inside mondriaan progetto di | project by
francesco
visalli
la terza dimensione di mondriaan mondriaan and the third dimension testo di | text by
carolina lio
inside mondriaan progetto di | project by
francesco visalli
la terza dimensione di mondriaan mondriaan and the third dimension
testo di | text by
carolina lio
Il mondo potrà anche non esser perfetto, eppure la perfezione esiste, e si presenta sotto forme semplici, per nulla appariscenti. Banana Yoshimoto
Il progetto “Inside Mondriaan” è solo in parte un progetto pittorico. Il suo intento concettuale, infatti, è quello di sviscerare i piani di lettura di un’opera apparentemente tra le più semplici e basilari della storia dell’arte e Francesco Visalli ha spinto questa ricerca fino a creare dalla pittura il prototipo di un relativo oggetto di riferimento. Una tridimensionalità che non è più solo un effetto sulla tela ottenuto dai giochi di ombre e di resa dei piani prospettici, ma che si fa scultura. Prende forma nello spazio, si apre, si rende fisica, corpo solido da esplorare. In questo modo porta un passo avanti non solo la propria visitazione del lavoro dell’artista olandese, ma anche tutte quelle ricerche del Novecento in cui l’arte non figurativa superava il concetto della rappresentazione per esplorare quello più concettuale – e volendo, più intellettuale – del rapporto tra il segno e il mondo. Si apriva la questione dello spazio, di un’arte che voleva costruire una propria visione tramite una ribellione del proprio ruolo puramente estetico per raggiungere il piano del pensiero astratto. Opere incredibilmente raffinate quanto semplici, a partire dal quadrato nero di Kazimir Severinovič Malevič fino alle esperienze spazialiste di Lucio Fontana, ognuna a suo modo, dichiaravano l’esigenza dell’arte di andare oltre alla superficie in cui si svolgeva. Così, quando l’artista russo Tatlin incontrò Picasso, capì che dalla pittura cubista poteva astrarre delle forme geometriche da riproporre poi nello spazio reale dando una nuova forma al mondo e creando il “costruttivismo”, secondo cui l’arte doveva opporsi alle vecchie categorie borghesi e permeare l’intero ambiente e l’intera società sviluppando una via di mezzo tra l’architettura e la pittura. Nel 1920, all’interno del manifesto realista di Naum Gabo si legge che “la realizzazione delle nostre percezioni del mondo nelle forme di spazio e tempo è l’unico scopo dell’arte pittorica e plastica”. E lo stesso taglio di Fontana infrange la distinzione tradizionale tra pittura e scultura. Eppure resta sostanzialmente bidimensionale. I suoi sono quadri attraverso i quali guardare oltre, ma lo spazio resta una forma di percezione e di transizione, un incidente dell’opera, suggerito e metaforizzato, non esplicito. 2
The project “Inside Mondriaan” is only partially a painting project. Its conceptual purpose is, indeed, to analyse in depth the reading levels of a work which is apparently one of the most simple and basic of art history. Francesco Visalli has pushed this research up to create from the painting a prototype of its subject of reference through a three-dimensionality which is no longer just a mere effect on the canvas obtained by shadows and perspective planes, but that becomes real sculpture. It takes shape in the space, becomes a physical, solid, explorable body. In this way, Visalli makes a breakthrough not only in his own visitation of the Mondrian’s work, but also in all those researches developed in the twentieth century in which the nonfigurative art surpassed the concept of representation in order to explore the conceptual relationship between sign and world. This opened the question of the space, of an art that wanted to build its own vision through the rebellion of its purely aesthetic role in order to reach the level of the abstract thinking. Artworks both refined and simple (starting from the black square by Kazimir Severinovič Malevič up to the Spatialist experiences by Lucio Fontana) each in its own way, declared the need of art to go beyond the surface where they took place. So, when the Russian artist Tatlin met Picasso, he realized that from the cubist painting one could abstract geometric structures to be proposed in real space, reshaping the world. And after that, he theorized the “constructivism”, according to which art had to oppose against the old bourgeois categories and permeate the entire environment and the whole society by developing a middle ground between architecture and painting. In 1920, Naum Gabo’s “realistic” manifesto states that “the realization of our perceptions of the world in the forms of space and time, should be the only one purpose of pictorial and plastic arts.” And also the famous cut by Fontana breaks the traditional distinction between painting and sculpture, while remaining essentially two-dimensional: it’s a work through which one can look beyond, but the space is still just a form of perception, an accident, a suggested metaphor.
