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fotografia artistica contemporanea
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aura, fotografia artistica contemporanea è una rivista indipendente di fotografia nata dall’esigenza di voler realizzare un prodotto editoriale che potesse fare da vetrina per i fotografi dell’Accademia di Belle Arti di Roma. Lo scopo di questa rivista è quello di mettere in risalto la fotografia artistica come una nuova forma di arte contemporanea e i fotografi emergenti.
Ogni artista fotografo, ogni progetto fotografico sarà unico per linguaggio, espressione e comunicazione visiva. I fotografi che vedremo in questa rivista approcciano a questa forma d’arte da diversi punti di vista, con diverse contaminazioni e diversi stili fotografici: documentaristico, moda, street, fotografia intimista... sempre mantenendo un linguaggio artistico contemporaneo che è alla base di questa rivista.
La rivista prende il nome dal concetto di “aura” di Walter Benjamin che afferma che il mezzo fotografico, essendo un mezzo che produce, riproduce immagini a livello di massa, le trasforma continuamente, attraverso la moltiplicazione perdendo in questo modo l’aura, ossia, perdita di unicità ed essenzialità di un’opera d’arte. La mia rivista, che prende il nome di aura, ha l’intento di ribaltare questo concetto di Benjamin facendo appropriare alla fotografia lo status di opera d’arte nel linguaggio artistico contemporaneo e non come esclusivamente mezzo di riproduzione seriale di immagini.
Giulia De Rubeis Founder, Editor, Art Director
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In termini sociologici e antropologici, la concezione che un individuo ha di se stesso nell’individuale e nella società, l’insieme di caratteristiche che rendono l’individuo unico e inconfondibile.
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Editorial / Il concetto d’identità, nella sociologia e nelle altre scienze sociali riguarda la concezione che un individuo ha di se stesso nell’individuale e nella società. L’identità è quindi l’insieme di caratteristiche uniche che rendono l’individuo unico e inconfondibile, e ciò che ci rende diverso dall’altro. L’identità però non è immutabile, si trasforma con la crescita e i cambiamenti sociali. La formazione dell’identità si può distinguere in modo generale in quattro componenti: di identificazione, di individuazione, di imitazione e di interiorizzazione. Con la prima il soggetto si rifà alle figure rispetto alle quali si sente uguale e con le quali condivide alcuni caratteri; produce il senso di appartenenza a un’entità collettiva definita come “noi” (famiglia, gruppo di pari, comunità locale...). Con la componente di individuazione il soggetto fa riferimento alle caratteristiche che lo distinguono dagli altri, sia dagli altri gruppi a cui non appartiene (e, in questo senso, ogni identificazione/inclusione implica un’individuazione/esclusione), sia dagli altri membri del gruppo rispetto ai quali il soggetto si distingue per le proprie caratteristiche fisiche e morali e per una propria storia individuale (biografia) che è sua e di nessun altro. Attraverso l’imitazione, che è intesa come attività di riproduzione conscia e
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inconscia di modelli comportamentali, l’individuo si muove in maniera differente all’interno della società a seconda del contesto sociale in cui si trova. Infine, l’interiorizzazione permette al soggetto di creare un’immagine ben precisa di sé grazie all’importanza che hanno i giudizi, gli atteggiamenti, i valori e i comportamenti degli altri sui noi stessi. L’identità riguarda quindi, per un verso, il modo in cui l’individuo considera e costruisce se stesso come membro di determinati gruppi sociali: famiglia, nazione, classe sociale, livello culturale, etnia, genere, professione, e così via; e, per l’altro, il modo in cui le norme di quei gruppi fanno sì che ciascun individuo si pensi, si comporti, si situi e si relazioni rispetto a se stesso, agli altri, al gruppo a cui afferisce e ai gruppi esterni intesi, percepiti e classificati come alterità. Il corpo, per quanto riguarda l’identità, è inteso come il mediatore tra noi e il mondo, una conoscenza incorporata. Si definisce antropopoiesi (Francesco Remotti) la modifica del corpo per motivazioni culturali, serve alla persona a definire la propria identità rispetto agli altri, a mostrare alla società in che fase della vita si trova. Le differenze anatomiche tra maschio e femmina sono la prima base classifica-
