I colori del futuro

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Manuel Anselmi - Lucio Meglio - Aly Baba Faye

I Colori del Futuro Tempo libero e quotidianitĂ dei giovani stranieri di seconda generazione in Italia

Indagine FITeL cofinanziata dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali nell’ambito del progetto CULTURE A CONFRONTO ai sensi della L. 383/2000 art. 12 - Lettera F (Anno finanziario 2008)


Manuel Anselmi - Lucio Meglio - Aly Baba Faye

REPORT FINALE

I Colori del Futuro Tempo libero e quotidianità dei giovani stranieri di seconda generazione in Italia Prefazione di Rossella Ronconi

Un sentito ringraziamento va al Presidente della Fitel Nazionale Luigi Pallotta e alla Presidenza tutta, con particolare riferimento ad Aldo Albano e Luigi Maiello, coordinatori del progetto “Culture a Confronto”, che assieme a Monia Citarella e Paola Giacomi della segreteria tecnica hanno reso possibile questo lavoro.

Indagine FITeL cofinanziata dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali nell’ambito del progetto CULTURE A CONFRONTO ai sensi della L. 383/2000 art. 12 - Lettera F (Anno finanziario 2008)


Indice

La ricerca “I colori del futuro” Prefazione di Rossella Ronconi

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Indagine Fitel sul tempo libero e la quotidianità dei giovani stranieri di seconda generazione in Italia

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Appendice metodologica. Il questionario con le percentuali di frequenza

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La ricerca “I colori del futuro” Prefazione di Rossella Ronconi1

Nel corso degli ultimi anni, la questione dell’ integrazione delle cosiddette “seconde generazioni” o più esattamente, come dicono in molti, dei “figli dell’immigrazione ha assunto nel nostro Paese una centralità politica e sociale crescente, rappresentando nella graduale stabilizzazione del fenomeno migratorio, la componente più rilevante della possibilità di costruire un futuro di coesione sociale. Riflettere sul passato del nostro Paese e guardare al futuro, significa valorizzare e misurarsi anche con la presenza di tanti giovani di seconda generazione” – oltre 900.000 minori figli di immigrati di cui oltre mezzo milione nati in Italia, più di 100.000 nel solo 2010, secondo Save the Children - quale patrimonio per il futuro dell’Italia. In questo quadro, la ricerca “I colori del futuro”, realizzata nell’ambito del progetto “culture a confronto”, (cofinanziato dal ministero delle politiche sociale, i sensi della legge 383/2000 art. 12) ha l’intento di sviluppare e qualificare l’impegno della Fitel, su un fronte così delicato e a un tempo strategico, con la consapevolezza che l’immigrazione costituisce un fenomeno irreversibile e portatore di opportunità di carattere economico, sociale e culturale all’insieme della società. Questo lavoro, inoltre, si propone come un interessante strumento di analisi e documentazione rispetto a un fenomeno così ricco di suggestioni e potenzialità come le abitudini nell’ambito dello svago delle giovani generazioni di diverse comunità. L’obiettivo principale della ricerca è stato quello di analizzare il tempo libero tempo libero e la quotidianità di centinaia di giovani stranieri che sono nati o comunque giunti in Italia. Minori a tutti gli effetti cittadini italiani che padroneggiano con scioltezza la lingua, condividono le passioni, gli impegni e le aspettative dei loro coetanei, ma 1

Responsabile del progetto “Culture a Confronto”

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per la legge italiana sulla cittadinanza sono stranieri, perché figli di stranieri. Altro obiettivo basilare dello studio è stato quello di fare emergere, attraverso l’osservazione dell’organizzazione del tempo, quale individuale idea e speranza dei tanti giovani figli dell’immigrazione per la costruzione di un “progetto di vita” in un contesto che includa la dimensione del vivere sociale. I dati, le interviste e le valutazioni che sono emerse dall’indagine mostrano un contesto segmentato. La socializzazione dei minori in ambito migratorio produce una serie di interazioni e scambi, di incontri e scontri tra due universi culturali. Si tratta di quel che viene declinato come “doppia appartenenza” e che si esplicita in un dualismo tra contesto della vita e appartenenza. Il tema del biculturalismo trova la sua esplicitazione intrinseca nell’esistenza stessa di questi minori costretti a vivere tra due universi culturali. In sintesi, la questione del Tempo libero di ragazzi e ragazze di diversa origine e provenienza, nati e/o cresciuti in Italia, in alcune circostanze, viene risolta in alcuni circostanze con l’aggregazione tra simili, ma in molti casi vivono l’esperienze e l’emozioni dei loro coetanei italiani sentendosi integrati e a loro agio e nutrendo speranze per un “progetto di vita” migliore rispetto alla generazione dei loro genitori.

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Indagine Fitel sul tempo libero e la quotidianità dei giovani stranieri di seconda generazione in Italia di Manuel Anselmi, Lucio Meglio e Aly Baba Faye

1. Le seconde generazioni: ipotesi di definizione Il termine minore immigrato include al suo interno diverse categorie con proprie peculiarità e caratteristiche: vi sono i minori nati in Italia; i minori ricongiunti con i propri familiari dopo l’arrivo di quest’ultimi in un paese ospitante; i minori giunti da soli; i minori adottati e infine i minori rifugiati, senza famiglia. Ognuna di queste figure si presenta con proprie esigenze e problematiche che coinvolgono l’intera società ospitante. All’interno delle categorie sopra elencate, parlando di minori immigrati, si è fatta strada nel corso del tempo, la nozione di seconde generazioni, facendo riferimento con questo termine ai figli degli immigrati, ragazzi nati in Italia, oppure arrivati nel Paese in tenera età o già in fase adolescenziale. Oltremodo è parte della seconda generazione di immigrazione chi è figlio di coppie miste (lui immigrato lei no o viceversa), o chi può rientra nella sfera dei minorenni immigrati non accompagnati. Da questa definizione è facile notare pertanto la vasta casistica attribuibile a questo aspetto del mondo dell’immigrazione. La terminologia attinente a questo tema nasce negli Stati Uniti agli inizi del Novecento, quando iniziano ad acquisire organicità gli studi sull’immigrazione proveniente dal continente europeo. Successivamente questa terminologia è entrata in uso anche in Paesi europei come Francia, Gran Bretagna, Spagna e Italia e altri. La definizione che abbiamo dato delle seconde generazioni di immigrazione ha chiaramente un’impronta generica, ed è la denominazione a cui nel tempo si fa riferimento. In realtà il dibattito è controverso: ogni studioso rileva il proprio punto di vista sull’argomento e di conseguenza sono numerose le sfumature di significato e le interpretazioni soggettive. 5


