IL MENSILE DELLE FILIERE COOPERATIVE LATTIERO CASEARIE
N.1 • 2022
IL
MAGAZINE
FARE RETE
Cooperazione, Organizzazione di Produttori, Reti di Imprese: le caratteristiche, i vantaggi, le opportunità dei diversi tipi di aggregazioni
IL MENSILE DELLE FILIERE COOPERATIVE LATTIERO CASEARIE
SOMMARIO
n.1 • 2022
EDITORIALE PAG. 5 di GIOVANNI GUARNERI
PAG. 6
GRANA PADANO
Grana Padano ospita il Ministro Giorgetti Il Consorzio: “Serve maggiore tutela per i prodotti DOP e IGP
PAG. 22
LA COOPERAZIONE NELLA NUOVA PAC un ruolo sempre più rilevante per promuovere un’agricoltura europea smart, resiliente e sostenibile
PAG. 38
LE FORME DI COOPERAZIONE Cooperative, OP, Reti di imprese: le opportunità di aggregazione
a cura del CONSORZIO GRANA PADANO
DOP
PAG. 8
PARMIGIANO REGGIANO
La sostenibilità della filiera
a cura del CONSORZIO PARMIGIANO
REGGIANO DOP
PAG. 40
LE COOPERATIVE: UNA MOLTEPLICITÀ DI FUNZIONI PAG. 60
OP E AOP Organizzazioni di Produttori e Associazioni di Organizzazione di Produttori
PAG. 10
EUROPEANS, AGRICULTURE AND THE PAC Eurobarometro 520
PAG. 12
IL FUTURO DELL’AGRICOLTURA trovare il giusto equilibrio tra produttività e sostenibilità per gestire i rischi e garantire sicurezza alimentare
PAG.70
OI Organizzazioni Interprofessionali
PAG. 72
RETI DI IMPRESA
IL FUTURO DELL’AGRICOLTURA
12
GREEN EQUA FLESSBILE LA NUOVA PAC
22
48
40
LATTERIA SOLIGO
LE COOPERATIVE
56
PARMAREGGIO E AGRIFORM
66
AOP LATTE ITALIA
informazione pubblicitaria
Produttori di bontà responsabile
Progetto realizzato con il contributo dell’unione Europea | LIFE 16 ENV/IT/00025 I
Le DOP Grana Padano e Comté hanno deciso di porsi sotto la lente d’ingrandimento coinvolgendo i più grandi centri di ricerca per migliorare concretamente l’impronta ambientale del proprio sistema produttivo. Perché rispettare l’ambiente è il primo passo per garantire un futuro di crescita e innovazione alle eccellenze del territorio.
I risultati raggiunti: un software per supportare... il miglioramento dell’impatto ambientale nelle aziende agricole.
l’efficientamento energetico dei caseifici.
I nostri partners
www.lifettgg.eu
il miglioramento delle performance ambientali nel confezionamento e la prevenzione dello spreco alimentare.
editoriale
di Giovanni Guarneri
Mai come in questi ultimi due anni abbiamo assistito impotenti al susseguirsi di eventi di carattere globale così ravvicinati e impietosi per la nostra economia. Una sequenza di eventi così serrata avrebbe potuto far collassare il nostro settore, composto perlopiù da imprese di piccole dimensioni. Ma il comparto ha retto. Certo le vittime ci sono state, ma sono state molte meno di quante sarebbero potute essere se più della metà degli allevatori italiani non avessero deciso di conferire il proprio latte nell’ambito di un sistema di valore integrato, di un modello di impresa aggregato, nell’ambito di una cooperativa. È questo il valore fondamentale della cooperazione: dare certezze sulla raccolta e sulla valorizzazione della materia prima. Lo abbiamo visto quando nel bel mezzo della pandemia le cooperative erano le uniche a garantire la raccolta di tutto il latte prodotto, oppure quando – alla fine del 2021 – il prezzo del latte alla stalla era ai minimi storici e non consentiva agli allevatori di coprire i costi di produzione. In quel caso le cooperative hanno fatto di tutto e di più per garantire una giusta remunerazione ai loro soci, nonostante i margini si stessero assottigliando sempre di più, compromettendo la salute delle stesse imprese cooperative di trasformazione. Viviamo in un tempo in cui è impossibile programmare. Siamo in balia degli eventi e condizio-
nati dalla volatilità dei fattori esterni che rendono la competitività del comparto sempre più a rischio. Il tessuto imprenditoriale del settore lattiero-caseario è caratterizzato da una estrema frammentazione. L’aggregazione, così come la crescita dimensionale delle imprese è quindi un percorso inarrestabile, che dobbiamo agevolare per crescere e per sopportare l’urto di shock di mercato che assumono dimensioni sempre meno gestibili nel mondo globalizzato. È necessario quindi avviare una politica che stimoli l’aggregazione, una aggregazione intesa come strumento attraverso il quale dare attuazione a quella visione di sistema agroalimentare italiano moderno dove l’imprenditore, anche di piccole dimensioni, può aspirare a continuare a svolgere il suo mestiere, ad avere la giusta redditività ed a competere nel mercato. In questo senso, in virtù della sua capacità di aggregare le fasi della post-produzione, ossia la trasformazione e la commercializzazione, il modello cooperativo rappresenta indubbiamente una valida soluzione per organizzare una filiera lattiero-casearia nella quale la parte produttiva sia protagonista. La nostra parola d’ordine è quindi filiera, organizzazione e programmazione di filiera. Per la cooperazione agroalimentare è facile ed immediato parlare di filiera, ma ciò non implica che sia l’unica strada percorribile:
ognuno può mette in campo la sua ricetta, purché sia una filiera vera e purché si parta da una valorizzazione del prodotto. È dal valore che dobbiamo partire. Quello che le produzioni agroalimentari esprimono agli occhi del consumatore risiede sempre più non solo nelle caratteristiche nutrizionali e qualitative del prodotto stesso, ma nelle modalità di produzione degli ingredienti qualificanti a monte. Per affrontare questa dinamica le logiche di filiera sono premianti e la cooperazione ha una indubbia posizione di vantaggio che deve capitalizzare e gestire al meglio. Intraprendere iniziative di sistema, a favore dell’intera filiera lattiero casearia, è un messaggio importante che dobbiamo dare a beneficio del valore del nostro settore e in risposta alle esigenze economiche derivanti dal mercato. Le iniziative di sistema diventano necessarie per far fronte a contingenze particolari come quelle che stiamo vivendo, ma non sono solo una risposta alle situazioni emergenziali. Devono diventare strutturali e solo in questo modo riusciremo a combattere la dannosa frammentazione e accrescere la competitività del nostro settore, anche e soprattutto nei mercati internazionali, dai quali ormai non possiamo prescindere.
ACI AGROALIMENTARE | MILKCOOP MAGAZINE | 1-2022
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GRANA PADANO DOP Venerdì 11 marzo si è svolto il CDA consortile alla presenza del Ministro dello Sviluppo Economico
GRANA PADANO OSPITA IL MINISTRO GIORGETTI IL CONSORZIO: “SERVE MAGGIOR TUTELA PER I PRODOTTI DOP E IGP” Zaghini (Presidente): “Prodotti DOP separati nella GDO e presenti nei menu dei ristoranti” Berni (Direttore): “Introdurre flessibilità nell’applicazione del PNRR”
6
Il Grana Padano ha consolidato il suo
demia, superando la soglia di 5,2 mi-
ostacoli. Pesa inoltre anche sul piano
primato di formaggio DOP più con-
lioni di forme prodotte e con un export
economico la drammatica situazione
sumato nel mondo anche in due anni
in costante crescita. E lo ha fatto no-
provocata dall’invasione dell’Ucraina,
difficilissimi per gli effetti della pan-
nostante il perdurare di difficoltà ed
con un’emergenza umanitaria che ha
ACI AGROALIMENTARE | MILKCOOP MAGAZINE | 1-2022
zia dell’Unione Europea, che pure ha voluto nel 1996 la denominazione d’origine protetta. “Sui procedimenti che riguardano le DOP, Bruxelles impone dei tempi quasi biblici, che vanno snelliti. I prodotti DOP e IGP rappresentano il 20% dell’intera produzione agroalimentare italiana e crediamo meritino una maggiore attenzione, perché ben più alto è il contributo che danno alla valorizzazione della cultura, delle tradizioni e della vitalità di un territorio, in particolare all’estero. La già visto il Consorzio Grana Padano confermare il suo impegno costante nella solidarietà, con un contributo di 200mila euro alla Croce Rossa Italiana. Da questa analisi il presidente del Consorzio Tutela Grana Padano Renato Zaghini è partito venerdì 11 marzo nell’incontro tenutosi nella sede di Desenzano del Garda (BS) tra il CdA consortile ed il Ministro allo Sviluppo Economico, on. Giancarlo Giorgetti, invitato all’evento.“Le imitazioni del Grana Padano come di tutti i marchi DOP e IGP più conosciuti nel mondo sono una piaga antica, che supera in valore sui mercati esteri quello dei prodotti autentici – ha sottolineato Zaghini. Quindi, aumenta l’esigenza di una maggior tutela e di una decisa difesa non solo dalle contraffazioni, ma soprattutto dalle evocazioni e dalle imitazioni ingannevoli che in Italia e nel mondo sottraggono rilevanti spazi di mercato ai prodotti ad indicazione geografica”. Se al di fuori della UE vanno cercati accordi bilaterali con i paesi dove più forte è l’export, sul mercato italiano si
deve estendere la tracciabilità, anche a tutela del consumatore. “Chiediamo che nella distribuzione i prodotti DOP siano separati dai similari e proposti in modo riconoscibile – ha ribadito il presidente del Consorzio – e insistiamo perché nei menù degli esercizi che offrono ristorazione siano indicati con chiarezza gli ingredienti usati in cucina con il loro marchio. Parliamo di un settore importante, visto che il 36% dei pasti è consumato fuori casa”. Questo fenomeno dell’italian sounding è cresciuto anche attraverso Internet. “Il modo in cui ICAAN attribuisce i domini non è pienamente compatibile col rispetto delle norme internazionalmente accettate sui diritti di proprietà intellettuale e pertanto le indicazioni geografiche risultano esposte a notevoli sfide e rischi di contraffazione e appropriazione indebita e anche WIPO, l’Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale, potrebbe fare di più e di meglio per favorire un allargamento del riconoscimento e della tutela delle indicazioni geografiche” ha sottolineato Zaghini. Per il Consorzio Grana Padano va inoltre ridotto il costo della burocra-
mole di esportazione del Grana Padano, con un fatturato dell’export vicino al 50% del totale, insieme a quello di altri importantissimi prodotti DOP ed IGP molto diffusi in tutto il mondo, la dicono lunga sull’importanza, sul prestigio e sulla visibilità che danno all’Italia intera oltre confine”. La guerra in Ucraina rallenterà la ripresa e costringerà istituzioni e imprese a rivedere le prospettive di crescita e le tempistiche dei sostegni indicate nel PNRR, come lo stesso ministro Giorgetti ha sottolineato nella recente audizione alle commissioni parlamentari. “Il piano di ripresa e resilienza ha messo in secondo piano le DOP, ma il Consorzio Grana Padano è comunque capofila di 4 progetti con 60 aziende consorziate coinvolte e 185 milioni di interventi previsti – ha aggiunto il Direttore Generale, Stefano Berni – Condividiamo quindi l’indicazione del ministro sull’esigenza di introdurre flessibilità nell’applicazione del PNRR”.
ACI AGROALIMENTARE | MILKCOOP MAGAZINE | 1-2022
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PARMIGIANO REGGIANO DOP LA SOSTENIBILITÀ DELLA FILIERA
Uno dei grandi insegnamenti che ci sta lasciando questo periodo, con tutta la sua complessità e le sue sfide, è che le caratteristiche del prodotto finito non bastano più a soddisfare le esigenze del consumatore evoluto, quello attento anche a tutto ciò che avviene “prima”: prima della messa in vendita, prima della produzione, prima ancora dell’origine della materia prima che nel caso del Parmigiano Reggiano è il latte. Non si tratta solo di una questione morale, è doveroso tenere presente che sfera etica ed economica sono due 8
facce della stessa medaglia quando si parla di sostenibilità delle filiere agroalimentari. Una quota importante del Parmigiano Reggiano DOP viene esportata in paesi, del nord Europa in particolare, molto sensibili a questo tema tanto da inserirlo in alcuni capitolati di fornitura di grandi insegne della GDO. Ma ancor prima delle richieste “di mercato” deve esserci la consapevolezza che le risorse della filiera Parmi-
giano Reggiano DOP non sono infinite e vanno preservate per soddisfare le esigenze attuali e future. L’attenzione è rivolta anche al mantenimento della peculiare biodiversità, preservando quindi specie vegetali e razze autoctone. Dal punto di vista sociale, il Parmigiano Reggiano genera localmente un indotto che, in particolare nelle aree rurali svantaggiate a rischio spopolamento, contribuisce a mantenere la popolazione sul territorio. Ricordiamo che la filiera produttiva
ACI AGROALIMENTARE | MILKCOOP MAGAZINE | 1-2022
del Parmigiano Reggiano impegna circa 50 mila persone. I caseifici sono oltre 300 mentre gli allevamenti che conferiscono il latte per la produzione di Parmigiano Reggiano sono 2.573 per circa 267.000 bovine. Nel 2020 sono state prodotte 3.940.000 forme pari a circa 160.000 tonnellate di formaggio. I pilastri della sostenibilità Il Parmigiano Reggiano, da semplice formaggio della tradizione italiana, è diventato il simbolo di una marca con la M maiuscola, un brand vero e proprio, che ingloba non solo il suo aspetto fisiologico, organolettico, gustativo e nutrizionale, ma tutto il mondo che lo circonda, il territorio e la cultura che lo permeano. Per questo, a settembre 2019, il Consiglio di Amministrazione ha approvato un Brand Manifesto che rappresenta un vero e proprio patto con il consumatore finale sui 5 pilastri che riassumono la visione del Consorzio sulla sostenibilità: l’ambiente, la comunità, il benessere animale, il benessere umano e il territorio. Il territorio appunto, con le foraggere del Parmigiano Reggiano che stimolano e preservano un ecosistema composto da decine di varietà di piante selvatiche, circa 200 specie di insetti che vi gravitano intorno e di conseguenza quasi 32 specie di uccelli vari. Forse non tutti sanno che i campi di erba medica, che disegnano il paesaggio dell’Area di Origine, non necessitano concime e permettono un risparmio idrico che consente di mantenere una filiera virtuosamente circolare. Per chi conosce già il Parmigiano Reggiano, è scontato dire che gli allevatori hanno da sempre un rispetto atavico per l’animale e la sua salute per produrre il miglior latte. Ma a dicembre 2020 è stato fatto un passo in più: il Consorzio ha stanziato oltre 12 milioni di euro nell’arco di tre anni per incentivare gli allevatori a migliorare ancora di più il parametro Crenba che misura il benessere animale.
zione pratica del prodotto: un formaggio che è frutto della selezione degli ingredienti migliori e 100% naturali, che rispetta la stessa ricetta da mille anni e che pertanto è riconosciuto come un’eccellenza in tutto il mondo. Il Parmigiano Reggiano diventa così un alimento che accompagna il consumatore in tutti i momenti della sua giornata e della sua vita: un perfetto alleato per la salute e il benessere psicofisico, una “lifestyle brand”.
