Alessandro Sesto
L’OCCUPAZIONE Romanzo
© 2017 Gorilla Sapiens Edizioni, Roma www.gorillasapiensedizioni.com ISBN 9788898978335 Copertina di: Patrizio Anastasi
1. Secondo Andreas, la migliore serie televisiva americana di quell’anno era stata Roger. Roger era un prestigiatore nano di New York che aveva fondato un culto in Messico. Inizialmente si trattava di una religione per pochi derelitti analfabeti che credevano ai suoi artifici e si facevano impressionare dal suo buon senso, poi diventava un cartello della droga, di cui però facevano largo uso anche gli adepti, e quindi forse era più una cooperativa della droga che un cartello, e infine si estendeva agli Stati Uniti, sia come operazione religiosa che criminale. Roger era motivato da noia, curiosità e volontà di sfida, o magari, non si poteva dire, era solo trascinato dagli eventi. Si asteneva dal sesso e conduceva una vita spartana occupata da questioni di strategia e comando. Parlando al suo cane, diceva che per lui l’unico momento di piacere della giornata era quando la sera sul terrazzo beveva un bicchiere di porto e fumava una sigaretta, e anche in quel momento, a metà sigaretta si era già scocciato. Sulle attività illecite del culto indagavano un poliziotto alto e bruno, un tipo concreto, e da una giornalista bionda e idealista, che era stata sua moglie e con la quale condivideva una figlia di quindici anni, biondissima e idealistissima, per così dire, che nella seconda stagione diventava membro della setta e
confidente del nano, spodestando il cane. Alla fine di questa seconda stagione Roger, insidiato da polizia, seguaci frondisti e delinquenti rivali, si era salvato all’ultimo momento così tante volte e giocandosi così tante ultime carte da rendere grottesca l’idea di una prosecuzione della storia. La scampava ancora, invece, convertendo alla sua religione una figura chiave del governo messicano, grazie all’apparizione di un gigantesco orango. A questo punto prendeva corpo l’ipotesi che Rogers fosse realmente Ek Chuaj, la divinità Maya protettrice dei commercianti e del cacao che affermava di essere, o almeno che avesse dei poteri paranormali, o delle capacità ipnotiche tali che, se non paranormali, erano comunque senza simili nella realtà. Insomma la cosa sembrava virare verso la stronzata, ma poi nella terza stagione emergeva che l’alto ufficiale messicano soffriva di allucinazioni e aveva creduto di vedere oranghi dorati messianici in precedenza, quindi si era trattato solo di sfruttare con fine psicologia questa sua debolezza. Intanto però la palette di colori della fotografia, che inizialmente era composta dal giallo, marrone e azzurro del deserto e del cielo, con la nettezza naturale di questi colori in quell’ambiente, era mutata, prendendo i rossi cupi e gli ori del bunker-santuario di Roger, sfumati e ondeggianti come nella visione dei suoi accoliti
drogati. Comparvero altri oranghi in posti dove non avevano ragione di comparire, probabilmente erano trucchi o magie, ma potevano essere allucinazioni del nano, anche se sembravano più che altro allucinazioni degli sceneggiatori. Andreas temette che, superato il rischio del paranormale, il telefilm prendesse una svolta onirica, ma l’attore che interpretava Roger, che era anche autore della serie, si suicidò, ponendo fine alla serie stessa, che acquistò così finalmente notorietà e divenne, ironicamente, una serie di culto. Per Andreas, Roger raccontava l’inquietudine, e anche il desiderio di sovvertire tutto per il solo gusto di farlo. Secondo Nora, che lo guardava con lui, il telefilm era una scemenza hollywoodiana, una banale variazione sul tema dell’uomo sfortunato per nascita che si vendica punendo il mondo. Guardando Roger si concedevano i burritos particolarmente gustosi di un take away che poi aveva chiuso, quindi la nostalgia di Andreas per il nano malinconico si mescolava a quella per i burritos, fino a che poi entrambe sarebbero confluite nella nostalgia per Nora, assieme a quasi tutto il resto. Sempre quell’anno ebbe molta fortuna una serie intitolata Buttafuori. La storia consisteva nella narrazione della vita di un buttafuori quarantenne vedovo che veniva proposto come una
