Per me in effetti è fondamentale che i miei collaboratori sappiano disegnare a mano: se manca questa competenza si impoverisce, a mio avviso, anche la capacità di progettare. ˚ fondamentale saper tradurre unÊidea in uno schizzo, con tutta lÊimmediatezza, la semplicità, la portata comunicativa che il disegno a mano possiede. Lo schizzo è uno strumento euristico, permette di trovare soluzioni per via intuitiva. AM.: Condivido in pieno questo tipo di approccio. A.: Mi interessa sapere, ora, quale superpotere chiederesti, se il genio della lampada fosse pronto a esaudire un tuo desiderio. AM.: Sceglierei di volare, forse, perché mi è sempre piaciuto: sarei un gabbiano come Jonathan Livingston, interessata solo al mio stesso volo. La sensazione di libertà e di leggiadria che ti regala il volo è quello che cerco nella vita, quello che sogno. Ho studiato danza contemporanea per molti anni e solo in questa disciplina ho trovato quella leggerezza che il volo regala, quella libertà del movimento, quella possibilità di esprimere se stessi attraverso il corpo. E un aiuto, anche, a superare la timidezza: sono una persona certamente disinvolta, ma riservata. Mi apro poco a poco, solo con chi mi convince davvero. Mi piace che ci sia sempre, in me, qualcosa da scoprire. Sono molto critica nei riguardi dei social network: vorrei che le persone che mi sono accanto, che intendono seguirmi, che non mi conoscono, abbiano con me un approccio diverso, più diretto, rivolto a capire davvero la donna che sono, che possano leggermi anche attraverso lo sguardo. Non si può ricavare unÊimpressione realistica di una persona da una serie di fotografie pubblicate su instagram o su altri social, spesso

Tops International Arena, Valkenswaard, Paesi Bassi

invece possono risultare fuorvianti. A.: No, anzi, i social trasformano lÊimmagine mentre dovrebbero, in teoria, restituire la volontà comunicativa di una persona rispetto al mondo. ˚ un problema molto contemporaneo che, però, non mi sembra ti riguardi: tu riesci a esserci senza apparire a tutti i costi, sei sempre cercata perché hai un contenuto forte, sei di ispirazione.

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AM.: Mi piace ricordare che, se voi avete imparato qualcosa da me, io ho imparato tanto da voi. La collaborazione con C14 mi ha consentito di realizzare progetti meravigliosi, che da sola non avrei potuto seguire. A.: Nel rapporto con un cliente è importante capire la sensibilità di chi si ha di fronte per accontentare al meglio le richieste, mantenendo però la propria identità. Tu sei sempre stata in grado di scegliere i tuoi clienti o ti è capitato, a volte, di dover andare avanti forzando la tua natura? AM.: Ho avuto spesso il privilegio di scegliere il cliente e tante volte lÊho fatto anche se non era in sintonia con me, con il mio stile, con il mio modo di fare. Ho poi cercato di entrare in una relazione forte con la persona e con il progetto, per riuscire a farlo il più possibile mio. Altro sono i clienti che magari non hanno la sensibilità di comunicare, però si fidano di me e mi lasciano condurre come meglio credo. Il tipo di lavoro che facciamo necessita comunque sempre di un rapporto umano, di una comprensione reciproca. LÊempatia è fondamentale. A.: La capacità di creare una relazione umana, in effetti, sta alla base della nostra professionalità. E tu anche a questo riguardo hai molto da insegnare. AM.: Credo di avere sviluppato questo aspetto grazie anche alle mie origini. Sono nata e cresciuta ad Orvieto, un luogo esteticamente meraviglioso: ho avuto il privilegio di nutrirmi di arte e bellezza, ammirando nel Duomo della mia città la perfezione degli affreschi del Signorelli, spunto di impasti cromatici e di armonia assoluti. I capolavori del passato, che parlano al cuore di chi li osserva, mi hanno insegnato inoltre come lÊeleganza sia la capacità di interagire con tutti, dalle persone più umili ai nobili, agli imprenditori che si sono fatti da sé. Io non ho problemi ad avere a che fare con chiunque e questo mi è stato utilissimo nel lavoro e nella mia crescita personale: fin da giovanissima, quando ho iniziato nellÊalta moda con Valentino, il mio desiderio era avere un approccio naturale con il mondo. Ascoltare e imparare, per cogliere tutto il buono che cÊè intorno a noi. A.: Cara Anna Maria, che dirti? Grazie del tuo tempo e della bellissima chiacchierata, in realtà potremmo continuare per ore e quasi mi dispiace dover produrre una sintesi per motivi editoriali, comunque terremo la registrazione originale per noi.


Showroom Interiors Loropiana, via Bigli, Milano

Showroom Interiors Loropiana, via Bigli, Milano

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A TALK WITH//

TONY LU

OW N E R & FOU N DE R “ For D casa”

Alexander Bellman: La prima domanda, di rito: chi è Tony Lu?: Vorremmo sapere come ti definiresti in due parole. Tony Lu: Questa è una domanda difficile⁄ io direi che Tony Lu è un ragazzo che guarda sempre al futuro e quasi mai indietro, al passato⁄ ecco, direi che Tony Lu è un sognatore. Non mi piace crogiolarmi nei rimpianti. A.: Ora come ora sei un sognatore che attraversa un buon periodo, un periodo di grande fortuna⁄ mi ricordo però che, quando ci siamo conosciuti, ti trovavi in un momento diverso, direi un blue period, visto che ti piaceva soprattutto il colore blu. E domani? Come sarà il tuo futuro? T.: Non lo so per ora, non ho la minima idea di come sarà il futuro, non posso né, forse, voglio prevederlo. A.: Noi studiamo il più possibile il gusto del tuo paese, ma in Italia non si conoscono ancora bene i veri orientamenti artistici dei cinesi. Tutti sappiamo che tu sei un grande amante dello stile, dellÊeleganza, della vera classe. Sei conosciuto per questo e lo si può notare facilmente anche da piccoli dettagli: da come vesti, da come ti comporti, dalle scelte che fai. Puoi raccontarci qualche cosa dellÊidea che i tuoi connazionali hanno del design? Sono interessati? Cosa pensano al riguardo, e come vedono il moderno design italiano?