Un altro pilastro è perciò la comunità, formata da quelle 50.000 persone circa che vengono coinvolte direttamente nella filiera produttiva e i loro 174 comuni di cui molti non esisterebbero se non ci fosse il Parmigiano Reggiano e il suo mercato. Per concludere il benessere dei consumatori, perché in Italia e all’estero si ricerca nel Parmigiano Reggiano qualcosa che va oltre la funACI AGROALIMENTARE | MILKCOOP MAGAZINE | 1-2022
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Sono stati pubblicati i risultati di un sondaggio (eurobarometro n. 520) sull’attenzione della popolazione europea al tema dell’agricoltura e della PAC. Dai dati raccolti è emerso che quasi la metà dei cittadini europei ritiene essenziale identificare l’obiettivo prioritario della PAC nel dover assicurare a livello europeo un approvvigionamento del cibo che sia stabile nel tempo. Dal 2020, infatti, è aumentata del 6% la popolazione europea che condivide tale opinione. In particolare, la necessità di una fornitura di cibo garantita nel tempo è fortemente avvertita in 22 Paesi dell'UE e, di recente, l’opinione pubblica in tal senso è aumentata del 10% in Stati quali: Finlandia, Lituania, Svezia, Grecia, Spagna e Italia. Inoltre, più della metà degli intervistati ha aggiunto che la PAC dovrebbe anche mirare al raggiungimento di prezzi alimentari ragionevoli per i consumatori. Invariata negli anni, invece, è l’opinione (condivisa da 6 europei su 10) secondo cui la missione 10
principale della PAC è quella di fornire alimenti sicuri, sani e sostenibili. Ed ancora, dalle indagini condotte è emersa la crescente consapevolezza che il cambiamento climatico sta danneggiando sempre di più l'agricoltura. In effetti, il 92% degli europei concorda sul fatto che eventi meteorologici estremi, come inondazioni e siccità, possono avere una ripercussione sull'approvvigionamento alimentare e sulla sicurezza alimentare nell'UE. Il 60% dei cittadini afferma che sarebbe disposto a sostenere anche un costo maggiore per l’acquisto di beni agricoli ottenuti da tecniche volte a contenere l’impronta di carbonio generata dagli stessi prodotti. Sempre in tema di scelte di acquisto, l’87% della popolazione considera rilevante la provenienza del prodotto alimentare da sistemi di filiera corta. In una prospettiva futura, invece, più di 9 intervistati su 10 ritengono l'agricoltura e le zone rurali di fondamentale importanza per il continente europeo.
ACI AGROALIMENTARE | MILKCOOP MAGAZINE | 1-2022
NATU RA
IO* TOS AT
E PRIVO D ENT IL LM
conservanti e additivi
IL FUTURO DELL’AG
trovare il giusto equilibrio tra per gestire i rischi e gar
Prospettive 2021-2030
L’outlook della Commissione europea pubblicato a dicembre 2021 evidenzia come gli scena saranno sempre più plasmati dalle preoccupazioni dei consumatori per l’ambiente e il cambi
Nel report della Commissione
di petrolio nel biennio 21-22 do-
produzione di cereali a 276 mi-
le e per l’utilizzo
europea, vengono avanzate una
vrebbe subire una risalita, con
lioni di t nel 2031 (-2,5% rispetto
precisione che p
serie di ipotesi macroeconomi-
successivo
decre-
al 2021). Questo è conseguen-
maggior efficien
che che guideranno l’evoluzio-
mento a causa della graduale
za di una maggior attenzione
Anche la produz
ne delle tendenze del settore
sostituzione con le energie rin-
all’ambiente e l’adozione di pra-
agroalimentare, governate co-
novabili.
tiche agricole più sostenibili e di
eds dovrebbe ris
possibile
munque, già a novembre 2021, dall’incertezza.
le
Guardando alle prospettive set-
meno input). A livello UE, ci si
l’economia euro-
toriali, per il settore cerealicolo
attende un calo della domanda
pea dovrebbe ritornare ai livel-
ci si attende una riduzione del-
interna (-2,7% rispetto al 2021),
li pre-COVID nel 2023, con una
le dimensioni della superfici
trainato essenzialmente dalla
tasso di inflazione in discesa
(-2,8% rispetto al 2021) che uni-
flessione dell’uso dei mangimi,
fino all’1,9% nel 2025 (rispetto
ta ad una diminuzione dei rendi-
a causa di una riduzione nelle
all’attuale 4,9%). La domanda
menti potrebbe far scendere la
produzione di origine anima-
stime fatte,
12
Secondo
precisione (produrre di più con
ACI AGROALIMENTARE | MILKCOOP MAGAZINE | 1-2022
della domanda
particolare per c
mentre la soia do
tare trainata dall
consumo umano OGM).
In riferimento al
GRICOLTURA:
a produttività e sostenibilità rantire sicurezza alimentare
ari per i settori agroalimentari iamento climatico
Mercati, reddito, ambiente: l’EU agricultural outlook 2021-31, mette in luce le prospettive a medio-lungo termine del settore agricolo europeo e spiega come la sostenibilità e le preoccupazioni per la salute plasmeranno le dinamiche dei mercati agricoli. Questo è quanto emergeva a dicembre 2021. Oggi a distanza di pochi mesi, lo scenario sembra essere molto cambiato, non tanto perché non risulta più importante avere sistemi produttivi di qualità e sostenibili, ma perché gli effetti del conflitto Russia-Ucraina, che è ancora in corso, hanno messo in evidenzia alcune debolezze del sistema agroalimentare europeo, in riferimento alla capacità di approvvigionamento e di sicurezza alimentare. Oggi più che mai è evidente quanto sia necessario riuscire a trovare un giusto equilibrio tra l’attenzione alla sostenibilità, la qualità delle produzioni e la capacità produttiva europea, gestendo meglio i rischi.
o di tecniche di
ro-casearie, nei prossimi 10
benessere animale. Per questo,
sempre maggior valore aggiun-
permettano una
anni,
l’attenzione
la crescita della produzione di
to, da un punto di vista quali-
nza produttiva.
alla sostenibilità e efficienza
latte dell’UE potrebbe rallentare
tativo e di valore nutrizionale,
zione delle oilse-
per i produttori di latte (con
fino allo 0,5% all’anno e aggirar-
grazie anche ai risultati della
sentire del calo
maggior diffusione di tecniche
si 162 milioni di t entro il 2031.
ricerca. In questo contesto, la
Nonostante il calo della crescita
presenza di prodotti di origine
annua delle produzioni, l’Euro-
vegetale potrebbe aumentare
pa rimarrà il principale produt-
anche per prodotti derivati, non
tore di prodotti lattiero-caseari
solo per le bevande (rispetto ai
di mangimi (in
colza e girasole,
ovrebbe aumen-
la domanda per
o di alimenti no
lle filiere lattie-
continuerà
di alimentazione di precisione, gestione della fertilità, monitoraggio delle performance degli animali, miglioramento genetico, ecc.). Il rispetto di maggiori standard ambientali porterà ad una riduzione delle emissioni
(30% del totale), sopra la Nuova Zelanda e USA.
prodotti a base di soia potrebbero guadagnare quote quelli a
di GHG/ t latte di circa l’11% e
In generale, l’orientamento pro-
base di mandorla, avena e pisel-
progressi anche in termini di
duttivo sarà verso prodotti a
li).
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Guerra Russia-Ucraina: gli effetti sull’agroalimentare
Cambiamenti climatici, sostenibilità ambientale, benessere animale, nuovi trend di consumo, mutamenti degli equilibri internazionali di domanda-offerta, liberalizzazione dei mercati, riduzione delle politiche pubbliche di sostegno. Queste sono solo alcune delle principali sfide che le imprese agroalimentari stavano iniziando a capire e provando a gestire. Poi è arrivato il COVID a fine 2019, che ha aggravato ulteriormente la situazione, evidenziando
DAL FUTURO CI SI DEVE ATTENDERE DI TUTTO E OGGI PIÙ CHE MAI BISOGNA COSTRUIRE SISTEMI PRODUTTIVI SOSTENIBILI, RESILIENTI E CAPACI DI RESISTERE AGLI SHOCK, ANCHE QUELLI PIÙ IMPROVVISI E NON IMMAGINATI 14
altre criticità, connesse principalmente alla gestione delle catene di approvvigionamento alimentare e alle dinamiche di accesso al mercato (basti pensare all’impatto generato sulle imprese a seguito della chiusura del canale HORECA). Non è finita. Nel 2022 è’ arrivata la guerra Russia-Ucraina, alle porte dell’Europa, che pur non avendo un effetto diretto sul nostro territorio, ha messo in luce la vulnerabilità dell’Europa sul fronte della sicurezza
alimentare. L’Italia ma anche molti altri Stati Membri sono fortemente dipendenti proprio da questi paesi per le importazioni di gas e di alcune materie prime agricole, strategiche per le nostre filiere produttive. E questa attuale grave situazione sta andando ad aggravare, a causa anche dell’innescarsi di molteplici fenomeni speculativi, una situazione di carenze e alti costi di produzione che era già compromessa prima della guerra.
Gli effetti sulle dinamiche commerciali Russia e Ucraina sono sicuramente player importanti a livello mondiale, almeno nel settore dei cereali. L'Ucraina rappresenta il 10% del mercato mondiale del frumento, il 13% del mercato dell'orzo, il 15% del mercato del mais ed è il principale attore sul mercato dell'olio di girasole (oltre il 50% degli scambi mondiali). Le percentuali riguardanti la Russia sono rispettivamente il 24 % (frumento), il 14 % (orzo) e il 23 % (olio di girasole). E’ evidente che l’attuale situazione determina effetti sui flussi import-export a livello globale, sia in termini di for-
niture nel breve periodo, ma probabilmente anche in termini di mutamento degli accordi commerciali nel lungo periodo, per variazione degli assetti e equilibri geopolitici che potrebbero venirsi a creare. Quali effetti sull’Italia? ISMEA ha recentemente pubblicato un studio che mostra gli effetti diretti e potenziali della guerra in riferimento alla domanda nazionale di materie prime. Di seguito si riportano i principali aspetti che possono impattare il settore agro-zootecnico.
ACI AGROALIMENTARE | MILKCOOP MAGAZINE | 1-2022
Frumento duro Russia e Ucraina hanno un ruolo del tutto marginale, sia dal lato dell’offerta sia riguardo alle esportazioni, dato che congiuntamente rappresentano poco più del 2% dell’export globale. Infatti, la domanda nazionale di prodotto estero – che soddisfa mediamente il 30-35% del fabbisogno interno – è rivolta a Canada, USA, Grecia, Francia e Kazakistan. Frumento tenero Al contrario, il mercato mondiale del frumento tenero è fortemente influenzato da Russia e Ucraina che rappresentano rispettivamente il 10% e il 21% delle esportazioni globali. L’Italia, che importa circa il 60% dall’estero, è dipendente dall’Ucraina per circa il 3%-5%. A livello mondiale, le conseguenze dirette e indirette posso-
no essere molto consistenti: la guerra in corso può ostacolare gli scambi o innescare fenomeni speculativi con conseguenze rilevanti sul livello dei prezzi mondiali. Mais Altrettanto importante il ruolo dell’Ucraina nel mercato internazionale del mais (rappresenta il 15% dell’offerta mondiale). Qui, l’Italia importa circa il 50% della domanda interna; di cui il 13% dei volumi viene proprio dall’Ucraina. Il mais è una materia prima essenziale per le filiere agroalimentari italiane in quanto viene destinato alla produzione di mangimi, essenziali per tutte le produzioni di origine animale che rappresentano l’eccellenza del Made in Italy (ex. formaggi DOP). Orzo Sebbene Russia e Ucraina abbiano un
ruolo rilevante anche in riferimento alle esportazioni di orzo (rispettivamente il 14% e 12% dell’offerta globale), in questo caso non ci sono impatti sull’UE, in quanto il principale mercato di destinazione è l’Arabia Saudita. Pannelli estrazione olio girasole Anche questo è un ingrediente destinato prevalentemente all’industria mangimistica. E Russia e Ucraina rappresentano i primi due fornitori dell’Italia, soddisfacendo il 29% e 24% delle importazioni totali. Fertilizzanti La Russia ricopre un ruolo importante nella produzione e esportazione di fertilizzanti. Le importazioni italiane provengono principalmente dall’Egitto, anche se Russia e Ucraina insieme contribuiscono al 13% del fabbisogno nazionale.
LA SICUREZZA ALIMENTARE NEL MONDO L’Africa settentrionale e
importanti
il Medio Oriente importa-
e molti di questi paesi
no oltre il 50 % del loro
versano già in condizio-
fabbisogno
cereali
ni di grave insicurezza
dall’Ucraina e dalla Rus-
alimentare. La sicurezza
di
sia. L’Ucraina è inoltre un importante fornitore di granturco (per mangimi) dell’UE e della Cina. Sebbene, a quanto risulta, i principali acquirenti del frumento ucraino e russo dispongano di scorte per alcuni mesi, i
alimentare
importatori,
dell’Unione
non è invece in pericolo in termini di disponibilità, ma si stanno avendo impatti in termini di accessibilità
(per gli alti
costi di produzione e problemi logistici) e in-
rincari sono già avvertiti
direttamente si possono
in alcuni paesi: ad esem-
avere problemi di red-
pio lo Yemen, il Bangla-
ditività per le imprese e
desh, il Pakistan, il Su-
di accesso al cibo per le
dan e la Nigeria sono
persone più vulnerabili.
ACI AGROALIMENTARE | MILKCOOP MAGAZINE | 1-2022
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SCENARIO SCAMBI COM
(FONTE DATI:
CANADA 41% export g. duro CANADA (46%) import g. duro
FRANCIA import g. tenero: 16% USA (7%) import g. duro
USA 30% export mais 14% export g. tenero
BRASILE+ARGENTINA 35% export mais
MMERCIALI MP AGRICOLE
: ISMEA, 2021)
%
FLUSSI IMPORT VERSO ITALIA
PRINCIPALI PLAYER EXPORT
RUSSIA 21% export g. tenero 14% export orzo
SLOVENIA import mais:12% UNGHERIA import mais: 30% import g. tenero: 23% import orzo: 49% import pannello girasole: 24% UCRAINA import mais: 15% import g. tenero: 3% import pannello girasole: 20%
RUSSIA import pannelli girasole: 28% import fertilizzanti: 7%
UCRAINA 15% export mais 10% export g. tenero 13% export orzo
Quali strategie adottare per il futuro?
Come si può vedere dai dati sugli scambi commerciali, ci troviamo in una situazione di scarsa autosufficienza alimentare in Italia, e anche in Europa. Questo, di per sé, non rappresenta un problema in senso assoluto, in quanto è comunque importante garantire mercati aperti e permettere ad ogni Paese di investire e specializzarsi nei beni e servizi che meglio lo caratterizzano. Tuttavia, il problema può nascere quando la sicurezza alimentare di un Paese dipende da pochi player esteri, in quanto in caso di qualsiasi perturbazione di origine esterna, improvvisa e non prevedibile, (come ad esempio catastrofi naturali, rischi climatici, conflitti bellici o cambiamenti politici), si possono generare situazione di elevata criticità. In un’ottica di gestione del rischio, è sempre meglio attuare strategie di diversificazione, in questo caso, delle fonti di approvvigionamento. Altra considerazione da fare è che in Europa, non siamo in una situazione di grave rischio di sicurezza alimentare, 18
in termini di quantità e disponibilità, perché comunque l’offerta europea e globale è sufficiente a rispondere al fabbisogno, ma ci sono impatti forti in termini di gestione delle filiere (per gli alti costi di produzione). Inoltre, la necessità di ri-disegnare i flussi di import-export porterà ad ulteriori costi (per tutto l’iter negoziale dei contratti o per i maggiori costi logistici e di trasporto). In questa situazione risulta quindi importante trovare soluzioni sia a breve termine che a lungo termine che permettano di aumentare l’approvvigionamento di materie prime (sia con un incremento produttivo interno sia con il ricorso a nuove fonti estere), ma che permettano anche di sviluppare sistemi produttivi sempre pià sostenibili e resilienti (questa è la strada per avere anche una maggior efficienza produttiva, una minor necessità di ricorrere a input esterni e filiere più organizzate). In questa prospettiva, la Commissione europea con la Comunicazione “Pro-
ACI AGROALIMENTARE | MILKCOOP MAGAZINE | 1-2022
L’obiettivo dell’UE è mettere in campo misure nel breve a sostegno dei produttori che devono far fronte all’aumento dei costi dei fattori di produzione, ma mantenere anche gli obiettivi a lungo termine di un sistema alimentare più resiliente e sostenibile
teggere la sicurezza alimentare e rafforzare la resilienza dei sistemi alimentari” pubblicata lo scorso 23 marzo, illustra alcune importanti considerazioni per affrontare l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari e la questione della sicurezza alimentare mondiale. Confermata anche dalla risoluzione del Parlamento europeo, adottata il giorno successivo in cui viene chiesto un supporto alimentare immediato e sostanziale per l’Ucraina e misure per rendere la produzione alimentare UE più indipendente. Pur essendo un testo non legislativo, è stato approvato con 413 voti favorevoli, 120 contrari e 49 astensioni. Commissione e Parlamento UE chiedono in particolare di:
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stabilire corridoi alimentari da e verso l’Ucraina, da utilizzare come alternativa ai porti chiusi del Mar Nero. Inoltre l’UE prevede di avviare anche un programma di
sostegno all’emergenza a favore dell’Ucraina con circa 330 milioni di euro;
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diversificare le fonti delle importazioni alimentari e ridurre la dipendenza UE dalle importazioni da un numero troppo limitato di fornitori; aumentare la produzione agricola interna, per quanto possibile, utilizzando i terreni agricoli solo per la produzione di cibo e mangime; sostenere gli agricoltori europei colpiti dagli effetti della guerra, con diverse misure che includono l’utilizzo dei terreni messi a riposo, il sostegno ai settori più colpiti, l’attivazione della riserva di crisi di circa 500 milioni di euro, e una revisione sugli aiuti di stato, incrementando le quote. Si parla anche di poter versare anticipi maggiori sul pagamento PAC a partire dal
16 ottobre 2022. In riferimento alla riserva di 500 milioni di euro, la UE chiede agli Stati Membri che venga usata per misure a favore degli agricoltori più duramente colpiti dalla crisi e sostenere interventi che vadano nella direzione della efficienza produttiva e sostenibilità. All’Italia spettano circa 48 milioni di euro che, in via eccezionale possono essere integrate fino al 200% in più con fondi nazionali. Altro aspetto da considerare è la forte dipendenza dall’estero per concimi e fertilizzanti. L’UE investe già ingenti somme nella ricerca e nell’innovazione per sostituire i fattori di produzione ad alta intensità energetica, come i concimi sintetici. Saranno ampliate ulteriormente le strategie e le tecnologie per produrre alternative di origine biologica con proprietà simili o migliori.
