Erodoto108 n°13

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editoriale

sette vite dopo l’abbandono. come un gatto.

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al ce ne incolse. Colpa nostra, ma Erodoto funziona così: a fine estate, giorni per pensare al numero invernale della rivista, ci troviamo sul tavolo, per caso, il racconto attorno a un paese abbandonato in Liguria (lo ha scritto Valentina Cabiale), poi Maria di Pietro ci parla di Apice, in Campania e, quindi, quasi a incastro, Claudia Mezzapesa e Marco Turini ci dicono delle rovine di un grande sanatorio abbandonato sulle prime colline di Firenze verso l’Appennino. Così, Erodoto ci sfugge di mano: in una settimana veniamo sommersi da storie di abbandoni, ci arrivano decine di foto di paesi-fantasma (leggiamo che, in Italia, sono mille e cinquecento), i fotografi si appassionano ai materassi sfondati, alle mura scrostate, alle sedie dove nessuno siederà mai più, ai tavoli con ancora i piatti quasi ben disposti. Writers decorano pareti crepate di ogni sorta di scritte. Location manager scelgono Roscigno, Alianello, Craco come luoghi da far risorgere in pellicola (se ci fosse ancora la pellicola). Per settimane, ogni volta che dicevamo di stare lavorando a un numero sull’abbandono, ci arrivavano nuove foto, nuove descrizioni, nuove idee, nuovi suggerimenti. Un bel libro sull’abbandono finisce nelle finali del premio Campiello e la sua autrice, Carmen Pellegrino, non ha intenzione di scrollarsi di dosso la fama di abbandonologa. Sono stati organizzati concorsi radiofonici sui luoghi abbandonati e vi è chi mette su Internet una collezione pignola di paesi-fantasma.

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abbandono, in altre parole, affascina, incuriosisce, intriga. A noi è venuto in mente: è facile. E impressionante. È facile fotografarlo (ma alla fine le foto rischiano di apparire tutte simili). Ma non è per niente facile raccontarlo. Più fotografi che scrittori, in questo numero, perché le parole non sono capaci di sfuggire alla banalità. Ma siamo stati bravi e fortunati: Laura Mezzanotte ha visto l’ultimo matto, dopo sessanta anni di reclusione, abbandonare un manicomio lasciando il cancello aperto mentre l’edificio alle sue spalle cominciava a sgretolarsi. Claudia e Marco hanno incontrato migranti fra le rovine di quel sanatorio, mentre io vedevo Thomas Mann tornarvi per nostalgia della Montagna incantata. Vanni Santoni, giovane e bravo scrittore toscano, ci ha narrato di un viaggio in chiave rave verso luoghi abbandonati della Bosnia. Pasquale Doria, giornalista materano, è tornato nella stazione della sua città che mai ha accolto un treno. Sandro Abruzzese è salito a Pavana, in Appennino e, una volta tanto, non ha bussato alla porta di Guccini, ma è andato a trovare Azzurra D’Agostino, poetessa di ‘un mondo spopolato’. Fabio Bertino ci ha ricordato l’abbandono nucleare di Chernobyl. Francesca Cappelli ha raccontato di Francesca Woodman che fotografava se stessa nei luoghi dell’abbandono. Emmanuele Curti, archeologo che vive fra i Sassi di Matera, ha guardato alle foto degli abbandoni e ha sperato che quelle case si ripopolassero. Tino Mantarro è andato nei vecchi capannoni della Falck (meno di un secolo è durato il progresso industriale) per sentire rimbombare il silenzio sotto i suoi passi. Le parole si sono infiltrate nelle immagini della


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