The world may not be perfect, yet the perfection exists, and comes in simple forms, not at all showy. Banana Yoshimoto
Le opere di questi artisti del Novecento così intenti a studiare il piano per riuscire a superarlo, possono realmente essere prese e traslate sui tre assi del sistema cartesiano? Un quadro, può avere la sua terza dimensione, può essere “circondato”, “attraversato”, “circumnavigato” come se fosse un’isola che definisce il mare dello spazio vuoto e informe in cui è immerso? Se lo chiede Francesco Visalli quando sceglie di compiere questa operazione su Piet Mondrian, apparentemente il più basico. Il più ludico. L’artista delle linee nere e dei colori primari, degli spazi lasciati bianchi come caselle incomplete. L’artista che dichiarava di ispirarsi alla natura creando composizione astratte completamente regolari. Di una semplicità spiazzante, il suo amore per quella che chiamava “natura” era in effetti una passione per l’essenzialità dell’armonia e per una naturalezza intrinseca della pittura, che costituisse caso a sé tra gli elementi del creato. Voleva riportare la perfezione potenzialmente infinita dell’elemento minimo. Cercava nell’arte quello che i fisici cercano all’interno dell’universo: la formula base, il simbolo più semplice eppure più completo. E come nella fisica, il suo elemento pittorico è “nucleare”: ognuno dei quadri ha, infatti, linee che arrivano fino ai bordi senza che vi sia un loro termine, come se al loro esterno potesse esserci un altro quadro che le continui, e poi ancora e ancora, e così via all’infinito.
44 - 3.1a Composizione “stilizzata - a” piani nei colori originali base geometrica frontale ombreggiatura di fori all’interno del reticolo geometrico Tecnica prevista - Olio su Tela bianca (dipinte le sole parti colorate e le ombreggiature) Misure previste - 188 x 188,8 (due volte l’originale)
Ma restano a parete.
44 - 3.1a Composition “stylised - a” Planes in original colours Geometric base, frontal view Shading of holes inside the geometric grid technique - Oil on white canvas (only the coloured parts and shading are painted) measurements - 188 x 188,8
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Can artworks conceived by these twentieth century artists, so intent on studying the plan to be able to overcome it, really be taken and passed on to Cartesio’s three-axis system? Can a painting have its third dimension, be “surrounded”, “crossed”, “circumnavigated” as if it were an island that defines the sea of empty and shapeless space wherein is plunged? It’s that what Francesco Visalli was wondering while choosing to do this operation on Piet Mondrian, apparently the most basic and the more playful abstract artist. The one of the black lines and of the primary colors, with his spaces left white as incomplete boxes. He surprisingly claimed to draw inspiration from nature, even creating abstract, totally regular compositions. Indeed, in his disconcerting simplicity, his love for what he called “nature” was a passion for essentiality and harmony, for the intrinsic nature of painting as a special case among the elements of creation. He wanted to report the potentially infinite perfection existing in the minimum element. He sought in the art what that physicists seek within the whole universe: the basic formula, the easiest yet most comprehensive symbol. And as in physics, his pictorial element is “nuclear.” Each one of his paintings has, indeed, lines growing down to the the edges without reach an end, as if outside the frame it could be another framework continuing the previous ad infinitum.
