Le grotte e il carsismo in puglia

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Franco Orofino: pioniere della moderna speleologia Franco Orofino nasce a Teramo il 1 marzo 1927 e fin da piccolo segue le varie destinazioni del padre Antonio, marescial-

lo dei Carabinieri. Nel 1937, giungendo a Matera, vi trova un intero mondo cavernicolo, che subito lo conquista. Dopo le prime esplorazioni e i difficili momenti del dopoguerra, Orofino, assolto il servizio militare, si iscrive all’Università di Bari dove conosce il professor Franco Anelli, al quale manifesta la sua grande passione per la speleologia. Inizia così a frequentare la sede castellanese dell’Istituto Italiano di Speleologia e ad accompagnare Anelli nel corso dei suoi sopralluoghi in grotta. Nel 1961 fonda l’Unione Speleologica Pugliese-Lucana Antonio Orofino, raccogliendo i pochi speleologi locali in un’unica associazione e anticipando, di fatto, la Federazione Speleologica Pugliese che nascerà nel 1977. Nel 1963, nominato da Anelli curatore del Catasto delle Grotte della Puglia, Basilicata e Calabria, Orofino si dedica con passione al suo nuovo ruolo

Il fondo della Grave di Faraualla, raggiunto nel 1956 dagli speleologi della Commissione Grotte Eugenio Boegan della Società Alpina delle Giulie di Trieste - con loro, a destra, Nino Matarrese, figlio dell’esploratore Vito che con Anelli fu autore delle prime esplorazioni alle Grotte di Castellana - Castellana Grotte (Ba) - foto da “La scoperta delle Grotte di Castellana” di Vito Matarrese junior

GROTTE E CARSISMO IN PUGLIA CAP. I LA SPELEOLOGIA IN PUGLIA

metri. Nel corso della stessa campagna esplorativa gli speleologi di Verona effettuano anche una spedizione alla Grave de La Ferratella, nel territorio di Ruvo di Puglia; già oggetto di una discesa nel maggio precedente, la cavità è esplorata fino a una profondità di 130 metri. Nel corso di una seconda spedizione, nel settembre dello stesso anno, gli esploratori raggiungono i 205 metri di profondità, sino a una galleria sub-orizzontale, lunga circa 40 metri, che immette in un ulteriore pozzo risultato, allo scandaglio, profondo 90 metri. Nel febbraio 1970 una notizia, improvvisa, scuote il mondo scientifico e speleologico, trovando grande risalto sulla stampa e presso tutti i mezzi di informazione: la scoperta della Grotta dei Cervi, a Porto Badisco. Non lontano da Otranto, nei pressi dell’insenatura dove la leggenda vuole sia sbarcato Enea, profugo da Troia, alcuni componenti del Gruppo Speleologico Salentino Pasquale de Lorentiis di Maglie, dopo aver disostruito l’imbocco di un cunicolo, occultato da materiale detritico, penetrano in una grotta che li lascia senza fiato. A stupire non è solo la ricchezza delle concrezioni della cavità, che attraverso corridoi e sale si sviluppa per circa 1500 metri, ma soprattutto è la presenza di meravigliose pitture rupestri risalenti al IV millennio a.C. Dipinti in nero e rosso di accentuata stilizzazione ricoprono, in alcuni punti della grotta, intere pareti e volte; di fronte, resti di vasi per offerte votive. Paolo Graziosi, ordinario di antropologia all’Università di Firenze e tra primi a poter esaminare le pitture, definisce la grotta un santuario della preistoria.

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