Erodoto108 n°16

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nave stava per attraccare. Avrebbe sventolato anche lui la bandiera nera, quella bandiera che per dieci anni aveva tenuto piegata in tasca… erano pirati, come lui.

Se poi fossero stati loro! Se fosse stata la nave dei suoi compagni, sarebbe stata la festa più bella. Non li odiava, non riusciva. Non serbava rancore per quei compagni che lo avevano lasciato lì: era certo che gli avrebbero dato una spiegazione ragionevole.

Ragionevole. Sì, è buona cosa che io la smetta. Che io ragioni e parli in prima persona, non in terza, come chi guarda da fuori. Se è la mia storia, parlo io. Non la guardo da fuori, se ci sono dentro. E chi mi leggerà, lui, sarà lui a leggere la mia storia come una memoria: sarà lui a vedermi lontano, senza che io mi sforzi di farla parere distante, importante, la storia, usando i verbi al passato. Già, io vorrei diventare famoso. E un attimo fa scrivendo, ero pronto a dare mille particolari della mia vicenda. Senza pensare che poi, se davvero nei secoli futuri, questo mio racconto circolerà, allora lo tradurranno, lo racconteranno, lo trasformeranno. E le mie parole diventeranno altre. Tanto vale usarne poche. Se ne usi poche, sei chiaro per forza, precipiti chiarezza. Precipitare. Ecco quel che mi capitava in testa: tante immagini, una dietro l’altra, una discesa di forme e colori. Fra poco avrei accolto quei pirati con un banchetto di carne cotta sotto la sabbia: già mi vedevo la scena. Speravo che fossero i miei vecchi compagni. Gente che mi aveva lasciato lì dieci anni prima, nel 1740, neanche approdando, lasciandomi al largo su una barca a remi. ‘Esplora il territorio, noi saremo qui fra due giorni’, mi disse il capitano. Mi avevano lasciato qui, perché su quest’isola volevano fare una base per le riserve di cibo e di armi. Un’isola che si sarebbe aggiunta alle tante altre che in mezzo all’oceano garantivano sicurezza ai pirati: una rete di isole cui approdare sicuri, approvvigionarsi. Isole popolate da enclave variabili, di gente amica, che crescevano, mutavano e scomparivano senza che alcuno al mondo ne sapesse nulla. Perché quelle isole sulle mappe non c’erano, non avevano nome né forma. Eppure lì gli adulti si amavano: uomini con uomini,

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