PAOLO BOZZETTO VENTO NEL VENTO
I L R O M B O
D E L M O TO R E
commercialista con studio a cento metri, in via Barbieri, il fotografo Franco Manfrotto, Sergio Bordin titolare dell’omonima autoscuola di via Beata Giovanna, il grossista di abbigliamento Giulio Calmonte, qualche volta l’imprenditore Augusto Girardini e il manipolo di studenti che attendevano le 15, orario d’apertura della biblioteca civica, per ciondolare svogliatamente sui libri Una passione legava quel cerchio magico: le corse. Meglio, le competizioni automobilistiche
Renato Sonda era stato un professionista del volante, nei primi anni Sessanta Entrato nell’orbita dei clienti privilegiati della Fiat Squadra Corse, aveva il compito di strapazzare la “125 S”, berlina paciosa d’aspetto ma cattiva di motore, e di intromettersi nelle sfide fra Porsche 911 Sc, Alpine Renault A110 e Fulvia HF, regine della specialità.
Era laureato in geologia, insegnava matematica, suonava il contrabbasso e amava motori, controsterzi e derapate. Un tipo originale, Renato Sonda, alla mano, sorridente, la battuta vivace, gentilezza innata, intelligenza pronta Al Danieli di piazza delle Erbe teneva il suo personale ufficio
Lo apriva verso le 14, dopo il pranzo, irrinunciabile il rito del caffè accompagnato dalla lettura del Giornale di Vicenza. D’estate sedeva all’aperto, maniche della camicia arrotolate oltre il gomito. S’accomodava invece nella saletta posteriore del bar quando le giornate s’accorciavano e il freddo cominciava a pizzicare Appoggiava l’inseparabile cappello tirolese di feltro grigio sul ripiano dell’attaccapanni a muro al quale aveva nel frattempo appeso il loden verde Con gesto misurato tirava fuori dalla cartella il pacco di compiti da correggere e la biro rossa Ma non partiva con sottolineature e accidenti indirizzati agli allievi in eterno debito coi numeri
Era un segnale, invece, preciso e metodico, rivolto alla sua personalissima e immancabile corte dei miracoli: Renato iniziava a ricevere
Come rispondessero ad un ordine, lo raggiungevano via via il cognato Franco Pianezzola,
La macchina tra le sue mani diventava bolide Lo sterrato ne solleticava il fine palato, i rettilinei lo facevano smoccolare per via dell’insufficiente potenza
In discesa irraggiungibile.
Aveva imparato sugli sci ad aggredire neve e ghiaccio. Si lanciava a rotta di collo e più la pista precipitava più ci dava dentro Incontenibile. Come nei declivi delle prove speciali Le avrebbe volute tutte all’ingiù, per pareggiare le cavallerie e misurare il coraggio degli avversari
Piccoletto e, stranamente, di carattere pacifico - il contrario di quanti in guerra con l’altezza diventano cronici rompiballe per sopperire alla deficienza antropometrica - si trasformava, quando i giri salivano, in un gigante
Manfrotto gli aveva fatto da navigatore, mettendo a rischio le coronarie
Di rally ne capiva più di tutti, di pista e cronoscalate ne masticava a sufficienza Non sbagliava mai un giudizio quando si trattava di promuovere o bocciare l’aspirante pilota di turno Mica come alla Bellavitis che all’arrivo dello scrutinio finale, cuore tenero, pescava un sei pure per i somari eternamente abbonati al quattro.
Assieme a Bordin, al presidente dell’Azienda autonoma di soggiorno e turismo Beppe
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Nardini, al presidente di Aci Vicenza Angelo Lampertico, con la collaborazione del direttore del Club berico Nico Meschinelli e di Lorenzo Ceccato, papà di Pino, compagno nella squadra torinese, aveva partecipato all’organizzazione della Bassano-Montegrappa, la corsa in salita che dal 1967 al 1971 aveva portato lungo i tornanti del monte sacro prototipi, gran turismo e uno stuolo di 600 con kit e marmitta Abarth Moncini, Pasotto, Pelizzoni, Pilone e Beppino Rossi, i vincitori delle cinque edizioni andate in porto, fecero sognare ad occhi aperti con le loro magie lungo i dieci chilometri del campo di battaglia che si estendeva dalla fornace di Romano Alto all’Albergo Miravalle, costruito accanto alla vecchia osteria dei Lugari, proprio dove la strada improvvisamente s’addolciva. Se la Palladio, capeggiata da Ceo Filippi, era stata la prima scuderia vicentina ad accogliere gli appassionati delle quattro ruote della provincia, la nascita della Bassano Corse, nel 1968, aveva dato un forte impulso all’attività agonistica, aprendo la via della velocità a tanti aspiranti campioni. Il pilota della 125 S, neanche dirlo, era stato un promotore della società, eletto di diritto nel consiglio direttivo presieduto da Lorenzo Ceccato
Sonda non perdeva un numero di Autosprint, il rivoluzionario settimanale di Marcello Sabbatini entrato prepotentemente nel cuore dei tifosi scalzando Auto Italiana. A Bassano arrivava nelle edicole il mercoledì ma a
Padova era già disponibile il giorno prima e a Breganze, vai a sapere il perché, il pomeriggio del martedì Era la “bibbia” di piloti e tifosi, unica rivista a riportare cronache e classifiche di tutte le gare andate in scena la domenica precedente Franco Lini scriveva paginate sulla Formula Uno, Gabriela Noris ed Eugenio Zigliotto (o meglio Tito Zogli, come amava firmarsi anagrammando il cognome) sapevano tutto delle formule minori, Marco Magri e Leopoldo Canetoli s’interessavano di prototipi e gran turismo, Giancarlo Cevenini passava più tempo oltreoceano che non a Bologna per seguire CanAm e Nascar mentre Carlo Cavicchi, con l’appoggio di Guido Rancati, raccontava con penna originale i rally. Uno stuolo di collaboratori, distribuiti capillarmente lungo lo Stivale, copriva il resto. Lettore accanito, Renato era capace di recarsi nella città del Santo nelle due ore di pausa tra un teorema di Pitagora e gli enunciati di Euclide da intrufolare nelle testine vuote degli alunni, pur di essere il primo a sfogliarlo a Bassano e di conoscere in anteprima i risultati Rischiò l’osso del collo anche quel martedì d’aprile targato 1972, entrando e uscendo dalle porte medievali di Cittadella come una freccia scagliata da un arciere d’infallibile mira, schivando pedoni, auto e corriere, e non gli sembrò vero scoprire, “bibbia” in mano, che un socio della scuderia giallorossa, piede pesante e portafogli purtroppo leggerissimo, era tra i papabili, in virtù dei risultati conseguiti nel Trofeo
La scuderia “Bassano Corse”, 1968
Da sinistra in alto: Dario Casale, Piero Monegato, Valerio Bolzonello, Elio Nori, Giuseppe Tizian, Luigi Pellanda, Paolo Baggio, Lorenzo Ceccato, Sergio Bordin, Renato Sonda, Franco Pianezzola
In basso
La tessera sociale della scuderia “Bassano Corse” appartenuta al pilota bassanese nel lontano 1972
Renato Sonda, con la Fiat 125S, partecipò nel ’70 al Monte Carlo, prova del Campionato mondiale rally
La sua vita si alternava dalla cattedra al volante e poi alla scrivania, quale presidente e socio della prestigiosa OZ, fornitrice di ruote in lega leggera, anche per le monoposto di Formula 1 e Moto GP. L’azienda, ora guidata con successo dall’ing Claudio Bernoni, gli ha dedicato il Museo della ruota OZ, inaugurato nel 35° dalla fondazione del brand, di cui si vede la targa in basso
Rallycross organizzato da Ford Italia e dei trascorsi come allievo vincitore della selezione e poi istruttore della scuola di pilotaggio dell’irlandese Henry Morrogh, per l’assegnazione di una delle trenta nuovissime monoposto di Formula Italia appena uscite dall’officina di Karl Abarth, entrata in orbita Fiat l’anno prima A giugno sarebbe scattato il primo campionato tricolore e Paolo Bozzetto, diploma in ragioneria all’istituto Vaccari, non voleva assolutamente mancare
Saputo che la Csai, coinvolgendo i vertici Fiat, stava sviluppando con l’ingegnere Mario Colucci ed il pilota Arturo Merzario la formula propedeutica a costi accessibili, con l’intento di creare un vivaio di piloti professionisti di scuola italiana, aveva infatti spedito il suo curriculum a Torino, mettendosi contemporaneamente a caccia di scuderie, aziende, appassionati, disposti a finanziare l’operazione In Italia non era mai successo che una casa automobilistica come la Fiat si facesse coinvolgere in un’operazione così complessa dalla Csai, al contrario di quanto accadeva da anni in Francia ed in Inghilterra
Quando a sorpresa gli arrivò la lettera di convocazione a Torino per l’assegnazione definitiva delle monoposto, fu come se invece di un’ottima notizia gli fosse giunto in pieno volto un pugno così violento da metterlo al tappeto. «E adesso dove li trovo i soldi?» si chiese in un momento di ritrovata lucidità
Intelligente e scaltro, annunciò in pompa magna l’esito della positiva selezione sulle colonne di Autosprint, specificando pure che cer-
cava disperatamente pie anime disposte a mettere mano al portafogli onde poter concretizzare l’ambizioso progetto. Colse nel segno: Aci Vicenza, Scuderia Palladio, Bassano Corse, Ceccato Automobili Schio e Nori Gomme fiutarono l’occasione e decisero di allearsi per dargli sostegno
Seguirono inviti, incontri, riunioni, ma fu proprio Renato Sonda ad assumersi l’onere di tirare le fila. Il geologo parlò chiaro ai consiglieri della scuderia, invitandoli a cercare fra le loro amicizie appassionati favorevoli a sganciare generosamente qualche palanca Dal presidente Lorenzo Ceccato, invece, titolare della concessionaria Fiat di Schio con annesso reparto corse che elaborava con successo le 125 S, le 124 Special T e le prime 128 Rally, ottenne la promessa che se il piano fosse andato in porto il capo officina, Corrado Patella, avrebbe seguito personalmente messa a punto, sviluppo e gare della Formula Italia destinata all’aspirante campione
Il segretario del sodalizio, Giampiero Monegato, navigatore di Pianezzola, suggerì a Sonda di contattare Elio Baggio, suo cugino, patron della Elba Cucine diventata nel giro di un paio di lustri leader nella produzione di fornelli a gas. Il marchio azzurro, da qualche tempo, era stato affiancato a quello glorioso del Veloce Club Bassano e la squadra ciclistica si stava ritagliando uno spazio importante nel mondo dilettantistico delle due ruote schierando, fra gli altri, pedalatori come Gianni Sartori e Cipriano Chemello, iridati rispettivamente nel chilometro da fermo e nell’inseguimento a squadre Senza l’aiuto del mecenate, tubolari e obiettivi del sodalizio si sarebbero afflosciati in fretta
Il salto dalle due alle quattro ruote fu rapido. Renato Sonda avvicinò il facoltoso concittadino e tanto pontificò che l’industriale cedette Con la mediazione del ragionier Mario Milani, direttore amministrativo dell’Elba cui affidò il compito di curare l’accordo, Baggio accettò di sposare il progetto e così sulla monoposto assegnata in pectore al giovane di buone speranze comparve il marchio Elba a caratteri cubitali L’industriale non era digiuno di motori.