persona buona e coraggiosa ma comunque del tutto normale, e che però dai fatti emergeva come un misto tra un superuomo e un santo, che salvava da malvagi e indirizzava a una vita più equilibrata una infinita teoria di donne giovani e bellissime, di cui rifiutava poi le offerte sessuali, vedendosi più come un padre, o magari uno zio eccezionalmente forte e benevolo, per ciascuna di loro. Ogni episodio si esauriva senza lasciare strascichi, e la serie andava avanti di cliché in cliché senza che si svolgesse di fatto alcuna storia. L’anno successivo Andreas cominciò a guardare una web serie semipornografica ambientata
in
giapponese una
versione
intitolata
Voga
fantastica
della
veneta
e
Firenze
rinascimentale. Il protagonista, Machiavelu, era un gondoliere (sull’Arno) che nella vita precedente era stato un pesce di specie guppy. Nei guppy il maschio è molto più piccolo della femmina e la penetra di sorpresa, per un istante e quasi senza farsi accorgere. Machiavelu tentava di creare condizioni simili nelle sue avventure erotiche, lavorando d’astuzia per trovarsi a contatto con donne maestose e terribili, verificare prima che lo considerassero un nulla, sedarle con pozioni magiche dall’efficacia incerta, e poi accoppiarcisi in fretta, eccitato dalla paura che si svegliassero. La voga veneta è lo stile di remata che
consente di mandare avanti la barca con un remo solo, ma chiaramente il titolo alludeva ad altro, e infatti nelle immagini della sigla Machiavelu conduceva la gondola tenendo il remo in mezzo alle gambe. L’anno dopo ancora gli Stati Uniti furono occupati dall’Europa Unita, anzi da un’entità che si definiva Paesi Uniti d’Europa, di cui faceva parte anche la Russia e che aveva sostituito l’Europa Unita e gli stati membri, contestualmente all’occupazione degli USA. A quanto pare questi due eventi epocali si erano verificati senza alcun preavviso e nello stesso momento. Andreas lesse la notizia sul New York Times online alle due del mattino, era rimasto a guardare le avventure di Machiavelu fino a quell’ora mentre Nora dormiva a fianco a lui. La svegliò e le mostrò l’articolo. Controllarono insieme i giornali: alcuni riportavano la notizia dell’invasione, impiegando tutti quasi le medesime parole, altri non la riportavano affatto. Il gruppo di quelli che la riportavano però andava aumentando. Sembrava che tanto l’occupazione degli USA che il cambio di regime in Europa, che tecnicamente era un colpo di stato, fossero avvenuti senza violenza o quasi del tutto senza violenza, in circostanze ancora sconosciute. Dopo un’ora, sul San Francisco Chronicle online comparve un articolo che parlava non dell’occupazione ma del
fatto che molti giornali ne avessero riportata la notizia, aggiungendo che era del tutto falsa, e che però la diffusione della stessa non era una burla ma qualcosa di pericoloso e di sinistro. Verso l’alba l’informazione era divisa. Il 70% circa sosteneva che l’occupazione era realmente avvenuta, e che i fatti si erano verificati nei palazzi del potere, dove i rappresentanti delle entità prevalenti avevano dimostrato a quelli delle entità soccombenti di avere acquisito il controllo dei sistemi informatici in uso presso i loro eserciti, e che quindi uno scontro non era neppure proponibile. Gli altri media, minoritari ma comunque autorevoli, soprattutto tra loro alcuni quotidiani e reti televisive europei, sostenevano invece che un gruppo di terroristi, o forse di pericolosi buffoni, aveva preso il controllo del resto dei mezzi di informazione. Alle otto del mattino un giornale spagnolo trasmise un filmato nel quale il presidente degli Stati Uniti, sicuro di sé e in ottima forma, dichiarava che la notizia dell’occupazione era falsa, che non si sapeva ancora come avesse potuto diffondersi in modo così efficace e che i responsabili avrebbero pagato le conseguenze delle loro azioni. Mentre però l’onda del non è successo causata dal video si estendeva alle altre fonti di informazione, una emittente televisiva americana trasmetteva un
