Pagina del pollo 52 - Mosche d'autunno

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Leggi l’articolo “La pagina del Pollo 52” estratto dall’uscita 5/2015 di Fly Line

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L A PAGINA DEL POLLO 52 Roberto Messori

Il problema più pressante per il pollo è da sempre la scelta della mosca da legare al finale. Negli sfarfallamenti ci si può difendere, ma in assenza di questi il dubbio torna. Certo esistono indicazioni di massima che, se per le trote hanno un vasto spettro di utilizzo di pochi modelli, per il temolo si complicano parecchio. Per il temolo vale infatti la regola fondamentale di sostituire di continuo l’artificiale fino a trovarne uno che funziona, salvo, dopo una cattura, ripartire daccapo. Tuttavia esiste un cumulo di esperienze in grado di dare suggerimenti che raramente possono fallire, specie se li alterniamo in continuazione... Ecco una serie di modelli che da svariati decenni ha acquisito una valenza quantistica, nel senso che hanno la più elevata probabilità, in autunno, di trovare un temolo nella giusta banda energetica.

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unno Pollo con pesce, 2014. Pixel su monitor 4961 px x 3543 px Fly Line & Picasso.

omincio a sentire la tristezza di fine estate dal 21 giugno, il giorno più lungo, non quello dell’invasione alleata in Normandia, ma quello del solstizio che sancisce l’inizio dell’estate, ebbene, come per tanti, il fatto che le giornate comincino ad accorciarsi mi porta l’insopprimibile sensazione che già si stia perdendo qualcosa. Intanto le serate dove si pesca fino alle 22, per poi tornare all’auto quasi al buio, per cenare col compagno (di pesca) nella trattoria dove, avendo avvertito fin dal mattino, ci aspettano, con la bottiglia di barbaresco aperta da ore. I torrenti sono ancora ricchi d’acqua, e questa abbondanza porta seco la sensazione che siano anche ricchi di pesci, e che questi siano grossi, e qualche volta succede. Alcune trotelle di circa una spanna, due o tre poco più lunghe ed una lunga un braccio, anzi, un avambraccio un po’ scarso (non mi piace parlare di centimetri) rappresentano, se non la felicità, di certo la soddisfazione. Se non siete tra coloro che devono catturarne decine e decine razzolando ogni fondale con ninfe appesantite, non potete tornarvene a casa delusi. Mi sembra giusto che la chiamino ninfa ceka o polacca, ceka perché pescando così non si vede un cazzo, né della mosca né della bellezza della pesca, polacca perché la storia vuole, ed è una bruttissima storia, che dopo l’invasione della Polonia i nazisti procedettero all’eliminazione della cosiddetta “intellighenzia polacca”, che è quello che sta succedendo alla pesca a mosca, dove dal sistema si stanno eliminando tutti gli aspetti più belli e caratterizzanti, fino a trasformarlo in una vera e propria pesca al tocco col filo, preroga-

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tiva della volgarità opportunista. Manca solo un sindacato dei nonfopolacchisti: Filodarność. Non è una critica assoluta al sistema, io stesso pesco così, anche se a più ampio raggio d’azione: quando secca e sommersa non funzionano, poiché il pesce è incollato al fondale e nessun insetto vero o finto è capace di attirarlo a mezz’acqua o in superficie, non resta altra soluzione, ma al fatto che sempre più pescatori pescano solo così, sostituendo la coda con monofilo di nylon. Sto scrivendo queste cose oggi, tra la fine di luglio e l’inizio di agosto, ma già la mente viaggia portandosi ben oltre la canicola che ci sta martoriando da settimane. Il mio pensiero alieutico è già alla fine della stagione, in autunno, auspicando (qualcuno trova allegro l’autunno?) le lame dei fiumi e le pozze dei torrenti circondate da foglie gialle e arancio, che derivano accompagnando gli sfarfallamenti dei baetidi di seconda generazione e dei grossi tricotteri, il tutto venato da una nota di languida e dolce tristezza. Del resto dopo l’inverno tornerà un’altra primavera, un’altro 21 giugno e, maledizione, un altra sensazione d’essere già in autunno. Il tempo è davvero relativo: più passano gli anni più questo ciclo è veloce. Tuttavia, ciclo o non ciclo, per forsa di cose occorre pensare alle mosche autunnali. Cosa c’è di più piacevole, in qualche serata ventosa o, meglio, temporalesca di tarda estate, con moglie e figlia a godersi l’ultima settimana al mare, del mettersi al morsetto con un bicchiere di ottimo whisky (per l’occasione sostituito da uno straordinario mirtillino) sfogliando vecchi libri alla ricerca di qualche dressing ottimale per la fine della stagione della trota ed il perdurare di quella del temolo? Languida dolcezza? Se i sentimenti sono questi, allora il libro davvero in armonia è quello del De Boisset. Non solo mi ricorderà la giovinezza, ma anche i dressing dimenticati sia dai pescatori che dai pesci. Autunno e, parzialmente, l’inverno sono le tipiche stagioni per pescare i temoli, ed ovviamente le trote fino alla chiusura, che poi continueranno ad ab-