A destra, dall’alto verso il basso
Foto di gruppo della neonata OZ di Mottinello, in un ’ala della villa, sede dell’ordine dei Padri Camiliani
Renato Sonda con il suo navigatore Franco Manfrotto (noto fotografo) durante un rally studiano il percorso con la carta topografica Allora il GPS era solo fantascienza
Viaggiava sempre in Jaguar. Della vettura inglese ammirava le linee sinuose, il motore generoso, le finiture in radica, gli avvolgenti sedili in pelle Prima di salire a bordo osservava compiaciuto la sagoma d’acciaio del giaguaro pronto a balzare dall’immenso cofano Un po’ giaguaro si sentiva pure lui Temprato dalla guerra partigiana combattuta in prima linea, era forte di carattere e coraggioso di indole. Per gli affari aveva un sesto senso. Coglieva al volo le occasioni, tirava con abilità sui prezzi, conduceva in porto trattative complicate e difficili ingrassando il conto Creò dal nulla l’Elba Ai primi capannoni, spuntati nel periodo della ricostruzione, aggiunse nuove ali negli anni del boom Avviò la produzione di cucine a gas contemporaneamente alla Samet di Aurelio Adolfo Agnesina e all’Alpes di Nico Moretto. Tre mercati distinti: non si pestarono mai i piedi L’Elba era per i grandi numeri, la Samet per la qualità, l’Alpes per la nicchia Comun denominatore lo smalto e l’acciaio Tradizione e innovazione, per dirla con un abusato slogan. Erano tempi buoni Bastava aver voglia di lavorare e saper guardare oltre il proprio naso il mondo insaziabile dopo le ristrettezze imposte dal conflitto mondiale.
Nel garage della villa dove viveva, affacciata sul Brenta a due passi dal ponte Nuovo, sempre e solo Jaguar Era stato il primo a farla conoscere ai bassanesi Andava orgoglioso del carattere british della fuoriserie. Agnesina, per non perdere il confronto, si fece arrivare una Comet della Mercury, americana vistosa tutta curve e cromature, ammiccante tale e quale Jane Mansfield e Marilyn Monroe al quadrato. Moretto, più pratico, s’accontentò di una Mercedes, pura razza teutonica dal carattere solido, affidabile e matriarcale Bozzetto non vedeva l’ora di provare la macchina, ma i tempi erano tirati. Si accontentò di girare mezza giornata sul circuito di Varano de’ Melegari, giusto il tempo di prendere confidenza con le ruote scoperte e poi, con la complicità dei vigili urbani scledensi, sulle stradine attorno a via Piemonte dove Ceccato aveva vetrine, magazzino e officina, schivando auto e
camion in improbabili slalom. S’avvicinò così a larghi passi - sempre impietoso il tempo - il momento del debutto. La gara d’esordio era in calendario giovedì 29 giugno, festa di S. Pietro e Paolo, a Monza, in occasione del Gran Premio Lotteria di Formula 2 che all’epoca distribuiva decine di milioni ai fortunati possessori dei biglietti abbinati ai piloti in pista Le prove si svolsero nei primi giorni della settimana Nelle libere Bozzetto non andò bene, faticando a trovare l’assetto giusto per affrontare la terribile curva parabolica Lo aiutò molto Corrado Patella, prodigo di suggerimenti e modifiche Con interventi mirati sulla convergenza, il tecnico trovò l’equilibrio ideale tra motore, sospensioni, molle e telaio. Paolo calò un carico da undici quando bloccò i cronometri sul miglior tempo della sua manche, anche se aveva corso un rischio grossissimo perché, appena dato gas alla prima variante resa insidiosa dal bagnato, il bolidino era partito in uno spettacolare ma controproducente giro completo di valzer.
Più veloce di lui girò Piercarlo Ghinzani nella seconda manche di prova, complice l’apparizione del sole, conquistando la pole e relegando il breganzese in terza fila col sesto tempo
In gara fu tutta un’altra musica. Bozzetto passò in un niente dal zum-pa-pà d’impronta viennese al quattro quarti martellante del rock, inanellando un giro più veloce dell’altro, stupendo tutti per la facilità con cui entrava in pieno nella parabolica.
Tra sorpassi mozzafiato, staccate millimetriche e sovrasterzi al limite delle leggi della fisica si portò presto in testa, rintuzzando gli attacchi degli agguerritissimi avversari e difendendo con la grinta di un leone il primo posto Così anticipò tutti sotto la bandierina a scacchi.
Non erano solo sudore le goccioline che gli rigarono il volto quando salì sul podio per ricevere la coppa più grande
Una vittoria straordinaria, quella conquistata nel tempio della velocità, tale da ripagarlo di tutti i sacrifici sostenuti. Alle stelle i sostenitori,
Nel 1999 Paolo Bozzetto ha partecipato come navigatore sulla 125 S di Romano Cornale (già di Renato Sonda) al Rally storico di Bassano
Il logo della scuderia Bassano Corse fondata nel 1968 e ora confluita nella Bassano Rally Racing
Da sinistra verso destra
Gli amici del fratello di Paolo Bozzetto, Renato, tutti appassionati di moto
Da sinistra, Franco
Franzan, Renato Bozzetto, Alfonso e Gilberto Basso Genio e sregolatezza, Franzan ha praticato sport avventurosi: dalla canoa al paracadutismo e alle moto di ogni tipo e categoria
La bicicletta trasformata dal gruppetto di amici in una “pseudo-moto” da corsa, mossa da un motore Mosquito a rullo e carenata con l’utilizzo di cartone e nastro incollato, a imitazione di quelle da gara
Elio Baggio e Renato Sonda senza più fiato Trionfale il ritorno a casa Il clan degli amici, in cimbali per via del vespaiolo versato prodigalmente nei calici, lo accolse con trombe e trombette portando i decibel a vette altissime. Mancò solo che il guardiano della Laverda azionasse la sirena dello stabilimento, ma fu lì lì per schiacciare il bottone
Il cappellano, per non essere da meno, sciolse le campane Anche papà Gino si commosse abbracciando il figlio scavezzacollo finito su tutti i quotidiani nazionali per quell’impresa destinata a diventare pietra miliare nella storia dell’Automobilismo con la A maiuscola.
La Formula Italia, nella livrea azzurra della Cucine Elba, venne esposta nella vetrina principale della Concessionaria Fiat di Bassano, richiamando per giorni in via Verci una processione continua di ammiratori, appassionati e tifosi
Sportivo di razza
Nato il 13 gennaio 1947 sotto la protezione di S. Ilario, Paolo Bozzetto si distinse da subito, palesando sfacciato uno spirito indomabile, quasi gli ardesse nelle vene quel sacro fuoco che giusto un secolo prima aveva incendiato l’Italia dando il via, con la Prima guerra d’indipendenza, all’unità del Paese
Rivoluzionario, ribelle e folle il giusto, insomma, per puntare ostinatamente a grossi obiettivi e difendere senza timori i propri principi.
A fianco
La Norton 500 di derivazione militare, appartenuta al padre di Paolo, Gino Bozzetto
Il successo diede una svolta decisa alla vita del breganzese, ormai bassanese d’adozione: era la chiave che avrebbe potuto schiudergli le porte della Formula Uno Inebriato dal trionfo, attraversò quei giorni come in un sogno Riavvolse il nastro e rivide in technicolor le tappe che lo avevano portato a quel prestigioso traguardo.
Bravo a scuola ma più incline a trascorrere i giorni all’aria aperta, si dedicò al calcio, all’atletica, al tennis, allo sci e al nuoto, emergendo in ciascuna disciplina con buoni risultati Fin da ragazzino, tuttavia, fu irresistibilmente attratto dai motori Forse perché era nato nel paese della Laverda, o più probabilmente per il “virus” trasmessogli da Renato, il maschio maggiore dei suoi nove fratelli, tecnico esperto di aerei e moto
Ancora giovanissimo, assieme ad alcuni amici d’infanzia, Renato aveva trasformato una bicicletta in male arnese in una moto da corsa, equipaggiandola con un ansimante Mosquito a rullo Una originale carenatura di cartone ne aveva completato la trasformazione in bolide. Il risultato fu così sorprendente che il padre non la volle nemmeno nel cortile di casa perché la riteneva una tentazione troppo pericolosa per i rampolli ruspanti. E pensare che il serio ed integerrimo capofamiglia, ogni anno, rischiava l’osso del collo andando a prendere i tre ultimi figli a Vicenza (anche Paolo), di ritorno dalla colonia estiva di Jesolo, con una potente Norton 500, facendoli salire tutti (uno sul serbatoio e due sul sellino posteriore),
senza casco ed in pantaloncini corti, per riportarli a baita
All’epoca non giravano tanti soldi e l’acquisto di una moto nuova rimaneva un pio desiderio Papà Gino s’accontentò di rimettere su strada quella Norton abbandonata a fine guerra, pagata a peso come ferro vecchio e restaurata con l’aiuto dell’amico Angelino Massagrande, meccanico dalle mani d’oro che sapeva ricostruire al tornio i pezzi mancanti ricavandoli dal pieno In caso di mal parata, ricorreva a ricambi che teneva gelosamente in un cassettone, protetti in un bagno d’olio Altrettanto fece Paolo, qualche anno dopo. Assistito da Angelino, restaurò una monocilin-
drica Ariel 350 in livrea Red Hunter, anch’essa dall’inconfondibile stampo britannico Fatto accomodare sul sellino posteriore l’amico vicino di casa Otello Fabris, altro tipo estroso e geniale, passò un’intera estate a zonzo per i passi dolomitici, sconfinando spesso e volentieri in Austria, tanto per impratichirsi in pieghe e traiettorie e imparare a sostituire la candela in quattro e quattr ’otto quando il motore batteva in testa Fattosi sicuro nella guida, un pomeriggio virò di 180 gradi, salutò le montagne e si fiondò al mare, Jesolo l’agognata meta. Raggiunta l’interminabile via Bafile, non si sprecò più di tanto per convincere procaci fanciulle in provocanti bikini a salire sull’Ariel, i Ray-Ban a goccia, maliziosamente calati sul naso, richiamo irresistibile Si sentiva un po’ come Steve McQueen nel film “La grande fuga” Col gas non andava leggero Ad ogni curva le ignare pulzelle rischiavano glutei e ginocchia ma l’emozione di volare coi capelli al vento - il casco non sapevano cosa fosse - le ripagava di tutti i rischi. Comunque con acceleratore e derapate Paolo ci sapeva fare.