altro messaggio del presidente il quale, affiancato da un tizio biondo con una pacchiana uniforme militare che nessuno aveva mai visto prima, diceva che l’occupazione era avvenuta realmente, che il nuovo governo avrebbe presto reso noto come intendeva governare, e che il messaggio diffuso in precedenza era una finzione digitale organizzata da informatici militari americani i quali, disattendendo l’ordine di arrendersi, resistevano, mettendo l’intera popolazione a rischio, non un grave rischio in realtà, considerato che gli occupanti erano tutto sommato miti e benevoli, ma più che altro causando il perdurare di fastidi e incertezze che altrimenti sarebbero subito cessati. Dopo questa seconda apparizione le affermazioni dei media relativamente
a
cosa
stesse
realmente
accadendo
si
moltiplicarono. Nelle due ore successive vennero diffusi altri dodici filmati del presidente, ciascuno dei quali smentiva i precedenti. Alle dieci Die Zeit pubblicò un video, dichiarando di averlo ricevuto dal suo inviato alla Casa Bianca ma di ritenerlo comunque un falso, un video appunto nel quale il presidente degli Stati Uniti in pantaloni corti e canottiera sedeva su un terrazzo di una località balneare, di fronte alla telecamera e dando le spalle al mare, e beveva quello che sembrava un mojito o qualcosa di simile, guardando avanti con aria assente,
stringendosi ripetutamente nelle spalle e muovendo la bocca come per seguire un suo dialogo interiore. Sullo sfondo passava a intervalli regolari una gigantesca balena. Andreas e Nora non erano ancora andati a lavoro e non avevano neppure chiamato per avvisare del ritardo. Di fuori, la strada era silenziosa. I parenti e amici che avevano contattato in quelle ore erano tanto perplessi quanto loro. Decisero di comportarsi normalmente, e uscirono per andare in ufficio. Il ritardo fu accettato senza problemi, non erano i soli ad avere tardato. Mentre lavorava, Andreas pensò a cosa sarebbe cambiato per lui se veramente era in corso un’occupazione, e pensò che non gli importava niente della nazione, della bandiera o dei suoi concittadini. Gli importava di sé, di Nora, dei suoi genitori e poco altro. Forse il suo egoismo era mostruoso, o magari invece tutti segretamente pensavano così e tutti avevano sempre pensato così, e le poesie e i bei proclami erano solo ornamenti, diciamo. Non poteva andare in giro a chiedere una cosa simile, e quindi sarebbe rimasta un mistero. La sera tornato a casa provò ancora a orientarsi nelle informazioni fornite da quotidiani e telegiornali. La novità più rilevante consisteva nel fatto che alcune testate si erano sdoppiate o triplicate, e ciascuna accusava i suoi analoghi di essere un impostore. Il fenomeno era in
crescita, ed era facile prevedere che presto l’identità di ogni fonte di informazione sarebbe stata contestata dalle altre. C’erano già tre sedicenti New York Times sul web, e il giorno dopo ne sarebbero arrivati nelle edicole due cartacei diversi, che non corrispondevano a nessuno dei tre elettronici. Ogni dichiarazione era accompagnata da filmati volti a comprovarla, filmati ai quali però nessuno attribuiva più alcun valore. Non sapremo mai più un cazzo di niente, pensò Andreas. Quella sera lui e Nora cenarono con un amico, un altro programmatore. Il ristorante funzionava come sempre. Osservarono che il problema erano i giudici e i poliziotti, come avrebbero scelto gli ordini da seguire? I vicini di tavolo si unirono alla conversazione. A fine serata tutti i clienti del locale si scambiavano opinioni rassicurandosi a vicenda. Siamo brave persone, ci aiuteremo tra di noi, facciano quello che vogliono a Washington. Fu una cena confortante, ma occorre dire che tutte le fonti d’informazione concordavano sul fatto che non ci sarebbero stati violenti sovvertimenti dello status quo, e quindi infine non era impossibile consolarsi. A casa, Nora e Andreas guardarono una puntata del Buttafuori, cullandosi nel suo mondo lineare di belle donne in pericolo e cazzotti ai cattivi, e poi fecero l’amore con un impeto speciale, che dopo derisero