“Il momento più bello per me è stato l’apertura del mio showroom. Il peggiore non me lo ricordo, sono un ottimista e cerco di guardare sempre avanti”


T.: ⁄Possiamo cambiare domanda? (ride) A parte gli scherzi, oggi in Cina sempre più persone amano il design italiano contemporaneo, mentre solo tre anni fa la gente, e in particolare le persone più benestanti, i ricchi, erano interessati soprattutto a interni tradizionali, diciamo in stile neoclassico. Ma le cose stanno cambiando. Oggi le persone si sono stancate di ambienti così carichi, si potrebbe dire così pesanti. Oggi in Cina si preferisce la contemporaneità, la ricerca del comfort e di soluzioni più minimaliste. A.: Tu conosci bene lÊItalia e il suo passato. Che idea ti sei fatto delle diversità e delle somiglianze tra la cultura cinese e quella italiana? T.: In generale in entrambi i paesi trovo una forte tensione verso la bellezza, un gusto tutto speciale per il saper vivere: sia in Italia sia in Cina, solo per fare un esempio, si mangia davvero bene, cÊè una grande passione e una grande cura per la cucina. Per quanto mi riguarda, però, meglio conosco il pensiero e la cultura italiani più comprendo anche le differenze che ci sono rispetto a noi cinesi: gli italiani sono più semplici, più diretti. Voi preferite concentrarvi sul piccolo e ottenere con quello un ottimo risultato. In Cina, invece, le società hanno lÊambizione di diventare sempre più grandi, più importanti. Le imprese cinesi fanno piani complicatissimi per crescere, mentre nel vostro paese ci si concentra sul design e sulla qualità. Per questo motivo i vostri prodotti sono i migliori del mondo e le vostre aziende si sviluppano quasi ogni anno. I cinesi pensano sempre in grande: basti pensare che alcune aziende cinesi sono cresciute anche di dieci volte in pochi anni. A.: Questo è vero ma anche perché la popolazione della Cina è di un miliardo e trecento milioni di persone: la Cina è grandissima, e il mercato potenziale sterminato. E poi non dimentichiamo che ha un potere economico molto forte, è ormai una vera superpotenza mondiale. T.: Sicuramente. Sì, questo è vero, ma spesso seguendo questÊattitudine si rischia di perdere un poÊ di vista

Chengzahn Rd. Showroom, Hangzhou, Cina 15


la ricerca della massima attenzione alla qualità di ogni singolo prodotto. Mi capisci? Negli ultimi due o tre decenni la Cina si è impegnata solo per diventare più grande e più potente, per produrre tanto, sempre di più. Ma oggi intuisco che cÊè un cambio di prospettiva, il tentativo di cominciare a preoccuparsi più della qualità, di dedicarsi alla cura del dettaglio. A.: Mi sembra molto interessante la tua analisi. E anche molto lucida. ˚ chiaro che un grande paese come la Cina prima ha dovuto pensare alla quantità e poi, poco a poco, si sta specializzando anche nella ricerca della qualità assoluta, sempre e comunque. Riguardo a te⁄ è sotto gli occhi di tutti che il tuo obiettivo oggi è conquistare lÊItalia. E il resto del mondo? T.: No, a questo davvero non ci ho mai pensato⁄! A.: Senti, dimmi francamente⁄. Se tu potessi scegliere un superpotere, quale sceglieresti? T.: Ti dico la verità, io ho paura dei superpoteri e, in generale, di tutto quello che ci permette di raggiungere risultati troppo facilmente, troppo rapidamente: preferisco procedere passo dopo passo, senza fretta, rispettando i miei tempi e la giusta progressione nello sviluppo dei problemi e delle soluzioni. A.: Il tuo sport preferito è il tennis. La domanda è questa: pensi di riuscire a battermi? Perché non abbiamo mai giocato insieme. T.: Penso che forse tra un paio dÊanni possiamo giocarci un match! A.: Ultima domanda: il momento migliore e il peggiore della tua vita. T.: Il momento più bello per me è stato lÊapertura del mio showroom. Il peggiore non me lo ricordo, sono un ottimista e cerco di guardare sempre avanti: non voglio superpoteri e non mi spaventano le difficoltà. Sono un uomo fortunato, le circostanze si sono spesso trasformate in mio favore. A.: In Italia abbiamo un modo di dire: ciascuno si crea la sua fortuna. Nel tuo caso credo sia molto azzeccato. Grazie Tony per questa chiacchierata.

ForD casa Showroom, Hangzhou, Cina


Chengzahn Rd. Showroom facade, Hangzhou, Cina 17


FRIENDS WILL BE FRIENDS Il 7 giugno del 1985, il film dÊavventura scritto da Steven Spielberg e diretto da Richard Donner faceva la sua prima apparizione, destinato a entrare nella storia dei cult e ad appassionarci fino a oggi. Che voi siate cacciatori di tesori, o avventurieri alla ricerca di nuove stimolanti imprese, in questo numero speciale intitolato “Friends and Family” vi proponiamo di rivivere con noi il viaggio dei Goonies, bambini-eroi, simbolo di quel sentimento assoluto che è lÊamicizia. Perchè in C14 ci sentiamo così, un gruppo di amici oltre che colleghi, personalità uniche e complementari, e siamo convinti che ogni progetto debba essere per noi stimolo di crescita professionale ma anche e soprattutto tappa di un percorso tracciato insieme. M A R I N A A P ROV I TO L A


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A TALK WITH//

LUCIO NIGRO R E A L E S TAT E M AN AGE R “ K i t o n”

Alexander Bellman: Ciao Lucio! Mi fa tanto piacere averti ospite nel numero speciale della nostra rivista, dedicato agli amici di C14⁄ questa sarà appunto una conversazione tra amici! Lucio Nigro: E tu sei per me un caro amico. ˚ già qualche anno che ci conosciamo. A.: Ci ha presentati Anna Maria Conticelli, anche lei intervistata da noi. Ti sei preoccupato quando ci ha presentato? L.: Assolutamente! Anna Maria è una persona così precisa che non mi avrebbe mai raccomandato qualcuno se non fosse stata certa delle sue qualità. A.: Noi allora abbiamo cercato di aiutarti in un progetto molto ambizioso sotto il profilo del lighting design, inserito in uno fra gli edifici più belli, più interessanti e affascinanti di Milano. L.: Sì e voi, con un intervento di magistrale semplicità, siete riusciti a rispondere perfettamente alle nostre esigenze. A.: E così tu, napoletano, ti sei ritrovato a lavorare con un milanese⁄ L.: Un milanese sì, ma profondo conoscitore della cultura napoletana⁄ e nellÊaspetto simile a un nobile partenopeo! A Napoli abbiamo avuto una tradizione di cognomi di origine straniera - come i Gay Odin, i Caflisch, i Van Bol & Feste, i Gutteridge - tutte famiglie che tra Ottocento e Novecento si trasferirono



“Il tuo studio ha un’ottima struttura e una grande organizzazione: grazie alla vostra consulenza ho imparato che il progetto della luce è uno dei primi aspetti da valutare nell’ambito del retail, per dar vita e colore al prodotto stesso, perché tutti gli elementi concorrano a regalare emozione”


a Napoli per stabilirvi ciascuno la propria attività, rispettivamente la cioccolateria, la pasticceria e lÊabbigliamento. Ecco, tu con il tuo cognome avresti potuto portare la famiglia Bellman a Napoli e creare un impero nel settore del design. A.: Ma passiamo alle domande classiche: chi è Lucio Nigro? L.: Un vecchio poliedrico. Ho 63 anni e ho vissuto la mia vita professionale in due ambienti fondamentali: il design nella prima parte e, nella seconda, la moda e il lusso. Questi due settori mi hanno insegnato a essere molto versatile ma, allo stesso tempo, creativo. Oggi, nel gruppo Kiton sono responsabile della Real Estate: concludo quindi la mia carriera nel mondo dellÊimmobiliare, chiudendo idealmente il cerchio. Mi piace paragonarmi a una pianta, il bambù: io mi piego ma non mi spezzo e cerco sempre il sole, la mia