Una sorta di classificazione decimale delle fasce di età dei ragazzi figli di immigrati emerge con emerge con Rumbaut nel 1997. Lo studioso infatti, divide le seconde generazioni in: - generazione propriamente detta (i nati in Italia da genitori immigrati); - generazione 1,5, è quella che ha cominciato il processo di socializzazione e la scuola primaria nel paese d’origine, ma ha completato l’educazione scolastica all’estero; - generazione 1, individui immigrati arrivati in Italia in maniera indipendente e non prima dei 15 anni; - generazione 1,25, è quella che emigra tra i 13 e i 17 anni; - generazione 1,75, si trasferisce all’estero nell’età prescolare (0-5 anni). Come afferma Maurizio Ambrosini: vi è in altri termini una sorta di continuum, scandito da situazioni socioculturali e problematiche educative diverse, tra il soggetto nato nel paese ricevente da genitori stranieri, e quello che arriva intorno alla maggiore età, dopo aver ricevuto una prolungata socializzazione nel paese d’origine. I ragazzi delle seconde generazioni sono, a seconda del periodo storico a cui appartengono, esponenti della loro provenienza e la loro presenza funziona quasi da punto di riferimento “statistico” per gli studiosi. Nel momento storico attuale negli Stati uniti ad esempio, vediamo che le seconde generazioni non sono rappresentate più da figli degli europei ma quelli degli ispanici o degli asiatici. In Francia la seconda generazione è prevalentemente formata da figli dei maghrebini. In Italia è un fenomeno ancora “in fieri”, in divenire: nei vari contesti cittadini esistono le diverse specificità ma non avendo ancora una visione uniforme di questo fenomeno sociale, si fa riferimento alle diverse realtà locali. La terminologia attinente alle seconde generazioni è stata anche arricchita nel tempo dal concetto di metissage, la teoria degli elementi di ibridazione culturale, che provengono dall’educazione e dalla cultura di origine assorbita fin dalla nascita. 6


Questi elementi vengono forniti dai processi di incontro tra differenti culture, che portano il giovane immigrato (o figlio di coppia mista) a ricercare una propria identità all’interno della società dove nascono o che li ospita, per stabilire un approccio con gli abitanti autoctoni della città. Il dibattito quindi è vivo e quotidiano, per via di molti studiosi che cercano di affinare la definizione di “seconde generazioni” o semplicemente di arricchirla, creando diverse sfaccettature dell’argomento. Al giorno d’oggi la questione delle cosiddette seconde generazioni in molti Paesi non è più percepita come un particolare aspetto della migrazione, rientra invece nella sfera di elementi che compongono la società moderna. In Italia però è un fenomeno in evoluzione. Dagli inizi dell’osservazione sociologica, visto che solo recentemente i processi di stabilizzazione e regolarizzazione degli immigrati hanno iniziato ad aumentare e ad essere magg. visibili all’interno della società, i figli degli immigrati hanno trovato una loro definizione di status non solo dal punto di vista sociale, ma anche legale e amministrativo. Si cerca quindi di dare attenzione alla questione perché i figli degli immigrati sono in aumento e perché rappresentano una delle fasi di evoluzione della società moderna. Inoltre questi ragazzi, ognuno con la propria storia, hanno in comune con chi nasce e vive sempre in una unica società, determinate caratteristiche ed aspirazioni e malesseri (che specificatamente sono poco più accentuati nei ragazzi della seconda generazione, per via del fatto che non appartengono pienamente alla cultura della società dove nascono, ma che allo stesso tempo vivono la fase adolescenziale nella identica maniera dei loro coetanei di nazionalità italiana e questo lo potremo rilevare anche nelle verifiche empiriche riportate in seguito). All’interno degli studi sui processi migratori, il segmento delle nuove generazioni ancora non ha trovato ampio spazio e non beneficia di studi e ricerche approfondite sul settore. Per lungo tempo, tra l’altro, le seconde generazioni sono spesso state ricomprese nella categoria più generica dei minori stranieri, sulla quale esiste invece un’ampia produzione di studi. Se oggi, tuttavia, questa sovrapposizione tra seconde generazioni e minori stranieri conserva una sua – anche se parziale – legittimità (vi7


sto il livello ancora iniziale di emergenza del fenomeno), nei prossimi anni le due realtà non potranno più essere confuse senza cadere in facili e riduttive assimilazioni. In altri termini, tra non molto ci troveremo a convivere con un gruppo sempre più rilevante, sia sul piano numerico che su quello sociale ed economico, non solo di giovani, ma anche di adulti figli di immigrati, nati in Italia o che qui hanno compiuto la socializzazione primaria. Occuparsi di seconde generazioni dunque, specialmente da un punto di vista italiano, è compito tanto necessario quanto impegnativo. È richiesto difatti un doppio sforzo mentale. Occorre da un lato liberare la riflessione sulle seconde generazioni dall’insieme di problemi – spesso informati a situazioni di emergenza e di prima gestione – che caratterizzano la prima immigrazione. Ma al tempo stesso occorre non trascurare il fatto che molto del futuro delle seconde generazioni si trova inscritto nelle modalità di ingresso dei loro genitori nella società ospite. In secondo luogo, va correttamente definito il rapporto fra seconde generazioni e società. È vero che le seconde generazioni immigrate rappresentano uno specifico campo di studio, e come tali vanno pertanto considerate: è altrettanto vero però che la questione del loro inserimento chiama in causa l’insieme della trasformazione delle nostre società: demografica, sociale, economica, culturale. Sarebbe probabilmente fuorviante, pertanto, astrarre la problematica delle seconde generazioni da un più complessivo quadro di sfondo. Come accade sempre con i problemi dell’immigrazione, ma specialmente in questo caso, si richiede così un non facile approccio insieme settoriale e sistemico. Da più parti si concorda nel ritenere che con la seconda generazione si compie un passo cruciale e per molti versi irreversibile nel percorso di adattamento reciproco tra immigrati e società ricevente. L’inserimento di questa categoria di immigrati nel tessuto sociale risulta infatti ovviamente fondamentale per le generazioni che da essa scaturiscono, ma retroagisce anche su quella che l’ha preceduta. Difatti un’integrazione soddisfacente dei figli può risultare determinante nel bilancio di un’intera esistenza e garantisce ai genitori immigrati non più giovani i benefici di una mediazione con le istituzioni della società di accoglienza. L’attenzione istituzionale degli ultimi anni in realtà verso le secon8