insieme chiamandolo scopata da sopravvissuti. Prima di dormire Andreas fantasticò di essere un ufficiale dell’esercito occupante, un invasore buono, comprensivo, pensieroso, che però in diverse situazioni metteva a posto il Buttafuori e la sua prepotenza. Persino il Buttafuori doveva adeguarsi al nuovo ordine, e le sue donne guardavano con curiosità a questo militare taciturno, che senza interesse personale e quasi suo malgrado esercitava un potere insuperabile su tutti loro. Quando nei pensieri comparve la ragazza che avevano conosciuto quella sera al ristorante, una ucraina che aveva detto mi basta che non vengano i russi, capì che aveva perso il controllo della sua immaginazione, e si stava addormentando. Passarono tre mesi e, come ogni settembre, la cugina di Nora venne a Manhattan per seguire la Settimana della Moda, e li invitò ad accompagnarla a una festa. La cugina era ricca di famiglia, si occupava appunto di moda, e abitava in un quartiere elegante di Brooklyn. Viveva in un posto diverso e frequentava persone diverse, e quindi era nella posizione per dare indicazioni interessanti su cosa stesse accadendo nel mondo secondo un’altra prospettiva, ma era anche una che non capiva le cose, e non riportava mai i fatti di cui aveva esperienza senza passarli prima al filtro della sua errata comprensione, e così non le
chiesero niente, salvo come vestirsi per la festa. Anche queste istruzioni non furono efficaci, tuttavia. Appena superata la porta della villa che ospitava il party, infatti, Nora e Andreas capirono che la loro estraneità sociale era evidente. Probabilmente però questo non era colpa della cugina, probabilmente non c’era niente da fare. A ogni modo, vennero accolti cordialmente in tutti i gruppetti dove vollero entrare, anzi venivano trattati come merce preziosa, poiché sembravano l’unico pubblico che qualcuno
potesse
sperare
di
stupire
a
quella
festa,
un’impressione giustificabile ma senz’altro sbagliata, perché Nora e Andreas erano due stronzi intellettuali, cinici e inclini al dubbio. Andreas venne attratto da un capannello di persone più o meno della sua età, che parlavano della situazione politica. Davano l’avvenuta occupazione per scontata, e discutevano di quali aree degli USA fossero state assegnate in gestione ai militari di quali paesi. Secondo loro Manhattan era andata a un generale portoghese, con un entourage di italiani, spagnoli e addirittura rumeni. Ci è andata bene, dicevano. Poi quando passava vicino un ospite italiano abbassavano la voce e si scambiavano sorrisi complici. Andreas chiese perché era andata bene, e un uomo alto e biondo – ma in realtà in quel gruppo erano tutti alti e biondi –
gli rispose che gli europei meridionali volevano solo spassarsela e mangiare a sbafo, mentre i tedeschi volevano comandare sul serio, e i russi, che erano i peggiori, entrambe le cose. Tutti risero, quindi forse era una battuta. Poi qualcuno disse che i russi erano nel Bronx, e così gli altri risero di nuovo, perché ci mancava solo un’occupazione russa, al Bronx. Nora invece si era seduta con delle persone un po’ più grandi di lei che stavano ascoltando il monologo di un italiano, un cinquantenne ben vestito che Nora aveva catalogato come un divorziato recente. L’italiano, disse poi Nora ad Andreas, parlava di Satana come se fosse una figura di cui nessuno poteva mettere in dubbio l’esistenza e presenza materiale nel nostro mondo, e diceva che Satana era sempre inquieto e insoddisfatto, sempre in viaggio alla ricerca di un posto migliore dove alloggiare, un posto con superfici lisce e sintetiche, luci al neon, dove ci fosse gente, e che quando li trovava c’era però sempre qualcosa che lo disturbava, qualcosa che all’inizio sembrava del tutto superabile ma poi prendeva gradualmente a ossessionarlo, occupava i suoi pensieri e guastava tutto il piacere che l’alloggio poteva dargli, e così si spostava di nuovo, portandosi dietro i suoi demoni e le sue diavolerie. Fino a pochi mesi prima, diceva l’italiano, Satana aveva vissuto nell’aeroporto di Milano Malpensa, ma poi aveva
