Brindisi nel constesto della storia

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Nel Sud d’Italia, il restaurato re Ferdinando, IV di Napoli e III di Sicilia, divenne il re Ferdinando I delle Due Sicilie. Dopo la restaurazione, infatti, con il ritorno dei Borbon sul trono di Napoli sancito dal congresso di Vienna del 1815, i due regni di Napoli e di Sicilia furono uniti in un'unica entità, che dall’8 dicembre del 1816 si denominò ufficialmente Regno delle Due Sicilie. Un regno che con un totale di quattro re, ebbe vita fino al 1861, quando, in seguito alla spedizione dei Mille di Garibaldi, fu annesso al nascente Regno d'Italia. Ferdinando I, per farsi ben riaccogliere dai suoi sudditi, nei primi atti da sovrano reinsediato si dimostrò buono, magnanimo e pure generoso, anche con i vinti, e il 1° maggio del 1815, proclamò: “… Assicuriamo le libertà, civile e individuale. Le proprietà saranno inviolabili e sacre. Le imposizioni saranno secondo le forme che saranno prescritte dalle leggi. Il debito pubblico sarà garantito. Le pensioni, i gradi e gli onori militari saranno conservati, come anche l´antica e nuova nobiltà. Ogni napolitano sarà ammissibile negl´impieghi civili e militari. Nessun individuo potrà essere ricercato, né inquietato per le opinioni e per la condotta politica che ha tenuto anteriormente al nostro ristabilimento, in qualunque tempo ed in qualunque circostanza che sia. Quindi, concediamo l´amministia, senza interpretazione né eccezione qualunque…”. Il re Ferdinando I si mostrò anche disponibile ad accordi politici con la Santa Sede, promuovendo la firma del concordato di Terracina del 16 febbraio 1818, con cui furono definitivamente aboliti i privilegi fiscali e giuridici del clero in tutto il regno, rafforzandone però allo stesso tempo i diritti patrimoniali, con incremento diretto di beni e con la restituzione di molti di quelli confiscati dai Francesi.

La sera di quello stesso giorno festivo, quattro carbonari brindisini compromessi per i fatti politici del 1820, Francesco del Buono, Luigi D’Amico, Francesco Bianchi e il sacerdote Santo Chimienti, tentarono d’imbarcarsi clandestinamente per la Grecia sopra un battello greco battente bandiera inglese ch’era in porto. «… Ma della cosa si era avuto sentore, ed era stato disposto un appiattamento di dodici gendarmi a cavallo e di altra gente. Alle due e mezza di notte fu avvistato il bastimento, e avutine segnali con razzi, i fuggitivi si incamminarono al luogo stabilito per l´imbarco. Li accompagnava come guida un fratello di Santo Chimienti, Antonio, il quale, seguito da un villano conducente un asino carico di bagagli, fu il primo ad urtare contro gli appostati. Fermato costui e datosi l´allarme, gli altri fuggitivi col villano e l´asino si dispersero e il bastimento si dileguò. Invano le autorità si adoperarono per far parlare l´arrestato Chimienti; egli rimase fermo nel dare una versione evasiva sino a che, dopo quattro mesi di prigionia, fu liberato. Nessuna traccia si rinvenne dei quattro datisi alla clandestinità…» c.d.s.d.b. 1787-1860 La Giunta di scrutinio della provincia di Terra d’Otranto, il 3 ottobre 1821 finalmente, emise a Lecce le sue sentenze di condanna, e nel circondario di Brindisi furono destituiti: Francesco Doria capitano del Lazzaretto, Carlo Demilato notaio di Francavilla, Giovanni Specchia e Oronzo Tanzarella notai di Ostuni, Lucio Alessano chirurgo della real Marina, Luigi Antonucci cancelliere di Mesagne, Angelo Lupariello giudice di Mesagne, Antonio d’Ippolito ricevitore del registro, e Giuseppe De Cesare cancelliere comunale in Brindisi. Il 3 gennaio 1825, morì il re Ferdinando I delle Due Sicilie e gli succedette il figlio Francesco I, il quale governò per soli sei anni, fino alla sua morte nel 1830, quando gli succedette il figlio Ferdinando II. Nel 1830, gli eventi d’oltralpe riaccesero le speranze in molti dei settari di Brindisi e in quell’anno, ne incoraggiarono le azioni.

Palazzo Perez a Brindisi – Foto brindisiweb.it

«… A tre ore e più di notte dell`8 febbraio, nel palazzo di Francesco Perez s’intratteneva una comitiva, della quale facevano parte parecchi attendibili. La polizia picchia più volte, ma invano; da ultimo, ritornata con rinforzo di gendarmeria e rinnovato il tentativo, il portone fu aperto. Il commissario, entrato in una sala, vi trovò persone dell’uno e dell’altro sesso, parte in piedi, parte sedute, mentre Felice Quarta e Moisè della Corte suonavano due strumenti musicali. 117


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