I Nostri Cani - novembre 2017

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La scienza studia le tante somiglianze

Il cane, l’uomo e la genetica

Che il cane fosse il migliore amico dell’uomo, è un fatto risaputo da secoli. Ma oggi si ha la certezza che questa unione va ben oltre la proverbiale amicizia a tutti nota, presupponendo dei veri e propri “legami di sangue” basati sulle analogie esistenti tra i patrimoni genetici delle due specie. La “somiglianza” genetica tra cane e uomo è emersa in tutta la sua portata dopo la conclusione, qualche anno fa, di quell’immane impresa nota come “Progetto Genoma”, grazie al quale si è arrivati all’identificazione ed alla mappatura completa di circa 30.000 geni umani (lavoro conclusosi nel 2003), cui è seguito un analogo progetto nel cane. Tali affascinanti aspetti sono stati ripresi e descritti in una review, che rappresenta un po’ lo “stato dell’arte” dell’argomento, pubblicata qualche anno fa dalla prestigiosa rivista scientifica “New England Journal of Medicine”. Come ne sottolinea l’autrice, la dott.ssa Elaine Ostrander, direttore della Sezione di Genetica dei Tumori del National Human Genome Research Institute di Bethesda negli Stati Uniti, il genoma canino è molto simile a quello umano. Un altro aspetto che rende il cane così vicino all’uomo è il fattore ambientale,

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basato sulla condivisione di spazi ed abitudini. Vivendo fianco a fianco con noi, il nostro cane beve la nostra stessa acqua, non di rado assume persino il nostro stesso cibo ed è esposto agli stessi contaminanti ambientali (es. pesticidi) che sono potenzialmente in grado di provocare alterazioni a livello del DNA e di favorire di conseguenza la comparsa di malattie e, nella fattispecie, di tumori. Quella delle interazioni geni-ambiente rappresenta in effetti la grossa area di ricerca del futuro. Elaine Ostrander, che è stata la promotrice del progetto per il sequenziamento del genoma del cane ed è l’autrice del libro: “The dog and its genome” (“Il cane e il suo genoma”), ha sottolineato infatti che i cani e gli uomini condividono numerose malattie, tra cui i tumori, l’artrite, l’epilessia, l’atrofia della retina, alcune patologie autoimmuni come il lupus, ma anche problemi di natura comportamentale, quali i disordini ossessivo-compulsivi, di cui è stata recentemente riconosciuta una componente genetica. “L’unico disturbo che osserviamo solo nel cane – osserva la Ostrander – è una particolare forma di torsione dell’intestino”. Più recentemente, la Ostrander si è fatta

promotrice di nuovi imponenti progetti con il coinvolgimento di competenze e risorse scientifiche da tutto il pianeta, con lo scopo di identificare le mutazioni genetiche responsabili di malattie come il carcinoma gastrico, l’emangiosarcoma,il sarcoma istiocitico, il carcinoma della vescica a cellule transizionali, solo per citarne alcune. Il cancro è la principale causa di morte nei cani, in cui sono state rilevate alterazioni cromosomiche analoghe a quelle osservabili nell’uomo, suggerendo una comune origine genetica per una serie di tumori che colpiscono entrambe le specie, fatto questo che ha permesso di gettare i presupposti anche per nuovi approcci terapeutici.

PERCHÈ STUDIARE IL GENOMA CANINO L’interesse per il genoma canino quale strumento per una migliore comprensione dei meccanismi alla base delle malattie umane è abbastanza recente e trova il suo razionale nelle caratteristiche peculiari del corredo genetico di questa specie. Come ha evidenziato nel suo lavoro la Ostrander, i cani, discendenti dal Canis lupus familiaris, hanno subito una forte pressione selettiva da parte dell’uomo, che è intervenuto a modificarne artificialmente il processo evolutivo, creando, a sua insaputa, una sorta di “laboratorio genetico vivente”. Il fenomeno ha avuto inizio fin dai tempi della domesticazione del cane dal lupo grigio, risalente a decine di millenni or sono, ma si è accentuato in modo particolare in epoca vittoriana, dando origine alle razze pure. La maggior parte di queste discende da un ceppo ri-


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