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toria e per la differenziazione culturale e sociale. La separazione, esclusione, distinzione tra sessi è applicata attraverso simboli, pratiche e attribuzioni di ruoli reali ed immaginarie. Tutti noi rivestiamo più ruoli, di conseguenza abbiamo un’identità multipla, definita come identità sociale. È opportuno, infatti, chiarire che l’identità è contestuale e relazionale, cioè essa può variare in base al contesto, al ruolo che si intende assumere in tale contesto ed alla posizione, autodeterminata o meno, che si gioca (o ci viene fatta giocare dagli altri con le loro identità) all’interno della rete di relazioni e percezioni (simmetriche ed asimmetriche) al cui interno ci si trova inscritti ed attivi. Proprio per questa molteplicità, perché possa essere compreso il concetto di
identità è necessario assumere, allora, che vi debba essere un elemento di riferimento: l’alterità. In questo primo numero di aura si vuole indagare e affrontare la tematica dell’identità in tutte le sue sfaccettature attraverso gli occhi dei fotografi dell’Accademia di Belle Arti di Roma che hanno partecipato realizzando dei progetti che mirano ad affrontare la tematica dell’identità secondo la loro sensibilità artistica. Ogni loro progetto, accompagnato da una spiegazione, è unico per interpretazione della tematica, linguaggio e realizzazione arricchendo a livello visivo quella che è la definizione letteraria di identità.
“Vivere è costruire un’identità personale autentica, in mutua relazione con l’alterità.” 9
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Chiara Taraborrelli / (Un)know /
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Angela Visconti / La Casa della Memoria /
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Maria Elena Vecchio / Nubìvago /
Matilde Cenci / La prima volta che ti ho vista / Chiara Cartisano / Metamorfosi /
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Elisa Corsi / Palingenesi /
81
Clarissa Vivirito / I colori della diversità /
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Fany Hu / La Famiglia Ideale /
113
Alessia Baldi / unicum /
123
Pietro Paolo Boccio / Sublima /
133
Flaminia Foci / L’intima bellezza /
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Gianmarco Campagna / Nei suoi panni /
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Wang Mengfan / Uova Sangue Funerale /
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Alessia Colella / Punti di vista /
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Pietro Bongiovanni / La Velata /
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Carmen Elena Zaharia / Identità /
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Derek Marchetti / Dysphorie /
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Luca Verardi / Cuore di cane /
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Maria Elena Vecchio /
Nubìvago /
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Questo significa che esso è, a un tempo, punto di vista e punto di partenza; un punto di vista o un punto di partenza che io sono e che insieme oltrepasso verso ciò che ho da essere.” In questo progetto la percezione che si ha di un corpo è data attraverso una storia visiva a più livelli utilizzando foto, documenti d’archivio e album di famiglia. C’è una parte in cui vengono raccolte storie basate sulla memoria. L’altra parte, si concentra sul paese di origine e su un luogo in particolare. Grazie al luogo e ai documenti si forma un concetto di identità basato sulla ricostruzione e fantasia.
agg. e sost. che vaga tra sogni e idee “Egli, il nubivago, l’abitatore delle splendide spelonche istoriate, il re decadente che si era nutrito l’animo di emozioni squisite e di chimere libresche, nemmeno sospettava che la terra fiammeggiasse tanta bellezza, furia e maestà di vita.” “Nubìvago” è un progetto della fotografa Maria Elena Vecchio che indaga la relazione tra realtà e immaginazione, tra documento e ricostruzione. Si entra in un viaggio immaginario per raccontare una forma di ignoto. Fondamentale è la relazione con la terra poiché costituisce l’identità del paese. Il suo progetto nasce da una riflessione e da un’esigenza di raccontare qualcosa di personale ma, che diventa indubbiamente universale nel momento in cui le testimonianze di sé, della propria vita, l’intera sfera del privato vengono impiegate come materiale di repertorio. Quando tutto diventa recuperabile; un momento, le proprie foto, i ricordi possiamo stabilire rapporti con tutto; attraverso la ricostruzione di fatti del proprio passato o messe in scena di sogni. Jean-Paul Sartre disse “…In ciascuna percezione il corpo è là: esso è il passato immediato in quanto affiora ancora nel presente che lo fugge.
