IL PRIMO - Dicembre 2011

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di Sergio Genovese

Controcanto

I

n un periodo in cui, finalmente, si fa strada una nuova coscienza sociale sui privilegi scandalosi di cui ha beneficiato e al momento beneficia la classe politica, anche il mondo dello sport sembra essersi dato una scadenza imminente per stringere la cinghia. Dopo la bella epoque della schedina che regalava miliardi anche alle Federazioni meno rappresentate, è tempo di fare conti e bilanci senza più artifici. Nei periodi d’oro è verosimile ricordare che, con una certa frequenza, mariuoli e mezze calzette, sono stati trovati con le mani dentro la marmellata visto i soldi che giravano. E’ successo anche dalle nostre parti e nessuno se lo ricorda più figuriamoci se ci potevamo aspettare l’intervento della Magistratura. Ma gli episodi non erano circoscritti e non riguardavano solo le persone più o meno individuate. Ciò nonostante, saremmo pronti al perdono e all’oblio se quei protagonisti oggi non si atteggiassero come se non fosse successo nulla. Oltre ai colonnelli di alto bordo e quelli un po’ più periferici, ci sono sempre stati nel sottobosco organizzativo dei vari presidi, eserciti di luogotenenti che pur sbandierando il proprio regime di volontariato, a fine mese riuscivano e riescono a mettersi nelle tasche i soldi per le sigarette, per la benzina e per la pizza del sabato sera. Sono quelli più apprezzati che, si dice, vogliono bene allo sport, ma non è proprio così perché manca la riprova di vederli all’opera senza alcun compenso. Ora siamo ad un punto di non ritorno. C’è il rischio fondato però che a rimet-

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La casta dei dirigenti sportivi terci siano le strutture operative meno forti politicamente, poiché quando si deve scontentare qualcuno si colpisce il più debole come è successo nella Federcalcio allorquando si è distrutto il settore giovanile e scolastico passato alle dipendenze della Lega Nazionale Dilettanti. Il Coni ha deciso di tagliare tutti i Comitati Provinciali. Non credo sia un bene per lo sport. Ma ha tagliato notevolmente anche tutte le rimesse alle varie Federazioni, insomma sarà un contesto decisamente più povero. Ecco perché la casta dei dirigenti sportivi è in pericolo perché di casta si tratta. Vediamo che succede dalle nostre parti. Il lettore provi a dare uno sguardo alle persone che a livello regionale e provinciale rappresentano lo sport molisano. La maggior parte è cristallizzata su certe poltrone anche da un ventennio. Si dirà: si celebrano regolari elezioni. Formalmente è così, nella sostanza non proprio. A metà degli anni novanta mi cimentai in una competizione del genere e ne rimasi disgustato per i profili che la connotarono. L’altro competitor, pensate, dopo quasi diciassette anni, è ancora in sella. La casta quando si insedia non entra nel ragionevole atteggiamento che dopo un po’ di tempo bisognerebbe, gioco-forza, passare la mano, non fosse altro per dare nuovo slancio all’Ente in cui operano. Al Comitato Provinciale del

Coni di Isernia da diversi anni è Presidente il Senatore Di Giacomo. L’esempio è iconografico per quello che intendo dire. A naso si può pensare che con tutti gli impegni che ha il Senatore gli rimanga del tempo per fare il Presidente a tutto tondo? Onestamente, non penso. Inoltre se dovesse succedere che qualcuno, timidamente, a qualsiasi livello, si proponesse in alternativa, allora la casta, chiudendosi a riccio, attiva tutta una serie di beceri comportamenti volti a screditare gli arditi pretendenti. Nes-

suno può permettersi di coltivare certe ambizioni. Su quelle poltrone sembra vigere la legge del “vita natural durante” come nelle migliori caste. Per concludere, si avverte l’urgenza di una stagione diversa per lo sport nazionale e regionale. Da tempo, troppo tempo, Petrucci, Carraro, Pagnozzi, Pescante, Abete e via dicendo, sono sulla scena. Anche da noi, senza ombra di dubbio, piccoli (o grandi) dirigenti ristagnano. Bisogna rinnovare l’ aria. E’ proprio lo sport, quello vero, che ce lo insegna.


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