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boccare per essere alfine liberate, pertanto questa stagione è anche sinonimo delle mosche da temolo, ma esiste davvero una differenza con quelle da trote? Assolutamente no, semplicemente, ed è una regola prettamente empirica scritta da secoli di pesca, se per la trota bastano pochi modelli, ad esempio una decina, per il temolo ne servirebbero almeno tre o quattro volte di più. Lapidaria fu la pluri-riciclata frase di Mario Riccardi nel libro di Albertarelli “A pesca coi campioni”, dove afferma: “Se io vado a pesca di trote su un qualunque fiume o torrente europeo sono sicuro che posso prenderle con cinque o sei mosche secche di tipo diverso e altre cinque o sei mosche sommerse. Se invece vado a temoli, allora porto con me scatole in cui si trovano

decine e decine di diverse mosche, anche se poi so già che in genere vanno bene sempre quelle venti o venticinque imitazioni”. Mi correggo, almeno quattro o cinque volte di più! Sì, lo so, l’avevamo già detto, ma tanto... Quanti modelli di mosche avete con voi in azione di pesca, a trote? E a temoli? Tra l’altro anche la dimensione delle mosche è relativa, l’idea di tanti che il temolo con la sua bocca piccola non possa, o abbia difficoltà, a prendere mosche grosse è assurda quanto la bicicletta di Noè, il fatto è che il temolo, prettamente insettivoro (sarebbe più corretto “macroinvertebrativoro”) si rivolge a un menù dove le portate “piccole” sono infinitamente più numerose di quelle “grandi”, ma può abboccare


senza problemi ad un moscerino microscopico come ad un cerambice o ad una grossa stone fly, solo che di moscerini ne trova molti di più. Se l’esperienza di tanti esperti pescatori suggerisce numerose mosche, questi hanno avuto anche il buonsenso di suddividerle per stagione, o almeno puntualizzare quali non sarebbe bene lasciare a casa. Leonce De Boisset (1884-1968) è nato a Notre Dame De Boisset nella Loira, il suo nome completo era Claude Auguste Jean Leonce Valletta, ma ha preferito (comprensibilmente) lo pseudonimo Leonce De Boisset. La sua opera somma l’abbiamo citata innumerevoli volte, come la sua vita, le sue opere e le sue mosche, tuttavia continuerà ad ossessionarvi, più o meno come la Bibbia ha ossessionato mezza umanità da ben oltre 2000 anni e purtroppo continuerà ancora per un pezzo. Siete cristiani praticanti e l’osservazione non v’è piaciuta? Nessun’offesa, ma solo un esempio: non immaginate quanti poveri cristi hanno sacrificato sé stessi, nella triste storia dell’umanità, per salvare la vita di qualcun’altro? Fosse un figlio, un ami-