cominciato a pensare agli aerei come croci, croci volanti, e allora tutti i diavoli a dirgli che se uno inizia a vedere croci dove non ce ne sono è finita, nessun posto può più andargli bene, e invece a Malpensa c’era tanto da salvare, i panini, il parcheggio, lo sguardo degli operatori aeroportuali, e mentre peroravano Satana aveva già deciso che se ne dovevano andare a fanculo da quello schifoso aeroporto pieno di fetentissime croci, e di fretta, anche. Finito il discorso l’italiano aveva preso Nora da parte e le aveva detto che lei aveva qualcosa di speciale, che era diversa dalle altre invitate. Nora aveva risposto che era molto probabilmente la più povera, e sicuramente la più brutta, almeno tra quelle sotto i quaranta. C’erano molte modelle ed ex modelle. Poi gli aveva chiesto se il pezzo su Satana fosse teatro, cabaret, letteratura, o una barzelletta. Insomma cosa cazzo voleva dire. Quello aveva replicato che dopo Bulgakov e Dostoevskij i diavoli letterari non erano migliorabili, e andavano lasciati stare. Lui era un satanista e, dando al discorso il giusto significato, parlava sul serio. Sorrideva e le toccava una spalla, come se tra loro ci fosse grande intesa. Nora si era allontanata, aveva raggiunto Andreas e gli aveva detto: — Questi sono deficienti. — Sì, ma magari sanno qualcosa.
— Tanto a che ci servirebbe? Era vero, Andreas non sapeva a che potesse servirgli sapere qualcosa. Era curioso, tutto qua. Si fece dare dal biondo di prima il numero di telefono e l’indirizzo di un paio di blog che dicevano come stanno le cose, salutarono la cugina e tornarono a casa. Nora si addormentò subito, aveva bevuto. Andreas rimase sveglio, e invece che andare a vedere i blog rivelatori scaricò una puntata nuova di Voga Veneta. Machiavelu cercava soddisfazioni nell’ambiente dell’ultimate fight femminile, e corrompeva una combattente perché questa, in un incontro di allenamento a palestra vuota, immobilizzasse la rivale sul ring in una posizione che, diciamo, consentiva l’accesso. Messo in atto il suo piano, Machiavelu sbucava da sotto una panca per i pettorali e faceva i suoi comodi, attardandosi fino a che la complice fosse esausta, e il rischio che la vittima si liberasse e si vendicasse fosse massimo. Il custode, che osservava la scena masturbandosi con l’ausilio di un gigantesco guantone da boxe, era il presidente degli Stati Uniti. Trascorsero un paio di mesi senza novità, poi venne Natale e Andreas e Nora si separarono per andare a trovare le rispettive famiglie, Andreas in Germania, e Nora a Brooklyn. A Santo Stefano, quando era ancora ad Amburgo dai suoi genitori,
Andreas ricevette da Nora una email, diceva che lei da un po’ di tempo aveva conosciuto un’altra persona, che finché Andreas era in Germania aveva portato via le sue cose dall’appartamento, che gli voleva bene, che tutto ciò era molto doloroso, anzi era orribile, ma non si poteva evitare, e insomma quello era un addio. Nora era una persona seria, sensibile, controllata e ragionevole, quindi quello che scriveva andava preso alla lettera. Sicuramente aveva pesato bene parole e azioni. Andreas subito dopo avere letto andò in bagno a vomitare. Nonostante il momento ebbe la freddezza di notare che anche quando lo aveva lasciato la sua precedente ragazza aveva vomitato, ma meno a lungo, e che questa differenza rifletteva la superiorità di Nora all’altra in ogni cosa. Poi scrisse al suo amico, quello con cui erano andati a cena la sera dell’occupazione, dicendogli che Nora lo aveva lasciato per un tipo misterioso, chiedendo se aveva idea di chi potesse essere, e anche, scherzando ma non del tutto, chiedendo se questo terzo non fosse lui. Nora e Andreas frequentavano poche persone, e di quelle l’amico, che si chiamava Jacob, era l’unico che, per quanto improbabile, Andreas poteva immaginare come amante di Nora, forse perché era quello che più somigliava a lui. Jacob come risposta gli mandò lo screenshot del suo desktop, sul quale si vedeva una