de generazioni è dovuta dalla consapevolezza che le politiche nazionali dell’immigrazione debbano confrontarsi con le nuove tipologie di soggetti, in particolare sotto il profilo relativo alla loro integrazione in una società multiculturale rispetto alla quale emerge l’esigenza di attuare misure differenziate. Del resto non sono poche le criticità che emergono dai processi di integrazione di questa categoria di giovani immigrati. In una recente ricerca del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali sulle “seconde generazioni e località”, le maggiori problematiche riscontrate tra questi ragazzi sono: -

disagi nei processi di costruzione identitaria; fallimenti scolastici; marginalità occupazionale; difficoltà di accesso, in condizioni di uguaglianza rispetto ai cittadini autoctoni, alle opportunità di mobilità socioeconomica; - atteggiamenti di discriminazione su base etnica da parte della popolazione autoctona e tra gruppi diversi di origine immigrata. A fronte di tali criticità emergono tuttavia anche elementi positivi e linee di tendenza unificanti nelle esperienze dei giovani di seconda generazione, che devono essere prese in considerazione. I soggetti di seconda generazione mostrano una condizione di maggiore radicamento nella società italiana al confronto con altre tipologie di stranieri immigrati; guardano al futuro con un bagaglio di aspirazioni analoghe a quelle dei loro coetanei autoctoni, anche se spesso si indirizzano più pragmaticamente verso il conseguimento ravvicinato nel tempo di condizioni di sicurezza economica. I giovani di seconda generazione inoltre non sembrano disposti ad accettare il profilo di inserimento socio-economico dei propri genitori e si orientano verso professioni più qualificate, che godono di maggiore riconoscimento sociale (Fonte: Ministero del lavoro www.lavoro.gov.it). Si deduce pertanto l’importanza di incentivare gli studi e le ricerche su tali tematiche, per far si che le seconde generazioni possano entrare a diritto nella cittadinanza sociale del nostro paese. 9


2. La ricerca Nell’ambito del progetto F2008 “Culture a confronto” (finanziato ai sensi della legge 383/2000 art. 12), la Fitel, Federazione Italiana tempo libero, ha promosso, nel primo semestre del 2010, una ricerca esplorativa sul tema del tempo libero e la quotidianità dei giovani stranieri di seconda generazione presenti in Italia. Obiettivo fondamentale dello studio è stato quello di mettere in evidenza le concezioni del sé espresse dalle nuove generazioni di immigrati in Italia, studiandone l’organizzazione del loro tempo e la loro personale visione del futuro, in una prospettiva legata alla fiducia ed alla speranza per la costruzione del loro personale “progetto di vita”, inteso come capacità di organizzare le proprie aspirazioni ed energie in un quadro strategico che includa la dimensione esistenziale del vivere in società. Lo scopo di questa indagine è stato, di fatto, quello di compiere un decisivo passo in avanti nell’aggiornare la condizione socioculturale dei giovani immigrati in Italia non solo dal punto di vista quantitativo e statistico, (opera già fatta egregiamente dagli uffici statistici nazionali e regionali, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali) ma dal punto di vista qualitativo, per cogliere più in profondità le ragioni di disagio che condizionano la vita del ragazzo e della famiglia alla quale egli appartiene. Il questionario: la costruzione dello strumento, la modalità di somministrazione e l’analisi dei dati Vista la particolarità dell’oggetto d’indagine, per avvicinare ragazzi appartenenti alle seconde generazioni di immigrati, si è scelto di adoperare un tipo di ricerca quantitativa, in particolare un questionario. L’indagine sotto forma di sondaggio si definisce come un modello di ricerca: “particolarmente adatta a studiare gli atteggiamenti e le opinioni, i valori e gli stili di vita delle persone”. Perciò il questionario si sostanzia come “preziosa tecnica di produzione dell’informazione che permette di lavorare con accortezza e rigore sui grandi numeri; che consente la comparazione e l’imputazione causale; che snoda a vasto raggio”. Il questionario adottato nella presente ricerca contiene 23 items suddivisi in tre aree tematiche che ripercorrono i momenti della quotidianità dei minori. Il campionamento dei soggetti è la fase che ha provo10


cato maggiori difficoltà, vista la natura particolare delle unità da intervistare. Ci si è avvalsi pertanto dell’aiuto di alcune associazioni di immigrati presenti nel territorio nazionale e facenti parte della Fitel nazionale. A questo proposito i criteri sulla base dei quali è stato costruito l’insieme di riferimento empirico [Cipolla 1996] utilizzato per lo studio sono stati stabiliti tenendo conto della partecipazione dei ragazzi alle attività promosse dalle varie associazioni, per un campione complessivo che è risultato composto da 700 soggetti. Il periodo di somministrazione complessivo è iniziato nel mese di Giugno 2010 ed è terminato nel mese di Settembre 2010. I dati raccolti sono stati elaborati e trattati con l’ausilio del software statistico SPSS (Statistical Package of the Social Science), attraverso cui sono stati prodotti i seguenti report: - analisi monovariata; - analisi bivariata. Una delle funzioni basilari dell’analisi monovariata “è di permettere un affiatamento del ricercatore con i propri dati […]. Permette di valutare l’accuratezza della compilazione dei questionari attraverso il conto dei missing […]; di vagliare gli errori di input-dati nella matrice; di valutare il modo in cui i dati si comportano relativamente ai concetti centrali della ricerca; di affrontare la costruzione di variabili complesse”, inoltre in questo tipo di analisi è propriamente “un’analisi puramente descrittiva dei fenomeni studiati, che si limita a dirci come ogni variabile è distribuita fra i casi rilevati, senza porsi problemi sulle relazioni fra le variabili”. Invece, l’analisi bivariata studia la «relazione esistente fra due variabili», detto altrimenti si indaga sulla loro relazione attraverso al costruzione delle cosiddette tavole di contingenza. Nella ricerca presentata in questo volume, tutte le risposte sono state incrociate con tre variabili indipendenti: età, sesso e nazionalità. 3. Il profilo sociale degli intervistati La prima parte del questionario consiste nella sezione socio-demografica, nella quale abbiamo rilevato i dati relativi alle caratteristiche 11


strutturali degli intervistati; indicatori quest’ultimi, considerati utili per consentirci di tracciare, seppur in maniera approssimativa, il profilo dei giovani di seconda generazione intervistati, le loro storie di vita e in generale l’universo nel quale sono inseriti. Le interviste sono state svolte in 4 regioni del centro-nord: Veneto, Toscana, Marche e Lazio. La scelta non è stata casuale, in queste regioni si sono infatti riuscite a trovare le associazioni di immigrati che hanno aiutato nel reperire i minori. Comunque comparando il numero di intervistati per regione con i dati Caritas 2010, si vede come Lazio e Veneto siano due delle regioni a maggior presenza di minori stranieri, pertanto alquanto rappresentative dell’universo di indagine (Tabella 1). Tab.1 Regione di provenienza degli intervistati % Lazio Marche Toscana Veneto Totale