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(Un)know
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Chiara Taraborrelli /
(Un)know /
Il progetto “(Un)know” è una ricerca della fotografa Chiara Taraborrelli sull'ignoto. Il suo percorso nasce tra le pagine di un album di famiglia e si propone, tramite l'espediente del collage, di instaurare un dialogo con l'assenza di informazione e con la distanza fisica, temporale e interpersonale. Gli album fotografici di famiglia nascono proprio dal desiderio di rivivere il passato: (Un)known declina ulteriormente questo desiderio con l’intenzione di creare una connessione con un mondo che appare lontano, assente, distante. È il desiderio di dare nome a un volto o di dare corpo a un nome, è il desiderio di ricollocare delle identità in una geografia familiare, tentando di rivivere la speranza che mosse i soggetti ritratti verso una vita dignitosa dopo la guerra. I soggetti presi in esame sono persone con cui la fotografa ha un legame familiare ma che non ha mai visto: ha iniziato questo progetto senza avere alcuna informazione su di loro. Per la sua riuscita, (Un) known ha richiesto una ricerca che esula dall'album di famiglia e nel suo processo coinvolge numerosi elementi come passaparola e testimonianze di persone fisiche, documenti ufficiali, piattaforme di ricerca per l’emigrazione (in particolare quella dall’Italia verso l’Argentina), archivi fotografici come quello della città
di Buenos Aires, e infine i social network. Il materiale fotografico raccolto proviene per la gran parte da archivi di famiglia e dalle foto che ha scattato nella vecchia casa dei nonni, unico punto di incontro che ha con i soggetti. La tecnica del collage ha permesso di accentuare, in particolare con la separazione di parti del corpo o abiti dal resto della persona, la distanza e la reale estraneità che si ha in relazione ai soggetti.
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Angela Visconti /
La Casa della Memoria /
Il progetto fotografico “La Casa della Memoria” di Angela Visconti è un tentativo di elaborare il concetto del lutto attraverso episodi di vita e trasformazioni fisiche e morali dell’essere umano. Il tempo, la memoria, l’assenza sono i concetti chiave che racchiudono, in una visione poetica e nostalgica, questa serie di scatti che ci presentano due protagonisti, un uomo e una donna, uno invisibile, l’altro visibile. Nella coppia, lui è scomparso da tanti anni. Lei vive da sola. Viene raccontata un’esperienza estremamente intima di perdita e di morte, ma anche di amore e di meditazione, e di come queste si manifestano nel tempo e nella memoria di un essere umano che le ha vissute. Evocare il ricordo di una persona che non esiste più, evocare una relazione affettiva che si è nascosta e cercarla nei luoghi, nelle stanze, negli oggetti, nelle vecchie foto, nei mobili, attingere dalle espressioni, dai cambiamenti, dalla quotidianità. Individuare e interpretare il significato di un luogo che cambia, perché quelli che ci vivevano non erano più lì. L’assenza probabilmente ha cambiato l’altro, probabilmente ha ridimensionato il tempo, probabilmente ha offuscato la coscienza. Perdere le persone care permette di comprendere in parte il legame tra spazio e oggetti, tra spazio e individuo. Condividere uno
sguardo sulle immagini parlando delle relazioni che non possono più essere presenti è, affrontare un viaggio privato, personale, ma anche comune e collettivo, attraverso segni, tracce, simboli ed emozioni conturbanti che ci riportano alla dimensione più profonda del nostro essere.
