Fiorella Corsi, In Fabula

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in fabula

E ancora di più, laddove l’artista si misura col mito, con la favola, dove si rintraccia quella che Cassirer stesso chiamava “la forma interna del mito”? Se ci possiamo concedere di considerare come dati puramente sensibili lo spazio e la luce di cui parla il filosofo tedesco nella parte della Filosofia delle forme simboliche dedicata al pensiero mitico, lettura che in una certa misura appare autorizzata dalle stesse pagine dell’opera, si ritrovano degli elementi puntuali, direi dirimenti per una lettura non solo dei lavori di Fiorella, ma di molto operare artistico. Nello spazio strutturale del mito il fatto fisico fondamentale si lega, anzi poggia, su un sentimento, inteso come semplice facoltà di sentire, di ricevere una sensazione, che non determina solo coordinate geometriche o geografiche, ma anche di valori non immediatamente empirici. «Lo sviluppo del sentimento mitico dello spazio prende le mosse dall’opposizione di giorno e notte, di luce e tenebra»; da questa dialettica spesso violenta, da questo prorompere dell’una sull’altra si crea quello spazio, quel “campo spaziale”, necessario al mito, a una forma cioè di conoscenza. E questa opposizione fondamentale non è un semplice accadimento, è ogni volta produzione originaria, un processo conoscitivo individuale e unico tanto per la creazione di un’intuizione mitica, quanto per quella di un’opera d’arte. In molti dei lavori di Fiorella Corsi l’elemento mitico si fa elemento artistico e ancora una volta il “suo” Cassirer scrive espressamente che queste coordinate di spazio e di luce non creano rapporti astratti-ideali, ma questa “formazione” subisce il massimo grado di elaborazione formale e di concreta realizzazione indipendente. Il rapporto mitico che Fiorella ha con la Natura si fa immagine vera e tangibile, con limiti ben circoscritti, dentro il suo bisogno di confrontarsi fisicamente con la materia, un corpo a corpo che si attua nella scelta costante, nella progettualità severa di uno spazio e di una luce. Determinata la sua lettura mitica, la sua idea mitica del mondo, Corsi non può concepire che l’idea non prenda forma in un’immagine, che possa essere esposta in altro modo e su questo cardine innesta un lavoro di ripetizione che, per volere stesso dell’artista, prevede la presenza dell’occhio dell’osservatore: innumerevoli


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