co, l’amante o il primo che passava per strada e che magari stava affogando? È vero che Cristo avrebbe salvato l’umanità, ma non mi sembra sia stato quel gran successo. La bibbia del Boisset ha fatto certamente meno danni e deliziato i Pam delle penultime due generazione, mentre la terza pesca col filo. L’opera somma è naturalmente “Les mouches du pêcheur de truites”, della quale vorrei riportare la citazione di Tony Burnand: “Oeuvre de bénédictin, oeuvre d’artisan de chez nous, oeuvre de poète, oeuvre de bon français, oeuvre enfin de pêcheur - n’est ce pas tout dire? - Elle sera pour nous la précieuse compagne des soirs d’hiver, des retours de pêche, des heures où, devant le rivière morte, la sagesse nous conseille de nous asseoir sous un saule, à regarder... Non credo serva la traduzione, ma se servisse... Opera certosina, opera d’un esperto di casa nostra, opera di poeta, opera di buon francese, opera infine di pescatore - che altro dire? - Essa sarà per noi la preziosa compagna delle sere

Sopra: lama da temoli della Savinja in ottobre, col turchese delle acque circondato da tutti i colori della terra. Ecco a destra i due libri fondamentali che trattano della pesca a mosca del temolo. A destra: anche se l’opera del Rolt esamina i fiumi del Sud del Regno Unito, tratta l’argomento in modo più completo di qualunque predecessore, in particolare arricchisce le nostre possibilità con imitazioni di sua invenzione che hanno sfidato i secoli interpretando i gusti del timallide con straordinarie intuizioni. Del resto, anche se con minor numero di specie, gli insetti presenti in UK sono più o meno gli stessi che sfarfallano nei fiumi di tutta l’Europa. L’opera del Pritt è un classico senza tempo che ha ispirato generazioni di pescatori. Pubblicato la prima volta nel 1888, è stato a lungo considerato il “libro definitivo” con soggetto il temolo. Pritt trasse da una lunga e ricca tradizione sia del Nord dell’Inghilterra che nei fiumi e torrenti calcarei dello Yorkshire. Molti dei metodi e delle tecniche che descrive sono ancor’oggi largamente praticate.

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d’inverno, del ritorno dalla pesca, delle ore dove, a fronte di un fiume spento, la saggezza ci consiglia di sederci sotto un salice, ad osservare...” “L’opera certosina” fa certamente riferimento alla parte entomologica, che affronta con dovizia di particolari la diagnosi sistematica delle effimere. Il De Boisset, accingendosi a parlare delle mosche da temolo, prima di introdurre le mosche francesi di Chamberet cita diversi pescatori inglesi ed i loro dressing, in particolare tiene in ottima considerazione Harry Augustus Rolt, autore di “Grayling Fishing in South-Country Streams” del 1901, e “The Book of the Grayling” del 1888 di Thomas Evan Pritt, a quel tempo le uniche opere interamente dedicate al temolo. Precisò infatti che v’era parecchia scarsità di opere sul temolo, e di questi due libri il primo era molto raro, ed il secondo era già introvabile. Giusto per i più curiosi: oggi il primo lo potete trovare in Internet, edizione originale, al prezzo di 100 £, presso www.anglebooks. com, il secondo vanta una ristampa del

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2013, Isbn 9780957597716, Flyfisher’s Classic Library. Moretonhampstead, Devon, e lo trovate in Amazon. Ma se non volete spendere soldi e comunque conoscete l’inglese, il libro di Rolt potete leggerlo qui, togliete gli eventuali trattini di andata a capo: https://archive.org/ stream/graylingfishing00roltgoog/graylingfishing00roltgoog_djvu.txt È il momento di sfogliare le pagine del De Boisset e passare agli artificiali per l’autunno. Tra i modelli un po’ particolari egli cita la Winter Dun, mosca che riesce a dare buoni successi verso la fine della stagione, quando i temoli sono riluttanti a bollare in superficie. Ha quindi colto il suggerimento di H. A. Rolt, il cui dressing consiste in un amo 00 (n. 16), un corpo rivestito di piattina dorata o argentata, hackle e cerci blu chiaro con ali in grosso tordo. Aggiunge che essa è anche la mosca favorita dal vecchio David Foster, d’A-

shbourne, che Rolt considera (diciamo che avrebbe potuto essere) il miglior pescatore di temoli mai esistito (citazione dal Rolt). Di questo modello invernale fa una vera, piccola apoteosi, raccontando di come convincesse i temoli a prenderla ove tutte le altre mosche erano fallimenSopra: pesci capricciosi. Purtroppo di quest’opera non siamo risciti a sapere altro. Sotto e a destra: la Winter Dun nella nostra interpretazione.