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Matilde Cenci /
La prima volta che ti ho vista /
CAP.1 ANITA
della fotografa fossero dei raggi x che riescono a penetrare attraverso i suoi tessuti e restituire la sostanza, la carne, la materia che la compone. Il lavoro è composto da materiale d’archivio, come le ecografie della madre di quando era incinta, il quadro astrale che il padre le fece fare, il suo cordone ombelicale etc. Riprendendo il titolo, l’ultima foto lascerà vedere allo spettatore Anita quasi nella sua interezza e per la prima volta.
Anita è la sorella della fotografa Matilde Cenci, ha quattro anni meno di lei e hanno dormito nella stessa stanza, insieme, per 18 anni. Matilde era ossessionata dallo spazio che occupava: Anita è molto disordinata, lascia sempre le sue cose in giro, non rimette mai a posto gli oggetti che prende e soprattutto non se ne cura minimamente. Gli dava fastidio come una persona sola potesse essere tanto invadente, tanto ingombrante. Matilde, iniziati gli studi all’Accademia di Belle Arti di Roma, si trasferisce e dopo un po’ di mesi ha iniziato a sentire la mancanza di quel corpo e di tutte le superfici che occupava; come se gli avessero amputato un arto. Cercava nella sua nuova camera le tracce della sorella Anita che non riusciva a trovare. In questo modo è nato questo lavoro. Matilde ha scelto un approccio strettamente scientifico, trattando il corpo di Anita come lo tratterebbe un manuale di anatomia. Ha misurato le sue parti, ha riportato in maniera oggettiva ogni suo dettaglio fino a comporre una fototessera frammentata della sua figura. La maggior parte delle foto sono virate in negativo come se fossero delle lastre, delle ecografie, come se gli occhi
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Chiara Cartisano /
Metamorfosi /
Spesso, quando in fotografia si trattano temi legati al corpo, all’identità, si tenta di mostrarne la bellezza, le forme e la delicatezza attraverso le immagini. Nel progetto “Metamorfosi” la fotografa Chiara Cartisano ha cercato di ribaltare il concetto di perfezione. In questo progetto il corpo è un espediente per raccontare un’esperienza traumatica. Il cambiamento e la rinascita di una ragazza di nome Chiara e la storia incisa sul suo corpo. Chiara è una ginnasta a livello agonistico alla quale è stato diagnosticato un disturbo degenerativo alla colonna vertebrale. Dopo numerose operazioni, che l’hanno costretta a lasciare l’attività sportiva, questa condizione di difficoltà ancora persiste ma l’ha spinta a dedicarsi all’insegnamento di questa disciplina. “Metamorfosi” nasce come progetto che s’incentra sul tematica dell’assenza del corpo e si sviluppa come un dialogo tra la persona ritratta e lo spettatore. La serie fotografica tenta di evocare allo stesso tempo un ideale di contrasto ed equilibrio fra il corpo come oggetto fisico e materiale e la sua celata interiorità. Il corpo si mostra in carne e ossa nella sua più profonda vulnerabilità lasciando allo spettatore la libertà di incarnarsi ed empatizzare con il soggetto. Il progetto aspira ad enfatizzare quella
sensazione di vuoto creando un’atmosfera asettica, quasi impersonale ritraendo il soggetto in un luogo spoglio e indefinito. Tutto questo fa da sfondo ad una narrazione fotografica nella quale si afferma la necessità del corpo e dello spirito di resistere e reagire.
Un ringraziamento a Chiara Sechi per aver collaborato a questo progetto fotografico e per aver permesso alla fotografa di raccontare la storia incisa sul suo corpo.
