Ristorando 7-8 2022

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zione geografica per l’approvvigionamento del gas e rafforzamento delle fonti rinnovabili – sostiene – potremo ridurre l’utilizzo energetico del fossile nella misura del 60/70 per cento. Un progresso enorme”. Si tratta di affermazioni lucide di una visione, tuttavia, proiettata nel futuro. La corsa dei prezzi esige invece risposte immediate; ma le terapie da adottare devono essere ben mirate. Negli Stati Uniti il rialzo dell’inflazione origina essenzialmente da: a) un volume eccessivo di aiuti pubblici; b) diffusi aumenti salariali; c) l’impennata dei consumi. La condizione dell’Europa è ben diversa. Anche qui la pressione inflazionistica ha raggiunto - indice all’8 per cento, il più alto da 35 anni - un livello allarmante; ma viene alimentata da altre cause: il settore produttivo è in affanno per l’aumento dei costi dell’energia e delle materie prime, iniziato già durante la pandemia, mentre il costo della vita sempre più alto genera tensioni sociali e diseconomie. Nell’Eurozona la crescita del Pil, nel secondo trimestre, è stata positiva solo per pochi decimali mentre gli esperti di Bruxelles stimano che il Pil globale della Ue toccherà quest’anno al massimo un +2,7 per cento, ben lontano dal brillante +5,3% del 2021. Per l’Italia le ultime previsioni Istat (7 giugno) segnalano che la crescita prosegue ma sta rallentando: +2,8% quest’anno; +1,9% nel 2023. Il nostro export tiene: le vendite all’estero sono in aumento nei principali mercati di destinazione; il forte rialzo dei prezzi dell’energia ha però fatto esplodere il flusso in valore dell’import: di conseguenza la bilancia commerciale si deteriora. In percentuale sul Pil, si prevede un limitato margine attivo (+0,6%) per quest’anno, che, nel prossimo, sarà (+0,1%) quasi nullo. Le aspettative - tanto delle famiglie quanto delle imprese – danno per scontano un deciso peggioramento. Anche fra gli economisti prevale la preoccupazione. Pier Carlo Padoan, ex ministro dell’Economia ora alla guida di Unicredit, mette in guardia da facili illusioni affermando (“Repubblica”, 2 luglio): “Il caro vita durerà lungo e, in autunno, peseranno gli effetti dell’inflazione”. Come si possono contrastare?… La riduzione del cuneo fiscale e nuove intese fra le parti sociali sarebbero utili sia per i lavoratori sia per le imprese, ma non bastano. C’è un punto da considerare: in Italia la produttività totale dei fattori (cioè l’indicatore che misura quanto sia efficiente la combinazione di capitale e lavoro) è da tempo in rosso: il Pil attuale è di sette punti inferiore a quello di 15 anni fa. È urgente che lo sviluppo compia un autentico salto di qualità: una prospettiva impegnativa ma resa più realistica dal Piano di ripresa e resilienza varato d’intesa con l’Europa. Se questo obiettivo si concretizzerà, ci sarà un’arma in più per reggere al duplice urto dell’ondata inflazionistica - devastante per un Paese altamente indebitato, come l’Italia – e della stretta monetaria che, sia pure con gradualità, la Bce, dopo la Fed e la BoE, sta attuando. Se, invece, ostacoli politici o burocratici rallenteranno il decollo del Pnrr e il percorso delle riforme ad esso connesse, tutto diventerà drammaticamente più difficile. Antonio Duva

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