Kiton Brickell Showroom, Miami, Florida

Kiton Showroom, Mosca, Russia

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luce. A.: UnÊimmagine davvero poetica. E se potessi avere un superpotere, quale sceglieresti? L.: Vorrei correre, correre velocissimo. Io sono sempre molto slow, non riesco a separarmi da questo tratto di me: anche quando faccio attività fisica non sono mai veloce quanto vorrei. A.: Sono rimasto molto sorpreso quando abbiamo iniziato a lavorare insieme perché, nonostante tu ti schermisca dietro la tua presunta lentezza, in realtà gestisci moltissime attività e persone contemporaneamente. Quando arrivi in azienda tutti si rivolgono a te: non vedo una struttura piramidale, ma solo lÊabitudine a fare riferimento a te. L.: Tutti i napoletani hanno questÊanima slow, sono sensibili e amano lÊarte, perché vivono in una città dÊarte. Amano il mare e il sole, perché vivono in un luogo che offre loro tutto questo. CÊè unÊaffinità tra il mio essere bambù e la mia napoletanità. A.: Milano, la tua seconda casa, è la città senza mare per eccellenza⁄ L.: Milano è per eccellenza la città del business⁄ ma non ci si può vivere, perché per vivere bisogna stare in un luogo di mare. Infatti, personalmente, risiedo a Milano tre giorni alla settimana, ma i restanti quattro a Napoli: mi divido per condurre lì la parte artistico-creativa del mio lavoro e qui la parte legata al business. Nonostante non sia una città workaholic, a Napoli abbiamo unÊazienda con altissime professionalità: la sartoria è un settore in cui i napoletani eccellono. A.: E infatti Kiton sta conquistando il mondo. L.: Noi portiamo avanti una tradizione locale che affonda le sue origini nel XIX secolo, quando la nobiltà europea, e soprattutto inglese, veniva nel nostro meridione per farsi cucire


gli abiti. Al tempo, le scuole che andavano per la maggiore in questÊambito erano quelle abruzzese, siciliana e napoletana. Già alla fine del 1700 Napoli era una città internazionale, frequentata da artisti di provenienza inglese e olandese grazie alla presenza della scuola di pittura e, soprattutto, dellÊUniversità Federico II, il primo ateneo laico e statale del mondo. Abbiamo trasfuso tutta questa cultura nella sartoria, creando prodotti davvero nuovi e versatili ma pieni della nostra tradizione. A.: Già alla prima riunione che abbiamo tenuto ho capito che la collegialità in questÊazienda è un plus. L.: La collegialità è sempre stata la volontà del nostro presidente, il Cavalier Paone. A tuttÊoggi, nonostante lÊetà avanzata, ci insegna ogni giorno moltissimo con le sue espressioni e con la sua grinta. ˚ stato capace di affermare la sua azienda nel mondo grazie alla modestia, allÊeleganza, alla semplicità dei suoi modi ma, soprattutto, alla sua caparbietà. ˚ il timone delle grandi mosse strategiche dellÊazienda, comÊè accaduto nella scelta di acquisire Palazzo Gondrand: ora Kiton è una presenza importante a Milano anche agli occhi del mondo. A.: Tornando al rapporto tra Kiton e C14, parlami di un aspetto positivo e uno negativo di questa collaborazione. L.: Il tuo studio ha unÊottima struttura e una grande organizzazione: grazie alla vostra consulenza ho imparato

Kiton Showroom, Milano, Italia

che il progetto della luce è uno dei primi aspetti da valutare nellÊambito del retail, per dar vita e colore al prodotto stesso, perché tutti gli elementi concorrano a regalare emozione. Tu poi, personalmente, mi ricordi tanto la mia terra e i suoi ritmi: sei proprio un bon vivant! A.: Grazie Lucio, mi fai un complimento davvero lusinghiero! Ci vediamo a Natale per la giacca nuova, mi raccomando!

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A TALK WITH//

MAURO COMPAGNONI OW N E R& FOU N DE R “C a f f è Napoli ”

Alexander Bellman: Ciao Mauro, grazie di essere qui con

di esperienza. Insieme a C14 siamo poi riusciti a creare un

me! Saremo brevissimi e stai tranquillo che non ti porrò

ambiente assolutamente nuovo rispetto al bar tradizionale:

domande troppo imbarazzanti⁄ Per prima cosa: chi è

la casa napoletana che costituisce la nostra location è,

Mauro Compagnoni?

nellÊimmaginario collettivo, il luogo per eccellenza del caffè.

Mauro Compagnoni: Sono un bravo ragazzo, un uomo

Il pubblico è attirato non solo dal prodotto, ma dallÊidea nel

di famiglia, il padre di due splendide bambine. Lavoro

suo complesso. Caffè Napoli rispecchia le aspettative sia

moltissimo e, nellÊultimo periodo, insieme ai miei soci mi

sotto il profilo estetico, sia dal punto di vista dei prodotti.

sono dedicato a una nuova avventura nel settore del food.

A.: Anche per noi di C14 è stata interessante la sfida di

A.: Noi due abbiamo iniziato a collaborare quando ho vinto

importare a Milano una tradizione, un modo di vivere il

una gara cui partecipavo con altri studi di architettura.

caffè così lontano da quello che qui è consueto.

Eravamo già amici al tempo - se posso definire amico uno

M.: LÊunico dubbio riguardava la crema che viene servita

che mi ha più volte battuto a tennis: non ti preoccupava il

sul caffè: nelle case napoletane questa viene preparata con

fatto di intrecciare lavoro e vita privata?

il primo caffè che esce dalla macchinetta mescolato con

M.: No, perché tutte le volte che mi sono capitate situazioni

un poÊ di zucchero, e noi abbiamo riproposto esattamente

simili sono riuscito a scindere molto bene gli ambiti. Sono

quella formula. Il pubblico milanese, sempre di fretta e a

una persona incline a affrontare sempre i problemi a viso

tratti diffidente, non ha subito apprezzato: ora, invece, la

aperto: forse con un amico questo è perfino più semplice.

nostra cremina si è pienamente affermata.

A.: Ti aspettavi il grande successo di Caffè Napoli?

A.: Anche dal punto di vista gestionale lÊoperazione è stata

M.: Direi di sì, perché ho avuto sin dallÊinizio un grande

condotta in maniera eccellente: avete aperto un gran numero

entusiasmo per il progetto e piena fiducia nei confronti dei

di punti vendita in contemporanea. Devo dire che, in questo,

miei soci, che in questo settore hanno trentacinque anni

siamo stati bravi anche noi a tenere il vostro passo.