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March 2022
La transizione green delle imprese
Attuare la transizione verso modello produttivi sempre più sostenibili e resilienti comporta un radicale The invasion Ukraine risks having serious consequence cambiamento dei sistemi agroalimentari: digitalizzazione dei of processi, investimenti in energie rinnovabili, security, negatively impacting on vulnerable countries and p maggior organizzazione e integrazione di filiera
The immediate impact lies in the inc throughout the food supply chain, the d agricultural markets through the increase fertiliser costs, and the disruption of trade to Ukraine and Russia.
The European Commission is taking all ne steps to ensure the EU contributes to safeguarding glob security, through international cooperation, and humanit aid, and support to most affected farmers.
Food sustainability is key for food security and the resilience of global food systems
© Eu ropean Union, 2017
“La resilienza del sistema alimentare dell’Unione è importante se si vuole assicurare ai cittadini un approvvigionamento sufficiente di alimenti a prezzi accessibili e avviare una transizione verso sistemi alimentari sostenibili in modo equo e democratico.” E’ quanto si legge nella Comunicazione della Commissione europea. Per andare in questa direzione è sicuramente importante spingere verso una maggiore efficienza nell’uso delle risorse, accrescere la produttività
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agricola e gestire le conseguenze ambientali del cambiamento climatico. L’innovazione attraverso la ricerca, la conoscenza, la tecnologia e l’adozione di migliori pratiche può attenuare la pressione sui costi dei fattori di produzione senza danneggiare la capacità di produzione, traducendosi in progressi a lungo termine nella produttività per conseguire la transizione verde. In questo senso, secondo la Commissione, il ruolo dei Piani Strategici della PAC per il periodo 2023-2027 sarà fondamentale nel sostenere la
transizione verso pratiche agricole sostenibili e sistemi di produzione resilienti, puntando in particolare su un più facile accesso al credito per gli agricoltori per fare investimenti green, tra cui, la produzione e l’uso di energie rinnovabili. La produzione di energia elettrica da fonte eolica, solare o da biogas nelle aziende agricole non solo rafforzerà la resilienza delle aziende stesse, ma contribuirà anche alla sicurezza e alla sostenibilità dell’approvvigionamento energetico europeo.
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COMUNITA’ ENERGETICHE un’opportunità da cogliere per aumentare l’autosufficienza energetica e aumentare la sostenibilità delle filiere Comunità energetica? Come già avviene in diversi paesi del nord Europa (come Danimarca e Germania) grazie all’applicazione della Direttiva Europea RED II (2018/2001/ UE), anche l’Italia, con la conversione in legge del Decreto Milleproroghe 162/2019 ha introdotto le cosiddette “comunità energetiche rinnovabili”. Si tratta di un’associazione tra cittadini, attività commerciali, autorità locali o imprese che decidono di unire le proprie forze per dotarsi di impianti per la produzione e l’autoconsumo di energia da fonti rinnovabili. E’ un importante passo in avanti verso uno scenario energetico basato sulla generazione distribuita, che porterà allo sviluppo di energia a chilometro zero. In realtà il concetto di comunità energetiche esisteva già in Italia, ma era limitato nella sua applicazione: non era possibile che un impianto fornisse energia a più utenze.
Quali benefici? • benefici ambientali: minor ricorso
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a energia da fonti fossili e riduzione di sprechi energetici nel flusso distributivo; benefici economici: meccanismi di incentivazione, cumulabili con altri contributi; benefici sociali, impatti e esternalità positive sull’intero territorio (collaborazioni, gestione risorse locali, servizi integrati alla popolazione, ecc.).
Cosa dice la normativa?
Attualmente, la normativa italiana sulle comunità energetiche rinnovabili consiste nell’articolo 42-bis del Decreto Milleproroghe 162/2019 (convertito con la
Legge n. 8/2020 del 28 febbraio 2020) e nei relativi provvedimenti attuativi. In sintesi, le comunità energetiche rinnovabili sono un soggetto giuridico che: • si basa sulla partecipazione aperta e volontaria; • è autonomo ed è effettivamente controllato da azionisti o membri (persone fisiche, PMI, enti territoriali o autorità locali) che sono situati nelle vicinanze degli impianti di produzione detenuti dalla comunità energetica rinnovabile; • ha l’obiettivo principale di fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi azionisti o membri o alle aree locali in cui opera • ha a disposizione impianti rinnovabili di produzione dell’energia elettrica con una potenza complessiva non superiore a 200 kW ed essere connessi alla rete elettrica attraverso la stessa cabina di trasformazione media/bassa tensione da cui la comunità energetica preleva anche l’energia di rete;
UNO STUDIO DEL POLITECNICO DI MILANO (ELECTRICITY MARKET REPORT) STIMA CHE ENTRO IL 2025 LE ENERGY COMMUNITY ITALIANE SARANNO CIRCA 40MILA E COINVOLGERANNO CIRCA 1,2 MILIONI DI FAMIGLIE, 200MILA UFFICI E 10MILA PMI.
Nel complesso, gli iscritti alla comunità energetica ottengono un beneficio di circa 169 €/MWh per almeno 20 anni, con un ritorno dell’investimento stimato in pochi anni. Questa cifra è ottenuta dalla somma: • della tariffa premio di 110 €/MWh sull’energia condivisa nella comunità, fissa per 20 anni; • di circa 9 €/MWh sull’energia condivisa per valorizzare i benefici apportati al sistema, importo fisso per 20 anni; • di circa 50 €/MWh variabile in base all’energia rinnovabile immessa in rete.
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L’energia autoprodotta è utilizzata prioritariamente per autoconsumo in sito e/o condivisione con i membri della comunità L’energia eccedentaria può essere accumulata e venduta I membri della comunità utilizzano la rete di distribuzione per condividere l’energia prodotta, anche ricorrendo a impianti di stoccaggi
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l’
LA COOPERAZIONE NELLA NUOVA PAC un ruolo sempre più rilevante per promuovere un’agricoltura europea smart, resiliente e sostenibile
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Cooperative, Consorzi, Organizzazioni di produttori, Reti di Imprese sono tra i principali esempi di forme di aggregazione tra imprese. Possono assumere diverse forme e possono avere una natura più o meno stabile e duratura. Rappresentano certamente uno strumento chiave per promuovere strategie di filiera, gestire meglio i costi e gli acquisti dei mezzi di produzione, accedere e posizionarsi sul mercato e competere meglio con i grandi player, con maggior massa critica. In altre parole permettono una maggior valorizzazione dei prodotti e promuovo uno sviluppo sinergico con un approccio di filiera a beneficio degli agricoltori e delle imprese della trasformazione e distribuzione. E per questo la cooperazione e le aggregazioni sono promosse e valorizzate anche dalla politica, che ne riconosce il ruolo strategico.
Oggi ci troviamo nel corso del periodo di transizione della Politica Agricola Comune (PAC) - fase intermedia caratterizzata da nuove risorse ma vecchie regole - che accompagna la conclusione della programmazione 2014-20 e l’inizio di quella nuova che entrerà in vigore nel corso del 2023. A pochi mesi dall’entrata in vigore, è comunque ormai evidente quella che sarà l’impostazione della nuova PAC: minor risorse dedicate agli aiuti di base del primo pilastro, ma misure nuove per guidare la transizione digitale e ecologica delle imprese agroalimentari. Si parla non a caso di architettura verde della nuova PAC (il 40% delle risorse saranno destinate ad azioni per il clima e l’ambiente). A dicembre 2021 l’UE ha formalmente adottato il quadro normativo della nuova politica agricola comune (PAC) per il periodo 2023-2027. La nuova PAC ha l’obiettivo di garantire un futuro sostenibile per gli agricoltori europei - in
linea anche con gli obiettivi del Green Deal - fornire un sostegno più mirato alle aziende agricole di piccole dimensioni, consentire agli Stati membri una maggiore flessibilità nell’adattamento delle misure alle condizioni locali. I tre regolamenti, che compongono il pacchetto di riforma della PAC e pubblicati il 6 dicembre nella Gazzetta ufficiale, sono:
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il regolamento (UE) n. 2021/2116 sul finanziamento, sulla gestione e sul monitoraggio della PAC (abroga il regolamento (UE) n. 1306/2013);
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il regolamento (UE) 2021/2115, recante norme sul sostegno ai piani strategici nazionali della PAC (abroga i regolamenti (UE) n. 1305/2013 e (UE) n. 1307/2013);
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il regolamento (UE) 2021/2117 (modifica il regolamento (UE) n. 1308/2013, il n. 1151/2012, il n. 251/2014 e il n. 228/2013.
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Per il periodo 2023-2027, la PAC si baserà su dieci obiettivi chiave, che costituiranno la base su cui i paesi dell’UE elaboreranno i loro piani strategici nazionali. Come si può vedere, tre su dieci degli obiettivi, riguardano direttamente l’ambiente e il clima. Infatti, come detto sopra, la nuova PAC sarà caratterizzata dalla cosiddetta “Architettura verde”, basata su misure specifiche e rafforzate che guideranno e spingeranno la transizione ecologica delle imprese agroalimen-
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tari:
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condizionalità rafforzata, condizioni base da rispettare per accedere al pagamento PAC del primo pilastro, che rispetto ad oggi, sarà più stringente, includendo anche le misure previste dal greening, oltre ad ulteriori impegni da rispettare. regimi ecologici (o ecoschemi), facoltativi, per gli agricoltori, ma inclusi nel Piano Strategico nazionale, che possono essere strategici
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da attuare per poter compensare la riduzione del pagamento base. misure agro-climatico-ambientali, previste nel secondo pilastro (simili a quelle prevista nella programmazione 2014-2020). Investimenti produttivi e non produttivi, previsti nello Sviluppo Rurale (secondo pilastro), e dove almeno il 35% dei fondi sarà destinato a misure a sostegno del clima, della biodiversità e del benessere animale.
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Sono lieto che abbiamo raggiunto un accordo politico sulla nuova PAC in tempo per la sua attuazione entro l’inizio del 2023. La nuova PAC combina più ambizioni ambientali, climatiche e di benessere degli animali con una distribuzione più equa dei pagamenti, soprattutto alle piccole e medie imprese e aziende agricole a conduzione familiare e giovani agricoltori. Gli Stati membri dovranno sviluppare piani strategici ambiziosi che siano in linea con i nostri obiettivi e che forniranno gli strumenti giusti per sostenere i nostri agricoltori nella transizione verso un sistema alimentare sostenibile.
Come e cosa c’entrano in questo contesto le diverse forme di aggregazione, che sono al centro di questo nuovo numero di Milkcoop? Si inseriscono, anzi, per dirla meglio, sono parte integrante di questo contesto: lavorare insieme, fare rete e cooperare è considerato il fattore chiave per promuovere filiere agroalimentari efficienti, sostenibili e competitive. In questo senso, verrà dato un ruolo maggiore alle cooperative e alle altre forme di aggregazioni tra imprese, riconoscendone il loro valore intrinseco nel promuovere azioni di sviluppo e innovazione che siano a beneficio dei diversi attori della filiera nel suo complesso. Tre le novità e opportunità da cogliere in cui le cooperative possono giocare un ruolo rilevante e strategico per attrarre maggiori risorse, attuando strategie di filiera con i loro soci, si ritrovano:
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Janusz Wojciechowski Commissario UE Agricoltura
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l’introduzione degli “ecoschemi” nel primo pilastro, misure volontarie a cui gli agricoltori possono aderire, basate sull’applicazione di specifiche buone pratiche attente all’ambiente e al benessere degli animali; il sistema AKIS (Agricultural
Knowledge and Innovation System) - misure a sostegno dello sviluppo di azioni di cooperazione, innovazione, consulenza, formazione e trasferimento della conoscenza, in cui la cooperazione può giocare un ruolo di primo piano, promuovendo azioni di filiera condivise e a supporto delle attività dei propri soci;
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Misure per la gestione del rischio, a cui nella prossima programmazione verranno destinate sempre più risorse. Includono tutti gli strumenti assicurativi per prevenire le perdite produttive (causati degli eventi climatici estremi o da malattie) ma anche gli strumenti per la stabilizzazione del reddito .
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Investimenti produttivi e non, basati anche su progettazioni integrate, orientati a migliorare la competitività delle imprese, ma anche le loro performance climatico-ambientali, il livello di benessere animale, accelerare il processo della transizione digitale, la diversificazione delle attività nelle zone rurali, il ricambio generazionale e processi di innovazione.
Nelle prossime pagine, un approfondimento su tutti questi aspetti.
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Le novità della nuova PAC per la coopera strategie per filiere sostenibili e innova
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azione: azione
GLI ECOSCHEMI Gli ecoschemi rappresentano una novità rispetto alla precedente programmazione 2014-2020, possono essere considerate misure intermedie tra il greening, la condizionalità e le misure agro-climatico-ambientali dello sviluppo rurale. Ma non devono essere visti come un ulteriore obbligo o impegno da sostenere, ma come un’opportunità da cogliere. Innanzitutto, sono volontarie e non vincolate ad altri pagamenti, ma permettono di veicolare risorse per intraprendere o sostenere percorsi virtuosi di sostenibilità. Rappresentano un’opportunità importante per le cooperative in quanto possono permettere loro di sostenere le strategie imprenditoriali di filiera che ormai da tempo stanno portando avanti insieme ai loro soci, volte a migliorare le performance produttive, ridurre l’impatto ambientale, porre attenzione al benessere degli animali e per essere più competitive sul mercato, ponendo attenzione alle crescenti e più esigenti richieste dei consumatori. In questo senso gli ecoschemi devono essere visti come uno strumento che facilita l’attuazione di queste strategie, come strumento per accelerarne l’attuazione e come leva finanziaria di sostegno per le aziende agricole socie.
Gli ecoschemi sosterranno una serie di azioni, di tipo volontario, che permetteranno alle aziende di portare avanti azioni ambiziose e percorsi virtuosi verso l’adozione di modelli produttivi più sostenibili. Gli ecoschemi saranno individuati da ciascuno Stato membro, nei loro piani strategici e le risorse dedicate saranno pari al 25% del budget dei pagamenti diretti. Gli ecoschemi finanzieranno impegni assunti annualmente o impegni pluriennali. I pagamenti sono relativi alla compensazione per “maggiori costi o mancato reddito” derivanti dall’attuazione di specifiche pratiche o possono andare oltre il livello di compensazione (in base al livello di ambizione delle pratiche previste), ovviamente sempre in linea con le regole della concorrenza.
difica a seguito della revisione da parte della Commissione europea):
Nel piano strategico nazionale, presentato a dicembre dal MIPAAF, in Italia sono stati individuati 5 ecoschemi (che potrebbero però essere soggette a mo-
5. Misure specifiche per gli impollinatori (5% del totale), destinato alle superfici a seminativo e quelle con colture arboree permanenti.