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Elisa Corsi /
Palingenesi /
Palingenesi: rinascita, rigenerazione; Il progetto “Palingenesi” di Elisa Corsi vuole raccontare un percorso di rinascita in seguito ad un disturbo alimentare attraverso metafore visive, doppie esposizioni e foto esplicite del corpo durante la malattia. L’aspetto della palingenesi è espresso soprattutto e, quasi indirettamente, dall’unione di due fotografie che combaciano tra loro attraverso l’unico elemento non totalmente trasparente. Da quella sottile linea di unione che si manifesta una voglia di resistenza all’assenza del corpo. La chiave è la consapevolezza della malattia e solo in seguito a questa, la pura palingenesi. “Quando, alla fine dei giorni, il male sarà definitivamente sconfitto, una configurazione cosmica causata dal fuoco porterà ad una palingenesi universale”.
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Clarissa Vivirito /
I colori della diversità /
La fotografa Clarissa Vivirito nel suo progetto dal titolo “I colori della diversità” ha voluto fotografare una serie di soggetti con delle “diversità”. Si tratta di persone comuni che ha voluto fotografare con l’obiettivo di decontestualizzarle, inserendole in un contesto neutro realizzando dei ritratti, sia a colori che in bianco e nero, posizionati su sfondo bianco. A questo progetto di Clarissa, che ha realizzato per la sua tesi all’Accademia di Belle Arti di Roma, hanno partecipato Alessio, Clarissa, Erika, Loredana, Margherita, Priscilla, Xuewei in qualità di protagonisti degli scatti. In questo progetto la ricerca dei modelli da fotografare è parte integrante del suo lavoro, pertanto si tratta di una ricerca che non può essere confinata in un singolo luogo, ma ha richiesto viaggi più o meno lontani.
quelle piccole “imperfezioni” tipiche di ognuno di noi. Grazie a questo lavoro Clarissa Vivirito ha avuto la possibilità di conoscere nuove persone. Creando un’atmosfera piacevole, i soggetti sono riusciti a posare con naturalezza favorendo la nascita di conversazioni dove ognuno si raccontava ed esponeva la propria storia e il proprio percorso di vita.
Tutti i soggetti fotografati sono stati individuati e contattati tramite social network e sono persone che la fotografa non conosceva prima della sessione di scatti. Per questo progetto la fotografa ha deciso di non intervenire molto con la post produzione, i volti delle ragazze e dei ragazzi non sono stati ritoccati, lasciando ogni scatto il più naturale e vero possibile, mettendo spesso in risalto
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When I sit alone Come get a little known But I need more than myself this time Step from the road to the sea to the sky And I do believe that we rely on
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Into the wind I throw the night Silver and gold turn into light In on the road I know the way Everything flows
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Degli effetti collaterali delle delusioni di nascondigli segreti dentro di me di saper volare come le nuvole di stupirmi ancora davanti gli aerei di essere miope ed astigmatica della fragilità di una bolla di sapone
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现在你来了 现在我已经把银⾏拆了
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I never meant to cause you any sorrow I never meant to cause you any pain I only wanted to one time to see you laughing I only wanted to see you Laughing in the purple rain I
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When the sharpest words wanna cut me down I'm gonna send a flood, gonna drown 'em out I am brave, I am bruised I am who I'm meant to be, this is me 93
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Se chiudi gli occhi, lo potrai immaginare Quel mondo fuori, che da qui non puoi vedere
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Fany Hu /
La Famiglia Ideale /
“La famiglia ideale” è un progetto della fotografa Fany Hu che affronta la tematica della famiglia. Essendo cresciuta con genitori cinesi conservatori, si tratta per Fany di un tema inevitabilmente centrale e ricorrente. Vivendo in questo contesto, ha compreso quanto per loro la famiglia sia il valore primario assoluto. È il motivo per cui ognuno è stato messo al mondo, e la sua preservazione è il tacito obiettivo della propria esistenza. Così nel passato, nel presente e nel futuro, la discendenza deve sopravvivere di generazione in generazione, mantenendosi sempre strutturalmente uguale, con le proprie gerarchie e tradizioni. Di fronte a tali aspettative, Fany Hu si chiede se proprio lei vorrà porre fine a questa catena...
