l'Industria Meccanica 707 - gennaio-febbraio 2017

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ne, ben remunerata, sia economicamente sia sul piano della soddisfazione e del prestigio sociale, e quella manuale più umile, dequalificata e sottopagata. Ciò pone in primo piano la questione della gestione sociale e politica del progresso tecnico, e un modo per affrontarla può essere pensare che la distruzione o dequalificazione del lavoro operata dalla tecnologia sia temporanea, perché la tecnologia stessa creerà nuove occupazioni. Si tratterebbe, dunque, di aspettare che il problema si risolva da solo, com’è successo in passato nelle precedenti transizioni, provvedendo in qualche modo a chi temporaneamente viene escluso dalla tecnologia. E per una società invecchiata, come quella europea, non sarebbe del tutto un male che il lavoro duro e ripetitivo possa essere eliminato. Ma possiamo limitarci a contare su un tale automatismo? Direi di no, significherebbe vivere alla giornata e rinunciare a confrontarsi con la realtà per anticipare le soluzioni possibili, e questo anche per contrastare l’insorgere di derive populiste, costantemente in agguato, come ci insegna la storia.

I tipi di formazione necessari per governare la transizione Dobbiamo quindi riconsiderare da subito il legame tra società e lavoro in rapporto al senso complessivo della persona, individuando alternative che assicurino e conservino il valore educativo dell’impegno e attuino soluzioni che affrontino con forza la questione culturale e per essa della formazione, affinché sia integrale e continua. Non è cosa facile, dato che per effettuare un salto utile per governare la transizione si devono innanzitutto formare operatori che siano in grado di progettare, implementare e impiegare le nuove tecnologie, specie il digitale, asservendole alle finalità di sviluppo dei territori, delle città, delle imprese. Occorrono poi addetti che sappiano svolgere più attività contemporaneamente, adattandosi in modo flessibile con continuità al cambiamento, capaci di lavorare in squadra, di comunicare fuori e dentro l’ambiente dove operano, sfruttando appieno la connessione costante tra gli attori della società, economici e non solo, offerta dal nuovo corso. Il futuro sarà nelle mani di chi saprà mettersi al volante della propria esistenza, guidandola per cogliere tutte le opportunità, soprattutto formative, a ciò necessarie, in un contesto dove per imporsi l’istruzione, l’informazione, e l’interazione tra uomo e macchina saranno sempre più determinanti.

L’informazione determinerà sempre più il valore delle risorse Di fatto, la capacità innovativa e adattativa necessaria per vincere, delle persone e per esse del sistema economico, è legata in primo luogo alla quantità di conoscenze che si riesce ad acquisire e a trasfondere nell’operato, creando valore, rispondendo cioè efficacemente a precise richieste sociali, o creandole altrettanto efficacemente. Perché le strategie di competitività sono soprattutto strategie sociali di creazione di stili, modelli e know-how in grado di sviluppare e guidare nella direzione giusta il potenziale produttivo. Il funzionamento efficiente di un sistema economico dipende quindi dalla sua capacità ed efficacia nell’assumere ed elaborare le informazioni necessarie per dare ordine alla materia sotto forma di tipologie, qualità e quantità di beni e servizi che riflettono il più accuratamente possibile le richieste, implicite ed esplicite, dei consumatori e dell’ecosistema nel suo complesso. Le risorse materiali di cui disporranno le prossime generazioni saranno infatti sempre le stesse, la differenza starà nell’ordine crescente che l’uomo sarà capace di immettere nella loro manipolazione iniettandovi le sue conoscenze, e quindi nel loro contenuto di informazione. Le “cose” che fanno parte della vita quotidiana, e tanto più in prospettiva quelle future, sono così utili proprio perché contengono un’enorme quantità di informazione. Un’informazione, che si è andata accumulando e stratificando con le generazioni in termini di conoscenza e cultura, che ci ha permesso nei secoli di plasmare la materia in modo che rispondesse precisamente ai nostri bisogni, alla nostra estetica, alla nostra visione del mondo. Questa conoscenza è cresciuta esponenzialmente e il sapere necessario per produrre e utilizzare gli oggetti e che si trova in essi immagazzinato, anche nei più comuni, è così articolato e complesso che ha travalicato da molto tempo la capacità di un singolo individuo di possederlo. Basti pensare al telefono portatile, di cui ne esistono miliardi, e alla progressiva miniaturizzazione degli oggetti che ne concentra le funzioni e acuisce il problema. Per affrontare questa incapacità, vecchia come la tecnologia, l’uomo si è organizzato specializzandosi.

Una rete sociale di conoscenza per far fronte alla complessità degli oggetti Ma frattanto la complessità ha continuato a crescere al punto che ora i tecnici specializzati, che progettano e utilizzano processi, impianti e macchine per produrre

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