21,6 32,4 5,4 40,5 100,0

Residenti minori stranieri per Regioni (Fonte Caritas) 10,2 3,5 7,6 12,8

Dei 700 ragazzi intervistati il 54,1% è composto da maschi, il 45,9% da ragazze. Una lieve predominanza di sesso maschile dovuta ad una maggiore partecipazione dei ragazzi alle attività associative delle comunità di immigrati. Per quanto riguarda le classi d’età considerate, sono state divise in tre gruppi dai 9 ai 13 anni, dai 14 ai 16, e dai 17 ai 19. La maggioranza si concentra nella classe intermedia con il 68,8% degli intervistati (Grafico 1). Di questi il 54,1% è nato in Italia, il 45,9% nel paese di provenienza dei genitori. L’arrivo in Italia di quest’ultimi è avvenuto per la quasi totalità dei casi in età pre-scolare, dai 2 ai 6 anni (33,9%), a dimostrazione dunque che l’intero campione è composto da quelle che comunemente vengono definite seconde generazioni.

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I paesi di provenienza dei genitori, e pertanto le radici territoriali dei nostri intervistati, si spalmano a macchia di leopardo su tutti i continenti del globo, segno di ricca presenza multietnica sul nostro territorio nazionale. In particolare il paese da dove provengono la maggior parte dei genitori degli intervistati è il Marocco, dato questo in linea con il trend nazionale che vede al vertice della graduatoria dei paesi di partenza appunto il Marocco (150 mila minori nell’ultimo anno) seguito da Albania e Romania. In dettaglio la divisione per paesi di provenienza, la riportiamo nella tabella che segue (Tab.2). Tab.2 Paesi di provenienza del padre e della madre degli intervistati (Valori %) Paese di partenza Padre Madre Albania 4,1 4,1 Bangladesh 1,4 1,4 Bolivia 1,4 1,4 Burkina Fasa 5,4 5,4 Camerun 1,4 1,4 2,7 Cina 2,7 2,7 2,7 Costa d’avorio Egitto 1,4 1,4 Eritrea 2,7 2,7 Filippine 5,4 6,8 13


Italia Marocco Nigeria Perù Repubblica domenicana Romania Santo Domingo Senegal Tunisia Ukraina Totale

2,8 24,3 4,1 2,7 8,1 6,8 1,4 14,9 5,4 1,4 100,0

12,2 17,6 4,1 2,7 8,1 6,8 1,4 10,8 5,4 1,4 100,0

È interessante notare la presenza di matrimoni misti soprattutto con la madre italiana e il padre straniero, ulteriore elemento caratteristico delle famiglie con presenza al loro interno di minori appartenenti alle seconde generazioni. L’iscrizione o meno agli istituti scolastici segue l’andamento delle fasce d’età; al di sotto dei 17 anni sono tutti frequentanti le scuole medie o superiori (in percentuale maggiore gli istituti tecnici), i maggiorenni nella maggior parte sono già inseriti nell’ambito lavorativo. 4. Il rapporto con il paese d’origine Una delle particolarità dell’appartenere alla categoria delle seconde generazioni, per un minore straniero, si è visto che è quella di vivere in un mondo diviso a metà tra le radici e le rappresentazioni della cultura dei propri genitori, e gli usi e costumi presenti, all’opposto, nella società ospitante, all’interno della quale crescono e si confrontano con i propri coetanei. Si comprende pertanto come la sfida per le seconde generazioni è quella di salvaguardare la cultura d’origine laddove il processo di acculturazione l’ha sostituita con quella del nuovo paese; ciò avviene soprattutto in paesi in cui il modello di integrazione proposto è di tipo assimilativo. L’importanza della salvaguardia di entrambe le culture è testimoniata anche da numerose ricerche sociologiche, soprattutto americane, di cui Maurizio Ambrosini presenta un’articolata e interessante sintesi nel suo saggio già citato. Da tale lavoro è rilevabile come il modello di in14


tegrazione delle seconde generazioni, che produce gli esiti più favorevoli in termini di integrazione sociale e successo professionale, sia quello definito come assimilazione selettiva, che si realizza attraverso un ancoraggio forte alla cultura dei genitori e una flessibilità aperta ad acquisire competenze (quella linguistica in testa) valori e stili di vita ritenuti utili della cultura del paese in cui si vive. Il dilemma dell’appartenenza culturale e delle proprie origini è di fatto molto presente per i bambini di origine diversa da quella del paese in cui vivono. I genitori dal canto loro, da un lato spingono per l’integrazione dei figli all’interno della comunità di accoglienza, dall’altro continuano come possono a tramandare costumi e memorie della propria cultura. Del resto è la memoria del passato e delle proprie origini, a dare profondità al pensiero ed alla coscienza individuale e collettiva, moltiplicando le dimensioni della realtà e dell’essere nello spazio e nel tempo. La memoria storica propria di una cultura del resto è parte integrante del nostro sistema di esperienza; è lei che ci aiuta a ricordare, a riconoscere, ed a ricostruire ciò che senza di essa apparirebbe irrimediabilmente perduto. Nella nostra indagine la conferma del radicamento alle radici storiche e culturali del proprio paese d’origine ci viene dalle risposte alla domanda se i propri genitori sono soliti parlare o raccontare episodi, storie ed usanze della loro terra. L’83,8% risponde di si, una netta maggioranza (Tabella 3). Tab.3 I tuoi genitori ti parlano del tuo paese d’origine? Si No Totale

