Rivista20 n8

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ALICE CRISTELLI

Colpisce lo sguardo. Sguardo impietoso e a tratti ferino di donne e di uomini, sguardo vispo e naturale di animali sia domestici che selvaggi. Alice Cristelli sembra qui celebrare e ricercare un incontro, dotato di caratteristiche ben diverse rispetto a ciò che viene socialmente inteso con tale termine. E si tratta infatti di un incontro privo di condivisione, se non quella della propria incomunicabilità: dell’essere umano e di ciò che esso sente ma che non riesce ad esprimere, una profondità fin troppo corporea per essere pronunciata o scritta; e incomunicabilità dell’animale, che proprio in quanto ad esso connaturata lo solleva dal peso della parola e libera la dignità e la capacità espressiva del suo istinto. Accadono perciò apparizioni di uomini e di donne che hanno sguardi e occhi di squalo, di rapace, di rettile, e parallelamente cani, capre, ratti vengono immortalati in veri e propri ritratti a mezzobusto e

in posture tipicamente umane. Alice Cristelli esprime il divenire animale che mette in relazione uomini e animali, direbbe G.Deleuze, un divenire che in quanto tale funziona, è innescato e viene alimentato dalle loro differenze insopprimibili. Così quei volti tumefatti, stralunati oppure sinistramente normali sfidano a suon di silenzio, trovano nella disillusione dello sguardo e nell’approdo ad un mutismo animale le condizioni per affermare il proprio essere inconsolabili. Infanti, cioè letteralmente privi di parola, come bambini che riscoprono le proprie condizioni orfane e rappresentano perciò la vita al di fuori e al di là dei vincoli familiari e degli schemi sociali. Si incontrano pertanto gli sguardi vitrei, le dignità incrinate di donne e uomini e gli sguardi liberi, simpaticamente fieri, dunque le dignità affermate con ironia della vita animale. Nicola Mittempergher


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