“L’emozione più bella è stata quando ci avete mostrato il rendering del locale: lì ho capito che avevamo davvero fatto centro”


M.: Il locale di via Turati è stato, sotto questo profilo, unÊapertura da case history: nel giro di un mese siamo riusciti a crescere tanto da raggiungere i 10-11 chili di caffè al giorno. A.: Se potessi avere un superpotere quale sceglieresti? M.: La possibilità di garantire una vita serena e in salute alla mia famiglia e agli amici più cari. Per il resto, il denaro e il successo vanno e vengono. A.: Un momento positivo e uno negativo della collaborazione con C14. M.: LÊemozione più bella è stata quando ci avete mostrato il rendering del locale: lì ho capito che avevamo davvero fatto centro. Un altro ricordo indimenticabile è lÊapertura del primo Caffè Napoli in Largo la Foppa: dopo tanti anni di lavoro nel digital è stato emozionante tornare al rapporto con il pubblico, al front end, alla ricerca nella parte commerciale. Avere un locale su strada è una grande opportunità di conoscere persone, di fare incontri che, a volte, possono cambiarti la vita. Non penso ci siano stati, invece, momenti particolarmente critici. Al massimo qualche piccolo episodio di incomprensione, di quelli che risolvi con una battuta. A.: Io non posso dimenticare, invece, quella volta in cui stavi perdendo 5-1 a tennis e hai rimontato fino a vincere⁄ Un vero sgarbo, che da un amico non mi aspettavo proprio! Scherzi a parte, per il concept del locale siamo partiti da una frase di Luciano De Crescenzo: „Quando un napoletano è felice per qualche ragione, invece di pagare un solo caffè, quello che berrebbe lui, ne paga due, uno per sé e uno per il cliente che viene dopo. ˚ come offrire un caffè al resto del mondo‰. Come è stata accolta questa iniziativa nei Caffè

Caffè Napoli, C.so di Porta Ticinese, Milano, Italia

Caffè Napoli, Milano, Italia

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Napoli?

M.: Partiamo dai difetti: quando abbiamo iniziato a

M.: I milanesi allÊinizio non capivano il senso del „caffè

collaborare il vostro core business non comprendeva

sospeso‰ ma, in breve tempo, si sono innamorati di questa

ancora la parte di affiancamento del cliente dal punto di

bella usanza napoletana. Ora i clienti sono felici di leggere

vista burocratico mentre noi eravamo abituati a ricevere il

il proprio nome sulla lavagna su cui segniamo chi ha donato

prodotto „chiavi in mano‰. Ora fra noi il rapporto funziona

i „sospesi‰. Posso confermare che Milano merita la sua

benissimo perché vi siete strutturati per offrire anche

fama: è davvero una città generosa, „col cuore in mano‰.

questo servizio. Il pregio che ho più apprezzato è la vostra

A.: E Milano ricambia: oggi tutti parlano di Caffè Napoli

disponibilità: tutto il team ha capito subito lÊidea di Caffè

come del migliore della città! A quando un nuovo progetto?

Napoli e ha iniziato a lavorare con passione e dedizione. I

M.: Ci stiamo lavorando da diversi mesi, ma per scaramanzia

miei referenti diretti - Rossana, Matteo, Alessandra, Oscar

non ti voglio anticipare nulla⁄ se non che lÊambito è il food

- mi aiutano continuamente, li sento più di una volta al

con orientamento asiatico. Ma non dico altro!

giorno per qualunque dubbio, o anche solo per un consiglio.

A.: Ultima domanda: pregi e difetti di C14?

C14 cÊè sempre e questo è, per noi, un plus fondamentale.


Caffè Napoli, via Turati, Milano, Italia

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A TALK WITH//

VELASCO VITALI

A RT IS T

Alexander Bellman: Noi abbiamo una domanda di rito, che voglio farti assolutamente: chi è Velasco Vitali? Velasco Vitali: Sono una persona che fa tante cose cercando di trovarci il più possibile divertimento e curiosità. E non aggiungerei altro. A.: Noi collaboriamo da anni: trovi ancora degli stimoli in me e in C14? V.: ˚ una domanda che non mi porrei, perché è in contraddizione con il mio atteggiamento. Se siamo qui significa che no, non mi sono ancora annoiato. A.: Per me il lavoro in ambito artistico è estremamente affascinante, perché ho possibilità di esprimermi con immaginazione. Potermi applicare in questo campo per me è un valore aggiunto a tutto il mio lavoro, porta novità a tutto il resto. Di questo ti sarò sempre grato.



“A me piace questo atteggiamento, sia come intenzione sia come dato progettuale - non è semplice progettare l’assenza-”


V.: La gratitudine è reciproca, perché io ho campo libero per inventare dal punto di vista creativo, ma mi serve qualcuno che sostenga i miei progetti sotto il profilo strutturale. Questa necessità, di partenza tecnica, diventa - al momento della messa in atto - anche una necessità creativa. Non basta una buona idea concettuale, cÊè bisogno di una messa in scena, di una messa in opera. A.: ˚ interessante sottolineare come le soluzioni tecniche diventino spesso delle soluzioni tecnico-estetiche, perché vanno calate, celate, dentro il sistema dellÊopera.

Foresta Rossa, Isola Madre, Verbania, Italia

Sbarco, Pietrasanta, Italia V.: Infatti, questo è un tema che mi interessa molto, così come lÊidea di condire un progetto di piccoli segreti, per esempio una luce che sembra naturale e non lo è: pare che non ci sia lÊapporto di nulla ma tutto il sistema funziona. A volte bisogna creare un falso per far sì che tutto torni a essere vero, come dovrebbe essere o come è stato: questo è un compito tecnico piuttosto difficile. Ricreare un aspetto non volgare, non dichiarato, non teatrale, ma celato, per far sì che il visitatore ne ricavi unÊimpressione e si senta a proprio agio nellÊambiente in cui è installata lÊopera. LÊopera dÊarte ti deve mandare dei segnali ma, sostanzialmente, una disposizione naturale a volerla guardare. Questo è un dato fondamentale per chi la posiziona in un ambiente: ne parlo spesso con i miei collezionisti, perché deve essere chiaro che la scultura non è un fatto decorativo ma, al contrario, un agente contaminante e, allo stesso tempo, un „agito contaminato‰ dello spazio in cui si inserisce. Quando lo spettatore la osserva deve percepire questo fatto come naturale. A.: Capisco, anche se io non tolgo del tutto al decorativo il suo valore. Nel mio lavoro il decoro - la „pelle‰ degli edifici - ha un contenuto altissimo: dal mio punto di vista non ha senso dare spessore alla tecnica togliendo poetica alla forma, bensì riconoscere che anche la superficie ha un significato potente, anzi alle volte è il contenuto stesso. Anche perché è poi sul decoro che corre la luce. E tutto il lavoro sulla luce, legato alla superficie degli oggetti, è naturalmente essenza.