% 83,8 16,2 100,0

Ma il legame con la terra d’origine dei propri cari, non si esaurisce soltanto nel dialogare o raccontarsi del proprio passato e delle proprie tradizioni, bensì diventa un nodo ancora più stretto nel frequentare luoghi e associazioni facenti parte della propria comunità d’origine. Del resto la dimensione del fenomeno dell’associazionismo straniero, come emblema di una presenza viva che vuole essere non solo ospite ma anche parte integrante della società, non è una realtà nuova nel panorama nazionale, bensì è un fenomeno ben radicato con prospettive 15


future di sviluppo e di insediamento nel territorio, attraverso la quale gli immigrati cercano di organizzarsi allo scopo di rendersi positivamente visibili, facendo sentire la propria voce, i propri interessi e la propria volontà di partecipazione. Nel nostro caso l’87,8% dei giovani intervistati dichiara di prender parte alle attività associative della propria comunità di appartenenza. Si potrebbe obiettare come il reperimento dei minori per la nostra ricerca, sia stato garantito, nella maggior parte, proprio dalle associazioni di immigrati, pertanto potrebbe apparir naturale aver ottenuto per la maggior parte risposte affermative. Ma i ragazzi sono stati contattati non perché direttamente presenti nelle associazioni, ma grazie alle reti di conoscenze dei regolarmente iscritti. 5. I luoghi e le attività del tempo libero Potrebbe apparire eccessivo parlare di tempo libero per i minori, visto che nell’accezione generale si è soliti indicare con tale concetto la parte della giornata che gli adulti vivono al di fuori dell’ambiente lavorativo. L’opinione diffusa ritrae difatti i giovani come continuamente dediti allo svago e al divertimento. Eppure il tempo che i ragazzi trascorrono fuori dagli istituti scolastici, se sapientemente organizzato e vissuto, diventa una delle parti essenziali della loro vita presente e futura. Il tempo libero per le nuove generazioni, diviene pertanto quella parte della vita non contaminata dall’ambiente scolastico o familiare, lontano cioè dagli obblighi sociali, e viene usato di norma per svolgere tutte quelle attività che riguardano la propria vita privata e individuale. Il tempo libero pertanto nella giovinezza diventa il regno della spensieratezza, il luogo dove obblighi e doveri decadono, ed in cui si guadagna la gioia dell’adolescenza. Gioia che si acquista principalmente, nel frequentare e stare assieme ai propri amici. Nella nostra ricerca alla domanda: dove sei solito trascorrere il tempo libero, il 55,4% ha risposto in compagnia degli amici, seguito dal 37,8% che lo passa stando nella propria casa. Incrociando il dato con l’appartenenza di genere, sono i ragazzi a trascorrere maggior tempo con i propri amici, le ragazze preferiscono 16


restare a casa (Tabella 4). Si potrebbe ipotizzare in questo caso un’influenza dei fattori culturali della famiglia d’origine, dove in molte culture la donna, anche da bambina, non trascorre molto tempo sola fuori di casa, ma certamente potrebbe esser una conclusione azzardata considerando un mero dato statistico. Tab.4 Dove sei solito trascorrere il tuo tempo libero? (Valori assoluti) Maschio Femmina A casa 11 17 Con gli amici 26 15 Con il fidanzato/a 3 0 Con i genitori 0 2 Totale 40 34 L’amicizia resta pertanto quello spazio di confronto e divertimento non contaminato dagli interessi della vita sociale, uno spazio completamente gratuito in cui regnano rapporti umani veri. È un rapporto tra due individui padroni di se stessi; è un incontro tra eguali, che instaurano un rapporto con uguale potere e dignità. Nessuna forma di interesse, nessun utile, ma semplicemente un sentimento altruistico e sincero. Essere amici significa condividere con l’altro narrazioni e rappresentazioni, in un gioco ermeneutico di riconoscimenti reciproci che entrano a far parte dei rispettivi processi di identificazione. La particolarità del campione d’analisi ci porta a chiedere che tipo di amicizie fanno da corollario alla vita di quelle che abbiamo definito come seconde generazioni. Nate nell’ambiente sociale di accoglienza, i gruppi amicali di questa categoria di minori, sono costituiti dai coetanei frequentanti la loro scuola o i loro quartieri, quindi sicuramente italiani. Ma frequentano o conoscono ragazzi di nazionalità diversa da quella ospitante? A questa domanda il 98,6%, la quasi totalità, ha risposto di si, sicuramente rafforzando il dato sulla partecipazione alle attività associative della propria comunità di appartenenza. Se dunque il rapporto con coloro che condividono il loro stesso destino di migranti d’arrivo è praticamente saldo, risulta di particolare interesse capire se hanno avuto difficoltà di inserimento con i loro coetanei italiani. Il dato per fortuna è incoraggiante, il 71,6% alla domanda se ha avuto problemi di inserimento con i ragazzi italiani ha risposto di no (Tabella 5). 17


Tab.5 Hai mai avuto problemi di inserimento con i ragazzi italiani? Si No Totale

% 28,4 71,6 100,0

Entrando nel dettaglio delle attività che si svolgono con il proprio gruppo amicale, l’attività sportiva è quella che risulta esser la più praticata, seguita dall’andare al cinema e uscire in bar o pub (Tabella 6). I dati, se rapportati alle varie ricerche sul tema, non si discostano di molto, anzi confermano il trend nazionale: cinema, sport e luoghi di incontro sono le principali attività del tempo libero praticate dal mondo giovanile. Tab.6 Con gli amici sei solito andare … Al cinema Teatro Biblioteca Sport Discoteca Bar/pub Totale

% 28,4 5,4 1,4 36,5 9,5 18,9 100,0

Scomponendo il dato per il genere sono i ragazzi a praticare maggiormente le attività sportive; le ragazze preferiscono andare al cinema o uscire con le proprie amiche. Le indagini nazionali sull’universo giovanile da tempo documentano come la maggioranza dei giovani (6 su 10) svolge una qualche attività di associazionismo, e tale aliquota media decresce significativamente dall’età adolescenziale al limitare dell’età adulta. Si tratta di una partecipazione sempre più diffusa, diversificata e intensa. Le modalità di partecipazione nelle associazioni e nei gruppi organizzati sono caratterizzati da fluidità (si entra e si esce con una certa facilità) e discontinuità (le appartenenze non sono marcatamente coinvolgenti) anche per l’orientamento esplorativo dei giovani (ricerca a tutto campo di opportunità, risorse ed esperienze) meno motivati di un tempo da grandi scelte ideali, esclusive e di lungo termine. Il giovane che più partecipa 18


