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Quindi è un film di fantascienza in abiti ottocenteschi? “Sul serio, credo che ci volesse tutto il Novecento, le disillusioni del secolo breve, la caduta delle ideologie, il fallimento delle ‘magnifiche sorti e progressive’, per cogliere tutta la modernità del poeta e del filosofo. Oggi è l’alba di Leopardi, soltanto ora comincia davvero a parlarci. E ci parla di questioni fondamentali della vita: il rapporto con la natura e con la scienza, la ricerca della felicità e il valore delle illusioni. È un artista profetico, come Pasolini, e per questo

che Leopardi sarebbe diventato l’autore italiano più presente sulla stampa anglosassone, prima grazie al successo dei Canti tradotti da Galassi e ora dopo la prima traduzione in inglese dello Zibaldone. (...) Il suo lavoro teatrale sulle Operette Morali è stato di scena a New York. E finalmente il N.Y. Times ha scritto che Leopardi merita almeno la stessa considerazione di Baudelaire o Rilke. “Doveva accadere che il pubblico americano e inglese scoprisse la grandezza di Leopardi ed è una bella circostanza che succeda proprio adesso. Questo mi fa sperare che il film possa viaggiare per il mondo com’è accaduto per Noi credevamo e forse di più. Quello era un film molto italiano, questo è la storia di un’anima universale, di un’amicizia fra Giacomo e Ranieri, di un rapporto col padre e della fuga da casa di un giovane”.

“La visione di Monaldo come padre padrone reazionario e papalino* si rivela quantomeno ingiusta. Tratto da Era un uomo che disponeva a Recanati all’inizio del XIX secolo di una biblioteca da far invidia alle grandi corti europee, con centinaia di testi scientifici e moltissime opere messe all’Indice dalla chiesa cattolica. È generoso e, pure lui, un illuso. Alla fine aprirà la sua biblioteca a tutti i cittadini, ma nessun recanatese si presenterà all’inaugurazione”.

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Venire in questi luoghi che immaginiamo fin da bambini è un’emozione travolgente. È stato difficile restituirne la meraviglia? “Ho pensato spesso a Borges. Recanati è un labirinto, una prigione borgesiana, mura e libri, libri che sembrano muri e mattoni che paiono libri impilati*. Siamo rimasti prigionieri anche noi, tanto da pensare che sarebbe stato difficile girare ancora a Firenze, Roma e Napoli”.

entrambi continuano ad affascinare le nuove generazioni. In più, il coraggio di rimettersi in gioco in ogni frase. Non c’è verso di Leopardi che non sia autobiografico”. Un po’ profeta è anche lei. Quattro anni fa, quando ha cominciato a scrivere con Ippolita Di Majo, nessuno poteva immaginare

Quanto pesa il poter contare sul talento di Elio Germano come protagonista? “Molto. Ho pensato subito a lui. Senza Elio non avrei fatto il film. Si è immerso in Leopardi con un entusiasmo contagioso. Dopo pochi giorni di lavoro era già in grado di imitarne alla perfezione la grafia. È essenziale anche l’intesa con Riondino che è Antonio Ranieri, l’amico della vita, colui che lo porta via dall’oppressione familiare, il vero fratello di Giacomo e forse l’unico contemporaneo che ne comprende la grandezza”. A proposito, la scelta di un attore raffinato come Popolizio suggerirebbe una visione un po’ più complessa di Monaldo Leopardi, il padre più maltrattato nella storia della letteratura, almeno fino a Kafka.

Il giovane Giacomo fugge da Recanati sperando d’incontrare la gloria, l’amore, il riconoscimento, ma s’imbatterà ovunque in un’Italietta contadina e declinante. C’è qualcosa che ricorda il presente, l’amarezza di tanti giovani di talento? “Questo lo lasciamo agli spettatori. A me interessa raccontare la storia di un uomo in conflitto col proprio tempo, con il conformismo di un’epoca”. (…)

Glossario arte surreale: che supera la dimensione del reale prosaico: con poca idealità, interessato più alle questioni materiali che alla finezza e all’eleganza avanguardia teatrale: le idee più nuove nel mondo del teatro impilati: posti uno sopra l’altro reazionario e papalino: chi si oppone alle novità e appoggia il papa

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