partita di go, i cosiddetti scacchi cinesi, in corso. Considerata la quantità di pietre sul goban, la partita doveva essere in corso da parecchio tempo. La foto significava, ironicamente, proprio io. Jacob passava gran parte del suo tempo libero a giocare a go online o a guardare telefilm, e non era mai scappato con la donna di qualcun altro. Chattarono un poco dell’argomento. Jacob disse che di donne e relazioni romantiche non sapeva quasi niente e quindi non poteva essere di aiuto. Ispirandosi alla sua esperienza della vita in generale invece, poteva commentare che c’era poco di buono da aspettarsi, dalla vita stessa, i tre anni passati felicemente in coppia con Nora erano già un ottimo bottino e Andreas, superato l’ovvio shock del momento, da una prospettiva più alta doveva essere soddisfatto. La situazione in cui ti trovi ora, aveva aggiunto, è la mia vita da sempre. Si rendeva conto però che questo non era un ragionamento che Andreas potesse accettare del tutto. Infine, disse che secondo lui Nora lo aveva conosciuto via internet, lo stronzetto misterioso. Era la cosa più ovvia, e Andreas non ci aveva pensato solo perché era troppo scosso per ragionare. Dopo la chiacchierata Andreas provò a scrivere a Nora, ma non ci riuscì. Allora scaricò la prima puntata di Sovrani del Goban, un anime giapponese che descriveva lo scontro tra due divinità,
incarnate in due bambini sovrappeso, che messi a dieta dalla governante si giocano tre pezzi di sushi a go. La partita incidentalmente decideva le sorti del mondo, mondo che l’anime identificava con gli USA. I due bimbi comparivano all’inizio di ogni puntata, la quale poi, conclusasi la loro scena, raccontava di uomini politici che si disputavano il governo degli Stati Uniti. Le azioni degli uomini politici avrebbero dovuto corrispondere alle mosse fatte dai bambini sulla scacchiera all’inizio, ma gli sceneggiatori non erano dei mostri di logica né di accuratezza, per cui la coincidenza era spesso molto blanda o inesistente, e ad Andreas l’anime sembrava semplicemente un racconto del tipo intrighi a corte. Pur di non scrivere a Nora, tuttavia, ne guardò cinque puntate. Durante la visione colse molte occasioni per piangere, non era una serie drammatica ma anche i politici avevano i loro problemi, si fece una sega ispirata a una generosissima versione manga della Lewinsky, chiamata Kandinsky nella serie, pensò per un istante che a sapersi accontentare uno diventava indistruttibile, poi si commiserò ancora, poi la nostalgia divenne impossibile da sopportare, poi prese del lexotan, dopo il lexotan pensò per un attimo ma chi se ne fotte e infine si addormentò all’alba.
Il giorno successivo doveva rientrare a New York. Fece colazione con i genitori. Secondo loro non era l’Europa ad avere occupato gli USA, ma più probabilmente il contrario. Infatti erano arrivati diversi americani ad Amburgo, e questi americani non parlavano neanche il tedesco, non volevano impararlo e si davano un sacco di arie. Avevano proprio delle facce di merda da invasori, dicevano. Poi gli raccomandarono di stare attento ai riots. Erano convinti che in America ci fossero continui riots, cioè: quando i negri escono in strada e distruggono tutto. Ne avevano fatti anche in Germania i neri, di questi riots, e poi avevano cercato di fare dei riots pure i russi, i turchi e dei giovani tedeschi tifosi di calcio, ma i neri glielo avevano impedito a cazzottoni, calci nelle reni e sprangate, perché i riots dovevano farli solo loro. Adesso in Germania era tutto tranquillo, ma in America, loro sapevano, la situazione era ancora pericolosa. Andreas disse che non c’era da preoccuparsi. Andarono all’aeroporto. Faceva freddo, la strada era ghiacciata e suo padre guidava con cautela. Andreas pensò che i suoi avevano di molto ristretto la cerchia delle persone che approvavano o anche solo tolleravano, fino praticamente a ridurla a loro stessi e a quella che inconsciamente ritenevano l’astrazione di loro stessi, cioè
ogni altro tedesco sessantenne di origini albanesi. Quando si salutarono si commossero tutti e tre.
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