è lo studente, e ancor più impegnato è lo studente-lavoratore, mentre la condizione di inoccupato e disoccupato presenta i livelli più bassi di partecipazione. In sostanza poi i giovani credono più che nel passato, anche recente, nel valore della partecipazione come esercizio di cittadinanza e quindi sono più convinti della possibilità del cittadino di influenzare le decisioni di chi governa. La percentuale di chi asserisce questo è passata dal 29% al 44% nel breve volgere di due anni, ad attestare forse la nascita di nuove speranze per il futuro coinvolgimento nella vita sociale delle nuove generazioni tacciate spesso di comportamenti di riflusso o disinteresse, consumismo e chiusura. Anche nella nostra indagine si riscontra un’elevata partecipazione giovanile ad attività associative. In particolare le più frequentate risultano essere le associazioni sportive e quelle culturali. Come seconda opzione di risposta, è interessante notare un dato: il 17,6% dichiara di frequentare e partecipare alle attività di associazioni religiose, un dato sicuramente in netta controtendenza rispetto ai coetanei “italiani”. Tab.7 A quale di queste attività partecipi? (Valori %) Prima risposta Seconda risposta Associazioni sportive 36,5 1,4 Associazioni culturali 17,6 8,1 Associazioni di volontariato 2,7 2,7 Club tifosi 2,7 4,1 Partiti 4,1 1,4 Centri sociali 6,8 4,1 Associazioni religiose 17,6 Nessuna 29,7 Missing system 0 60,8 Totale 100,0 100,0 Questi dati ci confortano nell’affermare che i giovani che partecipano e svolgono attività associative nel tempo libero sono sempre di più, e a maggior ragione nel caso dei minori immigrati di seconda generazione, nella convinzione che lo stare con gli altri, il rendersi attivi nella vita associativa, sia una tappa importante per la costruzione della propria personalità. Stare assieme agli altri è sperimentazione di sé in ambiti diversi da quelli scolastici, apertura e comunicazione nei con19


fronti del mondo, tirocinio di responsabilità, capacità organizzativa, collaborazione. Per chi poi è costretto a doversi costruire un proprio spazio di identità, perché racchiuso nel limbo di due mondi culturali, la partecipazione alla vita comunitaria deve esser vista come una straordinaria opportunità per realizzare concretamente e con entusiasmo esperienze di crescita sui temi della cittadinanza, della partecipazione, della responsabilità dei singoli e delle comunità, della solidarietà e del bene comune. E il mondo delle associazioni e del tempo libero rappresenta il luogo ideale per fare crescere nei giovani sentimenti di partecipazione e di solidarietà. 6. La speranza e l’evoluzione del futuro individuale Verso il futuro sono rivolte tutte le speranze dell’universo giovanile, che consentono di irrobustire la fiducia nella vita. La speranza del resto da sempre è stata considerata una caratteristica principale dell’età della gioventù. È per mezzo di essa che i giovani riescono a “tendereverso” un’età che ancora non è, ma che si sta rapidamente avvicinando. Del resto, dal punto di vista della psicologia evolutiva, la speranza come atteggiamento umano fondamentale, ha le sue radici nella fiducia di base che il neonato, grazie alla dedizione dei genitori può ed è chiamato a sviluppare verso gli altri e l’ambiente. Sperare comporta perciò avere una ragione per cui una persona può interrogarsi, aprirsi, elaborare prospettive per il futuro, tirarsi fuori dalla realtà empirica e farne oggetto di critica. L’apertura al futuro rende tipico lo sperare umano, dal momento che la vita è un bene da raggiungere e si nutre di piccole ma indispensabili speranze (aspirazioni, attese, progetti, e anche delusioni e insuccessi) che non costituiscono un processo nel vuoto, ma chiedono militanza e resistenza per conseguire domani quello che è anticipato e insieme negato oggi. Perciò “l’uomo che cresce”, il giovane, in quanto esposto al divenire, è per forza di cose esposto al fattore speranza, che nella cultura giovanile assume una notevole variazione: - a livello esistenziale: la speranza si colloca nell’area del desiderio della felicità, della realizzazione di sé, del compimento delle 20


proprie aspirazioni. È un desiderio fortemente soggettivo, nel senso che non può essere recepito come speranza ciò che non riguarda desideri e bisogni personali. E così non sempre ci si rende conto che la forza della speranza nelle proprie capacità di risposta, spesso finisce per rendere precaria e illusoria la stessa vita attuale; - a livello temporale: la speranza comprende uno spazio di tempo più lungo, per domandarsi il senso della storia aperta al futuro, del progetto come via di cammino in avanti, ma anche del valore che offre la produzione di risposte da parte dell’uomo. Il principio di speranza qui proposto, consente ai giovani di costruire un orizzonte di senso che permette l’orientarsi delle scelte individuali; ma in che misura incide su un universo particolare come quello dei giovani immigrati, costretti a vivere al confine di due mondi, tra accettazione della società dove si è nati o cresciuti, e legami con la propria cultura di provenienza? Si è visto quanto risulti esser difficile il processo di costruzione dell’identità culturale messo in atto dai giovani migranti, e su come questi processi venissero negoziati all’interno della famiglia e della società ospitante. Come l’ampia letteratura sui processi di acculturazione ha evidenziato, i percorsi che coloro che migrano hanno a disposizione per relazionarsi con il nuovo contesto sociale sono molteplici e rendono conto di un ampio spettro di possibilità di regolazione dei differenti sistemi normativi e valoriali. Il patto tacito che ha consentito in questi anni una relativa accettazione degli immigrati nella società italiana si è basato su un modello di integrazione subalterna, gli immigrati sono ammessi in quanto lavoratori disponibili ad accollarsi le occupazione sgradite e rifiutate dagli italiani. I lavori precari e pericolosi attraverso cui le “prime generazioni” si sono conquistati un reddito e d un ruolo nella società italiana, sono percepiti come destino ineludibile per i propri figli? O al contrario, per questi ragazzi, un futuro professionale diverso è non solo auspicato, ma anche immaginato come possibile? E come viene immaginato e descritto il processo di costruzione del futuro delle “seconde generazioni”? A queste domande ha cercato di rispondere la seconda parte della nostra ricerca. Se la generazione dei padri ha sicuramente dovuto affrontare mag21


giori difficoltà di inserimento sia lavorativo che economico all’interno della società d’arrivo, le seconde generazioni dei figli possono affermare di viver sicuramente in condizioni migliori rispetto a quelle dei genitori (Tabella 8) Tab.8 Rispetto alla generazione dei tuoi genitori pensi di vivere …? In modo migliore In modo peggiore Nelle stesse condizioni Totale

