Professione Veterinaria, Anno 2009, Nr 35

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laPROFESSIONE

Numero dei veterinari Riflessioni

VETERINARIA 35 | 2009

Ma quanti veterinari! Il mondo professionale, l’università ed il Ministero cercano soluzioni per contenere il numero dei veterinari di ANTONIO MANFREDI he in Italia ci siano troppi Medici Veterinari lo si sa da tempo, lo sostengono da anni l’ANMVI, la FNOVI e negli ultimi tempi anche il Ministero (MIUR) e lo stesso mondo universitario. Negli ultimi mesi si è sviluppato un importante confronto fra queste quattro realtà e, nonostante qualche difficoltà di percorso, si è riusciti a stilare un documento comune, sostanzialmente recepito dal Ministero, arrivando per l’anno accademico 2009/2010 ad un’ulteriore riduzione del numero programmato, sia pure poi parzialmente rivista su sollecitazione di alcune Facoltà, ed è partito a settembre un Tavolo tecnico di confronto permanente presso il Ministero. La volontà di tutti è di arrivare al più presto ad una soluzione condivisa che da un lato riduca in modo consistente il numero programmato di iscritti al Corso di Laurea in Medicina Veterinaria, riequilibrando la situazione estremamente critica evidenziata dal mercato, e dall’altro garantisca comunque i finanziamenti alle Facoltà per poter arrivare ai parametri previsti per il riconoscimento europeo EAEVE. La Conferenza dei Presidi, rispetto a qualche anno fa, è oggi consapevole della necessità di una significativa contrazione degli iscritti, non solo per esigenze del settore veterinario, ma anche perché solo attraverso questa è possibile per le Facoltà di Medicina Veterinaria poter rientrare nelle condizioni richieste dall’Europa per il loro riconoscimento. Il problema grave, che deve però essere superato, è che essendo i finanziamenti statali legati al numero degli iscritti e ripartiti all’interno dell’Ateneo sulla base di questi, la riduzione di questo numero porterebbe automaticamente ad una forte contrazione delle risorse economiche che metterebbe le Facoltà nell’impossibilità di fare gli investimenti strutturali che l’Europa richiede. Per restare in ambito veterinario, è il classico cane

C

NUMERO CANCELLATI DAGLI ORDINI Anno

Cancellati

Totale iscritti

Percentuale

2007

298

26185

1,13%

2008

252

26918

0,93%

2009

114 sino al 13 ottobre

(Fonte FNOVI)

che si morde la coda. Le Facoltà di veterinaria hanno due esigenze che al momento rischiano di essere fra loro contrastanti: dovrebbero ridurre il numero degli iscritti ma nello stesso tempo effettuare investimenti per i quali non avrebbero più i finanziamenti. Si deve riuscire a superare questa situazione veramente assurda. ANMVI e FNOVI, sostengono, ovviamente, le richieste dell’Università perché alla fine sono le stesse che da tempo esprime il mondo professionale: numero minore di iscritti e maggior qualificazione del corso di laurea. Visto che il Ministero sembra essere d’accordo sulla contrazione del numero di iscritti, la soluzione del problema sembrerebbe finalmente a portata di mano. Purtroppo non è così. Oggi in Italia abbiamo 14 Facoltà di Medicina Veterinaria, un numero assurdo per le esigenze del paese. Se il numero degli iscritti venisse portato a 700, per avere 600 nuovi laureati all’anno, dato evidenziato da tutte le ricerche effettuate come esigenza massima del settore, si dovrebbe arrivare a 50 iscritti per Facoltà. Ma avrebbe senso una ripartizione così? Ci sono Facoltà che per strutture, servizi e numero di docenti sono lontanissime da un possibile riconoscimento europeo, ed avrebbero difficoltà a raggiungerlo negli anni anche con 10 o 20 iscritti in tutto. È evidente quindi che, per raggiungere l’obiettivo ormai voluto da tutti, si deve avere il coraggio di tagliare il numero delle Facoltà, portandolo più o meno vicino a quello di altri paesi europei. In questo modo si potrebbero recuperare finanziamenti per sostenere le Facoltà migliori verso il cammino di qualificazione che le porterà al riconoscimento europeo. Capisco che

