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Cento Anni di Ricerca Petrolifera - L’Alta Val d’Agri (Basilicata, Italia meridionale)

Van Dijk, J.P., V. Affinito, R. Atena, A. Caputi, A. Cestari, S. D’Elia, N. Giancipoli, M. Lanzellotti, M. Lazzari, N. Oriolo, & S. Picone

Fisica in tale Università. Rimane consulente dell’Agip (la quale nel frattempo ha richiesto ed ottenuto dal Ministero nel 1955 l’ampio permesso di ricerca denominato “Lagonegro”) fino alla fine degli anni ’50, svolgendo interessanti studi regionali soprattutto nell’Italia meridionale che conosce a fondo (relazioni tra 1956-1957 sull’area di Tramutola; Lazzari, 1956-57a,b,c,d,e,f; si veda anche Lazzari, 1957; Alliegro, 2013, pp. 69-70). Durante gli studi Lazzari rivela per la prima volta l’esistenza di sedimenti di etá giurassica, e giunge alla conclusione che i “flysch” sono franati dalle montagne carbonatiche nelle “valli ondulate e ondeggianti”. Quest’ultima idea seguiva un modello sviluppato negli Appennini settentrionali da Merla (es. 1952) con cui Lazzari teneva una frequente corrispondenza, ed in Sicilia da Flores (es. 1955) e Beneo (1956). Tale modello descrive come il bacino, sviluppandosi sul solco dei calcari autoctoni, abbia accolto nel tempo anche grosse coltri di masse gravitative attualmente presenti all’interno della serie stratigrafica, definite “olistostromi” (per esempio le “Argille Scagliose Varicolori” appenniniche e siciliane). Conclusione delle indagini è il convincimento, simile a quanto affermato dal Bonarelli in precedenza, che una produzione petrolifera consistente può trovarsi soltanto nelle formazioni seppellite più in profondità, di cui però neanche con la sismica a riflessione degli anni ’50 è possibile visualizzarne la geometria (si veda anche la successiva pubblicazione di Lazzari, 1959a). Lazzari propone peró i Calcari con Selce come obbiettivo, in contrasto con Bonarelli che proponeva di attraversarli del tutto. Nel 1958-1959 viene perforato Tramutola 45, un pozzo stratigrafico profondo, nell’intento di raggiungere il substrato calcareo, posizionato sulla sponda orientale della Valle del Cavolo a soli 116 metri a nordest del primo pozzo Tramutola 1 (Francalanei & Visintin, 1958) ed in centro del campo di cui la produzione era ormai in forte declino (Figg. 14, 15). La perforazione non ha alcun esito e la profondità raggiunta è di 2000 metri (Agip, 1996). In base all’attuale conoscenza geologica il pozzo, dopo aver perforato 145 metri di “flysch”, ha attraversato l’Unità Lagonegrese nel seguente modo: 1. la Fm dei Scisti Silicei fino ad una profondità di 479 metri, 2. fino ad una profondità di 1697 metri la Fm dei Calcari con Selce, 3. entrando poi in una serie mista di argille nere, scisti silicei e calcari con noduli di selce fino a 2000 metri di profondità. L’interpretazione di questa serie lascia inizialmente molti dubbi; correlando la parte profonda con la parte superiore del pozzo si interpreta il tutto come risultato di una piega corrugata, o almeno di un fianco rovesciato. Altre interpretazioni del periodo ritengono che ci sia un sovrascorrimento all’interno della serie lagonegrese con una ripetizione alla profondità di 1697 metri. La conoscenza attuale dell’area ci consente di affermare che, in realtà, il contatto poco profondo a 145 metri tra “flysch” e serie lagonegresi è comunque di natura tettonica (una faglia diretta), ed inoltre la parte basale della serie perforata potrebbe ugualmente appartenere alla transizione dalla formazione dei Calcari con Selce alla formazione di Monte Facito, parte basale delle serie lagonegrese (Agip, 1959b). Riflettendo su questo risultato e confrontandolo con le idee espresse dal Bonarelli, che purtroppo non ha avuto la possibilità di presenziare alla verifica delle sue ipotesi essendo deceduto nel 1951, si può notare che la preoccupazione espressa dallo stesso sullo spessore dei calcari veniva confermata: essi erano troppo spessi o ripetuti e non si riusciva a perforarli del tutto. Il pozzo più che altro vanificava l’ipotesi ottimista di Lazzari che nelle serie dei Calcari con Selci (oggi incluse nelle Unità Lagonegresi) potesse esistere un serbatoio. I primi risultati positivi dell’esplorazione profonda in Appennino meridionale li ottiene l’Agip nel 1959 con la scoperta dei campi a gas di Grottole-Ferrandina e di Pomarico, nonché del campo ad olio e gas di Pisticci nel 1960, tutti situati nella provincia di Matera, sul bordo dell’Alloctono Appenninico, nella fossa Bradanica lungo il Fiume Basento (Sella et al., 1988; Verrastro, 2002).

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