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Il Punto GIUGNO - LUGLIO

Da-da-umpa La pratica ormai generalizzata del ricorso alla chirurgia estetica forse negli anni ’60 non avrebbe attecchito. Perché si pensava ad altri modi per piacere agli uomini

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uando ero bambina, mi ricordo un’Italia diversa. Diversa anche nel guardare le donne. C’erano le donne delle pubblicità che apparivano, anziane con i capelli a chignon, a consigliare l’uso della candeggina che non faceva rompere i tessuti oppure quelle con il grembiule ed il mestolo in mano, a consigliare il dado, tocco finale per il piatto con cui conquistare la famiglia. Oppure, durante il varietà televisivo del sabato sera, si vedevano le gambe lunghe delle gemelle Kessler. Ma non c’erano solo le gambe e il malizioso pon pon con cui ballavano da-da-umpa: c’erano anche la professionalità delle teutoniche bionde, l’intelligenza al vetriolo di una Franca Valeri e la voce di Mina a costruire un ruolo femminile a tutto tondo. C’erano i calendari dei gommisti, con le donne nude, ma godevano di una loro collocazione appartata e se c’erano alcuni giornali che esibivano in copertina donne dai seni enormi facevano più pensare alle tagliatelle che al porno. Insomma in un’Italia così, anche se ci fosse stata già la chirurgia estetica, il botox, la liposuzione, il laser a luce pulsante, non so se le donne avrebbero abboccato. Non perché fossero meno legate a quello che è sempre stato il pallino femminile, piacere all’uomo, ma perché probabilmente si pensava che ci fossero altri modi. E altri erano i problemi all’orizzonte. La prendo alla larga, si vede bene, per approdare al tema che era stato introdotto la volta scorsa nell’editoriale e che, grosso modo, vorrebbe essere un commento alla pratica ormai generalizzata del

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ricorso alla chirurgia estetica. Le cifre parlano chiaro: ogni anno 50.000 donne ricorrono ad interventi estetici . Ma ancora più sconcertante è quanto afferma Cristina Silveri Tagliabue in “Appena ho 18 anni mi rifaccio. Storie di figli, genitori e plastiche”, edito da Bompiani. In questo libro vengono passate in rassegna le storie di più di cinquanta casi di giovani: hanno tra i 16 e i 18 anni, sono di buona famiglia, e per lo più, bei ragazzi e belle ragazze. Per il loro compleanno, per la maggiore età, per un buon esito scolastico chiedono come regalo di potere soddisfare un desiderio che si portano dietro da tempo. Modificare una parte del proprio corpo. Rifarsi i piedi, alla Paola Barale, che li ha perfetti, o le labbra, tipo Scarlett Johansson. Un intervento al seno, per fare in modo che somigli a quello dell'attrice vista in tv o dell'amica con cui fanno palestra, è ciò che viene maggiormente richiesto. Dunque non si tratta solo di donne, in difficile equilibrio sul baratro del tempo che le fa passare velocemente da femmine desiderabili a nonne: non è solo questo il motivo per cui si ricorre con grande leggerezza alla correzione del proprio corpo. Si tratta di altro e forse su questo conviene soffermarsi. Non per fare del moralismo retrò ma per provare a capire. E forse vale la pena di ritornare al discorso imbastito in partenza, quel “c’era una volta l’Italia” che non vuole farci tornare indietro ma solo offrire qualche elemento di confronto per leggere con più chiarezza i cambiamenti in corso. L’Italia di oggi è un’ Italia in cui acque minerali, birre, cellulari, ciclomotori, dopobarba, gioielli, prosciutti scelgono il sesso per farsi pubblicità, in cui il corpo femminile, esposto in televisione, sembra essere una specie di oggetto di arredo come un vaso o un appendiabito, in cui una


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