parlare in Italia di chiudere delle Facoltà sia quasi impensabile. L’Anmvi, nonostante una sentenza del Tar del Lazio, non è ancora riuscita a far chiudere il Corso di Laurea di Catanzaro più o meno inesistente per mancanza di strutture e docenti. La via, però, forse l’unica, è proprio quella di ridurre il numero delle Facoltà, a nostro avviso non c’è alternativa. Quali dovrebbero essere chiuse? Potremmo anche avere qualche idea ma non credo che stia a noi prendere questa decisione. Esiste un Comitato per la valutazione dei Corsi Universitari, vedano loro quali hanno un potenziale futuro e quali invece non hanno prospettive, e questo partendo dai parametri europei e dalle reali esigenze territoriali. In molti casi costerebbe meno chiudere la Facoltà e mantenere gli studenti presso un’altra città dove esiste un Corso di laurea qualificato, piuttosto che tenere in piedi una struttura che, oltretutto, non è in grado di formare Medici Veterinari professionalmente preparati. Mi rendo conto che queste riflessioni faranno venire qualche mal di pancia ma è ora che si incominci a dire che solo in questo modo si possono affrontare i problemi della veterinaria. Il Ministero ha chiesto ai componenti del Tavolo tecnico permanente, che sta affrontando questi problemi, di poter avere dati precisi sulla distribuzione dei veterinari a livello territoriale ed indicazioni chiare su quali sarebbero le necessità per i prossimi anni di nuovi laureati in veterinaria in ogni regione. Questi dati saranno la base per arrivare a quantificare il numero necessario di iscritti rispetto alle esigenze del mercato e potranno anche essere utili per una valutazione delle diverse Facoltà.

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In attesa che le indagini e le ricerche già previste dall’ANMVI e dalla FNOVI possano portare indicazioni precise e certe sulle quali poi valutare gli interventi da fare, possiamo comunque esprimere qualche considerazione. Un parametro sul quale si potrebbe ragionare è la percentuale di cancellazione dagli Ordini o quella di pensionamento. Il ragionamento può essere: se ogni anno il 3% dei veterinari va in pensione avremo bisogno dello stesso numero di giovani laureati per sopperire alle esigenze del mercato. Lo stesso può valere per le cancellazioni dagli Ordini. Entrambi questi due parametri hanno intanto un difetto comune: partono dal numero attuale di veterinari che è già decisamente fuori mercato perché troppo elevato. Questo numero di partenza dovrebbe quindi essere ridimensionato e ridotto rispetto alle reali esigenze, di quanto? Probabilmente di almeno un 15/20%. Detto questo, fra i due possibili indici escluderei quello riferito al pensionamento perché non corrisponde alla realtà. Per esperienza sappiamo tutti che sia i veterinari pubblici che quelli privati continuano a svolgere attività anche dopo il raggiungimento della pensione. Sarebbe quindi un dato che non esprime le condizioni reali del mercato. Ha certamente più senso basarsi sulle cancellazioni dagli Ordini. Il dato preciso fornito dalla FNOVI è indicativamente intorno all’1% che rapportato al totale dei veterinari italiani, corretto come sopra spiegato (22.000), ci porta ad un numero di circa 220. Possiamo anche raddoppiare questa percentuale (2%) pensando che qualche veterinario vada veramente in pensione ed arrivare a circa 500. Questo è il numero massimo di laureati che necessita ogni anno, nei prossimi anni, per mantenere un equilibrio del settore. Quindi non più di 600 iscritti come numero programmato, numero che dovrebbe essere sufficiente anche per mantenere l’equilibrio finanziario dell’ENPAV considerato anche che, lavorando tutti e meglio, i versamenti per la previdenza obbligatoria potrebbero essere più elevati. Certo, detto questo, abbiamo solo un punto di partenza, restano tutti gli altri problemi: numero delle Facoltà, finanziamenti, distribuzione territoriale, qualità dei Corsi di laurea, specializzazioni, lauree brevi. Nei prossimi articoli ragioneremo anche su questi punti. Nel frattempo se avete suggerimenti o critiche, ben vengano. ■


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