44 place de la concorde 1938 / 1943 Joosten
b321.283
ottolenghi
462
composition - 1938 (b283) place de la concorde - 1938/1943 (second state) place de la concorde - 1938/43
olio su tela / oil on canvas 94 x 94,4 dallas museum of art / dallas donazione di / gift by james h. and lillian clark foundation
44 - 3.2b Composizione “stilizzata inversa - b” piani nei colori opposti base geometrica ribaltata ombreggiatura di fori all’interno del reticolo geometrico Tecnica prevista - Olio su Tela nera (dipinte le sole parti colorate e le ombreggiature) Misure previste - 188 x 188,8 (due volte l’originale)
But they remain on the wall.
44 - 3.2b Composition “stylised inverse - b” Planes in opposite colours Geometric base reversed Shading of holes inside the geometric grid technique - Oil on black canvas (only the coloured parts and shading are painted) measurements - 188 x 188,8
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E per quanto illimitata possa essere la fantasia che queste poche righe compongono nell’immaginario, restano congelate sulla superficie del muro che le ospita, scorrendovi sopra in modo binario. Francesco Visalli è entrato in queste opere prima portando un piano tridimensionale illusorio, evidenziando i possibili piani interni tramite ombre, giochi prospettici, inversioni di colore e distorsioni. E poi, evidentemente e giustamente non soddisfatto della bidimensionalità, ha messo a frutto la sua esperienza di architetto e ha strappato dal muro le opere. Più esattamente è come se avesse preso lo strato più esterno della tela e lo avesse tirato verso l’esterno estendendolo nello spazio, dilatandolo verso l’esterno, fino a produrre uno strappo della pittura dalla parete e una concretizzazione della geometria disegnata in una geometria corporea composta di pieni e di vuoti, di blocchi di colori e di spazio libero. Le opere di Mondrian diventano allora sculture o addirittura grandi monoliti. La loro dimensione passa dal modellino di studio a delle duplicazioni continue, potenzialmente infinite, in cui lo spazio si allarga verso la direzione contraria del punto di fuga, verso l’infinito che esplode e cattura l’idea totale della spazialità. Possono arrivare a essere immaginati - e potenzialmente realizzati - in una scala sufficientemente grande da costituire idealmente il piano urbanistico di un quartiere in cui, concepiti l’uno in relazione all’altro, questi blocchi solidi arrivano a dialogare tra loro come facciate di edifici e a costituire un microcosmo e una forma abitativa sul filo del sacro.
bozzetto del Monolite | sketch of the Monolith
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No matter how much unlimited could be one’s imagination, these few lines remain frozen on the surface of their host wall, flowing in binary mode. Francesco Visalli, instead, initially entered in these works bringing an illusory three-dimensional scheme, highlighting the possible plans of the work through shadows, perspective effects, reversals and color distortions and, at a later stage, has exploited his experience as an architect and has ripped the works out from the wall. More precisely, it is as if he had taken the outermost layer of the canvas and he had pulled to the outside extending and expanding it outwardly, so as to produce a torn of the painting from the wall and a concretization from a drawn geometry towards a real body composed of solids and voids, blocks of color and of free space. Their size goes from the scale model to continuous and potentially infinite duplications in which the space widens towards the opposite direction of the vanishing point, exploding and catching the whole idea of spatiality. They can get to be imagined, and potentially produced, on a scale large enough to ideally constitute the urban plan of a district in which these solid blocks come to talk to each other as the facades of buildings on the thread of the holy.
plasico esposizione dipinti | model exhibition paintingsh
plasico del Monolite | model of the Monolith
Il termine stesso “monolite” che Francesco Visalli dà alle sue rese scultoree su grandi dimensioni riconduce, infatti, alla monumentalità religiosa, all’esigenza di rappresentare con grandi blocchi solidi un ordine universale verso cui dirigersi con una speranza e un’intenzione mistica. Gli “Standing Stones” - concepiti finora solo a livello grafico - sono rendering 3D che riportano in mente Stonehenge, l’idea di una civiltà mitica, il sapore della leggenda, la costruzione fisica di un grande vocabolario solido per cercare un dialogo diretto con Dio. Un dialogo tanto maestoso quanto semplice - come semplici sono tutte le preghiere – creato da elementi basilari: dalla pietra delle prime civiltà, ieri; e dalle squadrature e dai colori primari ispirati alle ricerche di Mondrian, oggi.