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面对这样的 期待, 不知 道是不是真 的要结束这 个关系。 110
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Alessia Baldi /
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“unicum” è un progetto fotografico della fotografa Alessia Baldi che nasce dall’idea di raccontare il rapporto fra due gemelli da una prospettiva profondamente intima e simbolica. Il progetto è iniziato con un’osservazione degli spazi privati e dei comportamenti quotidiani dei soggetti, per poi passare ad una meticolosa raccolta di informazioni e immagini del loro vissuto, dall’infanzia fino ad oggi. Nelle prime sessioni di scatto Alessia ha lavorato sul linguaggio del corpo e su concetti quali distanza/ vicinanza, tensione/abbandono, confidenza/diffidenza fino a trovare i giusti incastri fisici ed emotivi. L’utilizzo della performance ci ha permesso di raggiungere una dimensione di naturalezza nel toccarsi e nel guardarsi, liberando il corpo da certe convenzioni sociali. Contemporaneamente sono stati messi in relazione elementi che riportano il concetto della dualità e del contatto. Il titolo del progetto rappresenta il desiderio dei due gemelli, simili ma allo stesso tempo diversi, di rifondersi in un unicum che li riporti all’esperienza precedente la nascita. Vediamo gesti intimi costretti, dove la vicinanza diventa inappropriata e l’inibizione frena la tenerezza; solo in un secondo tempo riescono a ritrovare la libertà e il piacere di sentirsi uno complemento dell’altro.
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Pietro Paolo Boccio /
Sublima /
Il progetto “sublima” del fotografo Pietro Paolo Boccio origina da una percezione fisica che ci coglie in modo inaspettato, che attraversa i sensi simultaneamente senza che la mente, la logica dei pensieri possa tradurre ciò che sta accadendo. Prende piede la sublimazione e la dissoluzione del corpo che va a consumare tutto il suo potenziale e l’ardente desiderio di vita, fino ad estinguersi nello spazio e nell’ambiente circostante; in tale percezione l’assenza del corpo e la pienezza del tutto si manifestano. La metafora visiva manifesta il passaggio dal desiderio, come ricerca di simbiosi alla metafora dell’ambiente circostante. Di questo desiderio si manifestano le tracce infuse e demarcate nello stato solido che, per l’azione del tempo, si sgretolano e si trasformano; il negativo, l’impronta da cui ripartire. Luce e materia, assenza e presenza del copro indagano il mistero dell’esistente, dell’esistenza e dell’essere. Il progetto è stato realizzato interamente in analogico non solo per riuscire ad intervenire materialmente sul negativo ma principalmente per cogliere i due concetti principali del negativo e del positivo della pellicola, come due opposte dimensioni che pur apparendo diverse, costituiscono un unicum indissolubile.
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Flaminia Foci /
L’intima bellezza /
“L’intima bellezza”, è un progetto fotografico di Flaminia Foci che ha come protagoniste quattro ragazze diverse nell’aspetto, nelle abitudini e diversi sono i luoghi che le ospitano. Queste quattro figure racchiudono in sé l’universalità e l’identità delle figure umane femminili che, nella loro intimità rispecchiano quella che può essere considerata la reale bellezza. Il progetto nasce dalla ricerca di un bello che sia sì soggettivo, ma anche oggettivo, dato dall’esaltazione della figura femminile messa a nudo in ogni suo aspetto; nella singolarità di ogni ragazza lo spettatore può trovare una sua lettura individuale in cui ognuna di loro diviene materia di indagine e “specchio” del proprio corpo. Mettendo in scena azioni di vita quotidiana in cui i soggetti sono liberi dalle convenzioni, si cerca di annullare ogni stereotipo partendo innanzitutto da quello del trucco; l’obiettivo è la rappresentazione di ragazze “semplici” ma anche complesse, in cui si può toccare e fare esperienza del vissuto di ogni singolo che diventa specchio del nostro. Intima bellezza perché è proprio nell’intima individualità quotidiana, lontano da ogni critica e giudizio, che si ri-trova quella che possiamo definire la bellezza ultima dell’essere femminile, ad oggi soggetta a cliché e luoghi comuni che
de-localizzano il reale fascino che ognuna di noi possiede. É nell’intimità che risiede la nostra intima Bellezza.