% 77,0 8,1 14,9 100,0

Interessante notare come un 14,9% dichiari di vivere nelle stesse condizioni dei genitori, che non significa necessariamente il vivere in cattive condizioni, ma che comunque dimostra una percentuale di famiglie che non hanno progredito nella scala sociale. La percezione del futuro è dunque strettamente congiunta all’evoluzione della crescita individuale. Ad un certo punto della crescita i giovani sono chiamati ad effettuare scelte fondamentali per la sua vita futura. La maggioranza dei nostri intervistati afferma di pensare spesso o sempre al proprio futuro (Tabella 9), dimostrando l’inizio di una fase della vita dove la riflessione sul tempo futuro coinvolge direttamente la stessa identità soggettiva. Tab.9 Durante il giorno pensi mai al tuo futuro? Poco A volte Spesso Sempre Totale

% 14,9 37,8 24,3 23,0 100,0

Senza dubbio i giovani, in particolar modo coloro inseriti in ambienti sociali diversi per cultura da quelli della loro famiglia, possiedono una grande quantità di desideri, bisogni e prospettive che si spera si realizzino nel futuro. Il presente, a volte, lo vieta, ed il futuro, se viene guardato con speranza, diviene il tempo in cui poterli soddisfare. 22


Come scrive Ernst Block: gli uomini non sognano soltanto di notte, proprio no. Anche il giorno ha dei bordi aurorali, anche li si saziano i desideri. Diversamente dal sogno notturno, quello del giorno disegna nell’aria forme liberamente scegli bili e ripetibili, può entusiasmarsi e fantasticare, ma anche riflettere e progettare. Come vorrebbero che fosse la loro vita nel futuro i giovani di seconda generazione? Quali desideri vorrebbero realizzati? Le risposte alle nostra domanda risultano esser alquanto distribuite. La maggioranza (23%) vorrebbe la propria vita produttiva, seguita a breve distanza da piacevole e, in egual misura, fortunata e ricca (Tabella 10). Tab.10 Come vorresti che fosse la tua vita? Produttiva Piacevole Tranquilla Avventurosa Fortunata Ricca Totale

% 10,8 23,0 21,6 9,5 17,6 17,6 100,0

Si riconoscono pertanto, nelle aspettative e nei desideri dei giovani intervistati, la capacità di rivalutare i valori fondamentali della vita e di formulare, quella che Francesco Battisti ha definito funzione utopica, quei progetti che la società adulta, sotto la pressione di interessi materiali, non è in grado né di perseguire né di promuovere. 7. Il ritorno alle origini Il vivere tra due mondi, tra ricordi e legami con la cultura d’origine, e usi e costumi di quella d’accoglienza, si è visto come sia elemento presente e constante nella vita dei giovani di seconda generazione. Di fatto nessuna delle due appartenenze esclude o peggio ancora cancella l’altra. Due realtà all’interno delle quali le seconde generazioni formano il proprio Io, costruendo se stessi. In molti casi la prima parte del loro percorso di socializzazione avviene nel Paese di origine o ad opera di soggetti che trasmettono loro il patrimonio cul23


turale legato alla terra natale: idioma, valori, costumi, simboli, colori, sapori e aspetti religiosi. Una volta giunti in Italia questi ragazzi vengono introdotti ad una nuova cultura, ovvero quella locale. Ed è proprio da questo momento in poi che si creano le basi che plasmeranno la cosiddetta doppia identità. Duplice appartenenza a sistemi di significati, quello d’origine e quello italiano, che hanno forgiato e forgiano questi ragazzi. Doppia identità o identità plurima questa è una condizione comune a molti giovani di seconda generazione. Non mancano le difficoltà nel dover scegliere a volte, a quale dei due patrimoni culturali rimanere fedeli. A questa scelta forzata spesso concorre anche la società autoctona la quale impone alla persona con origini diverse l’abbandono del proprio background culturale come condizione per la sua accettazione dentro la comunità. Nella maggior parte dei casi ciò avviene in nome della necessità di identificare tutto e tutti, in nome di un certo senso di sicurezza, soprattutto in quelle epoche che Bauman definisce di modernità liquida, ere all’interno delle quali le certezze e i valori sembrano liquefarsi, privando l’uomo di punti di riferimento. Il timore per quello che risulta essere altro da sé spinge parte della cittadinanza alla catalogazione di usi e costumi, di atteggiamenti, di stili di vita e dunque di vissuti personali. Noi e loro, un’espressione vecchia quanto il mondo, ma sempre utile a creare barriere tra coloro che si ritiene far parte della comunità autoctona e coloro che invece sono altro rispetto a sé. Ma se i casi di violenza della scelta tra i due mondi risultano esser, per fortuna poco frequenti, il viaggio attraverso la propria esistenza di questi giovani non li porta a dover cancellare le tracce del passato o a confondersi completamente con la cultura di arrivo. La negazione delle origini comporterebbe l’annullamento dell’intera identità personale, la quale riesce tranquillamente a strutturarsi facendo convivere due culture in una sola persona. È questo ciò che emerge anche dalla nostra ricerca. I giovani da noi contattati alla domanda se in futuro pensano di recarsi nel paese di origine dei genitori in maggioranza rispondono di si, a fronte di solo un 9,5% di risposte negative (Tabella 11).

