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GIAMBATTISTA VICO
caposcuola Omero che, per Aristotele, è il principale maestro delle finzioni poetiche. Perciò, allo stesso modo per cui io dichiarai che il fine dei nostri studi nuoce alla prudenza civile, ritengo che lo stesso fine giovi alla poesia. Poiché la prudenza ricerca il vero come è nelle azioni umane, anche quale emerge dall’imprudenza, dall’ignoranza, dal piacere, dalla necessità e dalla fortuna; la poesia, invece, mira unicamente al vero quale dev’essere, secondo natura e secondo ragione. Direi che anche la fisica moderna sia utile alla poetica: i poeti infatti adoperano, traendole dalla fisica, buona parte delle frasi con cui spiegano le cause naturali delle cose, sia per il gusto dell’espressione immaginosa, sia a convalida del principio che i primi fisici furono poeti. Per esempio, le frasi: «nato dal sangue», in luogo di «generato»; «svanire nell’aria», in luogo di «morire»; «fuoco ardente nel petto», in luogo di «febbre»; «vapore condensato nell’aria», in luogo di «nube»; «fuoco scagliato dalle nubi », in luogo di «fulmine»; «ombre della terra», in luogo di «notte». Tutte le parti del tempo sono descritte dai poeti con definizioni degli astronomi; senza dire che adoperare la causa per l’effetto è metonimia comune presso i poeti. Quindi, poiché la più moderna fisica descrive le immagini più sensibili delle cause, togliendole principalmente dalla meccanica, di cui si serve come di suo strumento, essa potrebbe porgere più facilmente ai poeti un nuovo genere di frasi poetiche.
IX Credo che non vi siate meravigliati se io, che ho passato in rassegna tutte le branche del sapere, non ho fatto parola della teologia cristiana; non vi potevate aspettare che io, con pessimo gusto, paragonassi il vero al falso, il divino con l’umano, Cristo con Licurgo e con Numa. Ma affinché brevemente