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Gianmarco Campagna /
Nei suoi panni /
“Nei suoi panni” è un progetto fotografico di moda del fotografo Gianmarco Campagna. Per realizzare questo shooting Gianmarco ha contattato un ragazzo e una ragazza che si scambiassero di abiti rappresentando il sesso opposto. Le fotografie sono sfocate e realizzate in bianco e nero conferendo un senso artistico alle immagini realizzate.
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Wang Mengfan /
Uova Sangue Funerale /
“Uova Sangue Funerale” è un progetto fotografico di Wang Mengfan che vuole ricostruire e documentare, attraverso simboli e metafore,un rapporto intimo tra due ragazze. Da quando le due ragazze si sono conosciute hanno deciso di proteggere questo amore come proteggere un feto umano. La loro vita insieme ha iniziato a trasformare la passione e il loro amore si è trasformato lentamente aprendo una ferita. Alla fine hanno lasciato la dolce casa che pensavano potesse farle sentire sicure e amate, di fronte alla società e alla paura nel loro cuore. Non si sa dove sono andate e come stanno ora, ma si sa che in un mondo migliore tutti devono sempre avere il coraggio di sognare e amare.
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Alessia Colella /
Punti di vista /
‘‘Punti di vista’’ è un progetto di Alessia Colella che nasce dal bisogno di sensibilizzare su un argomento spesso poco affrontato come quello della cecità. Questo progetto pone al centro dell’attenzione un non vedente e il suo punto di vista rispetto a determinate cose; Alessia ha cercato di entrare un po’ nel suo mondo e documentarlo con il fine di aprire nuovi orizzonti visivi nei confronti di chi lo osserva con attenzione. Con questo progetto si vuole portare il fruitore in un’ottica che non è solo quella del senso della vista ma anche di tutti gli altri sensi fatti di sensazioni e percezioni.
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Pietro Bongiovanni /
La Velata /
“La Velata” è un progetto espositivo del fotografo Pietro Bongiovanni formato per lo più da dittici che si ispira a quella che è la figura della “Dama Velata” alla quale nella storia dell’arte fanno riferimento diverse opere e leggende. Le fotografie vogliono affrontare visivamente il tema dell’identità celata, il dolore per una perdita; il corpo della donna, sempre presente, si contorce, formando geometrie inaspettate fino ad astrarsi. La Dama Velata si aggira costantemente tra gli alberi di Parco Sempione alla ricerca di un uomo che le faccia compagnia. Quando individua il giovanotto, la Dama compare al suo fianco, fa scendere una leggera nebbiolina, lo prende sottobraccio e lo conduce, sorridendo, in una bellissima costruzione addobbata a lutto. Qui, in questa straordinaria casa, la Dama si concede totalmente all’uomo. La sua è una passione travolgente ma, la Dama, non si toglie mai il velo dal volto e non proferisce nessuna parola quindi, nessuno degli uomini può descriverla. Nessuno si è mai soffermato a cercare di capire quale fosse il dramma della Dama Velata, nessuno è riuscito a capire quanto, il fantasma di questa donna soffra nella sua eterna solitudine alla perenne ricerca di un compagno. Per il progetto il fotografo si è ispirato alla leggenda della dama di Parco Sem-
pione, cercando di comprendere e fare suo questo inquietante personaggio, trasponendo in immagini ciò che la sua storia gli ha dato.