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Tab.11 Pensi in futuro di recarti nel paese di origine dei tuoi genitori? % Si 67,6 No 9,5 Forse 23,0 Totale 100,0 Le motivazioni alla base della scelta di recarsi nella terra natia dei padri, risultano esser alquanto eterogenee (Tabella 12). È da notare che un 25,7% dichiara di volerci andare per viverci e stabilirsi li, segno forse di un attaccamento radicato alla cultura di provenienza o di una mancata integrazione in quella di arrivo. Tab.12 Se si per quale motivo? Per viverci Per visitarlo come turista Per approfondirne la conoscenza Per instaurare un rapporto con la famiglia d’origine Missing system Totale

% 25,7 29,7 13,5 20,3 10,8 100,0

Scomponendo i dati per genere non risultano significative dissonanze nelle risposte, se non che le ragazze rispondo in percentuale minore alla visita al paese d’origine per scopi turistici, e a favore dell’instaurare un rapporto con la famiglia dei propri genitori. Conclusioni È difficile parlare di conclusioni quando si ha a che fare con una tematica tanto delicata e fluida come quella delle nuove generazioni dei giovani immigrati. Una prima traiettoria identificabile dai risultati emersi la si ritrova nella condizione che sembra caratterizzare gli adolescenti intervistati. Il tentativo di integrazione socio-culturale messo in atto da questi ragazzi, promosso e sostenuto dai loro genitori e tuttavia reso difficoltoso dalle ostilità incontrate nel contesto italiano, si accompagna ad una ipotesi di avanzamento socio-economico, con la speranza in un futuro più sereno e “ricco”. 25


Questi ragazzi aspirano ad acquisire gli stili di vita del contesto della società ospitante, ma a volte la percezione che gli adulti tendono ad avere del loro futuro è pessimista rispetto alla possibilità che i loro figli possano accedere ai mezzi necessari per giungere anche ad un effettivo inserimento socioeconomico all’interno del nuovo contesto. La conservazione di tratti identitari e di relazioni con la propria comunità di origine è percepita come una risorsa per i processi di inclusione socio-economica, e ciò non significa non integrarsi o sentirsi parte della comunità nella quale si sono inseriti. Anzi, il 64,9% dichiara con convinzione di sentirsi italiano (Tabella 13), Tab.13 Ti senti italiano? Si No Totale

% 64,9 35,1 100,0

segno che forse l’integrazione e l’avanzamento verso l’acquisizione di diritti di cittadinanza in Italia, nei confronti di questi giovani non è poi così lontano.

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Appendice metodologica. Il questionario con le percentuali di frequenza di Lucio Meglio

Tab.1 Regione di provenienza degli intervistati Lazio Marche Toscana Veneto Totale Tab.2 Sesso Maschi Femmine Totale

% 21,6 32,4 5,4 40,5 100,0 % 54,1 45,9 100,0

Tab.3 Scuola o occupazione Scuola elementare Scuola media Scuola superiore Lavoro Missing system Totale

% 4,1 20,3 51,7 19,1 4,8 100,0

Tab.4 Sei nato in Italia? Si No Totale

% 54,1 45,9 100,0

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Tab.5 Se no a che etĂ sei arrivato? 10 anni 12 anni 13 anni 8 anni 7 anni 6 anni 5 anni 4 anni 3 anni 2 anni

% 5,4 1,4 1,4 1,4 2,7 6,8 6,8 9,5 5,4 5,4

Tab.6 Paesi di provenienza del padre e della madre degli intervistati (%) Padre Madre Albania 4,1 4,1 Bangladesh 1,4 1,4 Bolivia 1,4 1,4 Burkina Fasa 5,4 5,4 Camerun 1,4 1,4 Cina 2,7 2,7 Costa d’avorio 2,7 2,7 Egitto 1,4 1,4 Eritrea 2,7 2,7 Filippine 5,4 6,8 Italia 2,8 12,2 Marocco 24,3 17,6 Nigeria 4,1 4,1 PerÚ 2,7 2,7 Repubblica domenicana 8,1 8,1 Romania 6,8 6,8 Santo Domingo 1,4 1,4 Senegal 14,9 10,8 Tunisia 5,4 5,4 Ukraina 1,4 1,4 100,0 Total 100,0 28


Tab.7 Titolo di studio del padre e della madre (%) Padre Licenza elementare 18,9 Licenza media 28,4 Diploma maturità 36,5 Laurea 16,2 Totale 100,0

Madre 17,6 33,8 32,4 9,5 94,6

Tab.8 I tuoi genitori ti parlano del tuo paese d’origine? Si No Totale

% 83,8 16,2 100,0

Tab.9 Frequenti la comunità straniera dalla quale provengono i tuoi genitori? % Si 87,8 No 12,2 Totale 100,0

Tab.10 Hai amici stranieri? Si No Totale

% 98,6 1,4 100,0

Tab.11 Hai mai avuto problemi di inserimento con i ragazzi italiani? % Si 28,4 No 71,6 Totale 100,0

29


Tab.12 Ti senti italiano? Si No Totale

% 64,9 35,1 100,0

Tab.13 Dove sei solito trascorrere il tuo tempo libero? A casa Con gli amici Con il fidanzato/a Con i genitori Totale

% 37,8 55,4 4,1 2,7 100,0

Tab.14 A casa passi più tempo a … Guardare tv Navigare internet Studiare Ascoltare musica Leggere Hobby Altro Totale

% 51,4 29,7 6,8 5,4 2,7 2,7 1,4 100,0

Tab.15 Con gli amici sei solito andare … Al cinema Teatro Biblioteca Sport Discoteca Bar/pub Totale 30

% 28,4 5,4 1,4 36,5 9,5 18,9 100,0


Tab.16 A quale di queste attivitĂ partecipi? Prima risposta Associazioni sportive Associazioni culturali Associazioni di volontariato Club tifosi Partiti Centri sociali Associazioni religiose Nessuna Missing system Totale

% 36,5 17,6 2,7 2,7 4,1 6,8 29,7 0 100,0

Tab.17 A quale di queste attivitĂ partecipi? Seconda risposta Associazioni sportive Associazioni culturali Associazioni di volontariato Club tifosi Partiti Centri sociali Associazioni religiose Nessuna Missing system Totale

% 1,4 8,1 2,7 4,1 1,4 4,1 17,6 39,2 60,8 100,0

Tab.18 Durante il giorno pensi mai al tuo futuro? Poco A volte Spesso Sempre Totale

% 14,9 37,8 24,3 23,0 100,0 31


Tab.19 Rispetto alla generazione dei tuoi genitori pensi di vivere ‌? % In modo migliore 77,0 In modo peggiore 8,1 Nelle stesse condizioni 14,9 Totale 100,0

Tab.20 Come vorresti che fosse la tua vita? Produttiva Piacevole Tranquilla Avventurosa Fortunata Ricca Totale

% 10,8 23,0 21,6 9,5 17,6 17,6 100,0

Tab.21 Pensi in futuro di recarti nel paese di origine dei tuoi genitori? % Si 67,6 No 9,5 Forse 23,0 Totale 100,0

Tab.22 Se si per quale motivo? Per viverci Per visitarlo come turista Per approfondirne la conoscenza Per instaurare un rapporto con la famiglia d’origine Missing system Totale 100,0 32

% 25,7 29,7 13,5 20,3 10,8


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