1. Pagamento per il benessere animale e la riduzione degli antibiotici (42% del totale), unico legato alla zootecnia a cui sono però destinate quasi la metà delle risorse. 2. Inerbimento delle colture arboree (19% del totale), destinato alle superfici occupate da colture permanenti e altre specie arboree. 3. Salvaguardia degli olivi di particolare valore paesaggistico (17% del totale). 4. Sistemi foraggeri estensivi (17% del totale), a sostegno di avvicendamenti di colture leguminose e foraggere, nonché da rinnovo con l’impegno alla gestione dei residui con un’ottica carbon sink.
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AKIS Il Sistema della Conoscenza e dell’Innovazione in Agricoltura (Agricultural Knowledge and Innovation System - AKIS) rappresenta un’ulteriore novità e opportunità per le cooperative. Si tratta, nello specifico, di un sistema che mette insieme tutta una serie di misure connesse alla filiera dell’innovazione: dallo sviluppo di innovazione vera e propria (nuovi prodotti o processi), alla relativa sperimentazione in azienda e la loro diffusione su larga scala al mondo agricolo, attraverso azioni di formazione, informazione e consulenza. Ulteriore obiettivo è quello di costruire ponti e creare maggiori relazioni tra il mondo accademico e quello imprenditoriale, per orientare la ricerca verso i reali bisogni delle aziende. Il tema dell’innovazione è sicuramente un aspetto su cui si investirà sempre di più nei prossimi anni e su cui la politica destinerà maggiori risorse, ma, ancor più importante saranno le azioni per il trasferimento delle conoscenze verso le aziende agricole. In questo senso, le cooperative possono ricoprire un ruolo rilevante, facilitando processi di innovazione insieme e a favore dei loro soci. Queste misure possono essere per le cooperative uno strumento per portare avanti le loro strategie di filiera in una logica di maggior sostenibilità delle produzioni, efficienza e accesso al mercato.
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Il valore della conoscenza L’accesso alle informazione e conoscenze rappresenta sicuramente uno dei principali vantaggi competitivi che gli imprenditori agricoli possono avere. Ciò è ancor più vero quando si opera in un contesto politico-istituzionale e di mercato soggetto a dinamiche sempre più complesse e mutamenti sempre più improvvisi. Accesso a informazioni e conoscenze è relativo non solo alle condizioni di mercato, ma fa anche riferimento alle nuove tecniche e tecnologie disponibili, ai risultati di progetti di ricerca e in generale alle innovazioni di interesse del settore agroalimentare. In questo
senso, particolare importanza lo ricoprono quelle tecniche e tecnologie che permettono di avere un minor impatto ambientale e di avere una maggior efficienza produttiva. Quando si parla di adozione di tecnologie digitali, non si intende solo la loro acquisizione, ma anche la capacità di sapere sfruttare a pieno le loro potenzialità, comprendendo il valore dei dati che da esse ne possono derivare (da dati satellitari, da sensori, da IoT, ecc.), e la loro elaborazione (con strumenti di intelligenza artificiale e machine learning). E questo, in altre parole, è una questione di conoscenza e competenze
6 OBIETTIVI SPECIFICI PER L’AKIS 1 2 3
Migliorare l’accesso e la disponibilità a percorsi di formazione e azioni di informazione per le imprese agricole
Promuovere la raccolta di informazioni e diffusione di conoscenze e innovazioni, adeguate alle specifiche esigenze delle imprese Promuovere la cooperazione e l’integrazione fra le diverse componenti del sistema della conoscenza e dell’innovazione
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Promuovere attraverso la formazione e la consulenza, l’impiego di metodi, strumenti e tecnologie innovative
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Promuovere l’utilizzo degli strumenti digitali da parte degli imprenditori agricoli
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Stimolare la partecipazione delle imprese alla sperimentazione di innovazioni a favore della competitività e della sostenibilità
che deve avere non solo l’imprenditore agricolo, ma anche la forza lavoro. Le tecnologie possono facilitare certi processi aziendali, richiedendo un minor carico di lavoro fisico agli operatori, ma richiedendo nuove abilità intellettuali, di tipo gestionale e organizzativo (oltre a quelle tecniche legate al mero funzionamento delle tecnologie stesse). Serve quindi un cambio di mentalità e del modo in cui viene concepita e gestita l’azienda, che presuppone non solo una maggior attenzione verso certi aspetti quali l’efficienza nell’uso delle risorse, l’eticità e sostenibilità dei processi produttivi; ma anche un nuovo modello organizzativo, con strumenti e tecnologie nuovi in grado di fornire molte più informazioni, mai avute prima. Per comprenderne il potenziale, sarà quindi importante lavorare sulle competenze e capacità dei diversi operatori delle filiere agroalimentari. E queste misure, inserite nel sistema AKIS, sono concepite proprio con questa finalità, di sviluppo e trasferimento dell’innovazione. 29
GESTIONE DEL RISCHIO
GESTIONE RISCHIO Il rischio è insito nel settore agricolo - molto più che in altri settori - e gli agricoltori hanno da sempre dovuto imparare a farci i conti. La stretta dipendenza dal clima e risorse naturali, essenziali per completare qualsiasi ciclo produttivo, sono sicuramente uno dei principali fattori che espongono le aziende agricole al rischio, ma a ciò si aggiungono anche i rischi connessi alle sempre più complesse dinamiche di mercato, che, specie nel caso della produzione agricola, espongono le aziende a forte volatilità dei prezzi e pressione sul reddito.
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Le recenti situazioni, dalla pandemia da COVID-19 all’attuale guerra Russia-Ucraina, hanno evidenziato sotto certi punti di vista la solidità e capacità di resistenza delle nostre filiere agroalimentari, ma sotto altri aspetti hanno messo in evidenza la loro vulnerabilità e di quanto, in alcuni casi, siano fortemente esposti a rischi, soprattutto quando esiste una forte dipendenza dall’estero per l’importazione di fattori di produzione, energie o altre materie prime. I rischi a cui oggi le aziende sono sottoposte, non sono nuovi in senso assoluto, ma nelle modalità con cui si manifestano: più frequenti, imprevedibili e ad alto impatto. Non è quindi più
sufficiente attuare azioni correttive una volta che si origina l’evento avverso, ma risulta necessario sviluppare strategie che rendano le aziende più flessibili e pronte ad affrontare questi rischi e cambiamenti ed adattarsi ad essi: in altre parole, creare sistemi più resilienti. Sistemi resilienti, sono sistemi “capaci di assorbire, rispondere, recuperare e adattarsi ad eventi avversi”. Non è solo un concetto di resistenza all’impatto, ma contemporaneamente anche di adattamento. Serve quindi un nuovo approccio e nuovo modo di concepire l’attività aziendale, con una maggior enfasi al tema della prevenzione di un possibile rischio, più che della gestione del danno o della crisi già in atto.
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SFIDE ECONOMICHE PROSSIMI 20 ANNI
(Fonte: Resilience capacities as perceived by European farmers - SURE project)
prezzi mercato bassi a lungo termine
prezzi input bassi a lungo termine
volatilità prezzi mercato nel breve termine
basso potere contrattuale con acquirenti
volatilità prezzi input nel breve termine
basso potere contrattuale con fornitori
ritardi nei pagamenti
limitato accesso al credito
SFIDE ISTITUZIONALI, AMBIENTALI E SOCIALI PROSSIMI 20 ANNI (Fonte: Resilience capacities as perceived by European farmers - SURE project)
eventi atmosferici estremi
riduzione pagamenti PAC
problemi fitosanitari
vincoli normativi
sfiducia nel Governo
accettazione sociale
scarsa disponibilità di lavoratori qualificati
Laoratori in malattia
scarsa fertilità del suolo
DA UN’INDAGINE SVOLTA SU UN CAMPIONE DI CIRCA 1.000 AGRICOLTORI EUROPEI, NELL’AMBITO DI UN PROGETTO DI RICERCA EUROPEO “SURE” (SUSTAINABLE RESILIENT EU FARMING SYSTEMS), EMERGONO LE PRINCIPALI SFIDE PER I PROSSIMI VENT’ANNI. GLI STRESS ECONOMICI A LUNGO TERMINE SONO PERCEPITI COME I PIÙ RILEVANTI, MA GLI EVENTI METEOROLOGICI ESTREMI PERSISTENTI E LA RIDUZIONE DEI PAGAMENTI DIRETTI DELLA PAC SONO CONSIDERATI UGUALMENTE IMPORTANTI.
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Per riuscire ad affrontare questa situazione sempre più mutevole e imprevedibile, è necessario avere un approccio olistico alla gestione del rischio, mettendo in campo azioni specifiche a livello di singola azienda (adozione di pratiche sostenibili, diversificazione produttiva, innovazioni, ecc.), ma anche strumenti di mercato (come le assicurazioni o i contratti a termine per la vendita dei prodotti) o ancora misure preventive (come i fondi mutualistici per la stabilizzazione del reddito, sistemi di allerta precoce di minacce e azioni di prevenzione dei rischi climaticoambientali).
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LA GESTIONE DEL RISCHIO NELLA PAC: QUALI RISCHI Le tipologie di rischio Rischi di prezzi: derivano da squilibri tra domanda e offerta a livello locale ma anche internazionale, conseguenza a loro volta delle politiche di liberalizzazione dei mercati, dei mutamenti geo-politici, dei fenomeni speculativi, dei cambiamenti nei flussi import-export dei big player, delle evoluzioni del contesto macro-economico, ecc. Inoltre, nel settore agroalimentare, bisogna considerare che esiste spesso un effetto ritardato tra il momento della produzione e il momento della commercializzazione (basti pensare ai tempi lunghi di stagionatura dei formaggi DOP). E questo, può rendere ancor più complicata la presa di decisioni e la previsione per il futuro per gli operatori, esponendoli a maggior incertezza. Rischi di produzione I rischi di produzione si riferiscono alla possibilità che i rendimenti e/o le produzioni siano inferiori alle attese. Questo può essere il risultato di condizioni climatiche estreme come siccità o inondazioni; ma anche la diffusione di malattie o attacchi di patogeni; o situazioni congiunturali di mercato che possono far cambiare gli orientamenti produttivi. Rischi di reddito Avvengono quando si origina uno squilibrio tra costi e ricavi (influenzati principalmente dalle precedenti tipologie di rischio, prezzo e produzione). Grandi fluttuazioni sfavorevoli dei prezzi e della produzione possono
portare a forti impatti sulla redditività, determinando in alcuni casi anche il fallimento dell’azienda. Gli strumenti di gestione dei rischi La gestione dei rischi inizia sicuramente a livello di azienda, dove è possibile mettere in campo strategie diverse per stabilizzare il proprio reddito e propria attività: dalla diversificazione della produzione e delle fonti di reddito, all’attuazione di miglioramenti tecnici (come l’uso di varietà o razze resistenti) o migliorando le opportunità di valorizzazione e commercializzazione dei prodotti, sfruttando diversi canali. Gli agricoltori possono adottare diverse tipologie di strumenti di gestione del rischio, ma questo dipende molto dalla loro mentalità, indole e propensione al rischio. All’interno della PAC, sono previsti diverse misure che sostengono l’adozione di strumenti di gestione del rischio e queste saranno ancora più incentivate nella prossima programmazione. Le assicurazioni Tra i diversi strumenti di gestione del rischio rientrano sicuramente le assicurazioni. Come funzionano? L’agricoltore paga un premio e, in caso di danni coperti dall’assicurazione, riceve un risarcimento per tali perdite. Secondo un’analisi svolta dalla Corte dei Conti europea “Stabilizzazione del reddito degli agricoltori: è disponibile una gamma completa di strumenti,
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I E QUALI STRUMENTI?
STRUMENTI DI GESTIONE DEL RISCHIO A LIVELLO DI AZIENDA
Gestione economico-finanziaria Standard e Protocolli igienico-sanitari Diversificazione produttiva
A LIVELLO DI MERCATO
Contratti a termine Cooperative e forme di Aggregazione Assicurazioni e Fondi mutualistici
ma occorre porre rimedio al loro limitato utilizzo e alle compensazioni eccessive” si evidenzia che, nel periodo 2014-2020, sono stati stanziati quasi 2,7 miliardi di euro per la gestione del rischio, che rappresenta però solo il 2% del bilancio del secondo pilastro e lo 0,4% della PAC totale (2014-2020). Di questi, pur essendo la polizza assicurativa lo strumento più usato, in Italia, solo l’8% degli agricoltori è assicurato (periodo 2014-2020). I fondi mutualistici Altro strumento esistente, anche se
poco usato, è rappresentato dai fondi mutualistici, che si basano sulla costituzione di una riserva finanziaria comune - alimentata da contributi dei singoli agricoltori - che verrà usata in caso di rischio e evento avverso. Infatti, in caso di perdite, gli agricoltori interessati riceveranno un indennizzo. I fondi mutualistici, sempre secondo lo studio della Corte dei consti EU, rimangono molto limitati nella loro applicazione. Solo due Stati membri e una regione (Italia, Ungheria e Castilla y Léon) li hanno sperimentati. Tuttavia, lo strumento di stabilizzazione del
NEL PERIODO 20072013, GLI STATI MEMBRI CHE HANNO SUBITO PERDITE MAGGIORI DI REDDITO SONO STATE ITALIA, POLONIA, SPAGNA E GRECIA. NEL 2009 LE AZIENDE LATTIERO-CASEARIE SONO QUELLE CHE HANNO REGISTRATO IL MAGGIOR LIVELLO DI PERDITA
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reddito potrebbe diventare un promettente strumento di gestione del rischio per gli agricoltori se ulteriormente sviluppato, diffuso e testato. Questi strumenti, come nel caso delle assicurazioni, oltre ad essere privati, possono essere anche co-finanziati nell’ambito della PAC da una misura denominata “ strumento di stabilizzazione del reddito (IST)”. Viene finanziata la costituzione del Fondo e le compensazioni finanziarie agli agricoltori.
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I contratti a termine I contratti a termine sono strumenti di mercato che possono essere impiegati per affrontare i rischi di prezzo. Si tratta di accordi tra un agricoltore e un acquirente in cui le parti concordano che il trasferimento di una merce/prodotto avvenga in un momento futuro predefinito, in cui il volume scambiato e il prezzo unitario sono preimpostati. L’utilizzo di contratti a termine garantisce quindi all’agricoltore di vendere una quantità concordata di produzione e, in base alle condizioni specificate, a
un prezzo predefinito (è un modo per gestire meglio l’incertezza futura e scaricare il rischio su parti terze). L’impiego dei contratti a termine, a livello europeo, non è particolarmente diffuso, si ritrovano applicazioni nel settore cerealicolo in Francia, nel settore suinicolo in Danimarca e nel settore lattiero-caseario in Ungheria e Slovenia. I futures Altre tipologie di contratto sono i cosiddetti “futures” - contratti a termine
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COOPERAZIONE E GESTIONE DEL RISCHIO Le cooperative possono giocare un ruolo rilevante per quanto riguarda il tema della gestione del rischio in agricoltura, sia esso connesso a perdite produttive o a perdite economiche. Gli strumenti principali impiegati, sono sicuramente le assicurazioni, in cui le cooperative possono facilitare l’accesso ai loro soci agricoltori. Ma, non bisogna sottovalutare l’opportunità derivante dalla creazione di fondi mutualistici per la stabilizzazione del reddito. Sono sicuramente strumenti nuovi e innovativi, ma possono rappresentare una modalità - tra l’altro co-finanziati dalla PAC con contributi oltre il 60% - funzionale ad affrontare momenti di crisi, creando una rete di protezione e tutelando la liquidità e redditività delle aziende, a fronte di un lieve contributo richiesto (che in condizioni normali non rappresenterebbe un eccessivo onere per l’azienda). In questo senso, le cooperative possono essere un attore
standardizzati negoziati in borsa. Qualità, quantità, modalità di consegna (consegna fisica o trasferimento di valore) e data di scadenza sono tutti fattori predeterminati. Il funzionamento dei “futures” si basa sulla presenza di un venditore e un compratore dall’altra parte, e non sempre è facile per il comparto agricolo, in quanto l’affidabilità e la certezza delle forniture non è garantita. C’è una scarsa diffusione dei futures nel settore agroalimentare, soprattutto in Europa, principalmente per il fatto che si tratta di contratti
standard, con condizioni pre-determinate e non modificabili. E soprattutto in Europa la variabilità dei prodotti agroalimentari, caratterizzati spesso da alto valore e qualità, è molto elevata e non sono omogenei come nel caso dei cereali in USA che sono invece delle commodity. La PAC, già nella programmazione 2014-2020, aveva introdotto misure di gestione del rischio (misure 17 del PSRN) - basate non solo sulle assicurazioni dei raccolti o per la preven-
chiave, sia per far conoscere queste opportunità alle loro aziende socie, sia per essere promotrici nella costituzione e gestione di un Fondo. In particolare, la cooperativa potrebbe ipotizzare di crearne uno ad hoc per lei e i suoi soci, o pensare anche di costituirne uno in modalità aggregata con altre cooperative dello stesso settore o magari anche di settori diversi. Il principio che sta alla base di tutte le strategie di gestione del rischio è quello della diversificazione, intesa come diversificazione dei fornitori, delle attività, delle fonti di reddito, dei clienti, ecc. In questo modo in caso di problemi o imprevisti, si comprometterebbe solo quel ramo di attività e non l’intera azienda. Quindi anche in questo caso, la costituzione di un Fondo tra più imprese, e di diversi settori, potrebbe essere una soluzione vincente. E in questo caso, la cooperazione potrebbe guidare il processo.
zione di malattie negli animali, ma introducendo anche strumenti di stabilizzazione del reddito. Queste misure, considerata la loro rilevanza, soprattutto in queste condizioni di mercato sempre più instabili e impreviste, saranno sempre più importanti in futuro. La prossima PAC viene vista come lo strumento chiave per promuovere lo sviluppo di sistemi agricoli sempre più resilienti e sostenibili, e questo, dovrà inevitabilmente prendere in considerazione il tema della gestione del rischio.