il Monolite Bifronte | the Two-faced Monolith
In fact, the term itself “monolith” that Francesco Visalli gives to his large sculptures, leads to the idea of the ancestral religions, of the ancient need to represent with large solid blocks an universal order to which head towards with hope and mystical intentions. The “Standing Stones” (so far conceived only in terms of graphics), are 3-D renderings that bring to mind Stonehenge, the idea of a mythical society, the taste of the legend, the physical construction of a large solid vocabulary built in order to find a direct dialogue with God. A dialogue so majestic as simple as they are all the prayers, and created by basic elements: the stones of the earliest civilizations, yesterday; the Visalli’s Mondrian-inspired monoliths, today.
la visione di Stonehenge in un dipinto di Visalli the vision of Stonehenge in a painting by Visalli
Callanish Standing Stones
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immagini tratte dal progetto delle installazioni images from THE project installationS
INSTALLAZIONE B | INSTALLATION B INSTALLAZIONE A | INSTALLATION A
INSTALLAZIONE C | INSTALLATION C INSTALLAZIONE D | INSTALLATION D
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Naturalmente, a livello sia visivo che intenzionale, le opere scultoree di Visalli non sono un unicum staccato da qualsiasi altra esperienza contemporanea. Anzi, si ricollegano alla scuola della grande scultura minimale americana, non a caso sviluppata da artisti che come lui provenivano dal campo dell’architettura. E’ il caso, per esempio, di Tony Smith che, dopo aver lavorato nello studio di Frank Lloyd, giudicò gli edifici troppo precari e troppo vulnerabili e decise di dedicarsi alla scultura. Le sue opere erano appunto minimaliste, estremamente semplici, sagome rettangolari che somigliavano ad agglomerati di scatole o a singoli contenitori. In genere la scultura minimalista americana ragiona, infatti, in modo modulare e ordinato. Basti pensare a Donald Judd con le sue sovrapposizioni di forme rettangolari oppure a Sol LeWitt con le sue variazioni sul tema di cubi aperti e chiusi e assolutamente regolari che suggeriscono l’idea di essere segmenti di un sistema ordinato che potrebbe essere riprodotto e ingigantito all’estremo fino a comprendere il mondo intero. Mentre, tra gli artisti europei, un lavoro interessante sul confine tra pittura e scultura in relazione agli ambienti è quello di Daniel Buren. Quasi tutte le sue opere sono rigorosamente site-specific, agendo direttamente sulle strutture architettoniche, specialmente quelle con un determinato ruolo istituzionale e culturale come i musei, in cui attraverso delle bande colorate verticali lo spazio viene modificato ed evidenziato, costringendo il pubblico a focalizzare la propria attenzione. E a questo lavoro in particolare, in un certo senso più profondo della ricerca puramente formale e meno concettuale degli scultori statunitensi, si avvicina molto l’esperienza di oggi di Visalli. Egli, infatti, usa le sue sculture ambientali come segnali e simboli.
Of course, on both visual and intentional levels, Francesco Visalli’s sculptures are not an unicum detached from any other contemporary experience. On the contrary, they are connected to the great school of the American minimalist sculpture, not coincidentally developed by artists who came from the field of architecture, like him. It’s the case, for instance, of Tony Smith who after having worked in the studio of Frank Lloyd, judged buildings too precarious and too vulnerable and decided to devote himself to sculpture. His works were minimalist, made by very simple forms, rectangular shapes that were like agglomerates of single boxes or containers. In general, the American minimalist sculpture reasons in a tidy, modular way. Just think about Donald Judd with his overlapping of rectangular shapes or about Sol LeWitt with his variations on the theme made by open and closed cubes, absolutely regular, suggesting the idea of segments of an orderly system that could be extremely replicated and magnified up to including the whole world. While, among European artists, an interesting work about the boundary between painting and sculpture in relation to the environment is the one by Daniel Buren. Almost all of his works are rigorously site-specific, act directly on the architectural structures, especially those with a specific institutional and cultural role such as museums. Here, through colored, vertical stripes, the space is modified and highlighted, forcing the audience to focus its attention. Visalli’s work is very close to this last experience in particular, which is in certain sense deeper than the researches of the North-American sculptors. The today’s direction of Visalli is, indeed, to use his sculptures as environmental signs and symbols.
