Materia Rinnovabile #17

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materiarinnovabile 17. 2017 rivieraschi ha permesso di raggiungere risultati su due piani: migliore conoscenza di cosa viene disperso nell’ambiente e della sua provenienza; acquisizione di maggiore consapevolezza sul tema a livello di collettività, attraverso l’ampio coinvolgimento dei volontari nel lavoro di raccolta e analisi dei rifiuti. In una mappa accessibile online sono disponibili i risultati delle indagini svolte da Legambiente e dalla rete Clean up the Med sin dal 2014. Altre info •• Marine LitterWatch, www.eea.europa.eu/ themes/coast_sea/ marine-litterwatch •• Plastic Pollution Coalition, www.plasticpollution coalition.org •• Surfrider Foundation, www.surfrider.org/ initiatives/plasticpollution •• Ban the Bag, act.greenpeace.org.au/ efforts/ban-the-bag-1 •• “Production, use, and fate of all plastics ever made”, Science Advances, 3, 7, 2017, advances.sciencemag. org/content/3/7/ e1700782.full

E ancora dati, impressionanti, sono stati forniti da Francois Galgani, docente presso Ifremer (Istituto francese di ricerca marina), come le 25.000 tonnellate di plastica che ogni giorno entrano in mari e oceani. Dove si trovano le plastiche? Pressoché ovunque, dal Mediterraneo all’Antartide, e diffuse tra i fondali marini, in superficie, sulle spiagge, nei ghiacci, nel biota, nei sedimenti, in atmosfera. E sono ben 700 le specie animali marine che vengono colpite da questo flusso colossale di rifiuti nelle acque, il 30% del quale è costituito da sacchetti in plastica, con il risultato che in determinate aree il 100% della popolazione di tartarughe marine ha ingerito plastiche, non riuscendo a distinguere i sacchetti dalle meduse di cui si alimentano. Per il ministero dell’Ambiente italiano, Mariano Grillo (direttore generale Rifiuti e Inquinamento) ha toccato il tema della recente legislazione in materia di pulizia dei fondali marini. Il provvedimento legislativo assunto dall’Italia prevede anche l’attuazione di un accordo di programma per la gestione dei rifiuti nei porti, coinvolgendo autorità portuali e capitanerie. Oltre alla raccolta dei rifiuti dai fondali, l’accordo prevede anche il trasporto dei rifiuti recuperati agli impianti di trattamento. Altre misure sono contenute nel decreto di recepimento della direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino: un progetto per la definizione di misure

per migliorare la gestione dei rifiuti (riciclo, recupero, riutilizzo) e lo studio della filiera della raccolta e smaltimento dei rifiuti. Inoltre è allo studio un sistema volto a favorire il recupero dei rifiuti in plastica nei fiumi, ossia prima che arrivino al mare. Fabio Fava, docente di biotecnologie industriali e ambientali e rappresentante italiano nel comitato di programmazione sulla bioeconomia per Horizon 2020, ha infine rimarcato come la concreta attuazione dei principi dell’economia circolare – e in particolare di una bioeconomia circolare – sia una strada obbligata per ottenere importanti vantaggi. Sia dal punto di vista ambientale sia sul piano di rilancio dell’economia e dell’occupazione in settori e in aree critiche da questo punto di vista (aree rurali e aree costiere dove nessun altro tipo di attività industriale potrebbe insediarsi). Queste linee guida caratterizzano anche la recente strategia nazionale italiana per la bioeconomia, adottata a inizio anno. Il ministro italiano dell’Ambiente, Gianluca Galletti, ha ribadito come sia importante l’allargamento della coalizione, al fine di promuovere la riduzione dei rifiuti in plastica nel mare e l’eliminazione dei sacchetti in plastica monouso in tutti i paesi. Il marine litter è un rischio non solo per gli ecosistemi, ma anche per la salute umana e per i settori economici che vivono della qualità degli ambienti marini e costieri. L’ambiente ci manda un messaggio chiaro, secondo Galletti: o vinciamo tutti insieme o perdiamo tutti insieme. Soprattutto in ambiti chiusi, come il Mediterraneo, il problema si fa più grave. Per questo l’Italia è stato il primo paese a mettere al bando i sacchetti monouso non biodegradabili, rischiando addirittura una procedura di infrazione da parte dell’Unione europea per una scelta, in definitiva, giudicata “troppo ecologica”. La chimica verde, quindi, per il governo italiano è una priorità a doppia valenza, ambientale e di crescita economica, anche per la sua capacità di creare il lavoro che la petrolchimica non è più in grado di garantire. A seguito dell’evento la coalizione si è arricchita di un nuovo membro con l’adesione del Ruanda, di cui su questa rivista abbiamo raccontato la “guerra” contro gli shopper in plastica. Di certo ad oggi la compagine sembra ancora ben lontana dal poter rappresentare una mobilitazione realmente globale per contrastare l’inquinamento dei mari causato dalla dispersione di rifiuti in plastica. 12 nazioni, 13 con il Ruanda, un paese peraltro privo di sbocco sul mare (un’adesione per solidarietà tra paesi inquinati dalla plastica?). Un gruppo eterogeneo, ma ancora molto limitato. A Bologna l’evento si è chiuso con l’augurio che la coalizione possa crescere. Diversamente, il 7° continente, il primo interamente realizzato dall’uomo, resistente, impermeabile e inaffondabile, finirà per essere rilevato anche su Google maps.


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