La crisi fuori e la crisi dentro

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Luciano Di Gregorio La crisi fuori e la crisi dentro Risulta sempre più evidente che il disagio psicologico contemporaneo non è più riconducibile alla sola dimensione storica familiare e alla difficoltà a rinascere dalle proprie matrici originarie, ai difficili rapporti interpersonali entro i quali la ricerca di una propria individuazione si scontra con il rapporto con l’altro. Le difficoltà relazionali e l’influenza delle matrici famigliari sulla storia personale del soggetto si accompagnano e si intrecciano con una dimensione sociale, ed è proprio nell’interazione con l’ambiente sociale e di vita che si produce una nuova forma di sofferenza psicologica. Essa ha cominciato a manifestarsi quando la crisi economica e quella sociale si sono fatte più drammatiche, si è accentuata con la perdita di innumerevoli posti di lavoro garantiti, con il ridursi delle sicurezze economiche e con l’impoverimento delle famiglie e delle persone singole. Il nuovo disagio psicologico di matrice sociale è in rapporto con degli eventi concreti e con delle trasformazioni sociali che modificano radicalmente la condizione di vita delle persone: la concretezza delle ristrettezze economiche progressivamente ridimensiona la qualità della vita e riduce le proprie possibilità di esprimersi, impedisce di fare progetti per il futuro e uccide l’idea del futuro stesso che da promessa si trasforma in una minaccia. Il nuovo disagio nasce, dunque, dal confronto con limitazioni sempre maggiori delle possibilità di espressione e di realizzazione di sé, ma anche dal confronto con l’idea di futuro, che è portatrice di vissuti di profonda incertezza, di precarietà e di provvisorietà di tutto ciò che ci riguarda. Più che in passato e in misura sempre maggiore, il disagio psicologico sembra dunque avere una precisa matrice sociale e questa matrice è in rapporto con i cambiamenti economici, sociali e ambientali globali, con quella che, è inutile negarlo, è la più grave crisi del sistema economico capitalistico dal dopoguerra, alla quale si accompagna una crisi valoriale e una perdita degli ideali sociali condivisi. La crisi valoriale è in relazione con la perdita dell’ideale di benessere e del mito dell’ascensore sociale, che, dal dopoguerra in avanti, hanno sempre fatto parte delle aspettative di una generazione che le poteva trasmettere a quella successiva. L’idea di crescita e di sviluppo illimitato, che garantiva un benessere pensato sempre come migliorabile, accompagnava il modello di sviluppo economico e sociale e non lo metteva in discussione. La parola crisi ha il suo etimo nel termine greco krìno che vuole dire separare, dividere, ed in effetti la crisi sociale ed economica sta dividendo sempre più le persone tra loro e sta creando uno iato sempre ampio tra i cittadini e la società, tra le istituzioni e gli individui, tra la politica e gli elettori. Non solo i ricchi sono separati dai poveri, che sono sempre più numerosi, ma anche gli occupati si allontano dai disoccupati per il timore di restare contaminati dalla condizione di disagio sociale in cui versano. La crisi separa gli individui tra loro ed elimina la solidarietà sociale, mette gli uni contro gli altri e finisce per creare nemici da ogni parte, che ci minacciano da vicino anche solo per la loro diversità esteriore. La società della crisi perde il suo legame interno e si frammenta in un insieme eterogeneo composto da tanti individui singoli che si sentono smarriti e privati di punti di riferimento comuni. In questo insieme frammentato di anime collettive, scarsamente connesse tra loro, ci sono alcuni che sono più resilienti di altri, mostrano cioè una capacità maggiore di contrastare le avversità e sono più capaci di trovare delle soluzioni ai problemi che si presentano, ce ne sono altri che sono più deboli e indifesi, e che subiscono gli eventi senza essere capaci di riorganizzarsi efficacemente. Tra quest’ultimi dobbiamo certamente collocare tutti quei giovani che dopo gli studi, le specializzazioni, non trovando un’occupazione, si sono rassegnati e hanno smesso di sperare di ricevere qualcosa dalla società degli adulti, dalla società dei padri che ha tradito la loro fiducia, ha disatteso le loro aspettative di realizzazione. È successo così che essi abbiano abbandonato il campo di battaglia, si siano rifugiati in famiglia, dove almeno trovano una certa solidarietà e un effettivo sostegno alla loro condizione disagevole, un’attenzione e un interesse che la società non è più in 1


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La crisi fuori e la crisi dentro by Festival della Salute Mentale - Issuu