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TONY SMITH the elevens are up
TONY SMITH wall
SOL LEWITT
DONALD JUDD (Marfa - Texas)
DANIEL BUREN muri fontane
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Da un lato, realizza una riproposizione di un istinto arcaico del dialogo con la divinità tramite l’ingigantimento delle forme base della propria cultura. Dall’altro, sviluppa un discorso rivolto alla società tramite veri e propri interventi di arte pubblica. L’opera d’arte non solo trasla fuori dalla parete per acquisire una terza dimensione che prima non le apparteneva, ma sbalza anche fuori dalla galleria o museo che sia, per diventare monumento vissuto. L’idea è, infatti, quella di realizzare dei monoliti che campeggino nelle piazze e davanti ai musei di varie città. Costruire un rapporto tra il pubblico e l’opera in cui si crei un senso di spiazzamento per la riproposizione in scala gigante e tridimensionale di un lavoro conosciutissimo nella sua forma pittorica, come appunto quello di Mondrian. La differenza tra il proporre un’opera ex novo originale e quella di ri-proporre in una chiave diversa un’opera rivisitata è chiara: impone allo spettatore la domanda sulla spazialità dell’arte, sulla differenza reale tra il piano pittorico e quello scultoreo, sulla “abitabilità” dell’opera e dell’arte contemporanea, che anche quando non può essere sempre portata all’esterno dell’istituzione, monumentalizzata e resa parte del tessuto urbano è comunque sempre, a livello potenziale, una struttura viva, che costruisce la società, che deriva dal popolo che la origina e allo stesso tempo lo forgia. Una cellula intellettuale di una intellettualità “politica” nel senso meno schierato del termine e più ampio possibile: un impegno umano verso la costruzione del mondo, verso il proprio simile, verso l’idea di umanità e di “idealità” della storia.
la provocazione di visalli al “circo massimo” | the provocation of Visalli at the “Circus Maximus”
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la provocazione di visalli al “circo massimo” | the provocation of Visalli at the “Circus Maximus”
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On one hand, Francesco Visalli realizes a re-enactment of an instinctive, archaic dialogue by enlarging the basic forms of his own culture; on the other, he develops a speech addressed to the society by means of public art interventions. The artwork not only moves out from the wall to gain a third dimension, but is also moved out from galleries and museum, becoming a living monument. The artist’s idea is, indeed, to realize monoliths standing in the squares and in front of the museums of various cities in order to build a relationship between the audience and the work. This should be aimed to create a sense of displacement due to the repurposing in a three-dimensional giant-scale a very wellknown work, as precisely the paintings by Mondrian. It makes audiences wonder how much is important the question of the spatiality in art, what is the real difference between the pictorial and the sculptural levels, if contemporary art works have a their own “livability” even when they may not be moved out from the institutions, monumentalized and used as a part of the urban fabric. So, Francesco Visalli’s work tends to show that art is always potentially a living structure that builds the society and, at the same time, derives from the people. An intellectual cell of a “political” intellectualism in the widest sense as possible: a human effort towards the construction of the world, toward the fellow man, toward the idea itself of humanity and of idealism in history.
la provocazione di visalli al “circo massimo” | the provocation of Visalli at the “Circus Maximus”
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simulazione delle installazioni al museo maxxi | simulation of the installations at the museum maxxi
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