Antologia Premio Nazionale di Arte letteraria Metropoli di Torino - XVII Edizione - Anno 2020

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Subito dopo aver chiuso la telefonata, una tempesta grigia iniziò a percuotermi, agitando la barca del mio cuore; le corde attorcigliate ai suoi alberi sembravano muscoli distorti, la prua e la poppa armonie corrotte e trascinate nel veleno dei ricordi; nella sofferenza si diventa schiavi, brutalmente accerchiati e sconfitti, in quei momenti abbandoniamo l'officina dei sogni, dei progetti, delle belle passeggiate in riva al mare o lungo i boschi e nel sangue sentiamo serpeggiare come un fiume amaro che ci riempie di rabbia e sgomento. Ma nella mia vita mi era già capitato diverse volte di provare quella sensazione, quel malumore che ti spoglia dentro, ed ero consapevole di potercela fare a superarla e dominarla, come avevo sempre fatto, oramai ero un veterano del dolore. Subito dopo la telefonata con Mary rimasi un po' bloccato, come un vento che non riesce a far più sentire il suo soffio, come un violino che non riesce più a partorire le sue note soavi o forse erano le mie stesse lacrime quelle note chissà…Nel pomeriggio di quel 6 aprile mi chiamò anche l'amico Claudio che provò a rincuorarmi in ogni modo, raggiungendo anch'egli un piccolo sollievo da me dalla disperazione che ci aveva colti; insieme a lui ed a Mary infatti avevamo condiviso delle giornate in allegria con il nostro Eugenio, prima che quella maledetta epidemia invadesse il mondo, e dentro ognuno di noi v'era la certezza che quella piccola famigliola sbilenca ed insensata che avevamo generato in un angolo piccolo piccolo del teatro della vita, sarebbe rimasta per sempre. Avevamo affibbiato al nostro Eugenio l'appellativo di “il Nonno” Mary era “la zia”, Claudio era “fijo” ed io ero “Papi” e tutte le volte che ci vedevamo con lui, ripetevamo un copione di volta in volta inventato sul momento, travestendoci da giocolieri di parole, canzoni, trame ed emozioni…-. Dopo che il nostro “Nonno anche detto Genio” ci lasciò, Mery, Claudio ed io ,organizzammo una videochiamata nel corso della quale raccontai loro che proprio la notte che Eugenio era andato via, avevo sognato di aprire un'antica pergamena in cui era scritta un fiaba il cui protagonista era un Genio buono che poi era andato via… insomma una sorta di sogno premonitore; ricordo che, idealmente, richiudemmo insieme quella pergamena e dal viso di ciascuno di noi scivolò una lacrima ed ognuno di noi immaginò nello stesso identico istante, che quella lacrima una volta posata sul pavimento si trasformasse in una piccola lente, dove era possibile, guardando all'interno di essa, scorgere il volto del “Genio”, il nostro Eugenio che sorrideva teneramente, come sempre era solito fare, sussurrando piccole sillabe o parole, o frasi con le quali faceva intendere a noi e probabilmente a tutte le persone a lui care, che nel luogo in cui si trovava adesso stava bene, che lì ora era la sua casa, che aveva tanti lavoretti da portare a termine, ancora tanti sorrisi da regalare, non mancando di ricordare che un giorno, non disse quanto lontano, ci saremmo rincontrati tutti lì ed avremmo completato insieme il dipinto della vita eterna. E così, ogni anno, alle prime ore del 6 di aprile riapparirà quella lacrima, ed il “Genio” tornerà a salutare i suoi amici, e tutte le persone che gli furono care.

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