A fianco
Paolo Bozzetto con l’amico meccanico Angelino Massagrande a un raduno di moto storiche nel 1969; rispettivamente su Ariel 350 e su Laverda 75
In basso a sinistra Nicolino Marchioretto, proprietario del noto ristorante Pedrocchi di San Giorgio in Perlena, insegnò a Paolo Bozzetto come pubblicizzare il vino di Breganze e a “pilotare” la sua Fiat C Giardiniera Belvedere, con le fiancate rivestite in legno (1952)
Il logo delle aziende Moto Ariel e Laverda
Da sinistra verso destra Paolo ai primi approcci con la Formula Ford Lotus (detta Cuneo) della scuola di Henry Morrogh a Monza nel 1970
Bozzetto sulla monoposto De Sanctis Formula Ford, vincitore al debutto nella competizione organizzata da quella scuola piloti
Otello Fabris, “ compagno di avventure” di Paolo Bozzetto, studia la carta topografica in occasione di un tour fra le Dolomiti e l’Austria (1969)
Igiene personale per i due amici, sempre in quella circostanza, nei pressi di un abbeveratoio
Una Laverda 75 alla “Milano-Taranto” del 1954: un mito per Paolo Bozzetto e i ragazzi di Breganze
Sotto, dal basso I logotipi di Lotus e De Sanctis
I traversoni li aveva scoperti quando Chicco
Laverda lo aveva invitato a fargli da navigatore nei rally che agli inizi degli anni Settanta cominciavano a prendere piede Già Milo Agnesina, compagno di classe alla ragioneria, incantato dalla Comet del padre, s’era avvicinato alla specialità con buone prospettive tanto da convincere il genitore, mastino nel lavoro ma tenerone col figlio, ad acquistargli una Fulvia HF con la quale faceva girare la testa a tutte le ragazze del mandamento
Paolo non poteva restare all’ombra. Accettò senza ripensamenti l’offerta di Chicco
Pazienza se a guidare era l’amico: anche il ruolo del coequipier, col quaderno delle note in mano, era affascinante!
Le avventure sulle prove speciali si interruppero bruscamente alla terza gara, il rally di Pavia, causa una rovinosa e quanto mai inopportuna, per il portafogli del pilota, uscita di
strada con la loro Fiat 124 special. La vettura, scappata di mano a Chicco, terminò la corsa in un dirupo, dopo aver pelato una decina di alberi e capottato più volte Distrutta! I due se la cavarono a buon mercato, difesi dal roll bar e dalle cinture di sicurezza
Forte dell’amicizia che lo legava anche al coetaneo Piero “Mimmo” Laverda, figlio del fondatore dell’azienda motociclistica, Bozzetto non perse occasione per provare i modelli che la Casa breganzese presentava uno dietro all’altro, spinta sul mercato dai successi ottenuti a raffica al Giro d’Italia e alla Milano-Taranto e dall’estro creativo di Luciano Zen Non trascurò lo sterrato della Valstagna-Foza con la Fiat 1100 cambio al volante che nel frattempo aveva sostituito la Norton 500 del genitore, divertendosi come un matto a intraversarla sugli stretti tornanti.
Preso il diploma in ragioneria e posati gli occhi
sulla bionda studentessa del liceo classico Brocchi che ogni giorno incrociava alla stazione delle corriere in attesa dei mezzi che li avrebbero portati rispettivamente a Breganze e a Rossano, si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza a Padova.
Tempo per gli esami, però, non ne trovava e così il santo Gino, direttore della filiale breganzese della Banca Cattolica, per fargli sbollire le mattane lo assunse come praticante. Il ragioniere resistette dietro lo sportello due mesi: sconti, ricevute bancarie, incassi, interessi da calcolare giornalmente a mano sui libretti di deposito al portatore non facevano per lui No, tutta una vita così proprio no! Un mattino, sorprendendo il genitore, salutò i colleghi ed abbandonò senza rimorsi uno dei lavori più ambiti dell’epoca Salì sulla vecchissima Fiat 600 (porte controvento) di quarta mano che nel frattempo era riuscito ad acquistare L’estro balzano lo portò al parco-autodromo di Monza. Piantò la tendina canadese sotto un grande faggio e si iscrisse, coi pochi risparmi racimolati nei due mesi da impiegato, alla famosa Scuola piloti Henry Morrogh, deciso a cambiare prospettiva.
Mai più colletto bianco ma pilota a tempo pieno Per pagarsi le lezioni, finite nel frattempo le esili riserve, si fece assumere come meccanico dal prof del volante irlandese, diventando in breve a sua volta istruttore, factotum della scuola e, per mantenersi, il venditore porta a porta di enciclopedie e lampadari. Accettò pure di posare come modello in alcuni
negozi di alta sartoria di Milano pur di mettere insieme qualche panino e un po’ di contanti. Vinse, al debutto, la sua prima corsa sociale con una De Sanctis Formula Ford.
Alcune immagini di una competizione di rallycross a Lombardore (TO)
Nel corso della gara, a seguito di un tamponamento, si è ribaltata la Ford Capri gialla di Paolo Bozzetto
Le foto sono tratte dalle riviste Autosprint (a fianco) e Gente Motori (sequenza in basso).
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A destra dall’alto verso il basso Bozzetto alla consegna della sua Formula Italia nella factory della Fiat Abarth di Torino con alcuni colleghi piloti (1972)
Il meccanico Corrado Patella controlla, con meticolosità ed “eleganza”, la monoposto di Bozzetto durante i primi test sul circuito di Varano de’ Melegari
Sopra, dall’alto in basso
Renato Sonda e Paolo
Bozzetto presentano la monoposto a Elio Baggio, titolare di Elba Cucine e main sponsor
Bozzetto affronta all’ultimo giro la Parabolica di Monza, contrastando l’attacco di Piercarlo Ghinzani a 300 metri dal traguardo, ottenendo una memorabile vittoria al debutto della Formula Italia (foto di Francesco Sartori).
Impressionò gli addetti ai lavori per lo stile naturale e redditizio, la capacità di leggere le curve, la spavalderia con la quale affrontava la mitica variante, la bravura nell’ascoltare il motore Carlo Micci lo prese sotto l’ala protettrice della Ford Italia e gli fece disputare alcune gare di campionato
I risultati furono altalenanti, legati al suo stato di “rookie”
Nello stesso periodo, sempre sotto l’egida della Ford, partecipò a gare di rallycross, alternandosi al volante di Capri ed Escort, messe a disposizione gratuitamente ai piloti che ottenevano i dodici migliori tempi di qualifica
Impresa da Guinness, considerato che gli iscritti, ad ogni weekend corsaiolo, erano oltre cento. I concorrenti avevano a disposizione solo tre giri di pista per entrare nella top 12 Bozzetto si qualificò in tutte le gare, ottenendo risultati più che lusinghieri Non schivò uscite di pista e voli funambolici, da acrobata del volante quale stava diventando I “numeri da circo” si rivelarono fondamentali per accumulare esperienza e accrescere la maturazione, nonostante le gare su sterrato non ne affinassero lo stile di guida preciso e sofisticato richiesto ai velocisti
In quel periodo gli incidenti nelle corse erano frequenti ed a Monza, durante le prove ufficiali del Gran Premio d’Italia di Formula 1, sabato 5 settembre del 1970, il suo idolo, l’austriaco Jochen Rindt, si schiantò per un improvviso guasto meccanico della Lotus, in frenata, all’entrata della “parabolica” Paolo Bozzetto conosceva perfettamente la curva, in quanto aveva insegnato in quel punto per tutta l’estate Trovatosi a pochi metri dal tragico impatto, rimase profondamente sconvolto Viste le difficoltà, soprattutto economiche, che doveva affrontare, non fu facile continuare, ma ormai la strada, segnata dall’orgoglio, era presa. Trovò “casa” nel Team Pirola di Genova, città dove visse per qualche settimana, collaudando le monoposto Tecno F. Ford e partecipando a qualche gara club, con poche prospettive, ad essere sinceri, per
l’avanzamento di carriera
A Varano de’ Melegari, nel 1971, un incontro fortuito gli aprì nuove porte. Una giovane e facoltosa giurista di Roma voleva a tutti i costi diventare pilotessa. Aveva acquistato una Lucky, monoposto addestrativa di 850 cc («sempre meglio di un marito» rispondeva a chi le chiedeva lumi) e cercava disperatamente un istruttore per scoprire i segreti del pilotaggio Bozzetto si offrì seduta stante di farle da maestro Bastarono però poche lezioni, e tanti spaventi, per convincerla che non era tagliata. Meglio codici, commi e leggi che staccate, traiettorie e sorpassi.