Foto 1 - Dopo aver fissato le code si blocca una piattina argentata spiralata sul corpo. Quella della foto è un po’ arrugginita, ma è un difetto che i temoli hanno apprezzato moltissimo, vedete voi.

Foto 3 - Con alcuni ben dosati avvolgimenti sia dietro che incrociati tra le ali si verticalizzano queste aprendole leggermente.

Foto 2 - Si fissano due punte di hackle dun (grigio brunastro), oppure, se ne siete in possesso, le fragilissime ali in penna del grosso tordo.

Foto 4 - Si fissa dietro le ali un hackle di gallo blu chiaro.

Foto 5 - Avvolto e fissato l’hackle, il gioco è fatto.

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tari. Io dò per scontato che si trattasse di una dry fly (non è proprio specificato, anche se tutto lo fa pensare), ma non la vedrei male pure come winged wet fly, vale a dire montata come le emergenti classiche, con le ali leggermente reclinate all’indietro e poche barbe di hackle. Qui mostreremo il montaggio della sola versione quasi originale, quasi perché con una piccola variante: le ali in sezione di penna di grosso tordo sono sostituite da punte di hackle dello stesso colore, tenute volutamente un po’ più lunghe per compensarne la minore superficie. Se pensate che abbiamo alterato troppo il modello archetipo, provate prima a lanciarla tra ottobre e novembre in qualche lama popolata da temoli. Oppure procuratevi un grosso tordo. Sempre del Rolt, De Boisset riporta i consigli a proposito della scelta della mosca col temolo. Il primo è il più classico: la raccomandazione di utilizzare l’imitazione dell’insetto che sta sfarfallando, seguito dall’immediata correzione, che sarebbe il nostro “piano B”; se non funzionasse, solo una mosca totalmente differente dall’insetto che il temolo sta bollando conoscerà il successo. Il De Boisset poi precisa che, in effetti, tale pesce è considerato assai capriccioso, sinonimo di imprevedibile, e che è inutile cercare regole per la scelta di un artificiale capace di sedurlo, se non quella di... provarne di differenti fino a trovarne una che funziona, se la si trova. Conoscete qualcuno che non applica questa raffinata strategia? In verità è l’unica che funziona davvero: se la logica fallisce, si procede per tentativi illogici, confidando nella stupidità del pesce anziché nell’intelligenza del pescatore, o viceversa. Un altro modello assai interessante, e soprattutto funzionante, che io vedo molto bene nell’utilizzo in fine stagione, è la Witch, la strega, sorcier in francese, e la sua variante Silver Witch. Dressing che nulla a che vedere con l’omonima Witch parachute di Enzo Bortolani mostrata in Fly Line 4/2015, il cui nome è analogo, ma che in comune ha solo la capacità di stregare i pesci. La Witch è un modello fantasioso, ma non troppo: montata su amo 0 o 1 (n. 14 - 15), con coda rosso vivo in ibis

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(o succedaneo, c’è chi utilizza seta floss o lana rossa), corpo in herl di pavone tolto dalle “lance” verde brillante cangiante (le barbe che si utilizzano per la Alexandra, per intenderci) anellato con sottile tondino dorato, ed hackle in collo di gallo color miele. In una variante di Roger Woolley l’hackle va avvolto a palmer, ed è il modello che io preferisco, dati i risultati. Nella variante Silver Witch il sottile tondino è argentato, e l’hackle è in pelo di tasso (traduzione letterale, sarà esatta?), oppure in cuculo grigio. Io ho utilizzato una hackle di gallo dello stesso colore. Non ho cuculi rinsecchiti in redazione. E neppure tassi. È difficile trovare un preciso riferimento ad un insetto, ma è ancora più difficile non assimilarla a diversi coleotteri con corpo verde cangiante, oppure, Lama da temoli in Soča, con l’autunno che inizia a dorare la vegetazione. Sotto, foto degli anni ‘80, da sinistra: Messori, un locale, Frank Gorjan e Dino Roversi (vedi testo). A destra: Silver Witch e Witch.


