Vincenzo Caruso. I Forti dello Stretto di Messina. 1862 1914. Edas 2006

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colare, alcuni erano anche stati a capo dell’amministrazione (ricotti e Bertolè Viale sarebbero infatti tornati a guidarla). Pianell, cosenz, i due Mezzaçapo17 e longo18 (un ex-ministro di francesco II e due ex-garibaldini), garantivano poi l’apporto della tradizione militare delle regioni meridionali e sembravano confermare con la loro stessa presenza l’avvenuta saldatura della difesa dell’Italia peninsulare ed insulare con quella continentale in un unico sistema. si trattava insomma di un qualificatissimo gruppo di esperti dell’arte militare facenti anche parte della rappresentanza politica del Paese19. 2.1. La seduta del 12 luglio 1881 e la nomina della Commissione Mista per gli studi della Difesa dello Stretto, della città di Messina e del suo porto. In riferimento a Messina, la commissione affrontò per la prima volta il problema della difesa della città e allo stretto nella seduta del 12 luglio 188120. In essa, il tenente Generale Giacomo longo prese la parola per ricordare che nel Piano ridotto di difesa dello stato, era stata abbandonata la difesa dello stretto rispetto al Piano Generale, nel quale si riconosceva invece l’importanza di sistemare le varie opere allo scopo di: offrire una sicura difesa alla città di Messina e allo stretto, assicurare alle truppe una valida posizione di ritirata e di appoggio per la difesa della sicilia, favorire all’occasione, un ritorno offensivo nell’isola. a causa delle esigue somme disponibili, gli studi che vennero fatti si erano quindi limitati alla difesa del porto mediante alcune batterie che, qualora fossero state costruite, sarebbero rimaste indifese dal lato di terra; inoltre, la proposta del comitato d’artiglieria e Genio di raccogliere nei magazzini di Messina i materiali occorrenti per la costruzione di un campo trincerato occasionale, non era stata accettata. lo stretto risultava in quel momento totalmente indifeso. In seguito al quesito posto dal Ministero della Guerra, la commissione riprese in esame la necessità di difendere lo stretto tornando alle prime proposte della commissione Generale di difesa. In quella seduta, l’ammiraglio Martini rilevava la grande importanza che lo stretto avesse per la flotta come base delle sue operazioni ed evidenziava la necessità di erigere opere fortificate sulle due sponde del canale di Messina che, con il loro fuoco incrociato, avrebbero potuto impedire alla flotta nemica di stazionare nelle sue acque. a conclusione del dibattito che ne seguì in quella seduta, il tenente Generale luigi Mezzacapo, presidente della commissione, mise ai voti la seguente deliberazione: La Commissione crede conveniente che le fortificazioni di Messina debbano soddisfare ai seguenti compiti: 1) la difesa dello Stretto; 2) la difesa del porto e della città, dando alle opere le caratteristiche di doppia testa di ponte, in modo da potervi raccogliere successivamente le truppe prove-

3. nienti dal continente e destinate a riprendere l’offensiva in Sicilia nel caso in cui le forze assegnate alla prima difesa dell’isola, siano state obbligate a ripiegare; 3) un punto di rifornimento per la nostra squadra navale. Queste proposte passarono tutte all’umanità. In seguito a quella votazione, il Ministero della Guerra, col dispaccio del 14 agosto 1881 n° 8530 riservato, emanò particolari disposizioni circa il piano di massima delle opere fortificate e dell’armamento di artiglieria da redigersi per la difesa dello stretto e del porto di Messina. nel frattempo, altri studi venivano pubblicati, relativamente alla difesa marittima delle coste, ad opera di qualificati ufficiali della Marina Militare. alle strategie difensive, sostenuta dai colleghi dell’esercito, orientate principalmente ad un’offensiva continentale, essi contrapponevano la tesi di una necessaria quando indispensabile difesa marittima, centrata sulla flotta e capace di contrastare i possibili sbarchi nemici sulle estese coste del territorio nazionale. In particolare, relativamente alla difesa del Bacino del tirreno e dello Jonio, il tenente di vascello domenico Bonamico, nel 1881 individuava in Messina, centro strategico di primaria importanza, la miglior base d’operazione del Mediterraneo. la posizione geografica della città era tale che in un raggio di 180 miglia era possibile comprendere: tutta l’isola tutta la costa meridionale dell’Italia fino a capo colonna, imboccatura del golfo di taranto tutta la costa occidentale fino a napoli l’isola di Malta a 16 miglia all’ora, una flotta difensiva di stanza nel porto di Messina avrebbe potuto in meno di 12 ore trovarsi sul punto minacciato dal nemico21. Ispirandosi alle affermazioni fatte dalla commissione per la difesa dello stato: “La Sicilia deve essere considerata come il prolungamento della Calabria: lo Stretto deve essere considerato come un fiume, delle cui sponde dobbiamo sempre considerarci in possesso. La difesa della Sicilia deve essere fondata sul principio che lo Stretto non deve esistere. Padroni dello Stretto, ci rimane garantita la possessione della Sicilia“ 22, propose i seguenti criteri per approntare la difesa tattica dello stretto: l’artiglieria costiera è il solo fattore veramente efficace, ma le condizioni tattiche che si prestano a dominare l’imboccatura a nord non consentono alla stessa stregua, di sviluppare una buona linea di fuoco che domini quella a sud; Le zone più vitali della piazza possono considerarsi corrispondere alla linea del Faro che misura tre chilometri di larghezza e quella Gallico-Gazzi che ne misura otto circa; Il fondamento della difesa interna allo Stretto è limitato all’impiego di buone batterie elevate con armamento misto di cannoni e obici da 225 mm. capaci di dominare da posizioni sicure, lo specchio d’acqua sot-

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