La passione per i motori era però talmente grande e dell’ambiente s’era così infatuata che decise di sponsorizzare lo squattrinato driver bassanese A Bozzetto non parve vero Durò un amen. Preso dalla troppa foga, durante una corsa sul circuito romano di Vallelunga distrusse telaio, sospensioni e cambio della vetturetta a causa di un incidente che coinvolse altri concorrenti. Il colpo fu duro giacché mise
fine alle gare di F 850 e alla generosa sponsorizzazione dell’avvocatessa, nel frattempo entrata in crisi pure con la famiglia. Non vedendo grandi orizzonti, se non quello di fare l’istruttore a vita, fondò con Morrogh una scuola di antisbandamento in una area dedicata del circuito di Monza. Per apprendere l’arte del traverso si trasferì a Zandvoort, in Olanda, alla slipschool diretta dall’ex pilota di prototipi Rob Slotemaker Promosso a pieni voti Nonostante la preparazione, i corsi a Monza faticavano a decollare (erano saltuariamente frequentati da poliziotti e carabinieri) e le risorse sempre più sottili. Per sbarcare il lunario assunse l’incarico di agente commerciale in Lombardia per la Pedrazzoli di Bassano. Torni, levigatrici e troncatrici diventarono le nuove “macchine” con le quali confrontarsi
A Monza divenne amico del messicano Pedro Rodriguez de La Vega, impegnato in lunghe sessioni di prove con la Ferrari 512M della scuderia di Herbert Muller Il fuoriclasse prese in simpatia Bozzetto il quale, per ricambiare
Da sinistra verso destra Le fan bassanesi Marilena Parise, Angelica Vivian, Wally Disegna e Maria Luisa Fabris festeggiano la vittoria di Bozzetto a Monza. Le congratulazioni all’arrivo dei dirigenti Fiat, Csai e Aci
Sopra da sinistra a destra Il settimanale Autosprint parla della vittoria del pilota bassanese
Lo schieramento di partenza della finale di Formula Italia, con il bassanese in terza fila Questa particolare serie automobilistica costituì il trampolino di lancio per piloti quali Riccardo Patrese, Bruno Giacomelli, Piercarlo Ghinzani, Siegfried Stohr e lo stesso Paolo Bozzetto che, nel 1974, sfiorò il debutto in Formula 1 con la Brabham del geniale Bernie Ecclestone
A fianco
L’arrivo di Bozzetto a Breganze, festeggiato da amici, sponsor e familiari Nel testo, a destra Autodromo di Monza, 29 giugno ‘72 Un raggiante ed emozionato Renato Sonda, festeggia nel paddock la vittoria di Bozzetto
l’attenzione, nei momenti liberi, dava una mano ai meccanici del team svizzero a “lucidare” lo stupendo prototipo che Pedro metteva alla frusta. Naturalmente Paolo gli raccontò le difficoltà che incontrava per trovare uno sbocco nel difficile e selettivo mondo dei motori Rodriguez gli propose di seguirlo nelle corse europee per fargli conoscere le alte sfere del Motorsport Lo ospitò pure nell’abitacolo della 512M Bastarono pochi giri di pista per mandare in orbita il cuore di Bozzetto, uno choc lo sfondamento del muro dei 300 orari
Purtroppo l’11 luglio 71, con lo stesso prototipo, il pilota messicano si schiantò a Norimberga, durante una corsa, sbattendo violentemente contro le barriere La 512M prese fuoco intrappolando il messicano. In quegli anni gli incidenti nelle corse automobilistiche erano frequenti con conseguenze quasi sempre tragiche.
Dall’alto in basso
Una pagina de Il resto del Carlino dedicata a Barbara P., aspirante pilota di Formula 850 Lucky, prima allieva e poi sponsor di Paolo Bozzetto, allora anche istruttore alla Scuola di Morrogh (1971)
Bozzetto abbraccia il suo meccanico Sergio Farina, destinato a diventare poi uno dei rallysti più brillanti del Triveneto
Amareggiato per la morte di Rodriguez, Bozzetto pensò addirittura di abbandonare i suoi sogni per sviluppare ed organizzare il business, allora molto fiorente, della Pedrazzoli.
La seconda gara di Formula Italia
Un mese esatto dopo il debutto, nell’ultimo weekend di luglio, il circuito di Imola ospitò la seconda gara del campionato. Bozzetto, ottenuto il terzo tempo in qualifica, prese subito il comando della corsa nella sua manche ma alla curva della Tosa incappò in un testacoda che lo relegò in ultima posizione. Non si perse d’animo Prese a martellare sul gas e giro dopo giro guadagnò le posizioni perdute Una rimonta entusiasmante lo portò al quinto posto, aprendogli l’accesso alla finale Nella gara de-
cisiva fu ancora una volta il più veloce di tutti nel prendere la testa, scatenato Mentre si trovava al comando fu però tamponato dalle monoposto di Castiglioni e Tonussi, che essendo in bagarre tra di loro si agganciarono perdendo il controllo alle curve delle Acque Minerali. Bozzetto cercò in tutti i modi di controllare la monoposto correggendo la traiettoria. L’alta velocità lo stampò contro il guardrail: sospensioni anteriori e avantreno distrutti. Addio punti Cercò immediato riscatto nella terza prova del torneo a Misano Adriatico, il 6 agosto. Mentre stava conducendo la corsa con notevole margine di vantaggio su tutti gli avversari, bruciò la guarnizione della testa del
Jochen Rindt con la Lotus Gold Leaf di Formula 1 a Monza, prima dell’incidente fatale nel settembre 1970 che pose fine alla sua brillante carriera Quell’anno gli fu assegnato il titolo postumo (unico nella storia della Formula 1) di campione del mondo per l’enorme vantaggio accumulato prima della prematura morte La Ferrari 512M di Pedro Rodriguez durante una competizione dedicata ai prototipi
Da sinistra a destra e dall’alto verso il basso Bozzetto guida il gruppo dei piloti di Formula Italia a Imola, nella finale del Trofeo Shell (28 luglio 1972)
Questa la situazione, all’uscita delle Curve Acque Minerali, dopo la carambola delle monoposto nella quale è rimasto coinvolto anche il bassanese
La delusione degli amici di Bozzetto per il suo ritiro Il pilota, sconsolato, rientra ai box meditando sul contatto con altre monoposto, senza colpe, avvenuto proprio mentre stava assaporando la vittoria
motore e dovette dire addio alla vittoria. Ancora peggio andò, sempre sullo stesso circuito, il 20 agosto Dopo un secondo posto in batteria, in finale, si trovò con l’assetto fuori posto, causa una toccata con altra monoposto Terzo ritiro consecutivo!
Bisognava recuperare in fretta i punti per risalire la classifica, ma non era certo immaginabile che il risultato venisse inficiato dai poteri forti. Un incidente di gara a Vallelunga tra Bozzetto e Giorgio Francia, secondo nella classifica provvisoria e pilota ufficiale della scuderia Mirabella Mille Miglia di Brescia, provocò la squalifica del bassanese
L’avvocato Sergio Campana, incaricato da Elio
Baggio, presentò ricorso alla Csai contro la decisione dei commissari di gara La richiesta venne respinta e ciò gli tolse ogni possibilità di vittoria. Bozzetto, costretto a saltare la gara del 17 settembre, in concomitanza con la 500 Km di Imola, dovette suo malgrado rinunciare alla rimonta Giorgio Francia sul circuito del Santerno entrò pesante su Ghinzani. Il fallo, che a Bozzetto costò carissimo, gli fu perdonato e a fine stagione si laureò campione di Formula
Italia A proposito della gara di Imola Autosprint
scrisse: «Forse Ghinzani ce l’avrebbe fatta: ma Giorgio Francia lo ha fermato, con una manovra abbastanza decisa che Ghinzani ha definito al limite della correttezza. Non sta a noi
Sotto, dall’alto verso il basso I marchi di Fiat e Abarth, aziende alle quali si doveva la realizzazione delle monoposto di Formula Italia
A fianco, dall’alto in basso
La monoposto pilotata da Paolo Bozzetto nel ‘72, in un’illustrazione di Sauro Torreggiani
La presentazione ufficiale della March Formula 3 al Castello di Marostica, così com ’ era stata annunciata da Autosprint
A fianco, da sinistra
Il debutto sorprendente in Formula 3 del pilota bassanese, che ottenne la prima fila nelle prove ufficiali sulla pista bagnata di Casale Monferrato. Nella foto si riconoscono Pino Trivellato (Trivellato Racing) e il giornalista Leopoldo Canetoli (Autosprint)
Juan Manuel Fangio, cinque volte Campione del mondo, su Maserati Formula 1
Amico di Elio Baggio, si congratulò con Bozzetto per il 3° posto conquistato a Casale Monferrato
In basso
Madrina della presentazione alla stampa della scuderia
Trivellato all’Hotel Quo Vadis di Vicenza, l’attrice bassanese Silvia Monti
Con lei e Paolo Bozzetto, i piloti Vittorio Brambilla e Gabriele Serblin
comunque giudicare: certo che la settimana scorsa, per una manovra altrettanto decisa al tornantino di Vallelunga, Paolo Bozzetto si è beccato una sospensione di 15 giorni, che lo ha visto relegato a livello di meccanico qui sulle sponde del Santerno»
Il 1° ottobre, con il morale a terra, Bozzetto rientrò nell’agone sul circuito di Varano Ormai senza velleità e con un motore fiacco si piazzò quarto, mentre nella gara dell’8 ottobre, sempre a Varano, dopo aver vinto la batteria, nel finale fu tamponato da Martini e ruppe la sospensione con conseguente ennesimo ritiro Nell’ultima gara di Vallelunga del 29 ottobre
1972, Bozzetto, che non sopportava le ingiustizie, finì addirittura sospeso per aver leso il buon nome dello sport automobilistico italiano
1973. La Formula 3
Il bassanese era però talmente convinto delle proprie capacità maturate anche da questo evento poco sportivo, che ritrovò grinta e de-
terminazione In perfetta sintonia anche i sostenitori.
