Famija Arciunesa

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LA NOSTRA STORIA

133 anni fa moriva don Carlo Tonini, un instancabile promotore di Riccione.

E con 50 bambini bolognesi nasceva il turismo sociale Riproponiamo un Articolo pubblicato nel 1986 da F.A. con le uniche modifiche alla date aggiornate dei 25 anni trascorsi di Don Tonini, Don Pietro Grandicelli censisce attorno al 1830, 800 persone, il sucessore, Don Luigi Bugli, 1300. Quanto sopra detto toglie il paese dall’indecenza: la mortalità infantile non è più al 50% e la vita media a 23 anni come prima del ‘30. Si forma a Riccione anche la nuova borghesia locale, che timidamente si affianca all’aristocrazia terriera riminese. II capomastro Giovanni Mazzocchi alloggia 14 famiglie nelle sue case, Francesco Papini agricoltore e commerciante acquista una barca al parone Settimio Mercatelli, il figlio Giovanni finanzierà la prima colonia al mare a capitale riccionese. Don Tonini riprende la parrocchia alla fine di questo periodo, c’era già stato dal ‘32 al ‘37, prima d’essere chiamato in duomo, ritorna nel’48 per restare fino alla morte avvenuta trent’anni esatti dopo. Viene richiamato per far dimenticare la triste esperienza di Don Antonio Fiorani Ronci, che venne addirittura espulso e processato, e per gestire un periodo difficile della chiesa e della comunità parrocchiale. Dal ‘48 al ‘60 l’instabilità politica e il brigantaggio rallentavano i traffici, una serie di naufragi con perdite di barche e molte vite umane fa maturare nei padroni delle barche migliori la volontà di trasferirsi. La foce del Melo non dà garanzia; non si esclude anche una riduzione dei mercati, la fine delle bonifiche lascia i «casanoli» senza lavoro continuativo. Ma il colpo mortale avverrà nel ‘61 - un anno dopo l’unificazione - quando la ferrovia costruita a tempo di record azzera il lavoro della Flaminia. Bologna è città d’Italia, può comunicare con il sud anche attraverso la Toscana e allacciare rapporti commerciali liberi col nord, Roma è isolata e in definitiva Riccione è tagliata fuori. Don Tonini non s’arrende, fa della risoluzione dei problemi economici dei suoi parrocchiani il motivo terreno della sua missione. Inizia col far progettare la palificazione del Melo, ma non trova i finanziamenti, pur cercandoli ovunque. Ci penserà la Ceccarini nel 1897, 19 anni dopo la sua morte, stanziando le 60.000 lire che necessitano. Questa sconfitta non lo ferma, va spesso in biblioteca a Rimini,

Don Carlo Tonini nasce a Rimini nella Parrocchia di S. Agnese nel 1807. A nove anni è già in seminario, orfano di entrambi i genitori, con due sorelle ed un fratello più giovane nella miseria più nera. Il padre Francesco e la madre Caterina Mercatelli, morirono probabilmente di stenti, erano anni di grandi carestie, con gli eserciti di mezza Europa che si inseguivano lungo la Penisola e a questo bambino pio ed intelligentissimo, sebbene poco dedito allo studio, tale orribile sorte venne evitata per l’intercessione del parroco Don Gaetano Frioli e la benevolenza del vescovo Monsignor Valfardo Ridolfi che gli permisero l’accesso gratuito in seminario. E’ nominato parroco a Riccione nel ‘32 a 25 anni. Il suo è un tempo difficile, intervengono mutamenti di ordine economico e sociale, tali da far cadere in profonda crisi l’economia extragricola della parrocchia. Siamo nel 1850 e, contrariamente a quanto si possa credere, la metà della popolazione si dedica ad attività non agricole e tale popolazione è concentrata nella fascia a mare e soprattutto lungo la via Maestra (C.so F. Cervi); là sono attive tre locande, le stalle per il cambio dei cavalli, attività legate all’indotto commerciale delle produzioni dell’entroterra, in quanto solo in quel punto queste possono confluire su una strada di collegamento. Riccione è in posizione strategica, fuori della cerchia urbana, è il passaggio obbligatorio di tutte le merci e persone che dalla legazione delle Romagne attraverso l’Emilia e l’Adriatica vogliono confluire verso Ancona seguendo l’Adriatica stessa, oppure il Furlo e Roma seguendo la Flaminia, la distanza da Bologna e da Ferrara è tale da obbligare il cambio dei cavalli. C’è fermento anche in agricoltura, sulla base del catasto Calindri, si imponevano le imposte al terreno non in base al reddito ma alle redditività potenziali, costringendo i grandi proprietari terrieri ad aumentare le produzioni e a bonificare le ultime paludi a monte della Flaminia. I «casanoli» ebbero lavoro continuativo per bonificare la piana della Colombarina e quella di Fagnano. II predecessore

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