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Il problema è il decorativo pensato come abbellimento fine a se stesso, come arricchimento solo per lÊopulenza. Questo è un tema difficile che mi tocca molto, anche e soprattutto quando lavoriamo allÊestero. V.: Intorno a questo problema, però, i nostri piani cominciano ad allontanarsi. LÊopera dÊarte è più complessa, ma per certi versi molto più semplice, nel senso che per me lÊoggetto come si presenta è già anche contenuto e significante, mentre in architettura esso potrebbe essere assolutamente neutrale. Però questo vale per me: sono io che cerco di porre in relazione diretta fra loro i tre piani - materia, linguaggio e contenuto - compattandoli su un unico livello e eliminando di fatto la possibilità di un piano neutrale. Per questo, anche, cerco la totale pulizia del dato ambientale come di quello illuminotecnico: lo spettatore non deve avere nessuna interferenza nel suo rapporto con lÊopera. A.: In architettura ovviamente questo non è possibile perché vi è sempre un tema funzionale. ˚ molto divertente per me, invece, progettare i rivestimenti di facciata perché prevedono una serie di difficoltà diverse e stimolanti: un problema con la luce del giorno e con quella notturna, un problema con le superfici, un problema con le strutture già esistenti - le scale, per esempio. V.: In quel caso, poi, il tuo lavoro è in primo piano. Di solito, invece, la collaborazione che hai con me ti porta a stare defilato: credo sia un ruolo complesso, perché prevede che tu sia a sostegno di qualcosa con un intervento che sembra non si debba vedere. A me piace questo atteggiamento, sia come intenzione sia come dato progettuale - non è semplice progettare lÊassenza. A.: ˚ necessario conoscere i linguaggi per comprendere lÊopera? V.: Quando li conosci migliori il valore delle tue emozioni. Ma non è necessario. Si torna alla affermazione più semplice che si possa fare davanti a un fatto artistico: „Mi piace‰. Punto e basta. Da lì in poi diventa interessante decodificare lÊemozione positiva. ˚ questo un procedimento molto significativo, perché è un modo di conoscere se stessi. Perché certe cose ci piacciono? Perché toccano dei particolari sistemi emotivi? Verso che cosa siamo predisposti? Si ha quindi una sorta di riconoscimento della propria mappa sensoriale. ˚ sicuramente utile indagare i motivi per cui il linguaggio di qualcun altro ci comunica qualcosa. E i codici linguistici sono uno dei temi su cui riflettere, forse il primo passaggio. Altrimenti si parla di „poetica‰ in termini astratti, vaghi. In unÊottica romantica che ha in realtà poco spessore. In scultura, per esempio, le domande affiorano immediatamente: perché è in ferro? Perché è saldata? Perché cÊè quel colore? Perché è posizionata e orientata in quel modo? Perché cÊè quella scelta di luce e di ombre? Ne deriva una somma di dati già di per sé significanti che concorrono al significato finale. Questa complessità a me interessa sempre molto in un artista. E lÊartista ha bisogno di un supporto tecnico. A.: Per quanto mi riguarda, la progettazione è un insieme di codici sempre più complessi, anche se poi effettivamente si cerca di ottenere un apprezzamento anche superficiale. V.: Il tema è interessante e ne apre altri ancora più densi: la possibilità che i codici stessi subiscano una mutazione nel momento in cui vengono interpretati, per esempio⁄ Ma eravamo partiti con lÊidea di unÊintervista


Time Out, Palazzo Reale di Milano, Italia

Time Out, Museo di Storia Naturale di Milano, Italia leggera, mi pare! Mi aspetto domande più quotidiane. A.: Hai ragione, passiamo allora a raccontare il ricordo più bello di questi anni con C14. V.: Il mio ricordo è quando tu hai fatto il bagno vestito nellÊacqua gelida del lago Maggiore per mettere a posto un elemento posizionato sul fondale che si poteva sistemare solo immergendosi⁄ anche i sommozzatori avevano dato forfait! Ho filmato tutta la scena, dalla barca ovviamente. Mi sono molto divertito. A.: Se potessi avere un superpotere, quale sceglieresti? V.: Vorrei sicuramente essere un supereroe giapponese. Mi basta la consapevolezza di essere uscito dalla penna, dalla testa di uno di quei disegnatori. Non ho in mente un nome, ma il mondo è quello: il supereroe giapponese non ha particolari abilità fisiche, ma salva delle situazioni che, nella maggior parte dei casi, riguardano relazioni base uomo-donna. A.: Velasco, grazie.

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ENGLISH TEXT Landscape _On Friday 17, at 1700 hours to be precise, we finally put the only 2017 issue of the C14 Journal to bed. Please accept my sincerest apologies, you, our dear readers and fans, who are quite rightly disappointed and angry. It is true, we didn’t finish on schedule and neither did we answer the thousands of emails and letters you sent in a state of sheer panic and crippled by withdrawal symptoms . I feel your pain, I completely understand, but I can assure you that I, together with the whole editorial team, have worked on this project tirelessly, day after day, anxious to reach the end, to set foot on the promised land after months of arduous sailing. Unfortunately, mysterious forces and adverse winds have hindered our progress in every which way, causing terrible doubts and horrendous fears to worm their way into the minds of each and every one of us, thus rendering the unforeseen our only faith, not to mention the plague of locusts (to quote John Belushi in The Blues Brothers ). Despite all this, we pulled through and contrary to all examples of superstition today completed a very special, experimental issue, devoted to 5 of C14’s dearest friends, Annamaria Conticelli, Velasco Vitali, Mauro Compagnoni, Lucio Nigro and the inimitable Tony Lu. We tried to capture their essence by interviewing, filming and drawing them. What is new this time is that if you carefully follow the link or QR code, you can watch the interviews online even though I think that the pleasure of the printed page is unique, don’t forget now, don’t miss it! A talk with// Anna Maria Conticelli_Alexander Bellman: We’ve been working together for a long time now. To us you are an interior designer, interior consultant, events organiser, definer of taste, definer of fashion: what do you see yourself as being? Anna Maria Conticelli: I like to think of myself as defining taste, but that’s not all there is to it. My job is all about pathos, an aesthetic balance you perceive emotionally, but you can’t always “touch” or see with your eyes, you “smell” it, it sends out a feeling of elegance and well-being. My job is also about intuition and instinct as well as research, and above all I think, great elegance and beauty. Obviously, you fulfill a fundamental role connected to the whole design part, which, by the way, you’re all wizards at, and extremely skilled at interpreting my ideas. A.: In fact, we owe you a great deal for what you have taught us concerning the definition of taste: C14 is an architect’s studio, but from you we have learnt a series of less technical aspects, closer to nuances, such as the awareness of the selection of materials, the detailing, juxtapositions. What we are able to do, in this respect, comes from you. What about you? C14’s virtues and flaws? AM.: I found a sort of completion of myself in the team, the completion of my persona, of my professional side which lacks the ability to engineer projects. But it’s also about empathy: I could never have worked with you had I not had this feeling, firstly with you, Alexander,and subsequently with the rest of the studio. As well as an incredibly professional approach to work and to coming up with solutions, I experienced

a great affinity with you, the ability to understand and to listen, this is true of every member of the team. In you Alexander, I also found extreme elegance, this is a rare quality, and one that I have always had a weakness for. A.: Your taste never plays second fiddle: you defend your ideas with class and unshakeable determination. AM.: I must say that that you have always supported me with this: during all the projects we’ve done together there has always been a strong sense of complicity. My point of view has always been supported even in my absence, the times when I wasn’t physically present: a couple of words is all it takes, or one word less, to understand each other. I totally feel a part of Gruppo C14: the feeling of completeness in the finished projects is incredibly strong, because you are so thorough, there’s room for maths in the rendering but also drawing by hand, watercolours, splashes of colour, all these things are crucial in a project in my opinion, moodboards too, they are a defining characteristic of my job. . A.: In fact, personally speaking, it’s essential that the people in my team are able to draw by hand: if this skill is missing, I believe it adversely affects a person’s ability to design. Being able to translate an idea into a sketch, quickly and simply, the communicative power of a hand-drawn sketch is crucial. Sketching is a heuristic tool, it allows you to find solutions to problems intuitively. AM.:I completely agree with this type of approach. A.: I’d like to know now, which super power you would ask for, if the genie of the lamp were here to grant your wish. AM.: I would choose to have the ability to fly, maybe because I’ve always loved flying: I would be a seagull like Jonathan Livingston, only interested in my own flight. The feeling of freedom and that flying gives you is something that I pursue in life, it’s what I dream about. I studied contemporary dance for many years, and only there was I able to find that same feeling of lightness that flying gives you, that freedom of movement, that possibility to express yourself through your body. It also helps you to overcome shyness: I’m definitely laid-back as a person, but at the same time quite reserved. I open up gradually, and only with people I’m really sure about. I like there to be something within me for people to discover. I’m very critical of social network sites: I want the people around me, who don’t know me and intend to follow me, to adopt a different approach, more direct, with the intention of finding out what type of woman I really am, of reading me by looking me right in the eye. You can’t get a realistic idea of a person from photos posted on Instagram or other social media sites, often they can be, in actual fact, quite misleading. A.: I agree, on the contrary, the social media actually transforms a person’s image while it should, in theory, reinstate a person’s desire to communicate with the world. It’s a very contemporary issue which, however, I don’t think concerns you: you manage to be present without pursuing visibility at all costs, you are always sought-after because your