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Foto 2 - Si appongono: herl di pavone, tondino dorato, hackle di gallo come da dressing.

Foto 1 - Si lega la coda in ibis rosso vivo (o sostituto)

Foto 4 - Si avvolge e blocca l’hackle e la mosca è terminata. Semplice, rapida, facile, galleggiante e micidiale.

Witch & Silver Witch Foto 3 bis - Nella variante Silver Witch è sufficiente sostituire il tondino dorato con uno argentato e l’hackle con gallo grigio chiaro anziché honey.

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Foto 3 - Si forma il corpo avvolgendo l’herl di pavone ed il sottile tondino dorato.

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nella variante palmerata, ad infiniti piccoli bruchi. Le imitazioni di bruchi sono sempre modelli straordinari quanto ad efficacia, sia galleggianti che, una volta imbibiti, sommersi. In ogni caso la mosca funziona assai bene. Conservo piacevoli, bizzarri ricordi dei miei primi anni nell’ex Jugoslavia, a metà circa degli anni ‘70, quando con Bortolani impiegavamo intere giornate autunnali per percorrere poche centinaia di metri lungo le lame della Soča pescando su veri tappeti di temoli che, ad un certo punto della giornata, si mettevano a bollare con metodica regolarità. Avevamo le mosche di Chamberet, che alternavamo in modo logico catturando pochissimo, poi in modo illogico catturando un po’ di più, ma è difficile dimenticare i successivi tentativi “disperati” dove legavamo le mosche più assurde, dalle gigantesche Alder di Palù su amo 10 alle... Witch su amo 14, che regalarono alcuni dei temoli più vivi (si fa per dire) nei ricordi di quel tempo. Li mangiavamo, allora, i temoli, ma solo uno ogni tanto. Se uno superava la lunghezza dell’avambraccio lo portavamo all’hotel Krn di Tolmino, la strategia era di regalare un paio di bottiglie di Lambrusco Reggiano ai lavoranti della cucina e questi lo mettevano il temolo in forno con la sola aggiunta di qualche erbetta segreta, poi ce lo servivano con una semplice salsa di olio e prezzemolo. Soprattutto non lo mettevano in conto. Ovvio, ora era nostro, mica di Tito. Una sera, al ritorno dalla pesca, vidi Frank Gorjan, il guardapesca di quel tempo della famiglia di pescatori di Tolmino. Povero Frank, è morto alcuni anni fa, causa il diabete aveva perso una gamba, ma non la passione e continuò a costruire mosche fino alla fine. Negli anni ‘70 girava sempre col suo pastore tedesco e controllava i fiumi con lo sguardo infallibile del grande bracconiere che era stato. Era appoggiato al banco del bar e quando mi vide mi venne incontro. – Roberto! Mio amico! Mi strinse la mano e ci si appoggiò di peso, peso rilevante, già era un pezzo d’uomo e se ci aggiungete il peso del vino che doveva aver bevuto...

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Foto 1 - Si lega la “solita” coda in ibis, che preferisco alla lana o alla seta floss.

Foto 4 - Si appone una hackle di collo di gallo blu scuro.

Foto 5 - Avvolto l’hackle, la mosca è finita, dopo bloccaggio e nodo finale. È certamente parente della Red Tag, della Witch ed un po’ della Royal Coachman, ma in veste quasi invernale.


Foto 2 - Si lega in coda un bunch di herl di pavone,indi si fissa un altro ciuffo di ibis rosso in testa, reclinato in avanti a 45°.

Foto 3 - Si forma il corpo avvolgendo l’herl.

Bradshaw’s Fancy

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Foto 1 - Si forma la coda e si fissa il quill.