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INVESTIMENTI E PROGETTI INTEGRATI Il tema del sostegno agli investimenti è un altro aspetto importante per le imprese agricole. Come noto, la nuova PAC avrà una dimensione fortemente ambientale e di conseguenza anche le misure di investimenti che saranno previste andranno in questa direzione, sostenendo da un lato la competitività e accesso al mercato delle imprese, ma allo stesso tempo, prevedendo misure specifiche a favore dei cosiddetti “investimenti non produttivi” cioè con finalità climatico-ambientali. Oltre a questo, dovrebbero anche essere stato confermato il sostegno alla progettazione integrata finalizzata a raggiungere gli obiettivi della sostenibilità ambientale, ma anche quelli a favore dell’inclusione sociale e economica nelle aree rurali.
PROGETTAZIONE INTEGRATA 1
Molteplicità degli obiettivi da integrare in una strategia ampia
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Combinazione di strumenti di sostegno e di incentivazione
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Aggregazione di risorse finanziarie intorno ad un’idea progettuale
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Integrazione tra operatori di filiera o di uno specifico territorio anche con sviluppo di partenariati pubblico-privati
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Utilizzo di competenze e professionalità diversificate
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Ampi impatti di tipo economico, ambientale e sociale
La progettazione integrata di filiera o di area è una modalità di intervento che già nell’attuale programmazione è stata sperimentata e ha portato importanti risultati - soprattutto per le cooperative - in termini di investimenti di filiera, ammodernamento delle strutture produttive, processi di innovazione, valorizzazione delle aree rurali, forme di aggregazione, ecc. In questo senso, la cooperazione rappresenta un attore fondamentale a promuovere iniziative coordinate e integrate, grazie alla sua capacità e propensione a creare sinergie, collaborazioni - non solo di filiera con le aziende agricole socie - ma anche di tipo orizzontale, tra diverse cooperative, creando ulteriori forme di aggregazione, anche con altri soggetti del territorio, di natura pubblica o privata.
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Nella Politica Agricola Comune l’idea alla base della progettazione integrata è promuovere e valorizzare il ruolo delle aggregazioni, nel senso più ampio del termine, aumentando l’efficacia degli interventi di sviluppo locale per la valorizzazione delle aree rurali e delle produzioni e filiere agroalimentari. La misura nasce con l’obiettivo di favorire la cooperazione su vasta scala al fine di superare gli svantaggi della frammentazione tipica delle attività del settore primario e delle aree rurali.
La cooperazione è vista, quindi, come uno strumento per fare strategie di filiera per migliorare la competitività delle imprese, la qualità dei prodotti, ridurre l’impatto ambientale dei processi produttivi e favorire l’accesso al mercato. E dall’altra parte, facilitare la creazione e il rafforzamento di sinergie territoriali pubblico-private, diversificare le attività agricole e accrescere l’attrazione e la fruizione del territorio. Le cooperative e i loro soci possono rivestire un ruolo importante nella
progettazione integrata di filiera (PIF) e d’area (PIA). Per quanto riguarda i PIF, il sistema cooperativo integra per sua stessa natura l’intera filiera produttiva e può generare un miglioramento delle condizioni di competitività di importanti comparti dell’agroalimentare; invece riguardo ai PIA, la cooperazione rappresenta un punto di riferimento per i territori e per la popolazione, contribuendo allo sviluppo territoriale, sociale ed economico dell’area in cui opera.
MIGLIORARE LA POSIZIONE DEGLI AGRICOLTORI NELLA FILIERA ALIMENTARE CON AZIONI MIRATE DISPONIBILI NEL CONTESTO DI ENTRAMBI I PILASTRI DELLA PAC, QUALI IL RAFFORZAMENTO E LO SVILUPPO DELLE ORGANIZZAZIONI DI PRODUTTORI E DELLE COOPERATIVE, IN PARTICOLARE NELLE REGIONI E NEI SETTORI NEI QUALI SONO MENO PRESENTI, E LA PROMOZIONE DI FILIERE ALIMENTARI CORTE E INNOVATIVE. le raccomandazioni dell CE sulla cooperazione
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LE FORME DI COOPERAZIONE Cooperative, OP, Reti di imprese: le opportunità di aggregazione
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l’aggregazione delle produzioni e la cooperazione tra imprese permettono e permetteranno anche in futuro di affrontare le nuove sfide ambientali e economiche
Nella filiera agroalimentare, cooperare e aggregarsi sono necessità oggi imprescindibili, per competere in un mercato sempre più globalizzato, per vincere insieme le nuove sfide legate a sostenibilità e digitale, per riuscire a portare sul mercato prodotti di qualità. Come sottolineato nelle pagine precedenti anche la nuova PAC va in questa direzione, tanto che sarà premiato il fare cooperazione. Tutto questo è inserito in un contesto come quello attuale in cui la pandemia, i cambiamenti climatici e l’attuale conflitto tra Russia e Ucraina hanno contribuito all’affermazione di una marcata volatilità dei prezzi delle materie prime, che ha avuto anche un impatto sulla sostenibilità economica delle imprese agricole. La collaborazione fra diversi soggetti diventa anche la risposta a una nuova forma di consumo, che, attraverso l’aggregazione dei bisogni, rivolge la propria domanda direttamente a gruppi di agricoltori creando per questo nuove e promettenti opportunità di reddito
e posizionamento dei prodotti (filiere corte, prodotti a KM0, ecc.). In un contesto come quello odierno, quindi, l’aggregazione delle produzioni e la cooperazione tra imprese permettono e permetteranno anche in futuro di affrontare le nuove sfide ambientali e economiche. La Commissione europea stessa nella Raccomandazione per il piano strategico della PAC dell’Italia (2020) ha voluto sottolineare il ruolo della cooperazione: “Migliorare la posizione degli agricoltori nella filiera alimentare con azioni mirate disponibili nel contesto di entrambi i pilastri della PAC, quali il rafforzamento e lo sviluppo delle organizzazioni di produttori e delle cooperative, in particolare nelle regioni e nei settori nei quali sono meno presenti, e la promozione di filiere alimentari corte e innovative”. L’aggregazione si presenta sotto diverse vesti, tra queste, le più importanti sono le cooperative, le Organizzazioni di Produttori, le Reti di Imprese.
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COOPERATIVE
Le cooperative: una molteplicità di funzioni L’ARTICOLO 45 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA RECITA: LA REPUBBLICA RICONOSCE LA FUNZIONE SOCIALE DELLA COOPERAZIONE A CARATTERE DI MUTUALITÀ E SENZA FINI DI SPECULAZIONE PRIVATA. LA LEGGE NE PROMUOVE E FAVORISCE L’INCREMENTO CON I MEZZI PIÙ IDONEI E NE ASSICURA IL CARATTERE E LE FINALITÀ
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La cooperazione ha un ruolo di rilievo nel contesto economico e sociale del nostro Paese. Si porta addosso una lunga storia, che affonda le sue radici nell’Ottocento. Radici ben innestate anche nella Costituzione italiana, che nell’articolo 45 recita: “La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità”. È un ruolo complesso quello assunto dal movimento cooperativo italiano che si sostanzia in una molteplicità di aspetti. Basti pensare al ruolo stabilizzatore dell’economia e, più in generale, al contributo delle cooperative al miglioramento sia del funzionamento del sistema economico sia del benessere sociale (Borzaga, Galera, 2012); all’impatto che le cooperative esprimono in termini di occupazione, al loro radicamento sull’intero territorio
nazionale, alle relazioni che sono in grado di sviluppare e promuovere in contesti territoriali locali, alla capacita di generare impatti positivi negli ambiti in cui operano nonché di contribuire alla formazione del capitale sociale; alla capacità di svolgere un ruolo di supplenza nelle aree di bisogno laddove lo Stato si è rivelato assente o con un’offerta di servizi non sempre adeguata, alla funzione distributiva realizzata attraverso l’adozione di prezzi inferiori a quelli di mercato e l’allocazione di risorse a favore di fasce sociali svantaggiate. In altre parole, basti pensare alla “dimensione umana e sociale del fare impresa” che rappresenta uno degli elementi distintivi. della cooperazione La realtà del movimento cooperativo italiano si presenta, dunque, molto articolata e composita sotto il profilo funzionale, settoriale e delle tipologie di impresa che vi sono rappresentate, ma ha alla sua base una serie di principi univoci.
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La cooperativa è l’impresa che nasce sul territorio e per il territorio. Una cooperativa è un’organizzazione di proprietà dell’utente (socio), controllata dall’utente (socio) e a beneficio dell’utente (socio). Nella cooperativa i soci finanziano e partecipano alla sua attività e ogni socio ha un diritto di voto uguale (una testa un voto); l’obiettivo della cooperativa è la massimizzazione dell’utilità del socio.
I principi fondanti Adesione libera e volontaria Le cooperative sono organizzazioni volontarie aperte a tutte le persone, senza alcuna discriminazione sessuale, sociale, razziale, politica o religiosa. Controllo democratico da parte dei soci Le cooperative sono organizzazioni democratiche, controllate dai propri soci che partecipano attivamente alla definizione delle politiche e all’assunzione delle relative decisioni. I soci hanno gli stessi diritti di voto (una testa, un voto). Partecipazione economica dei soci I soci contribuiscono equamente al capitale delle proprie cooperative e lo controllano democraticamente. Almeno una parte di questo capitale è, di norma, proprietà comune della cooperativa. Autonomia e indipendenza Le cooperative sono organizzazioni autonome, di mutua assistenza, controllate dai soci. Nel caso in cui esse sottoscrivano accordi con altre organizzazioni od ottengano capitale da fonti esterne, le cooperative sono tenute ad assicurare sempre il controllo democratico da parte dei soci e mantenere l’autonomia della cooperativa stessa. Educazione, formazione e informazione Le cooperative si impegnano ad educare e a formare i propri soci, i rappresentanti eletti, i manager e il personale, in modo che questi siano in grado di contribuire con efficienza allo sviluppo delle proprie società cooperative. Cooperazione tra cooperative Le cooperative servono i propri soci nel modo più efficiente e rafforzano il movimento cooperativo lavorando insieme, attraverso le strutture locali e nazionali, regionali ed internazionali. Impegno verso la collettività Le cooperative lavorano per uno sviluppo sostenibile delle proprie comunità. ACI AGROALIMENTARE | MILKCOOP MAGAZINE | 1-2022
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Il principio utente-proprietario Entrando più nel dettaglio, le cooperative sono imprese possedute e controllate dagli stessi soci che le costituiscono. La loro natura - basata sul principio utente-proprietario (cioè che i soggetti che hanno la proprietà sono anche gli stessi che fruiscono il servizio) - è una delle principali caratteristiche dell’impresa cooperativa. Ciò significa che le decisioni prese in cooperativa derivano da un’esigenza, bisogno o interesse dei soci della cooperativa stessa. C’è quindi uno stretto legame tra le volontà dei soci e gli orientamenti e scelte strategiche della cooperativa.
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Detto in altre parole, “le cooperative sono associazioni di persone le quali in vista del raggiungimento di comuni fini intendono usare in maniera razionale i beni economici e le energie di cui dispongono” (fonte A. Tessitore, Il concetto di impresa cooperativa in economia d’azienda). Nelle cooperative la funzione imprenditoriale è svolta da tutti i soci e dai conferenti il capitale di rischio. Visto da un altro punto di vista, la cooperativa svolge un ruolo importante anche nella valorizzazione del lavoro dei propri soci. Fra le caratteristiche proprie della cooperazione,
anche quello di valorizzare il lavoro dei proprio soci e quindi anche dei singoli prodotti. Per quanto riguarda in particolare il settore lattiero-caseario, la cooperazione gioca un ruolo da protagonista con oltre il 60% della produzione. La cooperazione italiana conta realtà imprenditoriali di grandi dimensioni in grado di competere anche sui mercati esteri. Sono imprese leader nella produzione e nella distribuzione dell’agroalimentare italiano. Parole d’ordine sono rappresentatività produttiva e strategie di filiera.
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Il principio mutualistico Da segnalare in particolare la natura mutualistica delle imprese cooperative: il fine ultimo non è il profitto ma quello di realizzare gli scambi mutualistici con i soci, quindi procurare e distribuire benefici (beni o servizi) direttamente ai soci e a condizioni più vantaggiose di quelle che potrebbero ottenere sul libero mercato. La natura non è quindi speculativa, ma si basa sul principio di utente-beneficiario, secondo il quale l’unico scopo della cooperativa è quello di procurare e distribuire benefici ai suoi utenti sulla base dell’uso dei suoi servizi. Dello
scopo mutualistico della cooperazione ha parlato anche Isa Marchini, a lungo Preside della Facoltà di Economia dell’Università degli studi di Urbino Carlo Bo e Professore Emerito dello stesso ateneo, nel volume “Considerazioni sui fini economici e sui bilanci delle imprese cooperative”: “L’obiettivo economico del soddisfacimento “autonomo e diretto” di cooperatori è quello di realizzare risparmi di spesa o integrazioni delle remunerazioni dei fattori di produzione, ossia di godere di corrispettivi più favorevoli di quelli che misurano gli scambi con il sistema
delle imprese ordinarie. Che la categoria logica cui appartengono i differenziali nei prezzi pagati o nei prezzi ottenuti operando con la cooperativa sia quella del profitto non significa che il profitto sia l’obiettivo dell’impresa cooperativa”. Il profitto, quindi, come detto, non è l’obiettivo primario della cooperativa ma solo il mezzo attraverso il quale si garantiscono le condizioni di crescita e di esistenza delle cooperative. Il socio cooperatore riesce ad ottenere un impiego o una remunerazione del proprio lavoro ad un prezzo maggiore rispetto a quello di mercato.