content is so strong, you are inspirational. AM.: I like to remember that, if you have all learnt something from me, I have, in turn, also learnt a great deal from you. My professional collaboration with C14 has allowed me to carry out some amazing projects and I would never have been able to do them by myself. A.: In the relationship with a client it is important to understand their sensitivity so as to better satisfy their requirements while still maintaining their identity. Have you always managed to choose your clients, or have you sometimes had to carry on and go against who you are? AM.: I have often had the privilege of choosing my clients and very often I’ve done that despite the fact that we weren’t exactly on the same wavelength regarding my style and my way of doing things. I tried to forge a strong bond with that person and with the project, so as to make it mine as much as possible. Then there are clients who lack the sensitivity for communication, but they trust me and let me take the lead and make the decisions. The kind of work we do always requires human relations, mutual understanding. Empathy is essential. A.: The ability to establish human relations, in fact, lies at the very heart of our professionalism. In this respect people can learn a lot from you. AM.: I think my origins helped me develop this side of my personality. I was born and raised in Orvieto, aesthetically speaking it’s a wonderful place: I had the privilege of feeding my soul with art and beauty, of admiring the utter perefction of the Signorelli frescoes in the Cathedral, examples of stunning colour combinations and absolute harmonys. Masterpieces from the past which speak to the heart of the observer, they also taught me that elegance is the ability to interact with anyone, from the most humble to aristocracy, to self-made entrepreneurs I can quite happily deal with anyone and this comes in extremely useful in my job and in terms of my personal growth: right from a young age, when I started in high fashion with Valentino, I have always strived to have a natural approach to the world. Listening and learning, so I could absorb everything that was good around me. A.: Dear Annamaria, what else can I say? Thank you for your time and for this lovely chat, to be honest we could carry on like this for hours, and it rather annoys me that for editorial reasons I have to summarise this, however, we’ll hold on to the original recording. A talk with// Tony Lu_Alexander Bellman: The first question is a classic: who is Tony Lu? In two words, how would you define yourself. Tony Lu: That’s a tricky question… I would say that Tony Lu is a guy who always looks to the future and hardly ever backwards, at the past… yes, I would call Tony Lu a dreamer. I don’t like to get hung up on regrets. A.: At this moment in time, you’re a dreamer going through a good period, a lucky period… I remember though when we met, you were in quite a different place, I would say more of a blue period, seeing that you preferred the colour blue above all others. What about tomorrow? What does the future hold? T.: I don’t really know as yet, I haven’t got the


faintest idea what the future will be like, I can’t, and maybe I don’t want to, predict it. A.: We study tastes in your country as far as we can, but here in Italy we still don’t properly understand Chinese people’s artistic leanings. We all know you are a great lover of style, elegance, you have real class. You’re renowned for it and it is clearly visible in the small details: the way you dress, your behaviour, the choices you make. Can you tell us something about what Chinese people think about design? Are they drawn to it? How do they view modern Italian design? T.: …Can you ask me another question? (laughs) No, seriously though, oking aside, nowadays in China, more and more people are embracing contemporary Italian design, while only two or three years ago people, particularly wealthy people, the rich, were really only interested in traditional interiors, mainly neo-classical style. But things are definitelyshifting. People have grown tired of such busy, detailed interior design, that heavy look. Today, people in China prefer more contemporary style, the pursuit of comfort and a more minimalist feel. A.: You are familiar with Italy and its history very well. What opinion have you formed regarding the differences and similarities between Chinese and Italian cultures? T.: Generally speaking, both countries are strongly attracted to beauty, a special approach to life, for example both Italy and China have excellent cuisine, they are passionate about food and have a meticulous approach in the kitchen. As far as I’m concerned, the more I learn about Italian thinking and culture the more I understand the differences between us: Italians are more straightforward, more direct. You prefer to focus on a smaller scale and obtain an excellent result. In contrast, Chinese society constantly strives to be the biggest, the most important. Chinese companies formulate incredibly complex strategies in order to expand, while in Italy you concentrate on design and quality. This is why your products are the best in the world and your companies develop from year to year. Chinese people always think big: I mean, some Chinese companies have managed to grow ten-fold in just a few years. A.: This is true, but also because the population in China is one billion three hundred million people: China is huge, and the potential market is therefore boundless. And let’s not forget its great economic power, it has achieved super power status in the world. T.: Sure. Yes, that’s right, but what often happens when you follow this approach is that you risk losing sight of attention to the quality of single products. Do you see what I mean? During the last few decades China has poured all its efforts into become the biggest and the most poweful, producing a lot, more and more. But nowadays I get the feeling that a shift in perspective has taken place, a move towards attempting to focus on quality and attention to detail. A.: Your analysis is very interesting. Extremely insightful too, Obviously, a large country such as China has to think in terms of quality and is gradually beginning to specialise in the pursuit of absolute quality. As for you… everyone can see that

your goal is to conquer Italy. What about the rest of the world? T.: No, I really haven’t thought about it…! A.: Listen, answer me honestly now…. If you could choose a super power, what would it be? T.: To be truly honest with you, I’m afraid of super powers and, generally speaking, I’m afraid of anything that allows you to achieve something too easily, too quickly, I prefer to take things one step at a time, nice and slowly, in my own time, progressing in line with the development of problems and solutions. A.: Your favourite sport is tennis. This is my question: do you think you can beat me? Because we’ve never actually played together. T.: I think that maybe we can play together in a couple of years’ time! A.: Last question: the best and worst moment of your life. T.: The best moment for me was when I opened my showroom. I can’t remember the worst, I’m an optimist so I always tend to look forward: I don’t want super powers, I’m not afraid of tough times. I’m a lucky man, circumstances have often worked in my favour. A.: We have a saying in Italian: you create your own luck. I think that this is very true in your case. Thanks for this chat today Tony. The Goonies: On 7 June 1985, the adventure film written by Steven Spielberg and directed by Richard Donner was released, it was destined to go down in history as a cult film and indeed, continues to appeal to this day. Whether you are treasure hunters or adventurers in pursuit of thrilling new exploits, this new special issue entitled “Friends and Family” invites you to relive the Goonies’s adventure with us, herochildren, symbols of that absolute sentiment friendship. Because that’s how we feel, here at C14, a group of friends as well as colleagues, unique yet complementary personalities, certain of the fact that every project provides us with the stimulus to grow professionally, but, more importantly, every project is a record of the path we travelled together. A talk with// Lucio Nigro_ Alexander Bellman: Hi Lucio! I’m really pleased to have you as our guest of honour in this special issue of our magazine which is all about C14’s friends… in fact this is going to be like a chat between friends! Lucio Nigro: And you are a dear friend. We’ve known each other for a few years now. A.: Annamaria Conticelli introduced us, we’ve interviewed her too. Were you nervous when she introduced us? L.: Not at all! Annamaria is very thorough, she would never have referred someone if she hadn’t been sure about them. A.: We assisted you in a very ambitious project in terms of lighting design, it was in one of the most stunning, interesting and alluring buildings in Milano. L.: Yes, and you intervened with masterful simplicity and succeeded in satisfying all our needs to the letter.

