La scimitarra e la spada anteprima

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I PIRATI BARBARESCHI

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come se ciò non bastasse il vento cambiò, invece dello scirocco favorevole alla partenza, prese a soffiare un vento di tramontana, che rendeva difficile alle navi in rada di allontanarsi. Un brigantino infatti fece per uscire dalla rada, ma per la fretta e lo scarso consiglio si arenò sul lido sabbioso, altri che gli venivano dietro si urtarono e presero ad ammucchiarsi. Il mattino dopo, tra le nebbie che quasi sempre al mattino velano le spiagge basse delle regioni africane, a qualcuno parve di scorgere all’orizzonte una moltitudine di vele con la mezzaluna. Il panico dilagò come fuoco. Scipione Doria, visto il pericolo, fu il primo a fuggir via verso Malta, riuscendo così solo a salvar se stesso. Le poche navi che stavano ancora fuori dalla rada diedero di remi e bordeggiando l’isola presero il largo. Gian Andrea fece accostare la Reale, vi salì e fece vela poggiando al vento, ma si arenò anch’essa sul lido. Il Doria allora pensò bene di andarsi a rifugiare nella fortezza, ché non c’era altra soluzione. Tutti i legni in rada volevano togliersi di là, ma non facevano altro che dare addosso gli uni gli altri e le navi, cariche di fanti, si ritrovarono immobilizzate al centro della rada. Luccialì, capo dell’avanguardia turca, non poteva credere ai suoi occhi. La confusione regnava nel porto. Dalle bocche dei “cani Nazzareni” non uscivano che urla e pianti e lamenti e ordini che nessuno eseguiva. Così, entrato in rada, fece sparare alcuni cannoni rovesciando ferro e fuoco sulle navi nemiche, poi ordinò ai suoi di scendere a terra e questi sciamarono e d’un sol colpo catturarono più di 30 galere di Sicilia, Napoli, Firenze, Roma e Genova, tra cui la Reale, con tutti gli uomini ancora a bordo. Giunse infine la flotta di Pialì Pascià. Ebbri per la facile vittoria, gli uomini di Pascià si rovesciarono a terra e diedero la caccia ai fuggiaschi dando così inizio alla carneficina. – Sulla torre della fortezza vidi il Doria, il conte e gli altri che vi si erano rifugiati, che contemplavano inermi e inorriditi lo scempio che si stava consumando: “navi e galere in mano ai Turchi, soldati e capitani cinti di catene, bastimenti grossi e


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