ARCHEOMATICA 2007

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Nel 1939, con la fondazione dell’Istituto, è di fatto iniziato il cambiamento che ha rivoluzionato il modo di restaurare. Giulio Carlo Argan racconta che “I restauratori, allora, erano artisti o artigiani, spesso abili ed esperti, ma sempre empirici; fu proprio per questo che con Cesare Brandi, con cui eravamo fraternamente amici dal giugno del 1932 quando ci incontrammo la prima volta a Siena, decidemmo di promuovere la trasposizione del restauro dal piano artistico-artigianale al piano scientifico.” Ed è per questo che gli artefici di tale iniziativa hanno voluto che all’interno dell’Istituto fossero contemplati laboratori scientifici: per la caratterizzazione delle tecniche artistiche, per l’analisi dei materiali costitutivi dei manufatti, per lo studio del comportamento fisico/chimico dei materiali impiegati per il restauro, per la conoscenza dei processi di deterioramento e la ricerca sistematica delle cause di degrado. Conseguenza di tale impostazione sono le innovazioni tecnologiche che fin dall’inizio sono state sviluppate dai laboratori scientifici dell’Istituto. GEOmedia – Vista la lunga esperienza come fisico all’ICR può raccontarci quale ruolo ha ricoperto storicamente il laboratorio sotto l’aspetto dell’avanzamento tecnologico negli strumenti d’indagine, di intervento e di conservazione? G.A. – Già nel 1952 il Laboratorio di Fisica anticipa nella sostanza l’applicazione della Tomografia Assiale Computerizzata (TAC), realizzando per la prima volta un’apparecchiatura per eseguire indagini Stereo Strato Radiografiche (SSRX) al fine di individuare i difetti presenti all’interno del materiale, di determinare la loro posizione, le dimensioni di eventuali perni e/o saldature all’interno delle statue e così via per le differenti tipologie di manufatti. Nel 1954 venne sviluppato il telaio elastico, una soluzione innovativa per risolvere i problemi di degrado dei dipinti su tela. Le molle utilizzate dal sistema, oltre a controllare il comportamento elastico della tela, possono essere utilizzate come strumento per misurare il livello di tensionamento iniziale della tela e le sue possibili variazioni nel tempo. Stranamente questa soluzione, pur essendo molto semplice ed efficace, è stata poco praticata. Ma forse non è molto strano perché, come spesso accade, le innovazioni tecnologiche troppo precoci non

Il sistema di Radiografia Stereo Stratigrafica (SSRX) messo a punto nel 1952

vengono quasi mai recepite al momento in cui sono proposte. La stessa cosa è accaduta, ad esempio, con il concetto di restauro preventivo introdotto da Brandi che ancora oggi stenta ad essere praticato. A questo proposito proprio negli anni ’70 il Laboratorio di Fisica ha lavorato, sotto la guida dell’allora direttore Giovanni Urbani, all’elaborazione del “Piano Pilota per la Conservazione Programmata dei Beni Culturali in Umbria”. E’ questa la prima proposta tecnica in grado di organizzare sistematicamente la pratica della prevenzione. Per poter attuare il restauro preventivo in modo estensivo ed organico bisogna conoscere lo stato di conservazione dell’opera e le cause di degrado. Di conseguenza, se si vuole agire correttamente allo scopo di prevenire qualsiasi tipo di danno, è necessario misurare lo stato di conservazione di ogni singolo bene, misurare e controllare i parametri responsabili del degrado dei materiali costitutivi. Il Laboratorio di Fisica ha contribuito fin da allora al raggiungimento di tale obiettivo individuando e mettendo a punto da una parte tecniche di misura e di Controllo non Distruttivo (PnD), come la termovisione, l’interferometria olografica, l’endoscopia, e dall’altra, collaborando all’elaborazione dei primi modelli normalizzati per la schedatura dello stato di conservazione. Purtroppo il “Piano Umbro” non sarà mai realizzato perché viene ostacolato da una mentalità che non è in grado di recepire proposte tecnologiche avanzate, come nel caso del telaio elastico, perché predilige invece gli interventi di estrema urgenza, di indilazionabile emergenza, come lo stesso Brandi aveva già sperimentato molti anni prima. Negli anni ’90, ricorrendo alla tecnologia GIS, il Laboratorio di Fisica contribuisce alla realizzazione del primo Sistema Informativo Territoriale per la valutazione del rischio di perdita di ogni singolo bene appartenente al Patrimonio Storico Artistico italiano e per la rappresentazione, sotto forma di carte tematiche, di tutti i dati che concorrono a tale fondamentale determinazione: dai dati geografici di base, comprendenti l’identificazione e la posizione sul territorio del singolo bene, ai dati afferenti il dominio della Pericolosità Territoriale, come la sismicità del territorio, l’inquinamento, ecc, a tutti quelli che definiscono la Vulnerabilità Individuale di ogni bene schedato.

Speciale

GEOmedia

La forma dell’Italia disegnata dalle coordinate geografiche utilizzate dal GIS della carta del rischio per localizzare 100.000 beni sul territorio

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