A.: And so you, a Neapolitan, found yourself working alongside a Milanese… L.: Milanese yes, but with extensive knowledge of Neapolitan culture… and the physical appearance of a Neapolitan aristocrat! We have a tradition of surnames of foreign origin in Naples – such as Gay Odin, Caflisch, Van Bol & Feste, Gutteridge – all these families moved to Naples between the nineteenth and twentieth century to set up their own business, respectively chocolate-making, confectionery and clothing. So, with your surname you could have taken the Bellman family to Naples and created an empire within the design sector. A.: Let’s move on to the classic questions: who is Lucio Nigro? L.: And old man with many facets. I’m 63 and I have lived my professional life in two fundamental environments: the first part in design and the second part in fashion and luxury. These two sectors have taught me how to be very versatile yet simultaneously creative. Today, I’m head of Real Estate within the Kiton group:so that means I will be concluding my professional career in the world of real estate, I think that’s a neat way to close the circle. I like to compare myself to a plant, bamboo: I bend but I don’t break and I’m always looking for the sun, my light. A.: That’s a very poetic image. And if you could have any super power, which would you choose? L.: I’d like to run, be able to run really fast. I’m always very slow-paced, I can’t separate myself from this characteristic of mine: when I do physical exercise as well, I’m never as fast as I’d like to be. A.: When we started working together I was extremely surprised by the fact that although you use this apparent slowness as a shield, in actual fact you manage a lot of different things and people all at the same time.When you set foot in the company everyone refers to you: I don’t see a pyramid structure at all, rather, there is a custom of referring directly to you. L.: Everyone who comes from Naples has this slowpaced nature, they’re sensitive people and love art, because they live in a city filled with art. They love the sea and the sun because they live in a place that offers them all of this. There is an affinity between my being bamboo and my Neapolitan origins. A.: Milan, your second home, is the sea-less city par excellence… L.: Milan is the city of business par excellence… but it’s impossible to live here, one needs to live in near the sea. In fact, I personally live in Milan three days a week, but I live in Naples the other four: I split my time so that I can do the artistic-creative part of my job there and the business- related side here. In spite of the fact that Naples is by no means a workaholic city, we have a premium-quality, highly-professional company: Neapolitans excel in tailoring. A.: In fact Kiton is conquering the world. L.: We are carrying on a local tradition which has its roots in the nineteenth century, the European nobility, especially the British, used to come to Italy to have their clothes sewn. At the time, the most famous schools in tailoring were in Abruzzo, Sicily and Naples. By the end of the 1700’s the city of Naples was

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ENGLISH TEXT already international, populated by people from the United Kingdom and Holland thanks to the abundance of painting schools and especially because of Federico II University, the first public, non-religious university in the world. We poured all this culture into tailoring and created products which are truly new and versatile yet steeped in our tradition. A.: Yes, in fact right at the first meeting we had I realised that collegiality is a plus in the company. L.: This collegiality has always been insisted upon by our president, Cavalier Paone. Even today, despite his advancing years, his drive and expressions teach us a lot every single day. He has been able to establish his company with modesty, elegance and a simple manner, but especially with shrewdness. He is at the helm of the company when it comes to important strategic moves, such as the decision to acquire Palazzo Gondrand: now Kiton is an important presence in Milan,and indeed, in the eyes of the world. A.: Going back to the relationship between Kiton and C14, can you describe a postive and negative aspect of our working collaboration. L.: Your studio has a good structure and is organised well: thanks to your consultancy services I learned that the lighting design is one of the first aspects to consider in retail in order to give life and colour to the product itself, so that all the elements come together to create an impact. Then, on a personal level, you remind me of home and the pace of life there: you have a real zest for life! A.: Thanks Lucio, I’m very flattered! I’ll see you at Christmas for a new jacket, don’t forget ! A talk with// Mauro Compagnoni_ Alexander Bellman: Hello Mauro, thanks for being here today! This is going to be really quick and don’t worry, I won’t be asking you any embarrassing questions… First question: who is Mauro Compagnoni? Mauro Compagnoni: I’m a good boy, a family man, father to two wonderful girls. I work a lot, and recently, together with my partners, I embarked on a new adventure in the food industry. A.: We started working together when I won a contract and competed against other architect’s studios. We had already been friends for a while – that’s if I can call someone who beat me several times at tennis a friend: weren’t you worried about mixing your private life with your business life? M.: No, because every time I’ve found myself in similar situations I‘ve always been able to separate the two spheres. As a person I always tend to face problems openly: maybe this is even easier when you’re dealing with a friend. A.: Did you expect Caffè Napoli to be such a resounding success? M.: I would say so, yes, because right from the start I’ve had bags of enthusiasm for the project and complete confidence in my partners, who happen to have thirty-five years’ experience in this sector. Together with C14 we have managed to create a totally new environment compared to the traditional café: a Neapolitan home is the inspiration for our café and within the collective imagination it is also the best place for coffee par excellence.Visitors are not only drawn to the product, but also to the overall concept. Caffè Napoli reflects people’s expectations

regarding both aesthetics as well as the products. A.: This challenge to import a tradition to Milan, a way of experiencing coffee so different to what we’re normally used to, was interesting for us here at C14 too. M.: The only thing we weren’t sure about was the cream that is served on top of the coffee: in Neapolitan homes this cream is made with the first coffee that comes out of the machine, mixed with a little sugar, and we introduced the exact same process. Milanese people, always in a rush and sometimes a bit diffident, didn’t appreciate it at first: now though, our cream meets full approval. A.: Also from a management point of view, the operation was conducted impeccably: you opened a large number of cafès, all at the same time. I have to say that in this regard we did a good job keeping up with you. M.: The branch in via Turati was, in this respect, a case history: only one month after it opened we managed to reach 10-11 kilos of coffee a day. A.: If you could choose a super power what would it be? M.: The chance to guarantee a peaceful, healthy life for my family and dearest friends. As for everything else, money, success, it all comes and goes. A.: A positive moment and a negative one during your working collaboration with C14. M.: The most exciting moment was when you showed us the rendering of the café: I realised then that we’d really hit on something good. Another unforgettable moment was the official opening of the first Caffè Napoli in Largo La Foppa: after so many years working in the digital field it was so thrilling to come back to interacting with the general public, to the front end, to the pursuit of the commercial part of business. Having a cafè on the street brings you into contact with people, chance meetings that sometimes might just change your life. I don’t think there have been any particularly critical moments. Maybe just some little misunderstandings that were immediately cleared up with humour. A.: I, on the other hand, will never forget that time when you were losing 5-1 in a tennis match you caught up and ended up winning… So rude, you took me totally by surprise! Joking aside, for the concept of the café we started with a quote by Luciano De Crescenzo: “When a Neapolitan is happy for some reason or other, rather than buying just one coffee, the one he is about to drink, he pays for two, one for himself and one for the person who arrives after him. It’s like buying a coffee for the rest of the world”. How was this tradition received in the various branches of Caffè Napoli? M.: Initially, the people of Milan didn’t really get the meaning of the “suspended coffee” but it didn’t take them long to fall in love with this quaint Neapolitan custom. Now, customers love reading their name on the blackboard where we write who has donated a “suspended” coffee. I can honestly say that Milan deserves its reputation: it truly is a generous city, it’s all heart. A.: And Milan feels the same way: nowadays everyone rates Caffè Napoli as one of the best cafés in the city! When’s the next new project coming? M.: We’ve been working on something for months now, but I don’t want to jinx it by talking about it now… all I can say is that the area is Asian-oriented

