Magazine speciale 10 anni di Fnac | 2000-2010

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Raccolgo memorie di chi ha conosciuto il manicomio un po’ come facevano i geografi del passato. Questi antichi scienziati chiedevano ai marinai di raccontargli com’era fatta un’isola, chiedevano a un commerciante di spezie o di tappeti com’era una strada verso l’Oriente o attraverso l’Africa. Dai racconti che ascoltavano cercavano di disegnare delle carte geografiche. Ne venivano fuori carte che spesso erano inesatte, ma erano anche piene dello sguardo di chi i luoghi li aveva conosciuti attraversandoli. Così io ascolto le storie di chi ha viaggiato attraverso il manicomio non per costruire una storia oggettiva, ma per restituire la freschezza del racconto e l’imprecisione dello sguardo soggettivo, la meraviglia dell’immaginazione e la concretezza delle paure che accompagnano un viaggio.

Ascanio Celestini

Nel suo caso ci si può permettere di usare senza timori un’espressione altisonante e un po’ fuori moda: impegno civile. Ma ciò che rende unico il mondo di quest’uomo di teatro, di libri e di cinema, è la sua capacità di calare la passione civile nell’arte del racconto. Giullare irriverente, fustigatore di costumi, guizzante guastatore di programmi televisivi, serissimo studioso di fatti e mondi da mettere in scena (dal manicomio alla fabbrica, dalle periferie ai ricordi di guerra del padre), grande inventore e raccontatore di storie che mettono il dito nelle piaghe di una società particolarmente portata per la rimozione, Ascanio Celestini è un autore-attore potente, disturbante, esplosivo. La pecora nera nasce come “spettacolo sull’istituzione manicomiale” nel 2005, nel 2006 diventa un libro pubblicato da Einaudi, nel 2010 un film presentato in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia. In scena il manicomio secondo Ascanio Celestini: non oggetto di denuncia, ma miniera di storie.


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