FUL | Firenze Urban Lifestyle #10

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piega». Un rapido gioco di sguardi, e i ragazzi capiscono subito: quella sarebbe diventata la loro squadra del cuore, quella sarebbe diventata la “loro” squadra. «Cominciamo per gioco, e dopo un po’ diventa una cosa seria» racconta Duccio, uno dei fondatori: bandiere, striscioni, cori, trasferte... non manca nulla del repertorio della vera tifoseria. Nascono così gli Ultimi Rimasti Lebowski e la leggenda della Curva Moana Pozzi, nome ispirato alla musa di tanti sogni adolescenziali dei ragazzi, e “ultimo baluardo di un cinema di altri tempi”. Una storia unica nel suo genere, raccontata nel documentario We love Lebowski, realizzato nel 2011 da Andrea d’Amore e Gian Luca Rossetti, recentemente riproposto anche alla Kunsthalle di Berlino. Meglio conosciuti nell’ambiente artistico sotto il nome di Ciboideale, i due rimangono letteralmente “folgorati” dopo aver visto gli Ultimi Rimasti Lebowski in azione e da lì («dopo più di un mese di frequentazione e sbornie» racconta sorridendo Andrea d’Amore) hanno messo a fuoco l’idea di raccontare questa straordinaria avventura. «Non volevamo spettacolarizzare la loro esperienza, ma raccontarla come riesce a noi: per immagini» racconta d’Amore, che spiega: «Ci sembrava importante amplificare questa voce che veniva dal basso, di questi giovani che – anche incoscientemente, magari – avevano fiutato questo disagio, questa mercificazione, questa standardizzazione, rispondendo non con il disagio, come si vede in certi stadi, ma individuando e proponendo un’alternativa». Una squadra senza quartiere, senza colori precisi, che «compra le maglie grigio-nere perché sono quelle che costano meno» come racconta Marco, uno dei fondatori; una società auto-gestita, auto-finanziata, senza sponsor, dove l’opinione di tutti ha lo stesso valore, che, come spiega sempre Marco «gioca per il puro gusto di divertirsi e di stare insieme». Un rapporto che nel tempo diventa for-

te, profondo, fino a erodere i confini tra tifosi e giocatori, tanto che, nel tempo, alcuni degli ultrà entreranno anche a far parte della squadra. Con picchi di mille spettatori, e persino gemellaggi all’estero, gli Ultimi Rimasti Lebowski sono stati avvicinati anche da network nazionali, interessati a “spettacolarizzare” la loro esperienza, ma si sono sempre rifiutati per non snaturare l’idea alla base del loro progetto. Sono altre le iniziative che spiegano meglio la loro filosofia: i contest di graffiti organizzati per rendere lo stadio più bello e scenografico, il progetto di creazione di una scuola calcio basata sui valori dello sport, per favorire attraverso il calcio l’integrazione e il dialogo. Persino i cori e le scenografie della tifoseria raccontano di una realtà unica: intelligenti, ironici e surreali, come la famigerata “curva itinerante” che si sposta come un corteo per tutto lo stadio. Marco, uno dei tifosi della prima ora, spiega la filosofia degli URL: «Se penso a cosa vuol dire ultrà è ovvio che penso al mio gruppo, e penso all’amicizia che ci lega, penso al senso di fratellanza che ci lega, penso a tutte le esperienze che abbiamo vissuto insieme, penso a tutto quello che c’è stato fra di noi... penso alle persone che ci hanno lasciati». «C’è un aspetto “ecologico” in tutto questo, io parlo di “ultrà a chilometro zero”» dice Andrea d’Amore che, da giocatore di buone speranze, conosceva bene il mondo del calcio, da cui si era allontanato, disgustato e deluso. L’incontro con gli Ultimi Rimasti Lebowski lo ha travolto, più che coinvolto (l’esperienza è proseguita anche dopo la realizzazione del documentario), e gli ha ridato fiducia nel calcio: «Mi ha dato modo di riscattarmi come calciatore». Forse il calcio di una volta non tornerà più. Ma la passione, la voglia di stare insieme, di condividere un rito, non spariranno mai. Come dice Marco: «Noi non rappresentiamo una città, una zona geografica, un quartiere: rappresentiamo un’idea». •

ENGLISHVERSION>>>> Year 2004: five friends, between 15 and 16 years old, skip school one day and by chance found a paper on nonprofessional football which game them the big intuition – disappointed by football getting more and more related to show business, they decided to bring back up original cheer’s idea made of involvement and sharing. They looked in each other eyes and identified their team on the paper, “Lebowski” team, which had just been defeated 8-2 by the next to last in the chart. “We began for a laugh, then it became serious” says Duccio, one of the founders: flags, banners, stadium chants, away games… the whole collection for real supporters. That’s how “Ultimi Rimasti Lebowski” and legendary “Curva Moana Pozzi” were born. A unique story that can be found in the documentary “We love Lebowski” realized in 2011 by Andrea D’Amore and Gian Luca Rossetti – better known as Ciboideale in the artistic environment – recently proposed again at the Kunsthalle in Berlin. A team without colours, which «has black and grey shirts because they cost less money» as Marco, one of the founders, tells us; a selfmanaged, self-founded, non-sponsored club, where everyone’s opinion has the same value and where «football is played just for the fun of it», Marco explains. A strong relationship that almost cancel limits between players and supporters – eventually some of them became part of the team. With its hundreds of people as a public and its twinnings abroad, Ultimi Rimasti Lebowski, was approached by national networks but they refused any collaboration to be faithful to the core idea of the project. Some of the initiatives they took are exemplary of their philosophy: the organization of a graffiti contest to get a more scenographic stadium, the creation of a football boot camp based on sport's values, which aimed at promoting integration and dialogue. «There is an “ecological” aspect in this» says Andrea d'Amore who used to be a great player and very well knows the world of football from which he took distance, disappointed and disgusted. Meeting the Ultimi Rimasti Lebowsky gave him faith in football again and «a chance to redeem as a player», he says. Maybe football as it was before will never come back, but passion, and the desire of being all together sharing something, won’t ever disappear. As Marco, one of the biggest supporters says «We do not represent a city, a geographical area, a neighbourhood: we represent an idea». • 15.


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