Cominciò a stringere la mano sempre di più, barcollando, e più barcollava più stringeva. Non avrei mai creduto che un umano potesse avere tanta forza nelle mani. Per non farmi frantumare le falangi dovetti stringere anch’io, e più stringevo (per legittima difesa) più lui, evidentemente apprezzando la stretta, stringeva a sua volta, solo che la sua mano era il doppio della mia. Il giorno dopo non riuscii a impugnare la canna, così dedicai la giornata alle fotografie, vennero tutte mosse. Sempre Rolt, come modello autunnale ottimo da ottobre a novembre, consiglia la Bradshaw’s Fancy. La si trova sia con l’hackle concentrato in testa, sia avvolto a palmer, ma nel dressing originale non è specificato, pertanto ritengo che l’hackle vada in testa e il palmer ne rappresenti una variante, tra l’altro assai simile alla Witch. Sembrerebbe anche assai prossima alla Red Tag, ma col ciuffo rosso anche in testa. Con filo di montaggio porpora si appongono su amo 14-16 una corta coda di lana rosso vivo, poi un corpo in herl di pavone con riflessi rame, un hackle blu scuro di corvo d’Andalusia o di Norvegia (che noi abbiamo sostituito con analogo hackle di gallo padano per motivi campanilistici, ma nessuno vi impedisce di cercare corvi andalusi o norvegesi), anche se John Roberts nel dressing della Bradshaw’s lo mette pale blue-dun, nel suo dizionario delle mosche. Infine in testa, davanti al bloccaggio dell’hackle, va posto un altro ciuffo di lana o seta floss rosso vivo (cremisi), reclinato in avanti a 45°. Io ho preferito l’ibis rosso vivo (substitute), pesa meno e non assorbe acqua. Curiosamente il Veniard pone la Bradshow’s Fancy tra le mosche sommerse Usa e canadesi, mentre John Roberts ne riporta correttamente il dressing, specificandone l’uso a temoli, confermando che viene utilizzata da un secolo per i fiumi del Nord e che oggi è diffusa in tutta la Gran Bretagna. Cita Reg Righyni, scrittore alieutico inglese, che la pone come mosca di punta tra le sue tre favorite. Dopo questa premessa sui mo-

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Ecco una versione col corpo rosso ancora più vivo e appariscente, dove si è utilizzata una sezione di penna di oca tinta di rosso.

La Favorite

Variante più appariscente della Favorite.


Foto 2 - Si forma il corpo e si fissa l’hackle.

Come ai punti 1 e 2.

Foto 3 - Si avvolge l’hackle e la mosca è finita.

Come ai punti 2 e 3.

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Foto 1 - Mosca semplicissima e minimalista: si formano le code e si fissa la penna per il corpo.

October Dun

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Foto 2 - Si forma il corpo in airone o piuma grigia simlare.


Foto 3 - Si fissa l’hackle color miele (honey).

Foto 4 - Avvolto l’hackle, la October Dun è terminata.

delli inglesi il De Boisset passa alle mosche da temolo di Chamberet della serie La Loue. Tra queste, consigliate per l’autunno, troviamo tre modelli davvero straordinari, quanto semplici: La Favorite, la October Dun e la Purple Iron Blue. Come sapete tutta la serie è priva di ali, ben rappresentate, secondo le intenzioni, dalle barbe dello stesso hackle. Ecco che si entra in quel meccanismo cromatico dove appaiono le tinte violette. Anche questo aspetto è prettamente empirico: inevitabilmente tutti i pescatori famosi ammalati di temolite hanno finito per inserire tra i propri artificiali al top modelli con tinte dominanti o secondarie che vanno dal rosso al lilla intenso, passando attraverso i toni rosa, rosso violaceo, salmone e viola. Il motivo? Uno solo: catturano di più in numerose circostanze. Chi ha letto il libro “Il temolo probabilmente”, dove un gruppetto di malati incurabili rivela i propri artificiali migliori e le proprie strategie, se ne sarà certamente accorto. Anche la gigantesca, micidiale Branko Killer è articolata su queste particolari tinte, lilla chiaro, grigio azzurrognolo, colori che noi non vediamo o non possiamo vedere negli insetti cui ci riferiamo, pertanto per noi non ci sono, ma evidentemente per i temoli significano qualcosa di importante, probabilmente legato alla loro vista capace di percepire frequenze nell’ultravioletto a noi negate. La Favorite è montata su amo da 14 a 16, con corpo in quill rosso mattone, hackle violetto e cerci crema. Come tutti i modelli della serie è priva di ali. Credo sia il caso di puntualizzare che a quel tempo le mosche montate su amo 16 (corrispondente allo 00 della scala Kendal) erano già considerate molto impegnative a causa della dimensione minuta, se poi si scendeva all’amo 000 (n. 17 della nostra scala Redditch), pare che ben pochi tyer fossero in grado di compiere le “incredibili acrobazie” necessarie a montare un buon artificiale. Ora le cose sono cambiate parecchio e costruire su ami 16 e 18 è ordinaria amministrazione e tutti, bravi e meno bravi, lo fanno regolarmente. Del resto si sono assottigliati anche i nylon: un tempo lo 0,20 era il più comune per la