food. I’m not saying anymore than that! A.: Last question: the flaws and virtues of C14? M.: Let’s start with the flaws: when we started working together your core business didn’t include assisting your client from a bureaucratic perspective yet, while we were used to receiving “turnkey” products. Now, our relationship functions perfectly because you organised yourselves in order to be able to offer this service. The virtue I appreciate the most is your willingness to help: the whole team immediately understood the idea behind Caffè Napoli and got down to work with passion and dedication. My contact people - Rossana, Matteo, Alessandra, Oscar – help me out all the time, I hear from them at least once each day whenever I have a question about something, or even just for a piece of advice. C14 is always there and this is a fundamental plus for us. A talk with// Velasco Vitali_ Alexander Bellman: We have a classic question, one that I absolutely have to ask you: who is Velasco Vitali? Velasco Vitali: I’m someone who does lots of different things while trying to find as much fun and interest as possible. I wouldn’t add anything else to that. A.: We’ve been working together for years now: do you still find working with me and C14 stimulating? V.: I wouldn’t ask myself that question, as it goes against who I am. The fact that we’re still here means that no, I’m not bored yet. A.: Working in an artistic environment is very appealing in my opinion, because it gives me the chance to express myself immaginatively. Having the opportunity to work in this field is a plus for my work as a whole, it brings a freshness to everything else. I’ll always be grateful to you for that V.: That feeling of gratitude is mutual, because I have free reign in creative terms but I need someone to support my projects from a structural point of view. This need, which springs from a technical issue, becomes – once it is implemented – a creative need too. A good conceptual idea isn’t enough, it needs to be staged and installed. A.: It’s interesting to underline how technical solutions often turn into technical-aesthetic solutions, because they are dropped into, concealed within the system of the work of art. V.: In fact this subject interests me greatly, as does the idea of enriching a project with little secrets, such as light that looks natural but isn’t: it appears as though there’s no contribution but the whole system works. Sometimes you need to make something fake in order to make everything real again, how it should be or how it was: this is quite a difficult technical task. Creating an appearance which isn’t vulgar, isn’t obvious or theatrical but is concealed, so that the visitor gets an impression and feels comfortable within the environment in which the piece is installed.A work of art has to send you signals, but basically, create a natural disposition to want to look at it. This is a crucial piece of information for the person who has to position it in a space: I talk about this a lot with my collectors, because it has to be clear that the sculpture is not merely a decorative piece, quite the opposite in fact, it is a contaminating agent, and simultaneously, a “ contaminated action” of the space in which it is


inserted. When the visitor observes it, he should perceive this fact as something natural. A.: I see what you mean, although I wouldn’t completely detract the decorative aspect from its overall value. In my job, decoration – the “skin” of buildings – has extremely high content: in my opinion it doesn’t make sense to place importance on technique whilst removing the poetic from form, but rather recognise the fact that the surface also holds significant power, indeed sometimes it is the content itself. Especially since it is on the decoration where light flows. And all the work concerning light, connected to the surface of objects, is naturally essence.The problem lies with decoration designed as prettifying for the sake of it, like enriching merely for opulence. This is a tricky issue, very close to my heart, also and above all when we work abroad. V.: Around this problem though, our plans start to diverge. A work of art is more complex, yet in some ways it’s more simple, in that as I see it, the object as it appears already possesses content and significance, while in architecture it could be completely neutral. But this applies to me: I try to establish a direct relationship between the three planes - material, language and content – compacting them on a single level and thus eliminating the possibility of a neutral plane. This is why, in addition, I try to obtain a completely clean environment, including the lighting: the visitor mustn’t experience any interference with his relationship with the work of art. A.: Obviously in architecture this isn’t possible because there is always a functional theme. On the other hand, I really enjoy designing façades, as it involves a series of different, challenging difficulties: a problem with light during the day and light at night, a problem with the surfaces, a problem with the pre-existing structure – steps, for example. V.: In this case, your job is foremeost, it takes centre stage. Usually, though, when we work together, our professional collaboration means that you take a back seat in a way: I believe it’s a complex role, as it involves you supporting something by means of an intervention which appears as though it shouldn’t be seen. I like this approach, both as intention and as design method – designing absence is not an easy task. A.: Do you need to be able to speak the languages in order to understand the piece? V.: When you know them it improves the value of your emotions. But it’s not absolutely necessary. It means going back to the simplest statement someone can make when standing in front of a piece of art: “I like it”. Full stop. From that point onwards it gets interesting when you decode this positive emotion. This is a very meaningful process, because it’s a way of understanding ourselves. Why do we like certain things? Why do they tap into particular emotional systems? What are we inclined towards? In the end you’re left with a sort of recognition of your own sensorial map. It’s undoubtedly very useful to investigate the reasons why someone else’s language communicates something to us. Linguistic codes is definitely a topic to think about, maybe it’s the first step. Otherwise we talk about “poetic” in abstract, vague terms. From a romantic perspective

which in actual fact has very little subsyance to it. In sculpture, for example, questions surface immediately: why is it made of iron? Why is it welded? Why is it that colour? Why is it positioned and oriented in that way? Why that choice of light and shadow? This produces a wealth of information which is in itself significant which contributes to the final meaning. I’m always fascinated by this complexity in an artist. And the artist needs technical support. A.: As far as I’m concerned, design is a combination of increasingly complex codes, even though in actual fact we also try to obtain superficial appreciation. V.: This is an interesting subject, and it opens up a wealth of denser issues: the possibility that the codes themselves undergo a mutation when they are interpreted, for instance… But we started out with the idea of a light-hearted interview I seem to remember! I expect more everyday questions. A.: You’re right, let’s move on to your fondest memory of your years with C14. V.: My best memory is of when you jumped into the icy waters of Lake Maggiore fully-clothed to adjust the position of a part of the piece on the bottom of the lake, it could only be done underwater… even the scuba divers bailed out! I filmed the whole scene, from the boat of course. That was a lot of fun. A.: If you could possess a super power, what would you choose? V.: I’d definitely like to be a Japanese super hero. All I need is the knowledge that I came out of a pen, from the head of one of those artists. I don’t have a particular name in mind, but that’s the world I?m talking about: the Japanese super hero doesn’t have any particular physical abilities, but he saves the situation which, in most cases concerns the basic relationship between man and woman. A.: Velasco, thank you.

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