Elio Baggio, intuite le potenzialità del pilota e la forza mediatica del mondo del motorsport in quegli anni molto seguito, moltiplicò l’impegno, certo che anche l’Elba ne avrebbe beneficiato sotto forma di promozione del marchio. L’amministratore dell’azienda, il ragionier Mario Milani, durante la pausa invernale pianificò il progetto ambizioso di portare Bozzetto in F3, categoria molto seguita dal pubblico e dalla stampa, affidando l’assistenza meccanica ai fratelli Trivellato di Vicenza, importatori per l’Italia delle monoposto March. La casa inglese costruiva le innovative monoscocche in alluminio rivettato su un telaietto portante, abbandonando i soliti telai tubolari
La presentazione alla stampa del nuovo piano della Cucine Elba, andò in scena nella suggestiva cornice del Castello di Marostica. Milani spiegò che l’appoggio non era dettato solo dalla passione del commendator Elio Baggio ma era
legato ad un preciso piano mediatico e promozionale. Bozzetto debuttò nel campionato italiano di F3 con alcune gare di ritardo, per problemi di assemblaggio della March, al Gran Premio Nolan del 29 aprile 1973 sul circuito di Casale Monferrato Gli bastò guardarsi attorno per capire quanto forte e qualificata fosse la concorrenza C’erano infatti piloti con più stagioni sulle spalle. Non si scoraggiò. Strinse i denti e si lanciò nella mischia Chiuse la gara d’esordio al decimo posto pur avendo ottenuto, sorprendendo tutti, il secondo tempo su pista bagnata Pino e Francesco Trivellato incaricarono un ragazzo di 18 anni, Giorgio Breda, di seguirlo nei box Bozzetto trovò subito un feeling speciale con il giovanissimo tecnico e, senza aver testato adeguatamente la monoposto, ma affidandosi a Giorgio, si rifece immediatamente, sull’allora velocissimo circuito di Imola, disputando la Coppa Benaglia Corse senza timori reverenziali, arrivando quarto assoluto, precedendo un pilota esperto come Claudio
Francisci, vincitore della gara di apertura al campionato italiano di F3 a Casale. Corse talmente bene che stupì non solo gli addetti ai lavori, ma gli stessi veterani del volante Non pochi pensarono che il merito fosse dovuto al motore della sua March
Claudio Francisci, esperienza corsaiola a dosi industriali, protagonista di epiche gare non solo in Formula 3 ma anche in Formula 2 e nei prototipi, lo volle comprare, convinto di trovarvi chissà quanti cavalli. Offrì a Bozzetto un milione delle vecchie lire oltre a un motore nuovo elaborato dalla Novamotor Paolo accettò senza tentennamenti la golosa offerta offrendo scherzosamente a Francisci anche i guanti ignifughi e le scarpette...
Il 13 maggio alla Coppa Vallelunga, a Roma, si ripresentò l’occasione per dimostrare quanto veloce fosse Si classificò quinto assoluto e ottenne, in virtù anche del piazzamento guadagnato ad Imola, il pass dagli osservatori monegaschi per partecipare alla gara interna-
Il pilota bassanese durante la Coppa Vallelunga a Roma il 13 maggio ’73, nella quale si classificò al 5° posto assoluto; risultato che gli consentì di partecipare al Gran Prix Formula 3 di Montecarlo
Maria Luisa e Gabriella Fabris, sorelle di Otello, sostenitrici e amiche del pilota, a Misano (1972)
Pagina a fianco, dall’alto verso il basso Bagarre tra i piloti della Formula 3, con un tentativo di Bozzetto di superare gli avversari a gomme fumanti in frenata sulla pista di Casale Monferrato
Al Gran Prix Internazionale di Monza: Pino Trivellato della Trivellato Racing, il comm Elio Baggio, Pio Baggio, Rino Toson della Cucine Elba, il tecnico Giorgio Breda e Paolo Bozzetto che scatta dalla prima fila
zionale di F3 nel Gran Prix di Montecarlo. Dopo due sole competizioni si trovò così a duellare con i più forti piloti europei. I tempi di qualifica gli consentirono di scattare da metà schieramento. Dopo alcuni giri, purtroppo, rimase coinvolto in un groviglio di monoposto alla variante delle piscine Fortunatamente se la cavò senza conseguenze, limitando i danni alla sua March
Il 10 giugno a Casale Monferrato si piazzò terzo, anticipando di due posizioni Claudio Francisci che nel frattempo aveva fatto montare il motore comperato a Imola nella sua Brabham BT41
Evidentemente non c’erano segreti né cavalli in più nel Ford 1600 cc elaborato dalla Novamotor A fare la differenza era invece il “sovramanico”.
Quel giorno ricevette i complimenti anche dal cinque volte campione del mondo di F1 Manuel Fangio, presente alla competizione assieme al comm. Elio Baggio, del quale era amico
A Monza, in occasione della Coppa Agip del 29 giugno, si qualificò al terzo posto, facendo sognare il fortunato possessore del biglietto della lotteria a lui abbinato. In palio c’erano 150 milioni, mica bruscolini In gara sbagliò manovra in uscita dalla prima variante, toccò la barriera piegando il tirante della sospensione. Si piazzò 11° a 5 giri dal primo, grazie ai ritiri degli avversari per incidenti
Il 15 luglio, a Casale, dopo aver ottenuto l’ottavo tempo in qualifica e aver recuperato molte posizioni in gara, si trovò a stretto contatto con il più esperto Alberto Colombo con il quale iniziò una battaglia a suon di staccate all’ultimo metro e qualche toccata di troppo. La direzione gara gli diede bandiera bianca e nera di avvertimento. Il duello continuò, come era normale nelle gare di F3 Concluse terzo assoluto L’entusiasmante confronto, purtroppo, finì a tavolino mentre si stava recando sul podio per la premiazione Fu squalificato
Interpose appello ma non ricevette mai risposta Bozzetto è ancora in attesa
Gettati al vento pure i punti del 3° posto, gagliardamente conquistati sul campo di battaglia
La Coppa Agip internazionale, in calendario il
23 settembre a Monza, richiamò in pista i migliori piloti francesi che, per una settimana, provarono tutti gli assetti immaginabili e possibili Bozzetto, grazie alle modifiche elaborate assieme al suo tecnico Giorgio Breda, aveva guadagnato la prima fila col secondo miglior tempo sul giro a ridosso del francese
Michel Leclère, nuovo recordman della pista a 181,730 Km/h di media Il giorno dopo un noto quotidiano sportivo titolò: “Bozzetto spina nel cuore dei francesi”
In batteria, mentre era in corsa per la qualificazione alla finale, si girò all’uscita della variante Ascari per evitare un concorrente Ripartito ultimo, recuperò registrando anche il record della gara Purtroppo ottenne il 14° posto di manche, non sufficiente per la qualificazione alla finale. In quel periodo partecipò anche alla “Quattro Ore Ford Mexico” a Misano in coppia con l’amico Chicco D’Amore piazzandosi al 5° posto assoluto.
La strada era tracciata e il binomio tecnico-pilota funzionava così bene che sul corto e sinuosissimo circuito di Varano de Melegari, il 30 settembre, Bozzetto vinse la sua prima gara di F3, dopo una battaglia serrata con l’avversario di sempre, Piercarlo Ghinzani, secondo ad appena tre decimi. I due stabilirono entrambi il nuovo record della pista fermando il cronometro sul medesimo tempo.
Fu un trionfo anche per il piccolo paese parmense, dove Paolo era molto conosciuto per averci vissuto diversi mesi. Nel corso di una grande festa Felice Gimondi (campione del mondo di ciclismo), davanti alle telecamere della Rai, gli consegnò la coppa riservata al vincitore.
A Varano il bassanese aveva lavorato come meccanico ai rialzi delle monoposto della scuola Morrogh, nella piccola officina-garage dell’amico-ingegnere Gianpaolo Dallara che talvolta lo invitava a casa per parlare di auto da corsa, ma anche per sollecitarlo a continuare gli studi.
«Bozzetto, va bene correre in auto, ma ti raccomando... devi laurearti... questo è fondamentale »
Paolo provò ad ascoltarlo presentandosi al-
Dall’alto verso il basso All’epoca anche i fumetti raccontavano le imprese delle corse di Formula 3
L’immagine di copertina della rivista Autosprint dedicata alla gara di Formula 3 di Vallelunga: la più significativa dell’anno 1973.
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Pagina a fianco
La splendida March di Formula 3 bianco-azzurra delle Cucine Elba in parabolica a Monza, dove Bozzetto ottenne il nuovo record della pista durante la competizione internazionale di Formula 3
Pronti, via. In testa filò Lella Lombardi (non a caso corse negli anni successivi sia in F1 sia in F. 5000), scattata dalla prima fila. Con la sua Brabham, la scatenata alessandrina riuscì a contenere per qualche chilometro gli assalti di Bozzetto, Giorgio e Flammini Il bassanese, rotti gli indugi, in “staccata”, alla curva dei Cimini, la superò uscendo con le ruote sull’erba Gli altri due passarono all’esterno, incrociando pericolosamente le traiettorie, tanto da far commentare allo spettatore Toson, tecnico della Cucine Elba presente ai box: «Secondo me, a Lella sono venute le fibrillazioni dallo spavento!»
