Si tratta però di un articolo molto diverso da quello, scritto dieci
anni
prima,
contro
il
Parateatro.
Intanto
il
tono
è
molto più mite – sono cambiate le condizioni – e anche molto più, in un certo senso “dolente”. Si tratta di una apologia del teatro degli spettacoli, che ricorda anche con nostalgia gli spettacoli “per eccellenza” di Grotowski; forse di una sorta di amaro commento alla constatazione di essere stati traditi, ancora una volta, dal Maestro.
In
quell’occasione,
utilizzato
una
il
delle
convegno sue
di
Modena,
preferite
Grotowski
immagini,
quella
aveva della
scala.
“Ricordate il sogno di Giacobbe? Ascoltate ancora una volta… L’arte è come la scala di Giacobbe, sui cui gradini possono scendere gli angeli. Bisogna però che i gradini della scala siano
fatti
bene,
siano
fatti
della
più
alta
qualità
artigianale. L’artigianato è quello che può essere salvato; il teatro può anche morire”. (…) “Il teatro può morire… la libertà non si cerca nel teatro né nel mondo oltre il teatro. E’ da costruire e da conquistare da se stessi. Questo è il problema della scala di Giacobbe e della qualità dei suoi gradini” – ripete Grotowski.
E’ il 1989, e Grotowski ha già da qualche tempo avviato le sue ricerche a Pontedera. Da sette anni è assente dalla Polonia – i sette anni della dittatura del generale Jaruzelski, durante i
quali,
ricordiamolo
ancora,
Lech
Raczak
e
il
suo
Teatr
Ósmego Dnia si erano esposti in tutto e per tutto, facendo teatro
clandestino
nelle
cantine,
nelle
chiese
e
negli
appartamenti, sopportando arresti e censure, fino all’estremo di essere messi fuorilegge.
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