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Foto 1 - Solito, noioso, ripetitivo processo, si montano le code ed il quill tinto rosso violaceo.

Foto 2 - Si forma il corpo.

Foto 3 - Avvolte le hackle in successione, l’imitazione è finita. Foto 3 - Si appongono le due hackle miscelate, fournace e lilla scuro.

Purple Iron Blue

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dry fly, ora lo 0,16 è già un palo riservato alle acque più mosse ed alle mosche più grosse. Insomma, il senso di questa puntualizzazione è che i dressing suggeriti possono essere relativizzati a questa miniaturizzazione, e nessuno vi criticherà se scenderete di un numero o due nella misura dell’amo. Comunque funzionano benissimo anche nella dimensione originale. La October Dun è la mosca autunnale per eccellenza. Consigliata fortemente “par les belles journées de l’été de la Saint-Martin” è costruita su amo 0 e 00 (n. 15 e 16) con corpo in airone grigio bluastro, hackle grigio giallastro (honey=miele) e cerci grigio pallido. Imita certamente molti piccoli baetidi autunnali, che producono una generazione più minuta di quella primaverile. L’ultimo killer d’autunno che proponiamo è la Purple Iron Blue. Dichiarato quale modello di fantasia, non possiamo sapere né cosa potrebbe imitare agli occhi del temolo né a quelli dei pescatori. L’amo è uno 00 oppure 1 (n. 14 o 15), il corpo in quill rosso violaceo, hackle furnace miscelato ad un secondo hackle tinto lilla scuro, cerci rossi presi dalla piuma rossa del fagiano dorato. Il De Boisset si esprime così: “È un modello di pura fantasia, ma, con il temolo, chi lo può dire..? Questa mosca è eccellente in certe serate autunnali”. Tuttavia Iron Blue è sinonimo di Baetis niger e B. muticus (oggi Nigrobaetis niger e Alainites muticus) piccoli baetidi scuri che sfarfallano anche in autunno, dovrebbero aver ben poco a che fare con la fantasia umanoide, ma dal momento che in un modello originariamente d’imitazione viene inserita, ad esempio, una nota cromatica aliena, che se aggiunta pare aumenti le catture, ecco che dopo diventa difficile non dichiararlo un modello di fantasia. Del resto è pratica più scontata che ovvia quella di aggiungere caratteristiche che pare possano conferire a questa o quella mosca maggiore efficacia, alla faccia del fattore imitativo. Si ricordino ad esempio gli “hot spot” arancio aggiunti in testa alle ninfe di Sawyer. In ogni caso, la mosca è una bomba, una vera mina vagante per il temolo, prona ad esplodere nelle situazioni più difficili ed imprevedibili.. Ovviamente nel corso degli anni anche queste mosche, come tutti i modelli famosi del passato, hanno subito ogni tipo di variante. Se poi prendiamo in considerazione l’invasione del Cdc... Beh, avete capito. Anche voi infatti potete farne delle varianti, aggiungendo, oltre al cul de canard, rucola ed aceto balsamico, e premettere al nome la dicitura Expo. Non suonerebbe male, ad esempio, la Expo Purple Iron Blue Dun. Non vedo perché non rendere partecipe il mondo ittico dell’attuale ossessione universale sull’alimentazione. Del resto anche noi occidentali non stiamo cominciando a mangiare insetti? Bisognerà pure insaporirli con qualcosa di cui fidarci. Chissà l’effetto che potrebbe avere, per le dry fly, una punta di aceto balsamico tradizionale al posto del silicone.

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