A sinistra dall’alto Paolo Bozzetto con Vittorio Brambilla, a suo dire, il pilota di Formula 1 più veloce al mondo di quel periodo
Autosprint celebra il 2° posto di Bozzetto nell’ultima gara di Formula 3 a Vallelunga, ottenuto stabilendo anche il record della pista
l’esame di Diritto privato all’università di Padova dove era iscritto alla facoltà di giurisprudenza. C’era però in ballo la gara di F3 a Roma e la concentrazione era tutta rivolta all’ultima competizione
Andò benissimo La corsa, non l’esame Il 4 novembre si confermò uno dei migliori all’ultima di campionato, il Gran Premio “Coppa Agip”, sulla pista di Vallelunga Fu una competizione esaltante. Un incidente iniziale coinvolse alcune monoposto di metà schieramento, all’uscita della Trincea, curva cieca con un dosso che alleggeriva pericolosamente l’avantreno (successivamente venne inserita una chicane nella salita, prima del salto). Bozzetto non si distrasse
Sorpassata Lombardi, la corsa continuò incertissima ed elettrizzante I tre piloti si scambiarono più volte la posizione di testa, sfruttando le reciproche scie Bozzetto realizzò il nuovo record della F3 stampando un incredibile 1’17”8 alla media di 148,071 Km/h sul giro secco. Dovette subito dopo cedere il comando a Flammini e Giorgio, a causa di una pericolosa sbandata nel velocissimo curvone in discesa ad oltre 200 Km/h. Riuscì a riprendersi la seconda piazza, superando il neo campione italiano di quel magico anno 1973, Carlo Giorgio La prestazione gli valse, assieme alle performance ottenute nel campionato, come “rookie” dell’anno in F3, la medaglia d’oro di Autosprint, in occasione della consegna dei caschi iridati, nel corso della quale venne annunciata la sua possibile candidatura per la Formula 1, nel campionato mondiale del 1974. Il momento era tra i più esaltanti e felici per il pilota della Bassano Corse e della Cucine Elba che, dopo quattro anni di sacrifici e rinunce, stava realizzando il sogno con l’ingaggio nella seconda squadra della Brabham come riportarono anche i giornali sportivi. Il budget a disposizione, purtroppo, si rivelò insufficiente e l’arrivo dell’austerity calmò i bollenti spiriti
1974. La Formula 2
La crisi energetica gettava ombre inquietanti sul mondo Elio Baggio fece quattro conti Valutò pro e contro e decise di impegnarsi nel campionato europeo di Formula 2 appoggiandosi alla scuderia Trivellato, scontato il fatto
In basso Elena abbraccia il “ moroso ” pilota, festeggiato anche dal tecnico Rino Toson Autosprint lo premiò come “Rookie of the year ” assegnandogli la medaglia d’oro
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Sopra da sinistra
Il comm Elio Baggio con il cav Gino Bozzetto (padre di Paolo), sorpreso dal successo del figlio, e l’amministratore delegato della Cucine Elba
Mario Milani, in un servizio di Autosprint
L’elenco degli iscritti al Campionato Europeo di Formula 2 del 1974, alcuni dei quali già presenti nel Mondiale di Formula 1
La partenza del Gran Premio Europeo di Formula 2, sul circuito stradale del Montjuich a Barcellona (da Autosprint).
che Bozzetto sarebbe stato ancora seguito da Giorgio Breda, che tanto aveva contribuito alla crescita del portacolori della Elba
L’ingresso nella categoria cadetta pose le basi per vincolare il futuro professionale del pilota con un contratto abbozzato, ma mai sottoscritto definitivamente Bozzetto riteneva che correre senza vincoli e pressioni l’avrebbe aiutato a partecipare serenamente ad un campionato altamente professionale ed i cui protagonisti principali, dai nomi pesanti, già erano entrati nel circus della Formula 1 In pista scendevano “manici” del calibro di Patrick Depailler, James Hunt, Jean Pierre Jabouille, Jacques Lafitte, Tim Schenken, Tom Price, John Watson, Patrick Tambay La pattuglia italiana, oltre a Bozzetto comprendeva Lele Serblin, Giancarlo Martini, Carlo Giorgio, Claudio Francisci e Duilio Truffo. Una variegata compagnia di piedi pesantissimi
Martedì 19 febbraio 1974 venne presentata a stampa e tivù la March Bmw di Formula 2 destinata a Bozzetto Il pilota, davanti alle telecamere e ai fotografi, completò alcune tornate dimostrative sulla pista Junior di Monza, al termine delle quali invitò tutti al ristorante Saint Georges Premier, all’interno del Parco reale Prima del pranzo l’AD Elba Milani illustrò i programmi sportivi e pubblicitari, sottolineando come l’azienda bassanese puntasse molto su Bozzetto anche al di fuori dei circuiti.
Per la prima volta presenziò il cav Gino
Bozzetto, al tavolo con il comm. Elio Baggio, frastornato per tutte le attenzioni riservate al suo ex praticante bancario
Il sogno di Paolo si stava avverando. Giorgio Breda, nonostante la giovane età, era diventato il suo amico-psicologo col quale confrontarsi, raccontarsi, confessarsi Insieme studiavano ogni particolare riguardante le piste da affrontare per l’europeo ormai al via Discutevano di tutto ma erano le questioni tecniche a tener principalmente banco, tra assetti più performanti, rapporti del cambio compatibili ai singoli circuiti, mescole, gomme e tutto ciò che poteva, anche minimamente, migliorare le prestazioni. Sempre presenti le rispettive compagne, Nadia ed Elena Quest’ultima era la bionda studentessa dagli occhi luminosi che Paolo aveva adocchiato alla stazione delle corriere ai tempi della scuola e che da allora condivideva la sua vita avventurosa Le due ragazze non erano molto d’accordo sul fatto di sentir parlare solo di corse ma sopportavano tutto, perché sapevano quanta era grande la voglia di emergere dei due.
Un pomeriggio di fine febbraio Giorgio, agitato e rosso in viso, prese in disparte Paolo nel reparto corse dei Trivellato, dalle parti dello stadio Menti, mentre era intento alla quadratura della monoposto in vista dell’ormai prossimo debutto sulla pista di Barcellona
Armeggiava con chiavi inglesi e cacciaviti ma non riusciva a concentrarsi Qualcosa gli ro-
deva dentro, mettendolo in palpabile disagio Stentò a trovare le parole. Poi d’un fiato si liberò del peso che gravava sullo stomaco come un enorme macigno.
«Stamattina ho ricevuto la cartolina Devo partire per il servizio militare »
Paolo rimase imbambolato, terribile la rivelazione Tutto si aspettava ma non che Giorgio dovesse presentarsi in caserma di lì a poche settimane Fu un momento tremendo Il pilota temette che finisse gettato alle ortiche un patrimonio di competenze intrecciate solidamente da un rapporto sincero e da un feeling sottile che li univa professionalmente e umanamente Vide giusto
Non chiuse occhio per tutta la notte, preoccupato dalla situazione assurda che si stava creando, tanto che cominciò a formicolargli pericolosamente il braccio e ad avere sudorazioni fredde. Dovette prendere un calmante per recuperare un po’ di tepore interiore e
riorganizzare i pensieri.
Gli mancò il coraggio di avvertire i vertici dell’Elba, per paura che qualcuno cambiasse idea, in quanto aveva talmente decantato e voluto accanto a sé il giovane tecnico da ritenerlo insostituibile.
Bisognava trovare immediatamente una soluzione, ma ormai la frittata era servita. Masticò amaro nel sottostare ai nuovi ordini logistici del team. Prudentemente evitò di fare troppo rumore pensando alle possibili conseguenze che una decisa presa di posizione avrebbe innescato.
In ballo c’era il suo futuro professionale Sbagliò atteggiamento. Adeguandosi alla nuova disciplina, per non compromettere i sottili equilibri interni alla scuderia, senza togliere nulla al personale, non riuscì a ricreare quel rapporto unico ed inscindibile che lo aveva unito a Giorgio
Ne pagò le conseguenze sin dalle prime gare del campionato europeo anche perché, oltre ad aver perso il tecnico di fiducia, si aggiunse che l’altro pilota, pupillo del titolare della scuderia, non avendo avuto risposta positiva da un importante sponsor, raccolse finanziariamente meno di quanto avesse preventivato
La squadra dovette così fare i conti con un budget ridotto
La coperta era diventata corta Paolo, capita l’antifona, reagì andando regolarmente in officina a controllare che tutto fi-
Qui sopra
La March Bmw Formula 2 al famosissimo “salto cieco” che si percorreva “volando” a oltre 200 Km/h, sul circuito stradale del Montjuïc a Barcellona
Colonna di sinistra, dall’alto Giorgio Breda, tecnico di Paolo Bozzetto, sul circuito di Misano Adriatico La cartolina precetto lo obbligherà purtroppo a tenere nel “cassetto” sogni e progetti
Primi test con la March Bmw Formula 2, assemblata da Giorgio Breda
Momenti di emozione per un debutto pieno di interrogativi e di concorrenti militanti anche in Formula 1
Qui sotto
Il prototipo March 75S Bmw alla 1000 Km di Monza del 1974, con il cofano bianco posteriore in sostituzione di quello accidentato in prova, parcheggiato al lato della pista per la rottura del propulsore poco prima della collisione con la Lola di Silvio Moser
Qui sotto, dall’alto verso il basso Bozzetto in bagarre con Patrick Tambay, Hans-Joachim Stuck, Patrick Depailler, sul circuito spagnolo Oltre centomila spettatori sull’allora velocissimo circuito di Hockenheimring in Germania, con Bozzetto in lotta per la top ten
Sopra
Prove ufficiali, su pista bagnata, dell’Alfa Romeo 33 di Merzario/Andretti, seguita dalle Matra MS6700C di Beltoise/Jarier e Pescarolo/ Larousse
lasse per il verso giusto Intensificò pure gli allenamenti fisici in palestra ed in piscina, allo scopo di riprendere la lucidità di cui aveva terribilmente bisogno, per arrivare concentrato alla prima gara sull’ormai vetusto circuito del Montjuich di Barcellona in calendario il 24 marzo.
Volato in Spagna, nelle prove libere si trovò subito a lottare con il motore che marciava a fasi alterne per problemi all’impianto elettrico Bozzetto non poté testare la monoposto come
avrebbe voluto Le prove ufficiali, tuttavia, andarono discretamente e gli permisero di partire dopo la metà dello schieramento, davanti a piloti come Jacques Lafitte e Reine Wissell In gara battagliò a lungo con Patrick Tambay, entrando nella top ten Purtroppo si ripresentò il problema elettrico delle prove libere e il cambio si bloccò in terza marcia Dopo una sosta ai box, ripartì con l’unica marcia innestata. Tagliò il traguardo tredicesimo, a cinque giri dal vincitore, il tedesco Hans Joachim Stuck.
Qui sotto, da sinistra verso destra Bozzetto all’entrata della velocissima curva del motodromo dell’Hockenheimring (1974)
Le 32 monoposto di Formula 2 in gruppo nel warm-up prima dello schieramento di partenza ad Hockenheimring La March Elba del bassanese è a metà schieramento
Era sicuro che i tecnici avevano fatto l’impossibile per far marciare al meglio la sua March e si concentrò per il “Memorial Jim Clark” Il 7 aprile sul circuito di Hockenheim, in Germania, partì a metà schieramento ma dovette combattere con lo slittamento della frizione, problema palesatosi già in prova. Si piazzò con difficoltà al quindicesimo posto su trentadue partenti nella prima manche. Dovette però rinunciare alla finale e mandare giù ancora una volta il rospo.
