Philipp Plein

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Lo stilista Philipp Plein: “Quello che conta oggi è gestire la comunità virtuale” Plein, lei porta sempre completi neri e camicia bianca aperta. La cravatta proprio non le piace? «E’ un accessorio che chiude, mentre io devo sfogare la mia creatività». Ha appena acquisito la maggioranza del marchio Billionaire di Flavio Briatore, diventandone socio, che ne vuole

fare? «Si tratta del mio primo matrimonio. Vorrei riposizionare Billionaire come sinonimo di lusso made in Italy per l’uomo e il bambino, internazionalizzandolo a partire dalla settimana della moda di giugno. Sarà il marchio più esclusivo e costoso del mondo, con una clientela diversa da quella di Plein. Apriremo una trentina di negozi nei prossimi tre anni». Quali sono le nuove tendenze della moda uomo? «Non ce ne sono più. Da anni la moda reinventa gli stili passati. E non c’è più una sola tendenza, ma diverse provenienti da ogni dove reale e virtuale. Con la globalizzazione e la digitalizzazione è cambiata anche la moda. Ora ognuno decide il suo stile, le riviste di moda contano di meno e non ci saranno

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sostituti per Anna Wintour e Franca Sozzani». E le fashion blogger alla Chiara Ferragni non influenzano? «Si può dire di sì, ma non come le direttrici del passato. Noi stilisti guardiamo direttamente i social media e siti come Gucci hanno talmente tante visite al giorno da poter disintermediare. Quel che conta per un marchio oggi è la gestione della comunità». E allo stilista cosa rimane? «Gestire la comunità significa diffondere un’idea di se stessi. Lo stilista crea un mondo, il prodotto non importa più nulla. L’unica cosa che conta è la felicità che si vende con esso. Un sogno che si coltiva anche con le feste o la sponsorizzazione di certi personaggi». Ma come? «Una volta guardavo a Dolce e Gabbana, ma ora sono diventati più sartoriali. Il mio marchio non ha rivali nel suo segmento».


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