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La cooperazione nel se In cifre La cooperazione in agricoltura si divide innanzitutto per settori. In molti di questi comparti, la cooperazione italiana ha raggiunto un grado strutturato di presenza; si tratta, in particolare, del lattiero-caseario, dell’ortofrutticolo, della zootecnia da carne e del vitivinicolo, cui si aggiungono i servizi al settore primario ed altre filiere minori, tra cui forestazione e multifunzionalità. La cooperazione agroalimentare associata all’Alleanza delle Cooperative Italiane è stimata in oltre 4.000 imprese attive, sostenute da una base sociale di circa 800 mila soci produttori. Il sistema genera un fatturato di quasi 34 miliardi di euro e garantisce occupazione a 86.500 addetti (Osservatorio Cooperazione Agricola Italiana). Malgrado la variazione del -12% rispetto al 2018, nel 2019 la filiera ortofrutticola esprime ancora il fatturato maggiore con 8,1 miliardi di euro e un’incidenza sul totale del 23%; seguono i settori collegati alla produzione animale (carne e latte, rispettivamente, con il 21% ed il 20% del fatturato totale), a cui fa eco quello dei servizi che, con quasi 7 miliardi, rappresenta il 18% del fatturato della cooperazione agroalimentare, avendo, tra l’altro, segnato la perdita minore (-6,5%). Da segnalare, altresì, l’importanza della filiera vitivinicola che incide per il 14,5% sul fatturato totale. La lettura per settore evidenzia forti differenze in relazione alla dimensione media d’impresa: le cooperative hanno una dimensione economica media maggiore nel settore zootec44
nico (22 milioni di euro), lattiero-caseario (11,3), vitivinicolo (10,5) e ortofrutticolo (7,5). In termini di soci, invece, è il comparto olivicolo ad intercettare la maggior percentuale di aderenti (32,3%), permanendo quello di maggiori dimensioni con circa 795 soci a cooperativa, pur mostrando il livello più basso in termini di ricavi operativi medi; seguono le cooperative di servizio che raccolgono il 30,7% e il comparto vitivinicolo a cui afferisce il 19,5% dei soci cooperativi registrati nel 2019. Da evidenziare, infine, come i settori ortofrutticolo e zootecnico sono altresì quelli con il maggior numero di addetti rappresentando, rispettivamente il 31,9% e il 22,1% del totale. La cooperazione rappresenta il 23% del valore della produzione agroalimentare italiana; le filiere agroalimentari cooperative producono il 65% del latte italiano ed esprimono il 70% del fatturato dei formaggi DOP italiani. Oltre al settore lattiero-caseario, anche negli altri settori la cooperazione ha un ruolo rilevante: rappresenta infatti il 58% della produzione lorda vendibile del vino, il 40% della Plv nazionale del comparto ortofrutticolo e il 70% della produzione lorda del settore avicunicolo (uova, carne di pollame, conigli). Il valore del sistema cooperativo si traduce anche in: 82% delle materie prime trasformate e commercializzate provengono dai soci; il 73% degli approvvigionamenti viene dal livello locale, mentre il 26% dal livello nazionale, solo l’1% di materia prima viene dall’estero.
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miliardi di euro di fatturato della cooperazione agroalimentare associata all’Alleanza delle Cooperative Italiane
4.000 le imprese attive associate all’Alleanza delle Cooperative Italiane
20% il fatturato del settore lattiero-caseario sul totale
65% la percentuale di latte italiano prodotto dalle imprese cooperative
70% la percentuale di fatturato dei formaggi DOP generato dalla cooperazione
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ettore agroalimentare LA COOPERAZIONE RAPPRESENTA IL 65% DELLA PRODUZIONE DI LATTE ITALIANO E CIRCA IL 70% DEL FATTURATO DEI FORMAGGI DOP. INOLTRE RAPPRESENTA IL 58% DELLA PRODUZIONE LORDA VENDIBILE DI VINO E IL 40% DELLA PRODUZIONE LORDA VENDIBILE NAZIONALE DEL COMPARTO ORTOFRUTTICOLO; INFINE IL 70% DELLA PRODUZIONE LORDA DEL SETTORE AVICUNICOLO (UOVA, CARNE DI POLLAME, CONIGLI) DERIVA DALLA COOPERAZIONE.
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I vantaggi Per quanto riguarda nello specifico il settore agroalimentare, la cooperazione è in grado di portare una serie di vantaggi, che coinvolgono tutta la filiera, da chi lavora in stalla o nei campi fino al consumatore finale. In primo luogo, la certezza di una valorizzazione ottimale del prodotto sul mercato
e di conseguenza remunerazione del prodotto. Un aspetto importante soprattutto dopo aver visto durante la pandemia, a causa della chiusura del canale horeca (bar e ristoranti), molti segmenti produttivi, dal vino alla pesca all’ortofrutta, soffrire per il forte ridimensionamento di uno sbocco di
mercato strategico. Ma, soprattutto, la capacità di aggregazione dell’offerta della cooperazione consente un maggior potere contrattuale nei confronti della grande distribuzione. Il valore aggiunto della cooperazione è ancora più tangibile nei momenti di crisi, ma rimane un punto fermo sempre.
I vantaggi della cooperazione: • • • •
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acquisizione di una massa critica di prodotto che consenta di poter attuare e gestire il marketing-mix della produzione aggregata, in modo da qualificare il prodotto, renderlo più confacente alle attese dei consumatori, pubblicizzarlo nei modi e nei tempi più adeguati; determinazione di un volume di affari che consenta di investire in attività di ricerca e sviluppo, internalizzando le innovazioni di processo e di prodotto; possibilità di utilizzare con maggiore facilità e a minor costo alcune attività di agevolazione, come il credito e l’informazione di mercato; possibilità di programmare l’offerta in modo da adeguarla nei tempi, modi e quantità alla domanda.
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La sfida dell’innovazione, così strategica per il futuro dell’agricoltura, può essere vinta solo con lo sviluppo di iniziative imprenditoriali comuni, che interessino la filiera nella sua totalità, ampliando l’offerta dei servizi e dei prodotti tecnologici digitali. In questo contesto le cooperative possono svolgere un ruolo fondamentale in quanto aggregando più imprese possono rispondere a tutti i bisogni degli associati, soprattutto delle piccole aziende che non possono permettersi di fare investimenti innovativi ammortizzabili velocemente.
La cooperazione rappresenta quindi una risposta efficace per migliorare la posizione degli agricoltori nella filiera: la cooperativa riceve il prodotto agricolo del socio e attraverso lo svolgimento delle attività di trasformazione, lo valorizza al meglio sul mercato. L’essere in cooperativa significa anche sviluppare strategie comuni e condivi-
se che rispondano alle esigenze di tute la filiera, guardando alle specificità della produzione primaria ma anche a quelle di trasformazione e commercializzazione. Ciò permette anche di percorrere la strada della sostenibilità e dell’innovazione, con investimenti integrati e complessi, ma tutti con la stessa finalità di migliorare la gestione
della filiera produttiva e la valorizzazione dei prodotti: dalla digitalizzazione dei processi, agli investimenti nelle energie rinnovabili, all’attenzione agli sprechi, all’efficienza nell’uso delle risorse, alla riduzione dell’impatto ambientale, ecc..
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LATTERIA SOLIGO
Tradizione fa rima con ricerca e innovazione Latteria Soligo ha la sua sede in provincia di Treviso. Fra le prime sorte in Italia è una delle aziende simbolo nel settore lattiero-caseario della Marca Trevigiana. Fondata nel 1883, sfiora i 140 anni di storia. 200 il numero di aziende agricole oggi socie. Tradizione, ricerca, innovazione e sostenibilità le parole chiave di questa cooperativa. Concetti trasversali
che attraversano la sua storia e toccano tutta la filiera, con un occhio di riguardo al territorio e alle persone che lo popolano. Lo statuto aziendale si basa sull’economia sociale elaborata dal Prof. Giuseppe Toniolo, dove il saper produrre è funzione sociale a vantaggio di tutta la comunità.
“Il latte, che è la nostra materia prima, ha trovato nella nostra lunga vita aziendale molteplici trasformazioni anche innovative, ma sempre all’insegna della genuinità, del gusto e della tutela di un’identità forte e in alcuni casi unica. Essere una Cooperativa di Soci produttori di latte è la nostra unicità e, sulle orme dei padri fondatori, continuiamo a credere che l’agricoltura sia un bene culturale ed economico da tutelare poiché è ancora in grado di dare benessere e di farci stare meglio in un ambiente buono da vivere”. Lorenzo Brugnera, presidente di Latteria Soligo
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Il territorio L’headquarter di Latteria di Soligo è situato in una delle zone più incantevoli della terra del Prosecco dichiarata dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità, ai piedi dei colli di Farra di Soligo, tra paesaggi cosparsi di vigne, grandi prati e boschi. Un ambiente naturale che la storia dell’agricoltura di questi territori ha saputo salvaguardare e valorizzare e che oggi viene consegnato alle giovani generazioni in tutta la sua bellezza. Ma il significato di territorio va ben oltre il paesaggio: s’intende quell’insieme di fattori culturali e ambientali che lo rappresentano. Storie di innovazione e ricerca che si intrecciano con tradizioni ed antichi saperi, saper
guardare al futuro senza per questo abbandonare ciò che fino ad oggi ha generato benessere. Latteria di Soligo rappresenta appieno questo territorio in quanto archetipo di mutualità, socialità, cooperazione e imprenditorialità. È costante la ricerca della soddisfazione dei propri clienti cercando di essere al passo con i cambiamenti, anzi molte volte generandoli, proprio come accadde alla sua fondazione quando, per la prima volta, alcuni produttori si aggregarono, rivoluzionando completamente il modo di fare impresa allora basato sul lavoro disgiunto dal capitale. Per far ciò si dettero alcune regole semplici e chiare, facendo propri gli
insegnamenti culturali del Prof. Giuseppe Toniolo, oggi beato:
• • • •
raccogliere il latte dai produttori; trasformarlo in prodotti perfetti; commercializzarli su larga scala; aiutare gli allevatori nel continuo miglioramento del patrimonio zootecnico e delle tecniche di allevamento;
•
dividere gli utili della gestione.
Queste regole vennero scritte nell’atto costitutivo della cooperativa, teorizzando idee che a distanza di oltre 130 anni continuano ad essere di estrema attualità e una guida per tutte le attività di Latteria Soligo.
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L’evoluzione nei prodotti Latteria Soligo è stata tra le prime aziende a puntare su modalità di confezionamento come il Tetrapak, per lo stoccaggio del latte a lunga conservazione (negli anni Settanta) e su prodotti innovativi come il Formajo Imbriago di Monovitigno (in collaborazione con la Scuola Enologica di Conegliano). Negli anni ’60 ha avviato la produzione di mozzarella (allora sconosciuta nel Nord Italia) per rispondere a precise richieste del mercato. Latteria di Soligo ha dimostrato nella sua lunga storia capacità creative e lungimiranti. Fra gli altri l’introduzione della rintracciabilità di filiera online per il 50
latte fresco di Alta Qualità nel 2001, primo caso nel mercato del lattiero-caseario italiano. Nell’ultimo decennio l’impegno si è caratterizzato nella produzione di latte presso i soci secondo il disciplinare di produzione a Qualità Verificata (adottato da Regione Veneto) che primo in Italia detta norme su Benessere Animale, su alimentazione delle bovine anche con alimenti quali i semi di lino miglioratori del profilo dei grassi del latte ed infine su controlli dei contaminati esogeni quali le micotossine a livelli ben superiori alla norma di legge. E’ protagonista assieme all’Associazione Produttori latte
del Veneto dello sviluppo a partire dal 2009 della Casatella Trevigiana DOP per il momento unico formaggio fresco italiano riconosciuto DOP. Soligo produce formaggi a marchio europeo per valorizzare al massimo il latte dei produttori: come il Grana Padano DOP, sono il terzo produttore nazionale di Asiago DOP, realizzano Montasio, Casatella Trevigiana e Mozzarella STG. E hanno una gamma completa di prodotti senza lattosio (dal latte ai formaggi freschi, come FrescoSì) e BIO (non solo latte ma anche formaggi come Casatella Trevigiana DOP).
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Il mercato L’obiettivo a medio termine è conquistare nuove fette di mercato in Piemonte, Lombardia e regioni del Centro dove, formaggi come la Casatella DOP “Lea” hanno grandi potenzialità. Dopo l’ottima performance data dall’ingresso nel mercato svizzero (con Asiago d’Allevo DOP), Latteria Soligo vuole ampliare la sua presenza internazionale e ha già avviato una fase esplorativa nei mercati statunitense, inglese e austriaco La storia passata e più recente si intreccia indissolubilmente con il presente e guarda al futuro, anche da un punto di vista imprenditoriale. “Nei nostri 4 stabilimenti, lavoriamo annualmente 800mila quintali di latte prodotti nelle 200 aziende socie, situate tra Veneto e Friuli – spiega il presidente Brugnera - La vendita al dettaglio e attraverso la GDO interessa il 49% della produzione (+3,4%), l’Horeca raggiunge il 20%, ingrosso e piccolo dettaglio arrivano entrambi all’11%. Il 93,65% del fatturato si registra nell’area Nielsen del Nordest (Veneto, Trentino–Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna). L’obiettivo a medio termine è quello di conquistare nuove fette di mercato in Piemonte, Lombardia e regioni del Centro dove, formaggi come la Casatella DOP “Lea” hanno certamente grandi potenzialità.
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Ricerca e innovazione Latteria Soligo guarda anche all’innovazione e alla ricerca, come leva di sviluppo e crescita per l’intera filiera. Come strategia, persegue il modello delle “3C” individuate dall’UE nella strategia Europa 2020: crescita intelligente, crescita sostenibile, crescita inclusiva. “L’obiettivo dell’azienda dal 1883 è garantire la giusta remunerazione ai soci per il loro latte e consegnare ai consumatori “prodotti perfetti”, non semplicemente buoni, ma “perfetti”. I nostri padri fondatori non erano certo pazzi, ma visionari: ci spronano a migliorarci continuamente, a rigettare semplicistiche strategie di prezzo, rimanendo ancorati alla qualità”, spiega il presidente della cooperativa, che aggiunge: “Da anni lavorano al nostro fianco i migliori ricercatori universi-
tari, abbiamo progetti all’avanguardia sul fronte del benessere animale, ma anche della produzione in linea negli stabilimenti. Ne cito uno per tutti: Safetypack è la tecnologia che ci ha resi la prima industria casearia al mondo a garantire al 100% la sicurezza della Mozzarella STG, passando da un controllo qualità a campione a quello ad infrarossi su tutte le confezioni - continua - la ricerca ci consente di migliorare costantemente la nostra gamma di prodotti. I nostri allevatori si impegnano a mettere al centro della produzione il benessere animale, garantendo una migliore stabulazione, curando l’alimentazione delle bovine la cui razione giornaliera viene integrata con 250 grammi di semi di lino e sottoponendosi ai controlli di un ente certificatore esterno (il CSQA). Il
LATTERIA SOLIGO E ISTITU PER CONOSCERE LA DIFF VENETO E DEL FRIULI VENEZIA GI PIÙ VICINI ALLE RICHIESTE DI QUA NEL MIGLIORAMENTO DELLA QUA Latte QV Soligo arriva ai consumatori garantendo, quindi, non solo un controllo rigoroso della filiera, ma anche particolari qualità organolettiche come la naturale presenza di benefici Omega 3. “Il nostro consumatore può persino guardare in faccia l’agricoltore che ha prodotto quel singolo litro di latte: inquadrando un QRCode sul Tetrapack si può entrare virtualmente nell’azienda agricola che lo ha prodotto. Questa è tracciabilità totale”, conclude il presidente.
Sostenibilità Attenzione alla produzione significa anche sostenibilità ambientale negli allevamenti e nei cicli produttivi con l’impiego di energie rinnovabili e con l’uso di packaging totalmente riciclabile. “Migliorare il benessere dei nostri consumatori non significa solo offrire loro prodotti buoni e sani, significa anche impegno etico per il rispetto ambientale in tutte le fasi di produzione”, puntualizza Brugnera. Per questo da tempo l’azienda ha intrapreso una strada virtuosa per ridurre l’impatto delle attività e il consumo di risorse non rinnovabili. Si è iniziato con il risparmio energetico, proseguendo con la riduzione del consumo di acqua e la realizzazione di un impianto di depurazione biolo52
gico avanzato e l’installazione di un impianto fotovoltaico da 800 KWatt. Seguendo questa strada, è stato progettato e avviato un impianto per la produzione di gas metano con impiego esclusivo di scotta “sottoprodotto” della lavorazione di formaggio e ricotta, un insieme di acqua e zuccheri che, attraverso un processo di fermentazione, genera gas naturale per alimentare lo stabilimento di Farra di Soligo, con una sensibile riduzione del consumo di gas metano d’importazione. A questo si aggiunge l’azzeramento del consumo di carburante necessario per il trasporto e lo smaltimento della scotta. Senza contare che, dopo il passaggio nell’impianto a biomasse, l’ultimo residuo
di lavorazione viene trattato nel depuratore biologico per diventare acqua, reimmettendo in natura una importante risorsa. Un cerchio virtuoso completato dall’introduzione di un packaging ecosostenibile. Nel 2020 è stato introdotto un nuovo packaging dedicato al latte fresco. La cooperativa ha scelto di adottare il nuovo TetraRex Bio-based, il primo packaging al mondo realizzato con materiali totalmente riciclabili da fonti completamente rinnovabili: nasce esclusivamente da cartone e plastica di origine vegetale. Questo packaging permette una notevole riduzione dell’effetto serra, grazie ad una carbon footprint ridotta del 31% rispetto alle emissioni di CO2 dei precedenti contenitori.