Tragica 1000 chilometri di Monza
Giovedì 25 aprile, festa nazionale, partecipò alla 1000 Km di Monza con Gabriele Serblin e Pippo Nardari I tre si alternarono al volante di un prototipo March 75s Bmw. Nel corso delle prove ufficiali, sotto pioggia battente, mentre alla guida c’era Bozzetto, il prototipo perse cofano ed alettone posteriore, prima del curvone, annullando l’aderenza ad oltre 250 Km/h. La vettura innescò una serie di testacoda impressionanti, fortunatamente senza
Sopra
Il giornalista bassanese Beppe Donazzan, amico di Ayrton Senna, che iniziò la carriera raccontando le gesta di Paolo Bozzetto ai suoi esordi.
Sopra al testo
La March Bmw Formula 2 con il nuovo muso collaudato da Depailler in Spagna e testato da Bozzetto al Salzburgring, seguita dalla GRD Bmw 274 di Reine Wissell
Qui sotto, dall’alto I marchi della Bmw Corse, che motorizzava la March Formula 2, e quello della casa inglese di Bicester
Bozzetto concentrato prima della partenza all’Hockenheimring, caratterizzato da lunghi e insidiosi rettifili da oltre 230 Km/h Qui perse la vita in Formula 2, nel primo dei dritti, il pilota scozzese Jim Clark, campione del mondo di Formula 1 nel 1963 e 1965 e vincitore delle 500 miglia di Indianapolis
toccare barriere ed ostacoli, rimettendosi in linea nel senso di marcia. Le piroette provocarono scompiglio tra i commissari, che scapparono da tutte le parti in cerca di un fugace riparo
L’equipaggio della March non ottenne un tempo eccezionale in prova, sufficiente tuttavia per la qualifica Dopo la sostituzione e l’incernieramento in sicurezza di cofano ed alettone nuovi, il prototipo fu schierato regolarmente sulla linea di partenza con Serblin. Il vicentino completò alcuni giri, ma il motore lo abbandonò all’uscita della variante Ascari. Posteggiato sull’erba il prototipo ammutolito, ritornò sconsolato ai box
I commissari di percorso non pensarono di spostarlo in una zona meno pericolosa, forse perché era sul rettilineo che portava alla curva parabolica Destino volle che la Lola T294 2 litri del pilota Silvio Moser, causa cedimento improvviso di un organo meccanico, piombasse contro il mezzo. Lo sfortunato corridore svizzero subì ferite gravissime Sopravvisse un mese Moser era il pilota che il giorno dopo la 1000 Km di Monza sarebbe dovuto andare a Jarama in Spagna per debuttare con la Brabham F1 di Bernie Ecclestone, la stessa che era stata proposta a Bozzetto prima che Elio Baggio optasse per la F2.
Il campionato riprese il 5 maggio al Grand Prix de Pau in Francia, sotto un diluvio universale La pioggia consentì al bassanese, par-
tito indietro nello schieramento di partenza, di recuperare molte posizioni con una saggia condotta di gara, grazie anche ai numerosi ritiri causati da incidenti Non riuscì però ad evitare che il testacoda della March del francese Paoli ed una innocua collisione con lo stesso, gli forassero il radiatore dell’acqua, costringendolo al ritiro mentre si trovava nel gruppo di testa, onde evitare ulteriori danni al motore, in quanto le temperature erano salite alle stelle. Il 2 giugno il “circus” si trasferì al Salzburgring in Austria. La tensione era altissima, bisognava arrivare in fondo alla gara Bozzetto, dopo aver soccorso il giorno delle prove il francese Patrick Depaieller che davanti a lui, dopo una sbandata spaventosa a oltre 230 Km/h ed un triplice cappottamento, era uscito dalla sua monoposto illeso grazie al roll bar, rifletté sulla pericolosità del velocissimo circuito senza vie di fuga
Avrebbe dovuto evitare qualsiasi contatto per arrivare al traguardo
Alla partenza passò indenne un groviglio di monoposto, venute in contatto tra di loro. Nonostante un assetto troppo sottosterzante si piazzò settimo, ad una sola posizione dal primo punto in classifica Il morale risalì: cominciava a vedere la luce in fondo al tunnel. Passata la frontiera, si recò direttamente al Rhein-Pokalrennen di Hockenheim, senza passare per casa, per la gara del 9 giugno, rassicurato dalla confidenza raggiunta con la monoposto e dalla prospettiva di poter finalmente ben figurare fra i trenta concorrenti
La rottura del motore in prova ed un propulsore sputacchiante nelle due manche lo costrinsero al ritiro nella gara finale. Rimpianse l’assenza di Giorgio Breda, convinto che con il tecnico-amico nei box le cose sarebbero andate diversamente
C’era bisogno di un cambio drastico di passo e di strategia, anche per lo sponsor che cominciava a dare segni di insofferenza Paolo poteva sopportare il fatto che contro i piloti in “prestito” dalla F1 era difficile fare confronti, ma i continui problemi meccanici lo stavano penalizzando troppo Fu per questo motivo che chiese l’intervento dei tecnici ufficiali di Bmw
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A sinistra dall’alto verso il basso Battaglia tra Bozzetto e Maurizio Flammini, sul circuito tedesco
Paolo Bozzetto al Mugello Nelle prove del venerdì ottenne il miglior tempo e il nuovo record della pista Purtroppo lo scoppio di un cerchione non gli permise di migliorarlo nelle prove del sabato
A sinistra
I tempi di qualificazione al Gran Premio del Mugello Bozzetto fu il più veloce dei piloti italiani
A BOZZETTO IL RECORD DEL MUGELLO
e March per il gran premio del 14 luglio sul nuovissimo circuito del Mugello in Toscana. Grazie alla quadratura dell’assetto, un motore regolare ed alcune scie intelligenti, fu autore del miglior tempo della giornata del venerdì, sorprendendo anche i piloti ufficiali Il giorno dopo, mentre percorreva ad altissima velocità la curva “arrabbiata due”, il cerchione in appoggio si ruppe improvvisamente per stanchezza del materiale, lasciando attaccata solo la corona interna. La monoposto impazzita uscì sul ghiaione abbattendo le tre reti di contenimento Senza conseguenze fisiche, con la riparazione della monoposto, pur non migliorando il tempo del giorno precedente, Bozzetto superò le prove ufficiali con l’undicesimo cronometrico sui trenta rilevati
Qualificatosi per la finale, ambiva ad un piazzamento importante Nelle tornate decisive,
mentre lottava nelle prime posizioni, una coppiglia ballerina causò il blocco del cambio in quarta Nonostante il tempo perso ai box per cercare inutilmente di rimediare all’inconveniente riuscì a terminare la competizione in sedicesima posizione, a due giri dal vincitore, il francese Depailler, soddisfatto di aver dimostrato che, con una monoposto equilibrata e con un motore funzionante, era in grado di combattere per le posizioni che contano
Con questo risultato Paolo era convinto di aver riconquistato la fiducia dello sponsor anche se, tra i due, il rapporto non era più così idilliaco.
Inaspettatamente si mise di mezzo chi lo aveva lodato alla fine della famosa gara di Formula 3 dell’anno precedente sul circuito di Casale Monferrato, Manuel Fangio Il campione argentino convinse Elio Baggio a sostituire Bozzetto con il suo pupillo, il connazionale
Il tempo al bello, e con il caldo che è scoppiato deciso, permetterà forse di avere, domenica, la vera inaugurazione del nuovissimo e splendido circuito del Mugello con la gara di Formula due valida per il campionato europeo Oggi, con le prime prove ufficiali delle Formula due, si è potuto vedere come il circuito sia davvero eccezionalmente bello e altamente “sportivo”, oltreché modernissimo per la concezione e le misure di sicurezza E, ad allietare la prima giornata, è venuto anche l’eccellente tempo ottenuto da un giovanotto di casa nostra, il vicentino Paolo Bozzetto che corre con, sulla macchina, una grossa scritta - Elba - che qualche collega francese ha riallacciato a Napoleone Si tratta, invece, di una marca di cucine.
Bozzetto è stato il più veloce, più del francese Depailler, che ha una Elf e che ricorderete avversario dei ferraristi Lauda e Regazzoni in Formula uno Bozzetto tuttavia, molto onestamente, ha ammesso di avere sfruttato abilmente due “scie” capitategli nei momenti più favorevoli, guadagnando a sua stima un secondo Bella impresa, comunque, perché per sfruttare le “scie” occorre molto acume e tempismo [ ]
Franco Lini, da Il Giorno, 12 luglio 1974
A fianco
La March Bmw Formula 2 con le nuove modifiche alle pance laterali, che però non portarono a miglioramenti
Da sinistra verso destra
La March Bmw Formula 2 al tornante di Vallelunga
Bozzetto in duello ravvicinato con il pilota svizzero Loris Kessel a Vallelunga
Carlos Jarque, a suo dire l’astro nascente dell’automobilismo mondiale Il giovanotto super raccomandato salì sulla March, al posto di Bozzetto, tanto al gran premio di F2 di Karlskoga in Svezia, quanto in quello di Pergusa in Sicilia Non fece una gran figura In Svezia arrivò ultimo, a sei giri dal vincitore Ronnie Peterson Nella gara italiana si ritirò mentre viaggiava staccatissimo, fanalino in coda al gruppo
L’idillio tra Paolo Bozzetto ed il commendator Elio Baggio purtroppo cominciò a scricchiolare. L’industriale, deluso dalla prestazione del fenomeno argentino, si giustificò affermando di aver voluto fare un favore all’amico sudamericano. Richiamò Bozzetto in squadra per farlo partecipare agli ultimi Gran Prix di Formula 2 Paolo Bozzetto non vedeva l’ora di ritornare a correre Cancellato ogni rancore con plausibile, benevola, comprensione ricominciò a prepararsi per l’impegnativo finale. Il salto di due gare e dei relativi test e quasi tre mesi di lontananza dalle competizioni rischiavano di appannarne lo smalto
Non fu facile recuperare in fretta gli automa-
tismi anche dei particolari, come il sedile che, nelle monoposto, è fondamentale per la sensibilità di guida e la posizione. Con fatica, modificate più volte le distanze e le inclinature, ritrovò l’assemblaggio quasi simile a quello provato e riprovato ad inizio stagione con Giorgio Breda. Era pronto per affrontare la prova di Hockenheim al GP del BadenWurttemberg e Assia del 28 e 29 settembre. Nonostante la “ruggine” accumulata, riuscì a qualificarsi dignitosamente e dopo due manche sofferenti di potenza al motore (non riusciva nemmeno a sfruttare le scie) guadagnò l’undicesima piazza nella griglia finale. Scattò veloce e concentrato e in pochi giri raggiunse la settima posizione. In una delle due velocissime varianti, per evitare la monoposto del francese Coulon, di traverso all’entrata della seconda velocissima chicane, dovette abortire la curva e filare dritto Si classificò sesto Mentre stava festeggiando il ritorno a piazzamenti a lui più consoni, per una segnalazione dei commissari di percorso che, con teutonica rigidità avevano avvertito la direzione corsa “del salto di percorso”, fu tolto, senza essere
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Premiazione dei piloti vicentini, 1974
In alto a destra l’attuale presidente dell’Aci di Vicenza, un giovanissimo Luigi Battistolli Al centro, Paolo Bozzetto
avvisato, dalla classifica.