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Carmen Elena Zaharia /
Identità /
“Identità” è un progetto fotografico di Carmen Elena Zaharia. Attraverso queste fotografie la fotografa ha voluto esprimere un concetto molto intimo sull’identità in relazione al proprio corpo, un’identità frantumata, in continua lotta con il dolore sia fisico che mentale, alla ricerca di quiete e di un equilibrio tra anima e corpo.
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Derek Marchetti /
Dysphorie /
La disforia di genere è caratterizzata da una forte e persistente identificazione col sesso opposto associata ad ansia, depressione, irritabilità e spesso desiderio di vivere come genere diverso dal sesso assegnato alla nascita. Nel suo progetto Derek Marchetti vuole raccontare il percorso che sta affrontando, un percorso fatto di alti e bassi, di gioe e sofferenze. Il coraggio di Derek nell’affrontare la vita giorno per giorno per riuscire ad essere se stesso.
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Ciao, il mio nome è Derek. Ogni giorno porto un corpo che non mi appartiene.
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Ogni giorno lo copro con la felpa più larga che c’è.
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Ogni giorno sono costretto ad indossare una fascia contenitiva che non mi permette di respirare.
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Ogni giorno penso a “quella settimana che arriva ogni mese “.
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Ogni giorno non esco, Ogni giorno non mi lavo, Ogni giorno non mi guardo.
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Ogni giorno NON ESISTO.
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Respiro, ci provo….
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Guardati, SEI DEREK, nato semplicemente in un corpo sbagliato!
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cuore
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Luca Verardi /
Cuore di cane /
Come Poligraf Poligrafovič, protagonista dell’omonimo scritto di Bulgalkov, nella notte ci muoviamo erranti tra desideri e passioni umane, mai sazi di ciò che non abbiamo. Il desiderio si espande e restringe nella curva perenne alla quale ci soggioga: attrazione, soddisfacimento, apatia, mancanza. In questa parabola, dalla quale non possiamo fuggire, immagini e parole -al limite del soggettivismo più estremo- si anelano, cercando di raccontare un universo pieno di viscerali emozioni umane. Le sporche fotografie in bianco e nero, così come i tremanti versi scritti a mano, prevaricano la descrizione oggettiva in favore di una empatia che tenta l’approdo, attraverso gli occhi di chi le osserva, all’intima essenza dei desideri, rifiutando una loro fallimentare spiegazione logica. Questo nella continua ricerca di un dialogo paritario tra due medium, quello fotografico e quello testuale, troppo spesso subordinati l’uno all’altro, ponendo entrambi sul piano dell’abbraccio metafisico più che su di un partitico orgoglio.
coli bui di una città. Luca si unisce a loro e cattura le identità, le essenze nude e crude che diventano parte del fotografo. Lo sguardo di Luca è nudo, senza filtri, crudo e onesto con lo scopo di raccontare storie inosservate agli occhi della gente e della società.
“Cuore di Cane” è uno dei numerosi progetti del fotografo Luca Verardi. Il suo occhio è rivolto a raccontare e catturare la vita delle persone che si trovano spesso ai margini della società, o nei vi-
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aura fotografia artistica contemporanea
FOUNDER, EDITOR & ART DIRECTOR Giulia De Rubeis PHOTOGRAPHERS Maria Elena Vecchio Chiara Taraborrelli Angela Visconti Matilde Cenci Chiara Cartisano Elisa Corsi Clarissa Vivirito Fany Hu Alessia Baldi Pietro Paolo Boccio Flaminia Foci Gianmarco Campagna Wang Mengfan Alessia Colella Pietro Bongiovanni Carmen Elena Zaharia Derek Marchetti Luca Verardi fotografia di copertina di Clarissa Vivirito
aura, fotografia artistica contemporanea è un magazine a pubblicazione saltuaria stampato con carta extraprint 160 gr. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta, copiata, condivisa in nessuna forma senza il permesso dell’editor e dei fotografi. Questa è considerata una violazione del copyright e si incorre a conseguenze legali. Stampato da Pixartprinting.it
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