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UTO ZOOPROFILATTICO SPERIMENTALE DELLE VENEZIE HANNO AVVIATO UN PROGETTO FUSIONE DELL’ANTIBIOTICO-RESISTENZA NEGLI ALLEVAMENTI DI VACCHE DA LATTE DEL IULIA. GRAZIE A QUESTE COLLABORAZIONI SONO NATI ANCHE NUOVI PRODOTTI SEMPRE ALITÀ DEI CONSUMATORI E SI SONO POTUTE AFFIANCARE LE AZIENDE AGRICOLE SOCIE ALITÀ DEI PROPRI ALLEVAMENTI E DEL BENESSERE DEI PROPRI ANIMALI.
“E per guardare al futuro – conclude il presidente della cooperativa - fondamentale diventa il sostegno sociale, un riconoscimento al territorio in cui Latteria Soligo opera sin dalla sua nascita, che l’azienda attua con diversi progetti a favore di chi ha bisogno e sempre in sinergia con le istituzioni del territorio”.
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PARMAREGGIO PARMAREGGIO E AGRIFORM E AGRIFORM
La cooperazione si unisce
L’unione fa davvero la forza? Forza, che parlando di imprese, significa essere più competitivi e proiettati al futuro? La risposta che si sono date Parmareggio e Agriform, due realtà cooperative, è “sì”, tanto che nel gennaio del 2021 hanno deciso di aggregarsi. Con un obiettivo ben preciso: rafforzare ulteriormente la loro posizione sia sul mercato interno sia sul mercato estero. 54
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Una scelta che parte da lontano. Dal 2004 Parmareggio fa parte del consorzio Granterre, che ne ha acquisito la proprietà. Il consorzio Granterre, società cooperativa agricola è la principale realtà nel mondo del settore lattiero-caseario per la produzione, stagionatura e commercializzazione del Parmigiano Reggiano DOP. Per dare una giusta collocazione e l’auspicata remunerazione del prodotto conferito dai soci, già nei suoi piani industriali, elaborati a partire dal 2015, prevedeva strategie e operazioni volte ad accrescere la dimensione aziendale, allargando la gamma di prodotti da offrire ai consumatori della GDO, italiana ed estera, con prodotti di qualità affini al Parmigiano Reggiano DOP, provenienti da filiere controllate del territorio.
Sottolinea Ivano Chezzi, presidente di Granterre: “I soci di Granterre all’unanimità hanno valutato positivamente il progetto di aggregazione, che si pone in linea con la nostra progettualità, orientata al rafforzamento sul mercato interno e all’ulteriore sviluppo all’estero. Questo accordo, inoltre, ci consentirà di gestire al meglio l’aumento di produzione da parte dei nostri caseifici, e di creare sinergie interessanti sul burro e sul siero. Del resto stiamo parlando di due realtà al vertice dei rispettivi comparti”. Agriform, prima realtà veneta nel settore del Grana Padano, Asiago, Piave e altri formaggi tipici regionali DOP, Parmareggio è leader nel Parmigiano Reggiano: garantiscono entrambe il controllo completo della filiera produttiva, e sono contraddistinte da un
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L’aggregazione fra le due realtà è stata pensata e realizzata con un obiettivo ben preciso: rafforzare ulteriormente la loro posizione sia sul mercato interno che estero.
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forte legame con la tradizione e una altrettanto energica spinta innovativa, con reti commerciali che si estendono dall’Italia all’estero e due portafogli di prodotti che sono complementari tra di loro, con grandi potenzialità di sviluppo. “Forti dei risultati finora raggiunti da entrambe le imprese – ha continuato Chezzi, Presidente di Granterre – i soci di Parmareggio e quelli di Agriform hanno deciso di unire le forze nella convinzione che questo ci consentirà di aspirare ad ulteriori importanti sviluppi sui mercati nazionali ed internazionali, costruendo una società ancora più solida, più competitiva, e migliorando ulteriormente la valorizzazione dei prodotti di tutti i soci”. “Infine, ma non ultimo, la forma coo-
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perativa di Agriform e la sua adesione a Confcooperative rispecchiano a pieno gli obiettivi che stiamo perseguendo come Alleanza delle Cooperative agroalimentari italiane, e che la politica del Gruppo Granterre porta avanti già da alcuni anni. Il cerchio si chiude perfettamente”, dice Chezzi.
to ai vertici del mercato dei formag-
L’aggregazione fra le due realtà, parte integrante del Gruppo Bonterre, holding che riunisce Grandi Salumifici Italiani e Parmareggio, (specializzato nelle eccellenze italiane dei salumi e dei formaggi stagionati) di fatto ha dato vita alla più grande azienda italiana nel mondo dei formaggi DOP. Ha debuttato sul mercato con un fatturato di 550 milioni di euro, di cui quasi 200 realizzati all’estero, e si è posta subi-
rare ulteriormente la valorizzazione
gi grana DOP, con una base sociale di oltre 2000 allevatori e una ventina di caseifici soci. L’unione delle filiere produttive e delle reti commerciali, nonché la comune, forte base cooperativa, consentiranno di costruire una realtà ancora più solida e di migliodei prodotti di tutti i soci, sviluppare la propria rete commerciale in Italia e all’estero, consolidare i mercati già raggiunti ed esplorarne di nuovi. Si tratta quindi di una nuova, importante sfida nel progetto di crescita di Agriform & Parmareggio. Come dicevamo, l’unione fa la forza. Parmareggio e Agriform ne sono convinti.
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Le imprese, in pillole
Parmareggio, azienda nata nel 1983 a Montecavolo di Quattro Castella tra le colline reggiane nella zona d’origine del Parmigiano Reggiano DOP, con i due stabilimenti produttivi di Modena e Montecavolo (RE) e con la propria gamma di prodotti presenti nella totalità della distribuzione moderna, è un riferimento per il consumatore nel mercato del Parmigiano Reggiano DOP e del burro. Nel 2004 il Consorzio Granterre acquisisce la proprietà di Parmareggio.
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Agriform è una cooperativa, nata nel 1980 su iniziativa di nove caseifici, che decidono di unirsi per valorizzare le produzioni lattiero-casearie della cooperazione veneta; da allora Agriform include alcune fra le più rilevanti latterie cooperative del Veneto con oltre mille aziende agricole socie, i cui soci produttori conferenti sono diretta espressione della produzione primaria, essendo allevatori dei rispettivi bacini territoriali.
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Il 1° gennaio 2019 Parmareggio e Grandi Salumifici Italiani sono confluite nella holding Bonterre. A totale proprietà cooperativa, partecipata e controllata congiuntamente da Unibon S.p.a. e dal consorzio Granterre, Bonterre produce e commercializza le principali DOP e IGP dei salumi (Prosciutto di Parma, Prosciutto San Daniele, Salame Cacciatore, Speck Alto Adige, Mortadella Bologna e altri) e dei formaggi duri stagionati DOP (Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Asiago, Piave e altri). I numeri di Bonterre sono di un fatturato consolidato di oltre 1,3 miliardi di euro, di cui 320 milioni in export, 4 filiali commerciali all’estero, 18 stabilimenti in Italia, 2.460 dipendenti, 9 DOP e 4 IGP, 160.000 tonnellate vendute all’anno.
A marzo di quest’anno è stata creata Granterre, un nuovo company name del Gruppo Bonterre, partecipato e controllato congiuntamente da Unibon e Consorzio Granterre Coop. La scelta di valorizzare Granterre, denominazione già presente all’interno del gruppo, nasce dal fatto, spiega una nota del gruppo, “che il nome esprime, per storia ed etimologia, un ricchissimo patrimonio di persone e di esperienze, di qualità, tradizioni e capacità di innovazione, di legami coi territori e le Comunità. E sottolinea la consapevolezza che lo sviluppo deve essere sostenibile”. Granterre sarà un brand “federatore”, in grado “di affiancare ed esaltare le marche più note ai consumatori, sommando la propria forza alla loro, e di affiancare e nutrire di nuovi valori anche i brand specialistici più di nicchia, per far sì che siano conosciuti ed apprezzati da un pubblico sempre più ampio. La transizione verso la nuova brand architecture societaria, vede inizialmente due step successivi: • il 1 aprile 2022 Parmareggio (società casearia del gruppo) cambierà la propria denominazione in Caseifici Granterre; • il 1 gennaio 2023 Grandi Salumifici Italiani cambierà la propria denominazione in Salumifici Granterre. ACI AGROALIMENTARE | MILKCOOP MAGAZINE | 1-2022
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OP E AOP
Organizzazioni di Produttori (OP) e Associazioni di OP (AOP)
Le OP e loro associazioni (AOP) sono strumenti di aggregazione che possono assumere diverse forme giuridiche: società di capitali, società cooperative agricole e loro consorzi, società consortili, ecc. Hanno diverse scopi e funzionalità in base alla tipologia di prodotto, esigenze dei soci e condizioni di mercato. Generalmente svolgono un ruolo di coordinamento di strategie di sviluppo delle imprese e di tipo commerciale per accrescere la massa critica, il potere negoziale e meglio valorizzare il prodotto sul mercato. 60
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Le basi giuridiche che disciplinano le organizzazioni dei produttori e quelle interprofessionali e l'organizzazione comune dei mercati per i prodotti agricoli figurano nel regolamento (UE) n. 1308/2013 e nel regolamento delegato (UE) 2016/232 della Commissione. L'UE ha anche adottato norme specifiche per determinati settori. Per il settore lattiero-caseario si fa riferimento al regolamento di esecuzione (UE) n. 511/2012 della Commissione, regolamento delegato (UE) n. 880/2012 della Commissione, regolamento di esecuzione (UE) 2016/1615 della Commissione. Il regolamento (UE) 2021/2117, che entrerà in vigore dal 1 gennaio 2023 con la nuova PAC andrà a modificare il regolamento (UE) 1308/2013.
Il riconoscimento di OP e AOP
Per essere riconosciuta, un’organizzazione dei produttori di qualsiasi settore agricolo deve: • essere stata creata su iniziativa dei produttori; • essere costituita e controllata dai produttori di un determinato settore agricolo; • presentare una richiesta al paese dell’UE in cui ha sede; • svolgere almeno una delle attività elencate dal diritto dell’UE, come la trasformazione comune, la distribuzione, il trasporto o l’imballaggio; • seguire almeno uno degli obiettivi specifici menzionati nella legislazione agricola, come ottimizzare i costi di produzione o sviluppare iniziative nel settore della promozione e della commercializzazione. Inoltre, le OP devono soddisfare alcuni criteri aggiuntivi, quali il possesso di un numero minimo di aderenti e/o l’interesse per un volume o valore minimo di prodotti. Esistono requisiti anche per quanto riguarda gli statuti delle organizzazioni che, in particolare, devono consentire ai loro membri di controllare l’organizzazione in modo democratico. I paesi dell’UE possono riconoscere le organizzazioni dei produttori su richiesta. I paesi dell’UE sono tenuti a riconoscere le organizzazioni dei produttori dei settori degli ortofrutticoli, dell’olio di oliva e delle olive da tavola, dei bachi da seta, del luppolo e del latte e dei prodotti lattiero-caseari. I paesi dell’UE possono anche riconoscere le associazioni di organizzazioni dei produttori, in linea con i criteri per le organizzazioni dei produttori.
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Nell’UE esistono circa 3.400 OP risectorsPOs Distribution oftrarecognised delle OPbetween i There are around 3 400 recognised distribuzione POs in the: EU. Only conosciute. Solo tre Stati membri non principali settori a livello europeo (2018) three Member (MS) do notbetween have any sectors recognised hanno alcun riconoscimento (Esto0 recognised POs in theStates EU. Only PO (Estonia, Lithuania, Lituania, Lussemburgo). In cimaLuxembourg). The remaining MS) donia, not have any recognised have recognised alla 25 listaMS c’è la Francia con 721 OPPOs. Top of the list is France a, Luxembourg). The remaining with 721 recognised POs, followed by Germany (683), riconosciute, seguita dalla Germania Spain (679), Italy (577), Spagna (679), Po- Poland (239), Greece (224), ed POs.(683), Top of the listItalia is (577), France loniaand (239),Portugal Grecia (224), e Portogallo (119) (Figure 1). A 67 further POs are 39% Os, followed by Germany (683), (119). Altre 67 OP among sono distribuite tra distributed the remaining 18 MS2. i restanti 18 Stati Greece Membri. (224), 7), Poland (239), OltreApart a queste OP, sono state riconofrom these POs, a total of 81 APOs have been igure 1). A 67 further POs are 39% 52% 9% sciute in totale 81 in AOP in nove recognised nine MS, Stati namely 30 in France, followed by 2 remaining 18in(19), MS . Germany membri, particolare 30 in Francia, Italy (9), Spain (7), Hungary (7), Greece seguiti da Italia (19), Germania (4), Belgium (3), Poland(9), (1), and the UK (1). Spagna (7), Ungheria (7), Grecia (4), Fruit and vegetables a total of 81 APOs have been Belgio (3), Polonia (1) e Regno Unito If the recognised POs in the EU are divided in the Milk and dairy products namely(1).30three in France, followed by 9% sectors ‘fruits and vegetables’, ‘milk and dairy OP Hungary riconosciute (7), appar), SpainLe(7), Greece products’, andnell’UE ‘other sectors’. The fruits and vegetables tengono a 3 principali settori “frutta e Preliminary results from an ongoing sector the highest number of POs (1 763), followed d (1), and the(1.763), UKhas (1). ortaggi” altri settori, che inways for producer organisations (P by those in the ‘other sectors’ (1 334), Fruit which and include in vegetables cludono il settore del vino, olio oliva, carry out their activities and be su particular the wine, meat sectors. cereali e carne e “latte e the latti-oil, cereals, and s in the EU are (1.334) divided inolive Milk and dairy products Others the gap between recognised and n cini”The (312).remaining POs (312) are found in the milk and
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nd vegetables’, ‘milk(Figure and 2) dairy is substantial. The 3 400 recogni dairy sector only 16% of the estimated 21 02 ectors’. The fruits and vegetables are operating througho FIGURE 1: Number POs by MS Preliminary results from an entities ongoingthat analysis of the best number of POs (1 763), followedof recognised ways for producer organisations (POs) to be formed, sectors’ (1 334), which include in Merged data from i) MS’ annual reports carryOP outriconosciute their activitiesnei and be supported, show that ii) a obligation inStati Regulation (EU) 543/2011; ve oil, cereals, and meat sectors. diversi Membri according to Regulation (EU) 511/2012; an (2018) the gap between recognised and non-recognised POs 312) are found in the milk and MS as a response to an information reques 2017. Two MS didES not FR DE IT ELprovide PL PT any HU inf UK is substantial. The 3 400April recognised POs represent information is incomplete, as the data is g only 16% of the estimated and level21 and027 not allPOs regions hadrelated replied at the t 3 entities that are operating throughout the EU . https://ec.europa.eu/agriculture/calls-for-te er of recognised POs by MS 60
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Merged data from i) MS’ annual reports following MS’ reporting obligation in Regulation (EU) 543/2011; ii) annual reporting by MS according to Regulation (EU) 511/2012; and iii) data provided by MS as a response to an information request by the Commission of April 2017. Two MS ITdidESnotELprovide FR DE PL PTany HU information. UK CZ AT BEFor ROItaly BG the NL HR C information is incomplete, as the data is gathered on a regional CZ AT BE RO BG NL HR CY SE SI SK FI LV DK IE MT EE LT LU level and not all regions had replied at the time of reporting. 2
In Italia, le Organizzazioni di produttori (OP) iscritte negli appositi albi ministeriali sono 561, di cui ben oltre la metà (56%) appartenenti al settore ortofrutticolo, seguito da quello olivicolo (18,2%), mentre permane più modesto il peso di questa forma organizzativa negli altri comparti agricoli. Le AOP sono complessivamente 20, di cui 14 nel settore ortofrutticolo, il 79% è localizzato nelle regioni del Nord. (Fonte: La cooperazione agroalimentare in Italia - un caleidoscopio di opportunità PSR Hub).