In direzione gara intervenne a difenderlo l’ingegnere Ceard, presidente dell’Ancai che parlava correttamente il tedesco
«Il pilota italiano - sostenne accalorato - non era stato reo di una furberia ma protagonista di un gesto encomiabile che aveva evitato un pericoloso incidente ad oltre 200 Km/h». Ottenne giustizia e Bozzetto venne reintegrato forfettariamente in decima posizione, coi relativi premi, ma gli fu negato il punto del sesto posto, indispensabile per rientrare nella classifica generale dell’europeo
Pazienza, bisognava guardare avanti Lo attendevano altri due gran premi e non poteva permettersi di rinunciare ad auspicabili exploit, che portassero, come l’anno precedente, al successo ed a ripensamenti positivi al suo sponsor.
Il miglior tempo fatto registrare in prova al Mugello, con l’assetto ed il motore registrati a dovere, aveva galvanizzato se stesso, prima che gli addetti ai lavori, dimostrando che con un mezzo valido, poteva fare la differenza.
Il Gran Premio Roma del 13 ottobre, sul circuito di Vallelunga che Paolo conosceva perfettamente per averci fatto l’istruttore e dove l’anno precedente aveva ottenuto il secondo posto ed il record sul giro in Formula 3, doveva servire per la riappacificazione e il rilancio del pilota.
Sperava pure in una licenza del suo tecnico Giorgio Breda per farsi assistere direttamente da lui in una gara così importante. Il permesso non arrivò e, ancor peggio, dovette subire i soliti problemi al motore. Agli alti regimi il propulsore perdeva potenza, negandogli la qualifica in griglia. Se non fosse stato ripescato per la defezione di altro pilota, avrebbe dovuto seguire la gara dalle tribune. Paolo, colpito da un lutto importate in famiglia, era disorientato e pensò di rinunciare alla competizione Trovò una grande forza dentro di sé e reagì, ottenendo faticosamente un nono posto in finale, dopo due manche tiratissime e faticose per mancanza di allenamento. Coronò solo in parte le sue aspettative, spostando il tiro e la concentrazione sull’ultima gara all’Estoril, in Portogallo Purtroppo per motivi finanziari, il Grand Prix venne cancellato ed il
bassanese dovette far buon viso a cattiva sorte Davanti a sé vedeva un futuro tutto in salita Non era stata una stagione nata sotto una buona stella, malgrado l’impegno profuso ed i proclami della vigilia. La partenza per la naja di Giorgio, l’errore di continuare il rapporto con una squadra dal budget penalizzato, i continui problemi tecnici e l’appiedamento a metà stagione per dare il sedile al “fenomenale” pupillo di Fangio, inficiò pesantemente i rapporti con l’Elba La partita era chiusa Ne ebbe conferma a dicembre, in occasione del Rally dei Campioni, organizzato sulle strade vicentine da Ceo Filippi: a sorpresa Gabriele Serblin si presentò al via con una Triumph Dolomite sponsorizzata dall’industria bassanese. Per Bozzetto fu un boccone amaro da mandar giù C’era forse un disegno che Paolo aveva sottovalutato? A pensar male talvolta ci si azzecca.
1975. Sotto il segno della Pantera
Il bassanese passò i mesi più freddi macerandosi nei dubbi. Era di fronte a un bivio: smettere con le corse o trovare un nuovo sponsor in grado di appoggiarlo. Si confidò con gli amici più stretti, ne parlò con un giornalista, collaboratore di Tuttosport per la parte dedicata ai motori, che aveva conosciuto l’anno prima, un bassanese appassionato di auto, omonimo del titolare dell’Elba ma nessun vincolo di parentela
Ai primi di marzo il cronista aveva seguito la Coppa Mario Dalla Favera che inaugurava la serie dei rally italiani; un Montecarlo in for-
Qui sotto
Il logo della De Tomaso
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mato mignon, con prove speciali disseminate lungo i passi dolomitici innevati e arrivo a S. Martino di Castrozza Tra gli iscritti c’erano
Tony Fassina e Pietro Polese che sino alla stagione precedente avevano gareggiato entrambi al volante di Renault Alpine A 110 cogliendo numerose vittorie Alla partenza si presentarono rispettivamente con una Lancia Stratos e una Pantera De Tomaso di gruppo 3. Se la macchina torinese era stata progettata per dominare i rally, quella modenese non aveva nulla a che fare con derapate, traversi e percorsi tortuosi. Polese, specialista in materia, accettò la scommessa dell’Interauto di Padova, concessionaria De Tomaso, e dopo alcuni test diede disco verde all’operazione nonostante peso, dimensioni, passo e cilindrata fossero over size. Sulla neve riuscì incredibilmente a domarla, spiccando tempi di valore assoluto Sbagliò i conti sui consumi, abituato alla più sobria Alpine Si trovò col serbatoio a secco in mezzo alla neve e dovette ritirarsi mentre si stava profilando un piazzamento da podio Vinse Tony Fassina ma il bolide giallonero non sfigurò Alejandro De Tomaso gli propose di gareggiare in circuito, terreno ideale per gli oltre 5000cc della Pantera. L’Interauto, società a capo della quale c’erano Pericle Rettore e Nico Grosoli, lo iscrisse alla “1000 Km del
Tirreno”, gara di durata sul circuito siciliano di Pergusa. Avrebbe dovuto però condividere il volante con un altro pilota, meglio se pistaiolo. Polese conosceva solo rallysti e si confidò con il giornalista bassanese
«Non so a chi chiedere. Potresti suggerirmi qualcuno?»
Il giorno dopo il giornalista accompagnò Paolo Bozzetto a Treviso, nel negozio di mercerie di Polese
I due piloti si guardarono dritti negli occhi, parlarono col cuore in mano e trovarono immediata intesa.
A Bozzetto spuntò il sorriso dei giorni migliori. Aveva un’altra chance per dimostrare valore e potenzialità, proficuo il passaggio da un Baggio (imprenditore) all’altro (cronista)
Paolo entrò a far parte di un ambiente nuovo con un’auto da turismo sportiva di oltre 5700 cc. Con l’esperienza maturata nelle F. Ford, F 850, F Italia, F3 e F2 ed un talento innato, non impiegò molto ad ambientarsi nella nuova squadra A Pergusa, dopo un primo assaggio della macchina per trovare l’assetto migliore, fece indurire la barra anteriore antirollio, per assecondare il suo stile di guida
Non ebbe alcuna difficoltà a sfruttare la potenza della Pantera e a spiccare il miglior tempo nelle prove ufficiali. Alternandosi con
Alejandro De Tomaso con Enzo Ferrari al collaudo di una delle prime monoposto progettate dall’imprenditore argentino
Pietro Polese, pilota Alpine Renault e Lancia, fu ingaggiato dalla Interauto di Padova per disputare i rally con la Pantera De Tomaso
Pietro Polese, a proprio agio anche con la velocità pura, diede vita a delle prove davvero entusiasmanti.
Gli avversari siciliani che, inizialmente, avevano mal digerito la presenza dell’ex formulista veneto, capirono il valore del pilota e a prove concluse gli fecero i complimenti, smussate le tensioni, facendo rientrare il ventilato reclamo che alcuni team avevano lasciato trapelare, per una sospetta irregolarità della vettura, secondo loro, “troppo performante”, del velocista veneto. Durante le prove avevano inviato una
“spia” al curvone più veloce del circuito, che veniva affrontato da Bozzetto in “pieno”, vale a dire con l’acceleratore completamente aperto e con la marcia più lunga ad oltre a 250 Km/h Rimasero impressionati dal racconto dell’osservatore Tutti gli altri piloti, siciliani e non, frenavano e scalavano addirittura una marcia con le Porsche 911 e le altre De Tomaso Pantera. Scoperto il motivo di tanta differenza da allora guardarono con ammirazione l’avversario Per farsi perdonare, gli prestarono la Porsche stradale di una facoltosa famiglia di
Bozzetto al debutto nella categoria Gran Turismo di Gruppo 3 Dovette confrontarsi con i più forti specialisti delle auto a ruote coperte
Colonna di sinistra, dall’alto verso il basso Dopo numerose gare in pista e in salita (nella fotografia la cronoscalata del Costo di Asiago), Bozzetto si aggiudicò il Campionato Italiano Gran Turismo Fisa classe oltre 2000 Dalla rivista Autosprint: la De Tomaso Pantera di Polese/Bozzetto, durante la 1000 Km del Tirreno sul velocissimo circuito di Pergusa in Sicilia.
Sopra al testo
Incoronazione di Bozzetto e Polese per la vittoria alla 1000 Km del Tirreno; una grande rivincita e una dimostrazione di forza e volontà contro avversari (anche siciliani) agguerriti e velocissimi
Le due splendide Ferrari 250 TR pilotate da Paolo Bozzetto (in primo piano) e dal brasiliano Carlos Monteverde si allineano per la partenza della prima corsa dell’Historique Challange Ferrari Shell 1998 sul velocissimo e impegnativo circuito di Spa Francorchamps