OP e AOP riconosciute in Italia per comparto produttivo (2020-21)
I dati mostrano, nel corso degli ultimi anni, una riduzione nel numero delle OP in alcuni settori, come quello olivicolo, complice anche le condizioni produttive sfavorevoli registrate. In altri comparti, si assiste, invece, ad una crescita dei processi di aggregazione, anche se con diversi gradi di intensità: ad esempio, vitivinicolo, tabacchicolo e carni bovine registrano, rispettivamente, un tasso di crescita del 18%, 14% e 10%; particolarmente positiva anche la variazione registrata dalla voce “altro” (+13%) che raggruppa diverse filiere, tra cui quella delle carni suine, carni ovine, pollame e avicunicolo. Da evidenziare, infine, l’aumento segnato nella filiera lattiero-caseario (+8%) e in quella pataticola (+9%).
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assicurare che la produzione sia adeguata alla domanda, in termini di qualità e quantità; concentrare l’offerta ed immettere sul mercato i prodotti, anche attraverso la commercializzazione diretta; ottimizzare i costi di produzione e la redditività dell’investimento, in rispetto dell’ambientale e del benessere degli animali e stabilizzare i prezzi alla produzione; svolgere ricerche e sviluppare iniziative su metodi di produzione sostenibili, pratiche innovative, competitività economica e sull’andamento del mercato; promuovere e fornire assistenza tecnica per il ricorso a pratiche colturali e tecniche di produzione rispettose dell’ambiente; promuovere e fornire assistenza tecnica per il ricorso agli standard di produzione, per il miglioramento della qualità dei prodotti e lo sviluppo di prodotti con denominazione d’origine protetta, indicazione geografica protetta o coperti da un’etichetta di qualità nazionale; provvedere alla gestione dei sottoprodotti e dei rifiuti, in particolare per tutelare la qualità delle acque, dei suoli e del paesaggio e per preservare o favorire la biodiversità; contribuire ad un uso sostenibile delle risorse naturali e a mitigare i cambiamenti climatici; sviluppare iniziative nel settore della promozione e della commercializzazione; fornire l’assistenza tecnica necessaria all’utilizzazione dei mercati a termine e dei sistemi assicurativi. ACI AGROALIMENTARE | MILKCOOP MAGAZINE | 1-2022
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AOP LATTE ITALIA
L’unione di 7 cooperative nel settore lattiero caseario “Per poter affrontare le sfide del settore, è essenziale riuscire a fare squadra ed essere uniti con una visione comune, mettendo insieme risorse e raggiungendo le dimensioni adeguate; questo è ciò che hanno perseguito e perseguono le cooperative unite in AOP Latte Italia. AOP Latte Italia è una struttura interregionale al passo con i tempi, con persone che la pensano allo stesso modo e guardano al futuro, pur provenendo da percorsi diversi, ma uniti dalla consapevolezza dell’importanza di produrre nel modo più sostenibile possibile in Italia e di essere sempre più competitivi sui mercati locali e internazionali rispondendo alla domanda di consumo e alle sfide globali” Marco Ottolini, direttore di AOP Latte Italia
AOP Latte Italia, nel settore lattiero-caseario, è stata la prima Associazione di Organizzazioni di Produttori italiana, costituita nel settembre del 2015 dalle cooperative Agrilatte, Latte Indenne, Santangiolina, Agripiacenza latte e Piemonte latte e riconosciuta il mese dopo da Regione Lombardia. Nel 2016 hanno aderito anche Plac-Fattorie Cremona e Latte Brescia. Le 7 cooperative in totale rappresentano ben più del 10% del latte italiano. L’AOP è nata con l’obiettivo di connettere le principali realtà di raccolta latte per unire le forze e poter essere più rappresentativi sul mercato, in un settore, qual è quello lattiero caseario, che sta vivendo da diversi anni dinamiche di mercato complicate e incerte. Si assiste infatti da una parte ad un quasi continuo incremento della produzione di latte da parte degli allevatori (nel 2020 si è arrivati a circa 12 milioni di tonnellate di latte raccolto, 66
in aumento del 3,88% rispetto all’anno precedente), ma dall’altra ad una sempre maggior difficoltà da parte dei trasformatori e distributori a posizionarlo sui mercati. Gli stili di vita e le abitudini di consumo sono ormai cambiate, in modo strutturale, da rendere difficile un’inversione di marcia. E la domanda per il latte e anche alcuni prodotti derivati ne stanno sicuramente soffrendo. Proprio in quest’ottica l’AOP è nata e sta lavorando. Oltre ad avere un ruolo nel negoziare al meglio i contratti di vendita del latte (concentrando l’offerta e quindi con un maggior peso), è in prima linea, lavorando in modo coordinato, per trovare soluzioni che permettano di preservare e tutelare un settore così importante per il nostro paese e individuare soluzioni di sviluppo strategico per la valorizzazione del latte in linea con quello che chiede il consumatore e la società.
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Le imprese, in pillole
LOMBARDIA
AGRILATTE
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LOMBARDIA
SANTANGIOLINA LATTE
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Sede: Montichiari (BS) Produzione: circa 150mila tonnellate di latte Soci: 85 Attività: raccolta latte e partecipazione in Cooperative di produzione di DOP Grana Padano Certificazioni: tutte le aziende socie sono certificate per il benessere animale Classyfarm.
Sede: San Colombano al Lambro (MI) Produzione: circa 230mila tonnellate di latte Soci: 250, di cui 210 soci conferenti Attività: raccolta latte, produzione e stagionatura di formaggi DOP (Grana Padano, Taleggio, Salva Cremasco e Quartirolo) e altri formaggi molli, lavorazione panne Certificazioni: UNI EN ISO 9001:2015, UNI EN ISO 22005:08; DTP122; IFS Food, biologico
LOMBARDIA
LATTE INDENNE
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Sede: Brescia Produzione: circa 160mila tonnellate di latte Soci: 59 Attività: raccolta latte e partecipazione in Cooperative di produzione di DOP Grana Padano Certificazioni: certificate per il benessere animale; certificazione per rintracciabilità della filiera (CSQA)
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LOMBARDIA
PLAC - FATTORIE CREMONA
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LATTE BRESCIA
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Sede: Persico Dosimo (CR) Produzione: circa 160mila tonnellate di latte; Soci: 90 Attività: raccolta latte, produzione e stagionatura formaggi (tra cui il Grana Padano DOP e il Provolone Valpadana DOP) e produzione burro Certificazioni: certificazione per il benessere animale; GSFS Global Standard for Food Safety Issue 8 e IFS International Food Standard Version 6.1.
Sede: Brescia Produzione: circa 170mila tonnellate di latte Soci: 200 Attività: raccolta , commercializzazione e valorizzazione del latte dei produttori soci (Grana Padano DOP, Gorgonzola DOP, Quartirolo DOP, Taleggio DOP e Salva Cremasco DOP). Certificazioni: benessere animale con il sistema Classyfarm.
Di cosa si occupa I contratti di vendita del latte
Una prima azione intrapresa con successo da AOP Latte Italia è sicuramente quella di unificare tutti i contratti che singolarmente venivano fatti dalle imprese, ovvero trattare in maniera unitaria quel latte che viene venduto sul mercato dalle diverse OP. Oggi nessuna delle cooperative aderenti alla associazione di produttori va singolarmente a trattare gli esuberi di latte o i contratti annuali, ma è AOP Latte Italia che negozia i contratti a seconda delle opportunità di merca-
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to per tutto il gruppo. Quindi grazie all’unione nell’associazione dei produttori si è ottenuta la concentrazione del latte spot, garantendo in questo modo un mercato più stabile, grazie all’immissione sul mercato delle varie partite di latte con gradualità, regolando sapientemente domanda e offerta. Benessere animale, sostenibilità e innovazione
Un altro aspetto importante che è stato affrontato
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da AOP Latte Italia in m tinua ad essere prioritari le, tanto che le aziende a al lavoro su questo aspe necessaria certificazione oggi è alla ribalta e su impegna e intende impe la sostenibilità nell’allev latte. È già al lavoro, co animale, considerato orm la produzione di latte, m
PIEMONTE
PIEMONTE LATTE
EMILIA-ROMAGNA
AGRIPIACENZA LATTE
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Sede: Savigliano (CN) Produzione: circa 180mila tonnellate di latte Soci: 270 Attività: raccolta e vendita latte in cisterna Certificazioni: latte idoneo per formaggi DOP piemontesi, latte biologico
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Sede: Piacenza Produzione: circa 170mila tonnellate di latte Soci: 130 Attività: raccolta latte, produzione di formaggi freschi e stagionati e latte alimentare (Grana Padano DOP, Bianco d’Italia, Parmigiano Reggiano DOP, Provolone DOP, Gorgonzola DOP) Certificazioni: Grana Padano, Parmigiano Reggiano Gorgonzola e DOP delle regioni interessate compreso il Bra e Raschera piemontesi
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l’AOP Latte Italia?
modo unitario, e che conio, è il benessere animaagricole sono da sempre etto e hanno ottenuto la e. Un altro aspetto che cui AOP Latte Italia si egnarsi sempre di più è vamento delle vacche da ome detto, sul benessere mai un prerequisito per ma l’Associazione vuo-
le alzare l’asticella e spingere per raggiungere importanti risultati in questo senso, come la riduzione dei farmaci utilizzati in allevamento. Ma anche razioni alimentari che siano più sostenibili, come ad esempio latte da alimentazione totalmente a secco, per razionalizzare così le risorse come l’acqua e ridurre l’uso di fertilizzanti di sintesi. Ancora: molte aziende sono dotate di impianti di biogas per recuperare l’energia dai liquami bovini. Tutto questo lavoro non può prescindere dall’at-
tenzione all’innovazione digitale: automazione, digitalizzazione e informatica aiutano le imprese a perseguire i loro obiettivi, facilitando le imprese a prendere le decisioni più appropriate. AOP Latte Italia si propone da collante e da traino per le diverse anime della complessa catena lattiero-casearia italiana, con l’intento di dialogare con tutti gli attori del sistema lattiero-caseario, senza trascurare alleanze internazionali che si profilano nel mondo cooperativo.
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OI
Organizzazioni Interprofessionali
Gli agricoltori e i trasformatori o gli operatori commerciali della catena di approvvigionamento possono anche unirsi in organizzazioni interprofessionali. Queste adottano misure per disciplinare la filiera, senza essere direttamente coinvolte nella produzione, nella trasformazione o nel commercio. Fungono da piattaforma di dialogo, promuovendo le migliori pratiche e la
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trasparenza del mercato. I paesi dell’UE possono riconoscerle se sono costituite da: • rappresentanti del settore produttivo (ossia agricoltori) • rappresentanti di almeno un’altra parte della filiera agroalimentare (ad es. quanti operano nel settore della trasformazione o della distribuzione di prodotti alimentari).
Il riconoscimento delle organizzazioni interprofessionali è facoltativo nella maggior parte dei settori, ma è obbligatorio nei settori dell’olio di oliva, delle olive da tavola e del tabacco. Le organizzazioni interprofessionali con membri in più paesi sono riconosciute nel paese in cui si trova la loro sede centrale.
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CNIEL: l’OI francese nel settore lattiero-caseario Il CNIEL (Centre National Interprofessionnel de l’Economie Laitière) è l’Organizzazione interprofessionale francese del settore lattiero-casearia francese. E’ stato creato nel 1973 ed è composto da quattro unità organizzative: produttori, cooperative lattiero-casearie, industrie lattiero-casearie private e operatori del Commercio, distribuzione e ristorazione. Le risorse di CNIEL provengono dai contributi versati da produttori e trasformatori. Nel 2019 i contributi versati sono stati pari a 39,5 milioni di euro. Inoltre,
alcune campagne di promozione collettiva sono cofinanziate dalle autorità pubbliche francesi ed europee. Tre sono i principali ambiti di azione del CNIEL: • le relazioni economiche tra produttori e trasformatori (monitoraggio del mercato, indicatori economici, organizzazione di laboratori interprofessionali, qualità sanitaria del latte, procedure di qualità, come AOP e Bio); • la promozione dei prodotti lattiero-caseari e l’informazione ai consumatori; la ricerca collettiva e
la gestione della sicurezza e della qualità dei prodotti lattiero-caseari (sicurezza sanitaria, buone pratiche di allevamento, sostenibilità, alimentazione e salute). Il Cniel sostiene a sua volta le Regioni attraverso i CRIEL. (Centres Régionaux Interprofessionnels de l’Economie laitière) che attuano, a livello regionale, la politica e le decisioni dell’Interprofessione Nazionale nei seguenti ambiti: economia, qualità del latte, comunicazione.
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RETI DI IMPRESA
Reti di impresa
La rete di imprese è un accordo formalizzato in un “contratto di
i soggetti
rete” basato sulla collaborazione, lo scambio e l’aggregazione tra imprese. Introdotto nell’ordinamento italiano nel 2009, rappresenta uno strumento normativo che permette alle imprese di formalizzare una collaborazione inter-organizzativa lasciando al tempo stesso piena autonomia alle parti. 72
Il contratto di rete deve essere sottoscritto da almeno due imprenditori e presenta una struttura prevalentemente “aperta”
elementi obbligatori • l’indicazione degli obiettivi strategici di innovazione e di innalzamento della capacità competitiva dei partecipanti; • le modalità concordate per misurare l’avanzamento verso gli obiettivi; • la definizione di un programma di rete.
il programma Il programma ha funzione di pianificazione aziendale industriale, per cui deve essere deciso e pianificato dalle imprese aderenti ben prima di rivolgersi al notaio per la formalizzazione. ACI AGROALIMENTARE | MILKCOOP MAGAZINE | 1-2022
Il Contratto di Rete rappresenta un modello contrattuale flessibile che lascia ampio spazio all’autonomia delle parti, permettendo agli imprenditori di organizzare forme di collaborazione di varia intensità fino a prevedere anche l’esercizio in comune di attività di impresa.
l’oggetto del contratto
La rete di imprese può essere considerata un valido strumento per permettere alle PMI di salvaguardare la propria individualità raggiungendo al contempo una massa critica che permetta loro di competere a livello globale, creando così valore per l’azienda stessa, ma anche sviluppo per il territorio in cui opera. La maggiore flessibilità delle reti di imprese rispetto ad altre forme di collaborazione ne sta determinando la sua fortuna anche nel settore primario e, più in generale, in quello agroalimentare come dimostrano i dati al 2020: +26% rispetto al 2018.
Nonostante la profonda crisi recessiva determinata dalla pandemia, i dati disponibili mostrano un rafforzamento dello spirito collaborativo e solidaristico nel sistema agroalimentare italiano, testimoniato anche dalla maggiore diffusione del contratto di rete. Al I semestre 2021, le imprese agricole che svolgono attività di coltivazione e allevamento partecipanti a reti di imprese (reti-contratto e reti-soggetto) sono 7.585, che salgono a 8.448 se si considerano anche quelle delle industrie alimentari e delle bevande. La particolare pervasività di questo modello aggregativo può essere letta anche attraverso la lente territoriale. La partecipazione delle imprese agricole alle reti risulta particolarmente significativo nelle seguenti regioni italiane: Friuli-Venezia Giulia (25%), Lazio (11,5%), Campania (11,3%) e Toscana (8,4%).
la governance
L’oggetto del contratto è ciò che le imprese si impegnano a fare per realizzare gli obiettivi. Le imprese possono obbligarsi a collaborare in diversi modi: come dice la norma, possono collaborare in forme e in ambiti predeterminati, attinenti all’esercizio delle proprie imprese oppure scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica, oppure ancora esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa.
La legge lascia alle imprese la facoltà di decidere se dotare la rete di un organo comune e di un fondo patrimoniale comune. A queste scelte corrispondono conseguenze giuridiche molto diverse: • reti di “scambio”: hanno una struttura organizzativa semplificata (non prevedono la costituzione di un organo comune e di un fondo patrimoniale comune). Obiettivo: scambio e condivisione di informazioni, di know-how e di prestazioni. La gestione della Rete è affidata in capo a ciascun parteci-
pante retista. • reti “leggere” [Rete-Contratto]: fanno riferimento alla quasi totalità delle reti di imprese sinora costituite in Italia. Hanno una governance più strutturata che prevede la costituzione di un organo comune e di un fondo patrimoniale comune. • reti “pesanti” [Rete-Soggetto]: come le precedenti, prevedono la costituzione di un organo comune e di un fondo patrimoniale comune, ma con la differenza sostanziale che la Rete deve essere registrata al Registro delle Imprese.
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